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Autore: Slayer87    22/07/2009    5 recensioni
Continuava a pensare che quel drago avesse una qualche maledizione, ma di quelle potenti addosso, altrimenti non si spiegava come mai ogni singola volta gli desse cattive notizie.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Sincerità
Autore: Slayer87
Beta: Fanny
Fandom: Merlin
Avvertimenti: slash, concorso di Fire & Blade.
Rating: PG13
Word Count: 1956 (senza note e titolo, fonte: Word)
Disclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi sono di proprietà della BBC e di chiunque ne detenga i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.

 

Sincerità.

Quella sera il Principe Arthur Pendragon era andato a letto, senza curarsi di bendare i tagli inferti dall’ultimo guerriero con cui aveva incrociato la spada. Non erano molto diversi dalle ferite che riscontrava ogni singolo giorno, da quando aveva iniziato a occuparsi delle faccende del Regno. Come al solito, pizzicavano leggermente, ma il sangue aveva già smesso di scorrere. Aveva quindi rifiutato la boccetta che gli porgeva Gaius, nonché l’aiuto dell’Idiota.
Gli mancavano soltanto le cure di un pessimo servitore, per di più bugiardo. Già da qualche tempo sospettava che Merlin gli nascondesse qualcosa, ma aspettava che venisse direttamente a parlargli. Poteva essere un’Idiota, ma se c’era una cosa che non sapeva fare, era mentirgli per lungo tempo. Si addormentò quasi subito, non notando che i tagli cominciavano a diventare di un colore nero come le profondità della notte.

~a~m~

Poche ore addietro, appena prima dello scontro, Accalon* si stava esercitando con la spada. Confidava nel fatto che Nimueh avesse detto il vero. Quell’arma avrebbe rappresentato la Spada della Verità per il Principe Pendragon. Nessuno che avesse assaggiato quella lama sarebbe stato capace di mentire. Aveva visto la donna porre l’incantesimo, e si fidava dell’ultima grande strega rimasta nel regno dopo l’Epurazione. Lui era il tramite scelto per compiere il Fato voluto dagli Dei.

Il combattimento era stato duro, la fama di Arthur era ben meritata, ma era riuscito nel suo scopo. Quelle due ferite leggere erano sufficienti per far agire l’incantesimo. Era sparito da Camelot aiutato dalla Magia di Nimueh; il suo compito portato a termine in maniera perfetta.

In quel modo Arthur si sarebbe esposto, e poteva essere così ottenuto qualche risultato importante per la magia. Uther non ne sarebbe stato per niente contento.


~a~m~

Merlin si stava definitivamente convincendo che c’era qualcosa che non andava in Arthur. La sua era una sensazione a pelle, nulla che potesse provare davvero, ma se aveva imparato qualcosa nel suo servizio a fianco del Principe, era che il suo istinto sbagliava raramente.
La convinzione diventò certezza nel momento in cui incrociò Morgana. Aveva un’espressione confusa in volto, quasi accigliata, e nel momento in cui vide il giovane mago, si affrettò a raggiungerlo: “Merlin… Arthur sta bene?” chiese la donna con evidente preoccupazione. Merlin rispose in modo titubante: “Che io sappia sì, ma perché questa domanda?”

“Nulla di che, solo… stamattina mi ha salutato, e mi ha fatto dei complimenti,” disse Morgana, senza parole per descrivere lo stupore. Merlin cercò di minimizzare: “Beh, magari si è finalmente alzato dal lato giusto del letto.” Vedendo che Morgana non era convinta aggiunse, “comunque, posso andargli a parlare.”

Morgana gli disse solo “Grazie,” prima di allontanarsi in un fruscio di vesti. Merlin decise che prima di parlare con Arthur c’era qualcun altro con cui poteva chiarire quella bizzarra situazione. Il Principe che faceva complimenti a Morgana era davvero insolito, per quanto Merlin sapesse benissimo che all’Asino piacesse la ragazza.

Il Drago era stato meno criptico del solito. Quello era un bene: sapeva esattamente cosa doveva fare, ma ciò non toglieva che fosse preoccupato.
La sua intuizione ci aveva visto giusto.
Continuava a pensare che quel drago avesse una qualche maledizione, ma di quelle potenti addosso, altrimenti non si spiegava come mai ogni singola volta gli desse cattive notizie. In quel caso era peggio del solito: Arthur era sotto un incantesimo, aveva detto il Drago. Fin qui nulla di nuovo, l’Asino era sempre sotto un qualche tipo di magia. Poi aveva continuato, dicendo che l’incantesimo lo obbligava a dire sempre la verità, cosa che avrebbe potuto anche divertire Merlin, se non fosse che poi il drago aveva aggiunto che l’unica soluzione per sciogliere il maleficio era di parlare sinceramente con il Principe. Il che voleva dire l’ammettere il suo essere mago.
Una bella gatta da pelare.
Quella era proprio una bella gatta da pelare, decise il giovane. Il fatto che il Drago l’avesse in sostanza autorizzato a rivelare chi fosse non lo aiutava, di certo.

Era contento, certo, di poter uscire allo scoperto, almeno per quanto riguardava la magia, ma era anche preoccupato. Se l’unico modo per sciogliere la maledizione era quello che aveva suggerito il Drago, allora rischiava di dover dire anche l’altra cosa. Non era preoccupato riguardo alla reazione di Arthur, ma si chiedeva cosa sarebbe successo se Uther ne avesse saputo qualcosa. Forse Gaius poteva aiutarlo, pensò alla fine di quel ragionamento.

“Mio caro ragazzo, ti confesso che non so cosa dirti,” ammise Gaius rassegnato, una volta che Merlin ebbe finito di raccontare gli ultimi fatti, ovviamente escludendo la parte del Drago. “Questa volta non ci sono scorciatoie o soluzioni alternative, mi sembra. L’Incantesimo della Verità non ha possibilità di essere annullato, se non dicendo, appunto, la Verità. Non basta essere sinceri, non è mai così semplice. Se l’Incantesimo della Verità ha funzionato, è perché c’è qualcosa da rivelare. E finché quella specifica cosa non sarà svelata, l’Incantesimo continuerà a funzionare.”

“Non è esattamente quello che mi aspettavo di sentire,” disse il giovane mago: sembrava che l’unica soluzione possibile fosse proprio quella di dire la Verità. Ma come confessare quello che si teneva nascosto da mesi ormai?

Proprio in quel momento l’oggetto dei suoi pensieri fece irruzione nella stanza. In maniera piuttosto teatrale, tra l’altro. Spalancando la porta Arthur non perse tempo in convenevoli, andando subito al punto. “Merlin, dobbiamo parlare.”

Per poco il ragazzo non scoppiò a ridere. Era la stessa frase con cui voleva cominciare lui. Annuì, sapendo che era l’unico modo per chiudere la questione. Fece per uscire, ma sembrava che il Principe volesse tenere quella discussione nelle stanze di Gaius. Cercò di portarlo fuori, ma Arthur continuava a respingere le sue offerte di andare a parlare in un luogo più consono, fino a quando il vecchio medico di corte, che in quel preciso momento stava ridendo sotto i baffi, non ebbe pietà del suo apprendista, decidendo di lasciarli soli.

Bene. Il momento era arrivato. Improvvisamente si ritrovava con le mani sudate, non sapendo più da che parte guardare. Prese un profondo respiro, per trovare il coraggio necessario, ma fu subito bloccato da un Asino Reale più che intraprendente: “Ti devo dire una cosa, Merlin.” La doveva piantare Arthur di rubargli le parole di bocca. Era frustrante. “Sediamoci,” aggiunse, indicando il tavolo. Con il cuore in gola si sedette di fianco al Principe. Con uno sforzo disse: “Anch’io ti devo dire una cosa.” Poi aggiunse, come ripensandoci, “anzi due.”

“Bene. Comincio io, se non ti dispiace,” il tono era il solito, quello perentorio e senza incertezze di una persona abituata al comando, ma Merlin vedeva negli occhi di Arthur una luce diversa. Come un riflesso dell’acqua sul fiume, pensò fra se. Quello sguardo gridava sincerità. Effetto dell’incantesimo, certo, ma Merlin non poté fare a meno di pensare che quegli occhi, con quella luce, erano particolarmente… seducenti.

“Fai pure,” gli rispose, non riuscendo a distogliere lo sguardo. Era stato preso anche lui dall’incantesimo, in qualche maniera, perché in un attimo tutte le sue preoccupazioni erano svanite, lasciando posto ad una calma che lo sconcertava nel profondo. Era pronto a tutto.

“Sei il miglior servitore che abbia mai avuto.” Merlin sgranò gli occhi. Possibile che Arthur riuscisse sempre a sorprenderlo? Ma il Principe non aveva ancora finito. “Sei il miglior amico che abbia mai avuto,” continuò, sorprendendo il mago una volta di più. “Non penso di averti mai detto quanto sei stato importante, nel rendermi un uomo migliore.” Ecco, questa non era decisamente una frase da Arthur, a meno che non fosse molto ubriaco, o sotto un incantesimo, come in questo caso. Ma il sapere che la pensava veramente, la rendeva mille volte più penetrante che detta in condizioni normali.

Lo vide avvicinarsi con lentezza, calmo e sicuro di sé. Sapeva quello che stava per succedere, lo sentiva dentro di sé, ma non aveva la forza di fermarlo. Sincero doveva essere, e sincero sarebbe stato. Fino in fondo.

~a~m~

Era da quando si era alzato che sentiva quello strano impulso di dire la verità, a chiunque gli si presentasse davanti. Perfino a Morgana. Era come se qualcun altro si fosse impadronito della sua testa, spingendolo a dire cose che mai si sarebbe sognato anche solo di pensare, in altre occasioni.

Andò da Gaius, conscio della sua conoscenza sulle arti magiche, perché Arthur era sicuro che fosse una maledizione quella: non c’erano altre spiegazioni. Una volta aperta la stanza del medico di corte, il Principe scorse Merlin. Lo vedeva tutti i giorni, il suo servitore, ma quella volta fu diversa. Probabilmente a causa dell’incantesimo lo guardava in maniera sotto nuova luce.

Gli disse che doveva parlargli. La sua voce era la stessa di sempre, ma perfino lui si rese conto che la sua richiesta era diversa. Non gli interessava che Gaius fosse lì, in verità, non gli importava di nulla. Come prima con Morgana, sentiva di dover dire delle cose a Merlin. Pregò solo che non fossero troppo imbarazzanti.

La sua preghiera non era fu ascoltata. Erano peggio che imbarazzanti. Non sarebbe stato più capace di guardare il ragazzo negli occhi. Alzò il volto, sicuro di vedere scherno nello sguardo di Merlin, e si stupì quando, invece, vi trovò accettazione e… sincerità. Si chiese se anche i suoi occhi mostrassero le stesse cose.

Poi il suo servitore parlò: “Anch’io ho da dirVi delle cose, Sire,” il Principe annuì, incoraggiandolo a continuare. “Una forse è meglio che Ve la mostri, però.” Subito dopo quegli occhi così blu divennero oro, e una sedia in fondo alla stanza arrivò rapidamente fin sotto il tavolo cui erano appoggiati.

Per un attimo, forse anche meno, Arthur considerò che tutto quello dovesse essere solo un terribile scherzo. Di certo c’era una spiegazione, che non era quella cui era giunto lui, ovviamente. Doveva essere così. Poi guardò il suo servitore e capì. Quella era la spiegazione giusta. Ora si poneva il problema di cosa fare. Guardò di nuovo Merlin negli occhi, scorgendoci stavolta tristezza e rassegnazione. Non poteva permettere che finisse così, decise. Si sarebbe tenuto questo segreto, pensò rapidamente, prima di incoraggiare Merlin a continuare il suo discorso.

“Forse è meglio che Vi mostri anche l’altra cosa…”

E poi, Merlin fu sulle sue labbra, e tutto il suo mondo si capovolse. Il suo cuore accettò quello che il mago gli stava dando, così, come se fosse una cosa perfettamente normale. Rispose istintivamente, dando maggiore accesso a quella bocca che lo esplorava. Era una pazzia, lo sapeva, ma la verità è che non riusciva a fermarsi.

Quando entrambi si staccarono, ansimanti, Arthur sentì quella bizzarra sensazione che lo aveva assalito fin dalla mattina, svanire, e seppe, con una certezza disarmante, che ora non era più obbligato a essere sincero.

Il rossore che colorava le guance di Merlin era assolutamente delizioso, però, e non aveva dimenticato nulla delle ultime ore.

“Bene, e adesso cosa dovremo fare, di te?”

Merlin apparve subito spaventato, e Arthur rise.

“Stavo mentendo Idiota. Ma ora avrai parecchie cose da spiegarmi, magari,” disse, con un sorriso sulle labbra che non faceva presagire nulla di buono, “proseguiamo la discussione in camera mia.” Le gote del suo servitore erano ora rosse come la sua tunica, ma rispose senza tentennamenti, quasi.

“Bene. Sono felice che siate tornato Voi stesso. Solo… se dobbiamo parlare… sincerità, d’accordo?”

Ad Arthur venne voglia di mangiarselo a morsi, ma accantonò quel pensiero, meditando che avrebbe avuto tempo per quello, dopo. “Sincerità? D’accordo!” disse, mentre Merlino stupito diceva: “Davvero?”

“Davvero! Sin-ce-ri-tà,” sillabò sul suo viso “con l’accento sulla a. Va bene?”

“Va bene, Sire.”

“Bene, andiamo. Abbiamo qualcosa da fare,” disse, facendo arrossire ancora di più Merlin. Sarebbe stato sincero fino alla fine, ma nulla gli avrebbe impedito di vedere quel rossore sul volto del servitore per molto, molto tempo.

The End

*Accalon è un personaggio citato da Marion Zimmer Bradley nel suo romanzo “Le Nebbie di Avalon”. Quel personaggio e questo però non hanno alcun legame, se non il nome.

La storia ha partecipato al 2° concorso di Fire and Blade, classifacandosi terza. Metterò i link alle altre storie appena le pubblicano.
   
 
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