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Autore: SagaFrirry    14/04/2019    5 recensioni
Emelrik è un vampiro particolare, in grado di governare l'acqua grazie alle sue conoscenze alchemiche. Imprigionato in una bara di pietra per quasi trecento anni, ritrova la libertà ai giorni nostri in seguito ad un'alluvione. Però il mondo moderno è molto diverso dal passato in cui viveva e quasi tutto è cambiato. Un giovane archeologo, colui che per primo ha analizzato la tomba nella roccia, si offre di aiutarlo e fornirgli un rifugio. Ma Emelrik ha un nemico sulle sue tracce, un nemico che lo cerca da secoli...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

Puoi davvero sentire il mio cuore?

 

Aveva piovuto molto in quei giorni ed il fiume era esondato. Con la sua violenza, aveva eroso e trascinato via una parte considerevole della campagna in cui solitamente scorreva placido e tranquillo. Quell'evento straordinario aveva portato alla luce radici d'albero ed alcuni reperti per cui era stato convocato d'urgenza l'esperto della zona. L'esperto, in quel caso, era un giovane archeologo ed ispettore delle belle arti, che iniziò a scattare molte foto di quell'oggetto. A prima vista poteva sembrare una semplice lastra di pietra ma, osservando meglio, vi si potevano scorgere delle iscrizioni. Agli operai, che lavoravano al riassesto del greto del fiume, era stato ordinato di non toccare il misterioso oggetto fino a quando l'esperto non lo avesse riconosciuto e catalogato. Poteva avere un qualche valore storico che non doveva essere danneggiato in alcun modo.

“Allora?” borbottò un addetto alle ruspe “È un semplice sasso, vero? Possiamo riprendere i lavori e buttarlo via?”.

“Ancora non lo so" ammise l'archeologo “Sto cercando di capire quel che c'è scritto sopra”.

“A me sembra un sasso. Comunque basta che la cosa non prenda troppo tempo. Se devo portarlo in un qualche tipo di museo, o roba simile, lo voglio fare subito. L'importante è non stare qui a cincischiare per puttanate artistiche. Ho un lavoro da terminare, io!".

Con un sospiro, l'esperto usò una piccola spazzola per tentare di ripulire il fango e le incrostazioni. Il tempo e l'alluvione avevano profondamente danneggiato quelle scritte e l'unica cosa che riusciva chiaramente a leggere era “Emelrik". Poi scorgeva qualche numero ed altre lettere. Scattò altre fotografie.

“Hai finito?” lo incalzò di nuovo uno degli operai “Posso togliermelo dai piedi?”.

“Non ancora!” lo fermò l'archeologo “Devo interpretare alcune cose".

Ma dal cielo iniziarono a scendere le prime goccioline di pioggia ed arrivò la comunicazione in cantiere che era meglio allontanarsi, perché il fiume poteva di nuovo esondare. Sotto l’acquazzone improvviso, furono scattate le ultime foto.

“Muoviti, coso!” lo incitò il capocantiere.

“Mi chiamo Stephane…” borbottò l'ispettore delle belle arti, infastidito ma per nulla in vena di litigare.

Quando ormai diluviava, tutti lasciarono la zona.

“Che lavoro ingrato…” si ritrovò a pensare l'esperto, rientrando a casa.

Ancora fradicio ed infreddolito, mandò in stampa tutte le foto fatte. Con un programma apposito, osservò per bene tutte le inquadrature al PC. Ingrandì alcuni dettagli ed ingrandì ancora. Grazie allo stesso programma, riuscì a mettere in evidenza le scritte che più lo incuriosivano. Ora la parola “Emelrik" si vedeva benissimo ed erano spuntate molte altre parole. Leggeva chiaramente “Von Rigel Kraint". Sotto quel che dovevano essere delle generalità, nome e cognome incisi su pietra, vi erano delle date. Aveva tutta l'aria di essere una lapide, con giorno di nascita e di morte. Ma perché quel sarcofago inciso era sepolto sotto un tale strato di terra e così lontano da qualsiasi terreno consacrato? Le incisioni sotto le date erano ormai illeggibili ed incomprensibili.

Vi era dunque un corpo sotto quella lastra di pietra? Dalle date riportate, risaliva all'inizio del 1700. Non doveva esserne rimasto molto, specie se l'acqua dell'alluvione era riuscita ad entrare all'interno di quella bara di roccia, ma poteva celare altre informazioni utili.

 

Il giorno seguente, l'ispettore tornò ad osservare il reperto, in cerca di risposte. Che ci faceva lì? E come mai il portatore di un cognome nobiliare, forse austriaco, era finito in un luogo simile? L'alluvione aveva ulteriormente danneggiato le iscrizioni ed avevo scostato la lastra in pietra che copriva il sarcofago. Stephane tentò di aprire ulteriormente la tomba, con cautela, senza però riuscirci. Era chiaro però che l'acqua era penetrata all'interno. Tentando di nuovo, udì chiaramente un suono. Era simile ad un risuonar di tamburi, debole e ritmato. Il battito di un cuore?

“Me lo sono immaginato" disse a se stesso “Non può esserci un cuore che batte qui dentro!”.

Era meglio avvisare l'ufficio di competenza, per far rimuovere quel loculo e spostarlo altrove. Così avrebbe avuto più tempo per esaminare il tutto, senza rischiare un’ulteriore alluvione e permettere agli operai di sistemare il corso del fiume. Forse non aveva alcun valore ma voleva capirci qualcosa in più.

Ignorò gli operai che lo derivano mentre “fotografava un sasso", e rientrò a casa.

Decise di iniziare qualche ricerca, digitando il nome inciso sulla lapide su vari motori di ricerca. Il cognome, a quanto pare, apparteneva ad una famiglia nobiliare ormai estinta. Però nessuno dei suoi membri si era mai chiamato Emelrik. Che stranezza… E se fosse stato rinnegato o cancellato dalla famiglia? Strano però che non fosse narrato nulla a riguardo. Doveva assolutamente fare delle ricerche approfondite! Forse altri del suo stesso settore, altri ispettori delle belle arti e studiosi di storia, potevano aiutarlo! Inviò diverse mail, descrivendo la situazione ed allegando qualche foto. Amava quel tipo di situazione, in cui doveva scoprire aspetti misteriosi di un reperto. Voleva scoprirne la storia, le origini… finalmente un pochino di mistero, al di fuori della noia d'ufficio! Era il lavoro che sognava ma purtroppo era raro che avesse occasione di dedicarsi a ricerche e scoperte.

Chiamò qualche collega, rimanendo alquanto perplesso dalle risposte di alcuni di essi. A quanto pare, per molti, era inutile buttare via altro tempo per una cosa del genere. Ma Stephane era testardo, e continuava a guardare e riguardare quelle foto.

“Emelrik… chi eri in realtà? E perché sei finito in un posto simile per l'ultimo riposo?”.

Dalle iscrizioni, doveva essere morto a ventisette anni e la cosa rattristava l'archeologo. Fuori pioveva di nuovo e, probabilmente, la bara in pietra a quest'ora doveva essere piena d'acqua ed ancor più rovinata. All'ennesimo lampo, Stephane decise di spegnere ogni dispositivo elettronico ed andare a dormire. Sbadigliando, scansò un ciuffo di capelli biondi dagli occhi e si avviò verso la camera.

Un bussare insistente alla porta lo riportò sui suoi passi. Chi mai poteva essere? Forse qualche collega nottambulo che passava per lì? Aprendo i chiavistelli, riuscì finalmente a scoprire la verità. Sotto la pioggia, con l'espressione sul viso di chi non ha trascorso la più bella delle giornate, stava un giovane uomo. Fradicio, con abiti logori e grondanti di acqua e fango, rimase immobile su uno degli scalini che precedevano l’ingresso. Aveva la pelle estremamente pallida, che i capelli corvini rendevano ancor più bianca, e nella notte sfoggiava un bel paio di occhi che parevano fiammeggianti.

“Desidera?” chiese Stephane, alzando un sopracciglio.

“Perdonate l'intrusione. Sono Emelrik Von Rigel Krain".

 

Dopo il primo momento di incredulità, l'archeologo lasciò entrare quello strano individuo. Che fosse o meno un pazzo con uno contorto senso dell'umorismo, fuori stava diluviando e non era il caso di lasciarlo all'aperto. Evidentemente qualche collega si era divertito, dopo aver ricevuto la mail con le foto della lapide. Seduti entrambi al tavolo, il padrone di casa versò del tè caldo che però l'ospite rifiutò.

“Perdonate l'ora tarda" parlò l'intruso “Ma io mi posso muovere solo di notte".

“Capisco…” storse il naso Stephane “E tu saresti…?”.

“Mi sembrava di averlo già detto. Sono Emelrik Von Rigel Krain”.

“Divertente. Sarebbe morto da tipo 300 anni o giù di lì…”.

“Ne sono perfettamente consapevole" sospirò l'ospite, fissando il tè quasi con malinconia.

“E allora?”.

“Lasciatemi spiegare tutto".

L'ennesimo sospiro interruppe l'accento lievemente tedesco del narratore. Poi qualcosa si mosse sulla sua spalla e Stephane sobbalzò. Una piccola creaturina trasparente, simile ad una goccia d'acqua e non più grande di un pollice, scivolò lungo la manica e raggiunse la tazza di tè. Bevve qualche sorso, cambiando leggermente colore, e poi sedette sul tavolo salutando con la mano.

“Cos'è quella roba?!” esclamò l'archeologo.

“È il mio elementale”.

“Il tuo… che?”.

“Io sono Emelrik Vor Rigel Krain, nato nel 1704 e morto nel 1731. Prima di morire mi ero dedicato allo studio alchemico. Sono in grado di controllare gli elementi, in particolare l'acqua, e questo piccolino è un elementale. È stato lui a condurmi qui da te".

“E… perché? Cioè… che fate qui?!”.

“Tu hai udito il mio cuore! Puoi davvero sentire il mio cuore?”.

“Ma di che parli?!”.

“Tu… non sei tu che hai fatto tante foto alla mia bara? Non sei tu colui che ha tentato di aprirla e scoprire chi fossi? E non sei stato tu a parlare, dicendo che era impossibile che un cuore battesse lì dentro?”.

“Io… può essere. Non ricordo quel che ho detto. Ma quindi… tu cosa sei? Uno zombie? Un fantasma?”.

“Un vampiro”.

“Sì… certo…”.

“Come ti dicevo, mi sono dedicato agli studi alchemici. Essendo il fratello minore, e non avendo un casato da dover mandare avanti, sono stato libero di dedicarmi a quel che mi piaceva. Volevo essere più forte, più potente. Poi mia madre si ammalò gravemente ed io tentai in ogni modo di salvarla. Purtroppo mi sono imbattuto nel libro e nell'insegnante sbagliato. Ma potrò raccontarti tutto un po' alla volta".

“Come riesci a parlare così bene nella lingua corrente?”.

“Sono rimasto sveglio, cosciente, imprigionato in quella bara. Udivo ogni cosa, ma non riuscivo ad uscire. L'alluvione mi ha permesso di sfruttare le mie conoscenze per riavere la libertà. Poi ti ho udito parlare…”.

“Cosa ho detto di così speciale?”.

“Io sono morto. Il mio cuore non batte. Ma tu sei riuscito ad udirlo e questo mi fa sentire… vivo! Inoltre non credo alle coincidenze. C'è una ragione se ti sei interessato alla mia prigione di roccia”.

“E che cosa dovrei fare, secondo te?”.

“Per ora ho bisogno di un posto dove stare. Non voglio tornare in quella prigione di pietra. Saprò ripagarti, te lo prometto! Mi serve solo il modo di terminare dei miei studi e stare al sicuro”.

“Al sicuro da cosa?”.

“Da colui che mi ha reso un vampiro. Ti prego…”.

Il padrone di casa non era convinto ma lo sguardo dell'ospite era spaventato e supplicante. Non era di certo la faccia che ci si aspettava di vedere su un vampiro!

“Intanto direi che devi darti una ripulita. I vampiri si lavano? Sei tutto pieno di fango. Ti porto degli abiti puliti, puoi farti un bagno e poi vediamo. Io sono stanco morto".

“Ti ringrazio".

“Sappi che non credo molto alla tua storia. Ma ho bisogno di dormire. Ne parliamo domani".

“Però… il sole…”.

“Ah, giusto. Puoi sistemarti nella mia camera oscura".

“La tua…?”.

“Camera oscura. Dove sviluppo le foto”.

“Foto?”.

“Ah… Fa niente. La stanza è quella. Io ora vado a letto, domani devo essere in ufficio alle otto. Fai quel che credi. Ne riparleremo”.

“Grazie infinite. Buonanotte”.

“E non mordermi, intesi?”.

“Intesi…”.

 

 

Ciao a tutti! Benvenuti in questa nuova avventura. Ringrazio le ispirazioni ricevute da Yuki EFP, Aris Parker EFP e Selene Piana con la Promp Challenge del Giardino di EFP.

   
 
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