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Autore: KaterinaVipera    15/04/2019    3 recensioni
Amira si reca in un piccolo villaggio sperduto nella campagna inglese a trovare la cugina, in cerca di un posto dove iniziare la sua nuova vita, lontana da casa e da tutte quelle persone che le hanno voltato le spalle quando ne aveva più bisogno.
Ciò che cerca è la possibilità di ripartire e, soprattutto, la tranquillità che negli ultimi mesi le è stata negata.
Ma, la vita, ha in serbo per lei tutt'altro e fin da subito si ritrova in una realtà che non sapeva esistesse; le persone che, all'inizio le sembrano solo strane si riveleranno per quello che sono veramente: creature straordinarie che credeva fossero solo fantasia e lei dovrà decidere se essere solo lei, una semplice ragazza, o, al contrario, farne parte ed accettare ciò che le dice il suo cuore: lei appartiene a lui, è sua, solo che ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rimango a bocca aperta, ferma, incapace di muovere un muscolo o di fare un ragionamento logico.

Adesso ho anche le allucinazioni.

“Lo so, lo so…” dice sorridendo smagliante, avvicinandosi verso di me. “Ho questo effetto sulle donne.”

No, non è un’invenzione della mia mente, perché una risposta del genere solo il vero lui me la potrebbe dare.

“EDOOOOOO!!!” grido piena di felicità, saltandogli al collo e facendogli quasi perdere l’equilibrio per l’impeto. “Non ci credo! Sei tu, sei davvero qui!” nascondo il viso sul suo collo, la carnagione scura, olivastra e perennemente calda, nonostante il clima.

“Sì, tesorino. Sono davvero io e sono qui.” mi stringe a sé, per farmi capire che anche io sono mancata a lui quanto lui è mancato a me.

Dopo un attimo, a malincuore, ci sciogliamo dall’abbraccio rimanendo però sempre abbastanza vicini, tanto che le sue mani si spostano sul mio viso, gli occhi scrutano i miei, sospettosi, indagatori; mi allontana di qualche centimetro, le bracia distese per intero per avere una visuale migliore.

“Sei tutta intera? Stai bene?” chiede con voce venata di preoccupazione a stento trattenuta; di quella che non ti fa né dormire né mangiare.
E a giudicare dalle sue occhiaie e da come mi sembra dimagrito, ci sta che sia andata proprio così.
Mi chiedo cosa gli sia successo in queste settimane in cui non ci sono stata.

“Sì, sto bene.” lo guardo confusa, non capendo il motivo di così tanta apprensione.

In fondo, ci siamo sempre sentiti in questi giorni. L’ultimo messaggio risale a… a quando io ho scoperto… ooops!

“E allora si può sapere cosa cazzo ti è passato per quella testolina dura, eh?” mi rimprovera, sforzandosi di mantenere bassa la voce e di controllarsi.

“Io… io...” balbetto, senza sapere come cavarne le gambe.

“Tu cosa, Amira?”

Mi ha chiamata per nome. Brutto, bruttissimo segno.

“Mi mandi un file audio sconclusionato da un numero sconosciuto e poi non ti fai più sentire! Sei impazzita?!” alza il tono di voce, incapace di controllarsi.

Cerco di farlo calmare e di fargli abbassare la tonalità, prima che attiri troppo l’attenzione e Garreth venga a sapere – se non è troppo tardi – della sua presenza qui.

“Edo… Edo abbassa la voce, per favore!” gli metto una mano sulla bocca, sentendo il suo respiro caldo in netto contrasto con la mia mano gelata, guardandomi intorno per accertarmi che non ci sia nessuno.

Adesso cosa gli racconto?
Non credo che mi sia permesso raccontargli la verità senza delle conseguenze. Non so nemmeno se ne avrò io, figuriamoci lui che non è parente di nessuno qui. Solo amico mio, quindi sacrificabile a prescindere.

“Quel file… beh ecco… quel file mi è partito per sbaglio.”

“Che cosa?” mi guarda stranito.

“Sì, io… stavo parlando… vedi, quella sera io…”

Perché invece di trovare una soluzione pratica mi vado a cacciare sempre più nei guai?!
Mi detesto!

Mi prende il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi per fare in modo che non gli menta.
Non ci riuscirei a prescindere, ma in questo modo mi è completamente impossibile.

“Stai bene?”

“Sì.”

“Me lo giuri?”

“Sì, te lo giuro.”

“Allora, non devo sapere altro.” mi abbraccia di nuovo, stavolta non facendomi quasi respirare.

“Mi hai fatto morire di paura.” bisbiglia, scompigliandomi i capelli e solleticandomi l’orecchio.

Eh, a chi lo dice.

“Però mi devi spiegare perché non mi hai risposto ai messaggi né alle chiamate. Cristo, Amira, son dovuto correre fin qua, per accertarmi che tu stessi bene. Ho chiamato i tuoi, e anche a loro sembravi strana.”

“Tu, cosa?!”

Voglio emigrare in Australia. Lontana da genitori, cugine e sopratutto da lupi porta guai.

“Perché non ne parliamo a casa di Anna? Lì staremo al caldo.” suggerisco, facendomi vicina al suo borsone e al suo zaino.

E al sicuro. Sopratutto al sicuro.
Anche con una porta inesistente.

Edoardo prende si carica prima lo zaino e poi il borsone, mi si riavvicina e dopo avermi presa per mano si lascia guidare a casa di mia cugina, a passo lento e in silenzio.
È sempre stato un rapporto strano e incompreso da molti, il nostro.
Lui ancora troppo arrabbiato con me per essere sparita, io preoccupata dell’effetto che potrebbe avere la sua presenza qui.
Spero solo che sia una visita breve.
Sicuramente avrà fatto il biglietto andata e ritorno per qualche giorno, per assicurarsi che stessi bene, non avrebbe motivo di intrattenersi di più.
Nonostante ciò, sono davvero tanto felice di averlo qui; credo che sia l’unico, vero amico su cui possa sempre contare – il fatto di averlo al mio fianco in questo momento ne è una dimostrazione – con cui mi possa confidare, anche se debbo mantenere un segreto non da poco.

“Sono contenta che tu sia qui.” bisbiglio, sorridendo, appoggiando la testa al suo braccio.

“Bene, perché non ho fatto il biglietto per il ritorno e non ho una data per la partenza.”

“Cosa?!” lo costringo a fermarsi e a guardarmi.

“Non sei felice? Dicevi che questo posto è noioso e che ti mancavo. Poi Anna sarà felicissima di vedermi e di ospitarmi, ha sempre avuto un debole per me.” sorride vittorioso e pieno di sé.

Sono nella merda.

“Non puoi rimanere, Edo! Anna è incinta e tra poco partorirà. Alan, che è suo marito gelosissimo, non vorrà tanta gente in giro per casa.” cerco di aggrapparmi a qualsiasi scusa, ma Edoardo NON può rimanere qui.

Ne vale della vita sua e della mia!

“Non ti preoccupare, che Anna già lo sa. L’ho avvisata che sarei venuto a trovarti e mi ha detto che era felice di ospitarmi. In quanto a suo marito, sai benissimo che con me non ci sono problemi.” fa l’occhiolino, prendendosi gioco di me.

“E poi come fai con il gruppo?” gli chiedo, credendo di averlo messo con le spalle al muro.

Il suo viso si rabbuia.

“Ho lasciato il gruppo.” dice laconico, guardando avanti, ma non osservando niente. Piuttosto rincorrendo pensieri e ricordi che non mi dirà, non adesso almeno.

“Coooosa?! E perché mai?” quasi mi viene da urlare, sconvolta dalla notizia.

“Perché la gente è falsa e ipocrita.” dice severo, continuando a guardare davanti a sé.

“Non è una buona ragione per lasciare tutto.” gli faccio presente.

Lui era… è il ballerino migliore del gruppo, uno dei più dotati e con un grande futuro.
Glielo faccio presente, convinta che anche i suoi genitori, amici e i compagni del gruppo glielo abbiano già detto. Così, come sono sicura che il gruppo lo abbia supplicato di non andarsene, sopratutto dopo che me ne sono andata anche io.
Edoardo continua a non guardarmi e in risposta, alza le spalle.

“Che cazzo di risposta è?” sbotto allibita.

“In realtà non era più aria di rimanere lì.” dice serio, guardando davanti a sé. “E poi… tu sei qui, non potevo mica lasciarti sola.” mi bacia la tempia, arruffandomi i capelli. “E mi devi spiegare il motivo di quel messaggio incomprensibile.” questa volta punta i suoi occhi su di me, guardandomi torvo.

Non capisco perché tutti mi debbano sempre guardare male.
Sembra una cospirazione contro di me.
Non ho il tempo di rispondere, per fortuna perché avrei dovuto inventare una bugia ed io non riesco a mentire a lui, che senza essercene accorti, inizia a venir giù una fitta e incessante pioggerellina.
Casa di Anna è ancora lontana e non credo che da Judy sia arrivato qualcuno, quindi provo ad andare nel primo posto che mi viene in mente e che è anche vicino.
Corriamo, anche se ormai siamo bagnati, ridendo senza motivo, sperando che questa pioggia fredda non ci faccia venire il raffreddore.
La sala delle riunioni è deserta, nessuno al suo interno, nessuno a farle da guardia e per nostra immensa fortuna, le porte non sono state chiuse a chiave, quindi mi basta spingere la maniglia per accedervi e stare finalmente al riparo.
Mi guardo intorno con circospezione, nella speranza che non ci siano strani manifesti, mappe, o teste di cacciatori appese alla parete da dover spiegare.
A quel punto sarebbe difficile mentire o tenere segreta la loro identità.

Potrei dire che sono pazzi.

Garreth è pazzo, in effetti, ma la loro vera natura è meglio che rimanga nascosta, anche se il mio amico saprebbe tenere la bocca chiusa.
Fortunatamente per me, e anche per l’incolumità di Edoardo, non c’è niente di preoccupante da nessuna parte, solo i tavoli e le panche accatastate in un angolo della sala.
Il resto che ho visto l’altra volta, la mappa con il nostro villaggio cerchiato in rosso, i vari puntini che non so cosa stessero a significare, e molto altro, non ci sono più, segno evidente che a fine riunione debbono aver tolto tutto.
Anche se la bacheca di sughero presenta ancora dei foglietti, ma sono solo degli appunti poco significativi, almeno per quanto riguarda una persona ignara come potrebbe esserlo lui.

Sono una lista di cose da fare in vista dell’inverno.

Bene, meglio così.

Mi sembra di aver profanato un posto sacro ad essere entrata qui, con un altro essere umano, per niente al mondo avrei voluto che ci fossero state delle loro cose. Non so cosa sarebbe potuto accadere, altrimenti.
Forse Garreth mi avrebbe uccisa seriamente. Beh, mi avrebbe tolta dai piedi una volta per tutte.

Chissà se fanno sacrifici umani davanti a delle grosse pire e ululano alla luna piena.

“Ehi, tutto bene?”

Inutile dire che salto in aria come una molla.

“Cristo santo, che ti è preso?” Edo se la ride di gusto, per la mia reazione eccessiva.

“Niente, ero solo sovrappensiero.” borbotto impermalita.

Ci togliamo i cappotti bagnati e li lasciamo sgocciolare allo schienale delle sedie, mentre noi ci accomodiamo su una panca, in attesa che smetta di piovere.
Rimaniamo un attimo in silenzio, ognuno assorto nei proprio pensieri.

“E adesso cosa farai?” domando, con una nota preoccupata nella voce, sapendo quanto fosse importante per lui ballare.

“Troverò qualcos’altro. Magari mi trasferirò qui.”

Mi viene un colpo e mi strozzo con la saliva.

“Non intendi proprio qui… qui. Vero, Edo?”

Lui scoppia a ridere, mostrando una fila di denti bianchi, con un leggero spazio tra alcuni di essi.

“Anche tu mi sei mancata.”

“Non mi fraintendere, mi sei mancato anche te.” quasi urlo, ma lui qui proprio non può starci. È fuori questione.

Anche a costo di rispedirlo in Italia a calci nel didietro.
Se lo scopre Garreth sono nei guai, se Edo scopre del loro segreto e Garreth viene a sapere che lui lo sa, io sono morta. E forse Edo farà la mia stessa fine.

Questo sì che è un gran casino!

“Dico solo che questo è un paese noioso. Molto più di quello nostro.” dico cercando di ritrovare la calma.

Mi allontano dal mio amico, guardando fuori dal vetro, lo stesso punto dove l’alfa mi beccò a spiarli.

“Potremmo sempre renderlo movimentato noi.” sorride, avvicinandomisi.

Alzo la testa per poterlo guardare meglio: si è fatto crescere i capelli, adesso gli ricadono appena sul viso, nascondendogli gli occhi, a seconda di come sposta la testa. Il viso quasi completamente privo di barba, lo rende ancora più aggraziato; caratteristica che gli ha fatto morire un sacco di ragazze dietro.
Me compresa, molti, moltissimi anni fa.
Ma gli occhi sono il suo punto forte: di un marrone chiaro, caldo, come oro e miele fusi insieme. Occhi dolci a cui non si può dir di no.

Tutto l’opposto di Garreth.
Eppure anche i suoi occhi, su di me, hanno un effetto strano, ipnotico e ammaliante, di profondo e tremendamente intenso.
Di sicuro mi fanno venir voglia di mandarlo a quel paese.

“Cosa avresti in mente, sentiamo?”

Poggio le mani sui fianchi, pregando che non gli sia venuta un’idea pazza, purtroppo per me, però, lo conosco, e lui ha solo idee pazze.

“Tiriamo su una scuola di ballo nostra!”

Ecco, come dicevo!

“Tu non ci stai con la testa!”

“Noi eravamo i più bravi, Amira.”

“E tu sei il più modesto, te l’ha mai detto nessuno, questo?” gli domando, per nulla felice della sua proposta.

“Sono solo onesto con me stesso. E anche tu dovresti esserlo.” dice serio. “Apriamo una classe di ballo e insegniamo a questi paletti come ci si muove.” mi prende le mani, me le fa appoggiare sui fianchi e iniziamo a muoverci a tempo di una musica che non c’è.

“Se non sbaglio, tu hai preso anche lezioni di danza del ventre.” sorride ammiccante.

“Sì, mi sono fermata al primo livello però. E mi vergogno.” mi libero dalla sua presa, sperando che gli passi alla svelta questa sua idea folle.

Edoardo tira fuori il telefono, senza smettere di ridacchiare divertito, e dopo aver premuto le dita sullo schermo, fa partire la musica.
Inizialmente non capisco che tipo di canzone abbia messo, poi, quando la voce del cantante riecheggia nella sala, comprendo le sue intenzioni e scuoto la testa con veemenza per dissuaderlo.
Non è assolutamente il caso di metterci a ballare qui.
Non sa in quali casini potremmo andare a cacciarci.
Conosco il brano che ha selezionato, lo abbiamo usato l’anno scorso in estate, per uno spettacolo in piazza, dalla coreografia movimentata e coinvolgente.
Mi viene da sorridere a quel ricordo, e senza rendermene conto, mi avvicino a lui che ne approfitta e mi prende le mani.

“Dai Edo, adesso no...” cerco di sottrarmi, anche se il ritmo, le parole e la voglia di ballare si stanno impadronendo di me e del mio corpo.

La sua presa si fa più forte sulle mie mani, avvicinando il suo bacino al mio e iniziando a muoversi e a farmi fare lo stesso.

“Giochi sporco.” esalo, con un mezzo sorriso, che non ha niente di divertito.

In una stanza come questa, con le finestre così grandi chiunque potrebbe vederci e temo per l’incolumità di entrambi. Inoltre non è solo questo, ciò che temo e che mi demoralizza.
Non posso credere di esserci cascata ancora.
Non dopo quello che mi ero ripromessa: venire qui per iniziare una nuova vita.

E invece, niente.

Il mio amico si ferma, vedendo che io non sono intenzionata a spostarmi di un solo millimetro.

“Amira, che ti succede? Prima avresti ballato anche senza musica.” il tono di voce è preoccupato e triste, inseguendo il mio sguardo sfuggevole.

Sospiro rassegnata, allontanandomi da lui, guardando attraverso il vetro della finestra ormai ricoperto da tante, minuscole gocce; poggio una mano sulle superficie fredda ed umida, liscia, lasciandoci l’impronta deformata per poi fare dei disegni senza senso, solo per rilassare e svuotare la mente, in cerca di stabilità.

“Ero venuta qui per stare tranquilla.” dico voltandomi verso il mio amico, poggiando la schiena al vetro, sentendo il freddo attraverso la stoffa della maglietta. “I miei piani non sono andati come avevo previsto.” mi strofino la manica sul viso, portandomi all’indietro una ciocca di capelli che ormai stanno perdendo la tinta blu e tornando del loro colore naturale, come se servisse a cancellare il senso di malessere e disagio, ma purtroppo non è così.

“Si tratta di un ragazzo?” chiede Edoardo, con tatto, muovendosi verso di me e facendosi vicino vicino.

Di un uomo.
Di un lupo.
Dell’alfa.

“Sì.”

“Allora non abbiamo proprio imparato niente noi due.” ridacchia sconsolato, abbracciandomi e dandomi un bacio sulla fronte.

Sospiro ancora una volta, piegando la bocca in un sorriso amaro.
Apro bocca per chiedergli spiegazioni, ma lui poggia un dito sulle labbra per farmi tacere, ci affianchiamo al tavolo per poi scorrere tra la playlist del suo cellulare.

“Facciamo una cosa: per quattro minuti, dimentichiamoci di tutti. Balliamo.” non mi guarda mentre parla, troppo occupato a cercare la canzone, quando la trova, lascia il telefono sul tavolo e ci mettiamo al centro della stanza.

Quando capisco cosa ha selezionato, scoppio a ridere.

 

Sí, sabes que ya llevo un rato mirándote. Tengo que bailar contigo hoy. Vi que tu mirada ya estaba llamándome. Muéstrame el camino que yo voy.1

 

“Oh mio Dio, Edo! Ancora con questa canzone!?”

L’abbiamo ballata fino alla nausea con la scuola di ballo, ma io e lui, per gioco ci siamo creati una coreografia tutta nostra, molto meglio di quella impostaci dall’insegnante.

“Sì” dice prendendomi le mani e iniziando a muoversi.

La musica riempie piano la stanza con le sue note e con il suo ritmo incalzante, allegro e vivace.
I cantanti fanno risuonare le loro voci melodiche e sensuali, accattivanti, ed io inizio a sentirmi trasportata dalle loro parole, ipnotizzata totalmente.
Una mano di Edoardo mi cinge il fianco mentre l’altra tiene la mia, ci guardiamo negli occhi, complici.
Appena finisce la prima strofa, iniziamo a muoverci: da principio, il movimento è lento, come la canzone, i miei fianchi si scontrando dolcemente con i suoi, la mia gamba destra si sposta in mezzo alle sue, ruotiamo su noi stessi, spostandoci al centro, ma non appena la melodia varia il ritmo, anche noi cambiamo i nostri passi e i nostri movimenti.
Tutto diventa più veloce e ravvicinato, intimo.
Le sue mani mi allontanano, mi fanno fare una giravolta per poi adagiarsi sui fianchi e così per tutta la canzone è un continuo volteggiare, strofinarsi, sentire i fiati che si mescolano, le gambe che si uniscono. Le guance di entrambi diventano rosse, il respiro accelerato e corto, il cuore pompa e richiede sempre più ossigeno, l’adrenalina circola nelle nostre vene, dandoci la carica giusta per muoverci e ballare in sincronia.
Seguo i suoi passi, ricordandomi a memoria il ballo; Edoardo è un ballerino perfetto, è riuscito a mixare dei passi del tango argentino con la musica latino americana, creando un qualcosa di spettacolare da vedere.
Mi fa voltare, in modo che la mia schiena si impatti contro il suo torace, riprendiamo fiato per il pezzo calmo della canzone, ma quando la strofa finisce e parte il ritornello finale, ecco che mi fa voltare nuovamente, mette una mano sulla schiena, mi fa reclinare la testa all’indietro e quando la rialzo i nostri visi sono così vicini che i respiri si mescolano e si confondono, i miei capelli si attaccano al suo viso.
Ci sorridiamo complici, finendo di ballare come due forsennati tra un’ultima giravolta, per concludere gli cingo i fianchi con le gambe sporgendomi all’indietro con la schiena.
Prendiamo fiato qualche istante, ritorno con la schiena eretta e dopo avergli sorriso contenta come una bambina, scendo.
Anche lui sorride, dandomi poi un bacio sulla fronte leggermente sudata.

“Porca miseria! Avevo proprio perso il ritmo!” esclamo, prendendo dei lunghi respiri.

“Tranquilla, altri due balli con me e...”

Ma io non gli presto più attenzione, perché dall’altra parte della vetrata c’è un Garreth a dir poco allucinato.
Ci guardiamo per una frazione di secondo ma è sufficiente a farmi capire che siamo in un mare di guai.
Non so neppure se questo posto ha un’altra uscita, magari una di emergenza, ma ormai è troppo tardi, lui è appena entrato come una furia, avvicinandosi ad Edoardo che appena lo vede, smette di parlare e lo guarda stranito.

“E tu chi cazzo saresti?” ringhia, fuori di sé, spintonando prepotentemente il mio amico.

E lui, poverino, colto alla sprovvista, da semplice umano, anche se non è poi così gracile e mingherlino, non può nulla contro la forza del mannaro, si ritrova a barcollare, fare qualche passo incerto all’indietro, costretto a sorreggersi alla vetrata.

“Ma sei scemo?” gli grida di rimando Edoardo, rimettendosi in piedi per fronteggiarlo, anche se tra i due c’è un grosso divario.

“Che cosa ti prende, Garreth?” mi frappongo tra i due, trucidando con lo sguardo il licantropo che vorrebbe colpire il mio amico.

“Chi è lui Amira? Che cosa ci fa qui?”

“E’ mio amico ed è venuto a trovarmi.” quasi grido, per sovrastare la sua voce imponente, come se mi aiutasse ad essere più minacciosa di lui.

“Non può rimanere nelle mie terre. Vedi di farlo sparire. Subito.” mi fulmina con lo sguardo truce, cattivo, quasi assassino, e poi se ne va.

“Quello è tutto matto. Ma chi era?”

Edoardo mi si affianca, ancora sconvolto, ma la mia mente non bada più a lui, troppo concentrata sulla furia a due gambe che è appena andata via.
Corro fuori, pronta a inseguirlo, determinata a farmi dire il perché – quello vero, stavolta – del suo comportamento maleducato, strafottente e cattivo.

“Garreth, aspetta.” cerco di stargli al passo, ma va troppo veloce, così sono costretta quasi a corrergli dietro, seguendolo fin dentro il bosco.

Alzo la voce per richiamare la sua attenzione ma lui finge di non sentirmi, e si addentra sempre di più nel fitto della vegetazione.

“Ti ho detto di aspettarmi, brutto bestione!” urlo, stringendo le mani a pugno.

Con stupore, mi accorgo che ottengo finalmente ciò che volevo: Garreth si ferma; continua però a darmi le spalle, quindi devo mettermi di fronte a lui.

Un gigante e una bambina.

“Si può sapere cosa ti è preso?”

Cala il suo sguardo infuocato su di me; i suoi occhi sono braci ardenti di ira, rabbia e un altro sentimento che non riesco a riconoscere.

“Se ne deve andare. Non deve rimanere un giorno di più.” la sua voce non ammette repliche da parte mia, è categorica, profonda e minacciosa.

Forse andrà bene per quelli del suo branco, ma io non ne faccio parte e non devo – non voglio – farmi intimidire.

“No. Edoardo è mio amico ed è venuto a trovarmi.” ribadisco il concetto, dal momento in cui non sembra essergli entrato bene in testa. “Non puoi mandarlo via.”

“Io posso fare quello che voglio. Sono l’alfa.” ringhia, come avvertimento, per rimarcare la sua autorità.

“Non sei il mio capo, però! Non puoi dirmi cosa fare.” mi devo trattenere per non urlare ancora.

“Ah, no?! Non posso?” soffia come un gatto inferocito, vicino al mio viso.

“Sì può sapere perché stai dando tanto di matto?” chiedo sempre più incredula dalla sua reazione dannatamente eccessiva. “Non sapevo sarebbe venuto a trovarmi, non mi aveva detto niente, è stata una sorpresa anche per me.” gli faccio sapere, anche se odio dovermi giustificare, tanto più con lui. “E se è per il vostro segreto, stai pur certo che non verrà a saperlo, non da me!” sbraito, a corto di pazienza.

L’unico motivo per cui sono qui è per convincerlo a farlo rimanere e a non farlo sbranare da uno dei suoi. Dopo il modo in cui mi ha abbandonata in infermeria, non ho intenzione di infastidirlo ancora con la mia presenza.

“Puoi starne certa!” sibila, sempre più vicino al mio viso, costretto quindi, a piegarsi perché troppo alto. “Anche perché farebbe una brutta fine.”

A questa minaccia, ringhiata, sputata con così tanta cattiveria, indietreggio spaventata.
Lo guardo negli occhi, le pupille gli si sono dilatate, lo sguardo è profondo e terribilmente minaccioso, come le parole appena dette.

“E potrebbe farlo per molto meno se si azzarda ad avvicinarsi alla mia gente, al villaggio o a te...” detto ciò, mi supera, senza aggiungere altro, lasciandomi sola nel bosco.

Rimango impietrita, ferma in mezzo alla vegetazione, col freddo che mi sta penetrando fin dentro le ossa e non solo per la mancanza del giacchetto, ma anche per la paura delle sue parole, che sto rielaborando, traducendo con calma quello che mi ha detto, benché non ce ne sia bisogno perché ho capito benissimo: se rivede Edoardo lo farà fuori.

Ma io cosa c’entro?
È mio amico, è normale che stia insieme a me.
Perché ci devo essere sempre di mezzo?

Me ne ritorno al villaggio, abituata a percorrere questi boschi e quando sono davanti alla sala delle riunioni, trovo la causa dei miei problemi… no, è Garreth il mio unico vero problema, lui è solo Edoardo, il mio amico, che mi aspetta con il giacchetto tra le mani e le valige in terra.

“Chi diavolo era quello?” mi chiede risentito. “E perché diamine l’hai rincorso in mezzo al bosco?”

Mi pare quasi di scorgere una punta di gelosia nella sua voce. Invece di aiutare lui che era stato appena aggredito, sono andata dietro al suo aggressore. Sono una pessima amica.
Ci incamminiamo verso casa di Anna, ma dentro di me sono combattuta.
Garreth ha minacciato di fargli del male se lo dovesse vedere al villaggio, in mezzo alla sua gente – escludo che di me gli interesse realmente qualcosa, l’avrà detto solo nell’impeto dell’ira – ma non ha un altro posto dove andare al momento e Burnside è troppo lontana senza una macchina, e poi come glielo spiegherei?

‘Te ne devi andare perché il capo supremo dell’universo non ti vuole?’

“Lui è Garreth, diciamo che è una sorta di capo villaggio.” in fondo, non è una bugia e pare convincerlo abbastanza.

“E questo è il benvenuto che da a tutti? Anche tu hai ricevuto lo stesso trattamento?” chiede sarcastico, guardandomi con un mezzo sorriso.

“Diciamo che anche il mio non è stato dei migliori.” sospiro affranta, ricordandomi quel giorno.

“Ora capisco perché credevi che fossi finita in un paese di matti…” guarda avanti, con aria seria, per poi tornare a guardare me. “Perché ci sei finita veramente!” si mette le mani nei capelli, lo sguardo allucinato.

La mia reazione è quella di scoppiare a ridere, dandogli nel frattempo ragione.
L’attimo dopo ritorno in me, ricordandomi della minaccia molto esplicita dell’alfa, guardandomi intorno per vedere se in giro c’è qualcuno che ci possa vedere; se non altro, mi è di conforto sapere che nessuno potrebbe capirci.
Siamo quasi arrivati a casa di Anna ed io devo avvisare Edo che per un po' saremo senza porta, causa disguidi vari, ma quando arriviamo davanti, mi fermo imbambolata a guardare un portone nuovo di zecca, con tanto di spioncino.

“Perché ti sei fermata?” mi viene chiesto dal mio amico, ormai già sotto il porticato.

Allora Jack è riuscito ad aggiustare la porta ed io non l’ho nemmeno ringraziato. Sono proprio una gran maleducata.

“Aspetta Edo, devo fare una chiamata.” detto ciò, mi allontano e inizio a cercare il suo numero nella rubrica.

“Cosa?! Ma non puoi chiamare dentro?!” si lamenta giustamente lui, ma ormai non lo ascolto più.

“Amira, tutto bene? È successo qualcosa? Si tratta di Judy?”

“Ciao Jack, no, non è di Judy che ti volevo parlare, ma della porta di casa di Anna, ti volevo dire gra...”

“Oh Dea Luna, mi dispiace Amira, ma proprio non ho avuto il tempo di aggiustarla!” si scusa lui, e lo posso vedere con l’espressione del viso abbattuta.

Io mi raggelo sul posto, a qualche passo dalle scalette di casa.

“E’ che l’alfa mi ha dato così tanti incarichi che proprio non mi ci sono avvicinato a casa di tua cugina. Sono così desolato. E poi scusa, non torni a dormire qui?” chiede, preoccupato.

“No, io… ho un’ospite… E… Ecco, poi ti spiego, ma adesso è tutto risolto, non ti devi preoccupare, Jack.” gli dico, senza trovare le parole giuste, non capendo più niente.

Da dove è sbucata la porta? Dal cilindro del mago?!

“Sei sicura? Può rimanere anche il tuo ospite da noi, se volete.” dice lui, ospitale come sempre.

“No! No, grazie non importa. Scusa, ma adesso devo andare.” cerco di tagliare corto, per evitare altri guai, sopratutto non voglio essere un problema per loro.

Chiudo la conversazione, ancora confusa su chi possa essere stato ad aggiustare la porta d’ingresso.
Forse Eric… ma non ricordo se gliel’ho detto o meno.
Poi sento squillare il telefono. Mi è arrivato un messaggio.

Guardo il display e il cuore non potrebbe schizzarmi in gola più di così.

‘Ragazzina, vedi di non darmi un altro motivo per farmi sfondare anche questa porta.’

Non ci credo.

“Amira, ti senti bene? Sei sbiancata.” dice Edo, preoccupato, facendomi spostare il viso verso il suo, per potermi osservare meglio.

Ci credo che sono sbiancata, vorrei vedere lui, al posto mio.
Mi giro di scatto, guardando il prato deserto e scrutando tutt’intorno, ma non vedo nessuno; nessuna traccia di Garreth nemmeno in lontananza tra gli alberi, ma sono sicura che lui sia nelle vicinanze, che lui riesca a vedermi o che sappia che sono a casa di Anna, altrimenti non mi spiego questo messaggio, proprio adesso.

“Sì, sto bene. Forza, entriamo.”

Spingo Edo dentro casa, intenzionata a non uscirne mai più.







*Angolino mio personale della ritardataria cronica*
Buon salve a tutte/i xD

Non sono morta nè sparita, anche se lo potevo sembrare.... Scusate il ritardo allucinante... sembrava impossibile, ma alla fine ce l'ho fatta... 
Spero che vi piaccia e che vi abbia fatto sorridere almeno quanto ha fatto sorridere il mio beta :D

Un beso grada para todos <3

Note:
1: Despacito, Luis fonsi

  
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