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Autore: Nike90Wyatt    15/04/2019    0 recensioni
Una decisione estrema, un’impresa eroica. Il cavaliere del Lupo, sul suo onore, giura di dare la propria vita nel tentativo di fermare l’oscurità.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cavaliere Artorias, Sif, Il Grande Lupo Grigio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Anor Londo.
La città degli dei.
Quel luogo che gli umani vedevano come la manifestazione dell’immenso potere dei Lord, artefici dell’estinzione degli antichi draghi che diede vita all’Età del Fuoco. Lord Gwin poteva vantarsi di comandare un esercito composto da invincibili guerrieri, guidati dai quattro cavalieri del Lord, possenti eroi dotati di abilità e poteri che trascendevano quelle dei semplici umani.
Quando, però, l’intensità della Prima Fiamma iniziò a scemare, tutto cambiò: il potere dei Lord si indebolì sempre di più, gli umani diedero inizio a rivolte con lo scopo di spodestare gli dei per prenderne il posto, Izalith si trasformò in una fucina di demoni ed una minaccia oscura si fece pian piano largo nelle profondità del pacifico regno di Oolacile. Non era chiaro quali poteri avesse e quali sarebbero state le conseguenze.
L’unica certezza era la fonte di quell’immensa massa nera: l’anima oscura; quella che per tanto tempo era stata dimenticata e che, con ogni probabilità, aveva dato origine al genere umano.
Lord Gwin, spaventato dall’eventualità di dover affrontare una guerra su due fronti, senza poter fare pieno affidamento alla forza donatagli dall’anima del Lord, decise di compiere un estremo atto: sacrificarsi alla Prima Fiamma con la speranza di alimentare con il suo stesso corpo il potere del Fuoco.
Senza più un leader carismatico a guidarla, Anor Londo cadde nel caos: molti la abbandonarono, i pochi rimasti tentarono di salvare il salvabile, consci del fatto che il sacrificio del Lord era solo una soluzione temporanea e che, ben presto, la situazione sarebbe peggiorata.
Il principe Gwyndolin, l’unico dei figli di Gwin ad essere rimasto nella città degli dei, si affidò completamente alla guida di Ornstein, il capo dei quattro cavalieri del Lord e l’unico in grado di controllare il potere del fulmine, la sola arma efficace contro i draghi antichi e che faceva di lui il braccio destro del Lord.
Il piano dell’ammazzadraghi era semplice: sfruttare il potere del principe per creare l’illusione che Anor Londo fosse la città splendente che tutti ammiravano, invidiavano o temevano. Per dare più veridicità all’illusione, aveva pensato anche di far credere a tutti che fosse la principessa del Sole, Gwynevere, a guidare la città; una figura ben più solida e maestosa rispetto a quella del fragile principe della Luna.
Il solo compito che si era prefissato Ornstein era quello di proteggere con la sua stessa vita la camera della principessa allo scopo di tenere segreta quella menzogna.
Si sarebbe servito anche di Smough, nonostante non facesse salti di gioia all’idea di collaborare con quel pazzo: stranamente l’ammazzadraghi aveva un forte ascendente sul suo sottoposto, anche se non era chiaro se fosse per rispetto o per paura.
 
Diversamente da Ornstein, Artorias, il più valoroso dei cavalieri al servizio di Gwin, provava forte empatia nei confronti dei cittadini di Oolacile: sul suo onore, aveva giurato di proteggere chiunque fosse stato in pericolo, che si trattasse di un Lord o di un semplice uomo. Fu questo giuramento a spingerlo a prendere una difficile decisione: si sarebbe recato nel regno di Oolacile ed avrebbe posto fine alle sofferenze di quella gente.
Deciso ad intraprendere questo viaggio, Artorias si recò nell’enorme salone che conduceva nella camera della principessa per informare Ornstein circa la sua missione.
«Sei forse impazzito Artorias?» tuonò l’ammazzadraghi, per nulla felice della decisione presa dal migliore dei suoi guerrieri. «È un suicidio. Non sai a cosa vai incontro.»
«Ho giurato di proteggere queste terre e chiunque ci viva. Non verrò meno alla mia promessa. Anche se il nemico è troppo potente per me, lotterò fino all’ultimo respiro.» rispose perentorio il cavaliere dall’armatura argentea.
«Artorias...» mormorò Ornstein, stavolta con un tono più pacato. «So quanto sia difficile per te questa situazione: tra tutti noi non sei solo il guerriero più valoroso, ma sei anche quello dall’animo più puro. Stavolta, però, non avrai la mia approvazione. Non adesso che abbiamo bisogno di te.»
«Per cosa? Per proteggere una città che ormai è solo l’ombra di quello che era? Per assecondare le richieste di un principe che non ha nemmeno un briciolo del coraggio che aveva il padre? Sono stufo di vagare per questi corridoi, osservare questi soldati che altro non sono che mere illusioni, stare sempre allerta nel caso il tuo folle amico impazzisca del tutto e provi a divorare il giovane sovrano. Io non sono così, Ornstein; e una volta non lo eri nemmeno tu.»
«Hai ragione...» abbassò il capo, togliendosi l’elmo che poggiò accanto ad un piedistallo vuoto, sul quale, molto probabilmente, era posta la statua del primogenito di Gwin. «Ma le cose adesso sono diverse. Il nostro Lord si è sacrificato per tutti noi e il principe Gwyndolin è troppo giovane, ingenuo ed inesperto per poterne prendere il posto. Tocca a me, a noi, guidare questa città.»
«A quale prezzo?» sospirò Artorias, togliendosi anche lui l’elmo imitando il suo amico. «A cosa servono i nostri poteri se non possiamo usarli per mantenere l’equilibrio nel regno?»
«Non perderò un altro amico.» sussurrò Ornstein; aveva già dovuto subire la perdita del suo mentore, il primogenito di Lord Gwin, esiliato chissà dove. Poi, fu Gough ad allontanarsi, deciso a ritirarsi a vita privata dopo lo scontro che lo aveva privato della vista. Ornstein non avrebbe accettato di perdere anche Artorias: un amico testardo ed impulsivo ma, allo stesso tempo, dotato di immensa lealtà.
«So quanto sia difficile per te, Ornstein. Ma non chiedermi di rinunciare ad aiutare quella gente. Non potrei sopportare il solo pensiero che avrei potuto aiutarli e, invece, non ho fatto nulla e sono rimasto qui, a vagare per i corridoi senza uno scopo.»
«Lei lo sa?» chiese fissando Artorias.
«No. E non ho intenzione di riferirle nulla; farebbe di tutto per accompagnarmi, testarda com’è, e non posso esporla a tale pericolo. In fondo, non so a cosa vado incontro.»
«Siete fatti l’uno per l’altra in quanto a testardaggine.» ridacchiò l’ammazzadraghi, facendo sorridere anche il suo amico. «Dovresti dirglielo sai? Credo abbia il diritto di sapere almeno le motivazioni che ti spingono a farlo.»
Artorias posò per un attimo lo sguardo sul suo anello: era diverso da quello donatogli da Gwin, l’anello del lupo, più sottile e con un piccolo zaffiro blu incastonato al centro. Gli era stato regalato da Ciaran, la sua amata, come a suggellare il legame che li univa; lei stessa si era curata di intagliarlo, con l’aiuto del gigante fabbro di Anor Londo. In quel momento, Artorias non sembrò più tanto convinto della sua scelta di recarsi a Oolacile: il solo pensiero di doversi allontanare da Ciaran gli provocava una stretta al cuore. Con ogni probabilità, lei era l’unica in grado di far barcollare ogni suo giuramento da cavaliere; forse, se lei glielo avesse chiesto, lui avrebbe anche smesso di vestire un’armatura e combattere le guerre di Lord Gwin. Ma la guerriera non sarebbe mai arrivata a chiedere tanto al suo amato: anzitutto perché lei stessa era legata a quei giuramenti quanto il cavaliere del Lupo; e poi era stata principalmente la devozione con la quale Artorias combatteva a farla innamorare di lui.
«Tutto bene, Artorias?» le parole di Ornstein risvegliarono la mente del cavaliere, perso per qualche minuto a riflettere sulle sue azioni.
«Non ti impedirò di aiutare quella gente, anche perché sono sicuro che andrai lì ugualmente pure se ti rinchiudessi nella caverna di cristallo. Rispetterò anche la tua scelta di non parlarne con Ciaran; promettimi, comunque che non andrai lì da solo.»
Artorias sorrise; ancora una volta aveva avuto la conferma che, qualunque difficoltà si palesasse, il legame d’amicizia tra i due era indistruttibile.
«Su questo non devi preoccuparti: porterò Sif con me. Ci guarderemo le spalle a vicenda.»
«Ti auguro buona fortuna, amico mio. Confido nella riuscita della tua impresa.»
Allungò il braccio verso l’amico, che subito glielo strinse all’altezza dell’avambraccio, gesto che i due erano soliti compiere prima di salutarsi per una missione.
 
La situazione ad Oolacile era anche peggio di quanto Artorias si aspettasse: schiere di strani esseri dal corpo umanoide e la testa gonfia ricoperta di occhi rossi lo avevano aggredito. Il loro comportamento sembrava non essere guidato da un senso logico ma, piuttosto, da un misto di follia, rabbia e paura. Non ci volle molto ad Artorias per capire che quei mostri erano in realtà i cittadini della Contea di Oolacile, corrotti e deformati da un oscuro potere.
Artorias era in cerca di risposte, un qualcosa che lo aiutasse a comprendere meglio la situazione così da porvi rimedio: sfortunatamente l’unico essere senziente che aveva incontrato era un enorme fungo bianco dal cappello rosso. “Salva la principessa Dusk dall’abisso” erano state le uniche parole pronunciate da quell’essere.
Come se non bastasse la situazione già delicata, Artorias continuava ad avere la strana sensazione di essere perennemente osservato da quando aveva messo piede nella contea e, dall’atteggiamento del suo fido amico Sif, il lupo grigio, era certo che non fosse solo una sensazione.
Con prudenza, continuò la discesa nella cittadina centrale, avvicinandosi sempre più a quell’enorme massa nera che continuava ad espandersi lentamente; la situazione preoccupava non poco Artorias: nonostante fosse sicuro della sua destrezza e nonostante la vicinanza di Sif, un senso d’inquietudine lo divorava dall’interno. Questa apprensione diveniva sempre più concreta man mano che la distanza con l’abisso diminuiva e la sua spada dal potere divino assorbiva sempre più la corruzione dell’oscurità; anche i suoi sensi iniziavano a perdere lucidità tant’è che Sif lo aveva tratto in salvo già un paio di volte in seguito ad un agguato.
Giunto sull’orlo del baratro, un gruppo di mostri, molto più potenti dei cittadini corrotti incontrati precedentemente, li colsero di sorpresa: Artorias riuscì a colpire mortalmente i due che lo avevano assalito fisicamente ma non fu in grado di evitare un fascio di oscurità che lo colpì sul suo braccio sinistro. Il cavaliere si piegò sulle ginocchia a causa del dolore, mentre il mostro gli si avvicinava sempre di più; anche stavolta, però, fu Sif a salvarlo utilizzando la stessa spada del guerriero per tranciare in due quell’orribile creatura.
«Grazie amico mio» sospirò Artorias, accarezzando il capo del lupo. «Sai... Probabilmente non ne uscirò vivo da quest’avventura, ma andrò comunque fino in fondo. E farò di tutto per proteggerti Sif, fosse l’ultimo atto della mia vita. Lo giuro!»
Si alzò in piedi e, fissando il baratro nero di fronte a lui, strinse forte la mano destra sul cui anulare era infilato l’anello donatogli dalla sua amata. Sorrise amaro gettando un occhio al monile e pronunciò sottovoce due parole: “Perdonami Ciaran.”
 
 
 Angolo Autore:
Ehilà, bella gente.
Oggi vorrei proporvi una one shot su uno dei miei personaggi preferiti dei videogiochi, Artorias di Dark Souls. La storia è una sorta di missing moment, un racconto di ciò che ha spinto il cavaliere del Lupo a compiere questa impresa eroica seppur fallita e di come si è approcciato a quest’avventura. Ovviamente sono conscio del fatto che ho cambiato diversi aspetti rispetto a ciò che viene raccontato nel gioco, ma io preferisco dare sempre un tocco personale ai miei personaggi per dar loro una certa concretezza, seguendo i miei gusti. Spero comunque che la storia vi sia piaciuta.
Alla prossima.
 
Nike90Wyatt
   
 
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