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Autore: Akame28    15/04/2019    1 recensioni
Questa raccolta partecipa a “Non dire gatto se...” a cura di Fanwriter.it!

Raccolta di One-shot su esseri umani alle prese con dei gatti, dei gatti, i danni che provocano, le loro fusa e i croccantini che esigono ogni giorno.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Numero di parole: 736

Prompt: «Gatto!A vuole prendersi un umano ma Gatto!B gli ha raccontato che richiedono molto impegno: gli devi miagolare la notte o dormono, se non gli cammini sulla faccia non ti danno cibo, ecc...»

 

Voglio avere un umano.

Fu questo il primo pensiero che attraversò la piccola testolina del gatto rossiccio disteso sul muretto, quando i primi raggi del sole iniziarono a bagnargli gli occhietti chiusi. Emise un miagolio incerto e si strofinò la zampa sinistra sul musetto bicolore, poi spalancò la bocca in uno sbadiglio. Sì, sì, mi ci vorrebbe proprio un umano, si disse prima di stiracchiarsi le zampe anteriori e quelle posteriori separatamente. In seguito, fece leva su di esse e si tirò su, solo per poter inarcare la schiena e sfoderare gli artigli al contempo. Non che gli dispiacesse la vita di strada, beninteso: procurarsi il cibo da solo e avere la possibilità di gironzolare fin quando voleva erano i momenti che più preferiva, la sua ragione di libertà, quella che gli faceva ribollire il sangue felino nelle vene. Era anche vero, però, che l'Esterno aveva dei suoi lati oscuri, malvagi, e si sapeva che la vita dei gatti come lui non era particolarmente lunga, così ricca di insidie e pericoli. Fu per questa serie di ragioni che Gatto Sean, dopo numerosi ripensamenti, si era deciso che procurarsi un umano gli avrebbe solo giovato.
Scese dal muretto e attraversò la strada, senza essere diretto verso nessuna meta: gli bastava solo trovare un bipede in grado di donargli un tetto, un posto per i bisogni e del cibo; per quanto riguardava la libertà, girare qualche ora di meno non sarebbe stato un problema. Girò l'angolo a destra, immerso nei suoi pensieri, e si prese uno spavento quando una voce a lui familiare prese a chiamarlo a squarciagola: «Gatto Sean! Gatto Sean!»
Voltò la testa di scatto e, quando il gatto fu abbastanza vicino, gli diede un buffetto sul muso. «Ma sei deficiente?! Mi hai spaventato!»
«Mi dispiace, non volevo...» rispose mortificato Gatto Jack, abbassando le orecchiette in segno di scusa. «Volevo solo salutarti perché è strano vederti da queste parti... a proposito, che ci fai qui?» domandò, e si riprese subito. Per Gatto Sean era ancora un mistero, come facesse. «Sono in cerca di un umano,» rispose «perché voglio avere un posto dove riposarmi e non dover rischiare la vita ogni giorno».
Gatto Jack parve sorpreso da quell'affermazione. «Ne sei sicuro?» chiese.
«Certo che lo sono.»
«Ma lo sai cosa comportano, gli umani? Quanto sono difficili da addestrare? Sai che devi miagolare finché non capiscono che hai bisogno che loro ti nutriscano? E le torture che ti fanno, poi? Ne sai qualcosa?»
Fu il turno di Gatto Sean a sorprendersi: «Torture? Quali torture?»
Il musetto di Gatto Jack si fece scuro: «Non è raro che si prendano gioco della nostra intelligenza: ci danno delle prede da cacciare, ma fanno in modo che noi non possiamo vincere contro di loro. Qualche volta sono degli animaletti piccoli e rossi, tondi, che loro muovono e mandano dappertutto; altre volte è una preda color marrone, lunga e sottile, che viene afferrata ad un'estremità da un umano e noi la dobbiamo prendere dall'altra. Ti dico che è impossibile, perché ti sfugge ogni volta che ci sei riuscito o ci eri andato vicino. Per non parlare degli Aggressivi e degli Ingordi, esseri di cui non si sa la provenienza, ma che emettono rumori fortissimi e ci minacciano sempre; gli Ingordi, poi, mangiano tutto quello che si trova sulla loro strada. Gatto Sean, è una tragedia. Le uniche cose che ti sono concesse di fare sono nutrirti, fare i bisogni e dormire, ma solo dove vogliono loro. Pian piano, poi, ti prendono anche la libertà: ti rinchiuderanno dentro quelle mura per il resto dei tuoi giorni. Per non parlare poi del...» e Gatto Jack rabbrividì prima di finire la frase. Anche Gatto Sean rabbrividì un poco, capendo a chi si riferisse Gatto Jack. «... Camice Bianco» finì per lui. Gatto Jack scosse il muso in segno di assenso.
«Gatto Sean, ti prego, non cercare un umano: ho sempre invidiato la tua libertà e non è giusto che tu la butti così, senza ragione. Se potessi, fuggirei lontano, magari con t-»
«Jack! Micio, dove sei finito?» fu interrotto dalla voce squillante di una bambina, che, affacciatasi sul davanzale di una finestra, lo chiamava. «Jack!»
«Devo andare, ma ricordati quel che ho detto: non sprecare la tua libertà!» e se ne andò.
Gatto Sean lo vide allontanarsi in fretta; solo quando sparì all'interno dell'abitazione si voltò dall'altra parte e proseguì il suo cammino.
Magari quando sarò vecchio.
 
   
 
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