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Autore: L o t t i e    16/04/2019    0 recensioni
𝟷.┊Guardò l'orologio da polso, segnava le sette e mezzo di sera.
𝟸.┊Il silenzio che seguì era assordante, peggiore di qualsiasi grido o frastuono.
𝟹.┊L'atmosfera era tesa.
𝟺.┊Quasi le dieci di sera. […] Per il momento avrebbero aspettato.

[tw: self-harm (ch 2)]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Crisis




Do you ever think how this life could've been?
If you never took the chance
A leap of faith and dance
With losing it all

MARINA, End of the Earth





L'atmosfera era tesa.
Avrebbe potuto disdire quella schifosa cena con i suoi genitori invece di presentarsi da solo, con una faccia terrificante per di più: la sua espressione tradiva il tormento interiore che cercava di tenere a bada. Ogni volta che gli rivolgevano uno sguardo confuso ed interrogatore saltavano fuori scintille, nessuno riusciva ad iniziare una qualche conversazione - e forse è meglio così, pensò Michelangelo, preferiva essere divorato nel silenzio dei suoi pensieri. Almeno poteva considerarsi fortunato: suo fratello e sua sorella non erano presenti. Gabriella non avrebbe perso occasione per tempestarlo di domande cercando di cavare un ragno dal buco; oltretutto quella ragazzina non gliela raccontava giusta, Michele era quasi certo che lei fosse a conoscenza della sua relazione con Lucifero. Il compito di animare la cena era stato riservato, quindi, alla televisione in sottofondo, accompagnata dal suono delle posate sui piatti.
Passarono attimi interminabili prima che sua madre cominciò a parlare: «Michelangelo», lo chiamò e quella voce gli sembrò... estranea. Aveva un piccolo sorriso sulle labbra, blando tentativo di nascondere la preoccupazione perfettamente leggibile negli occhi celesti come i suoi. «Io e tuo padre pensavamo che stasera avremo conosciuto la tua ragazza, ma credo sia evidente che sia successo qualcosa.» Maria continuò a guardare il figlio cercando di esortarlo, un'occhiata al marito. «Vuoi parlarcene?»
Michelangelo sentì pizzicare gli occhi, “la tua ragazza” una bugia senz'anima. Ad un certo punto era diventato indispensabile mentire e sempre più difficile cercare di tenere sua madre lontana dalla sua vita privata, cercare di allontanarla dal voler conoscere questa fantomatica ragazza che gli aveva rubato il cuore: erano già passati due anni, le cose sembravano serie e suoi genitori volevano almeno vederla. Si era trovato con le spalle al muro. Michele strinse le posate, il viso di Lucifero sull'orlo delle lacrime gli campeggiò di fronte, in silenzio, un vecchio film senza audio. «Abbiamo... avuto una discussione.»
Le parole uscirono a fatica, a piccoli bocconi. Il suo ragazzo potrebbe essersene andato per sempre mentre lui era lì, aggrappato con unghie e denti alla sua fragile immagine di figlio modello, cristiano e etero. Perché la paura, il rifiuto dei suoi genitori lo aveva sempre fermato dal vivere appieno gli ultimi due anni della sua vita, aveva trascinato con sé Lucifero come se fosse un masso, chiudendo a chiave la loro relazione in quella scatola che era il loro appartamento, confinandola agli angoli scuri dei locali. Il ragazzo che amava si era costretto ad una vita mozzata, si era tappato le ali per lui. Il moro sarebbe stato lì a sostenerlo, adesso. Lo sapeva, probabilmente gli avrebbe stretto la mano sotto il tavolo per rassicurarlo e dargli forza.
Era terrorizzato Michele, mentre addentava tutto il coraggio che credeva di avere e avvertiva il tremore alle mani aumentare. Osservava i suoi genitori. Erano... splendidi, avevano cresciuto tre figli con tutto l'amore possibile, il calore di una fede, un Dio dove trovare rifugio. Un Dio che, per definizione, è bontà pura e perdono.
«Oh», l'espressione di sua madre si fece comprensiva. «Mi dispiace.»
«Le donne sono così, se è quella giusta tornerà da te», abbaiò con la solita, sfacciata sicurezza suo padre.
«Sei sempre stato tu a tornare da me, ti ricordo», aggiunse sua madre, pungente, con quel sorriso d'intesa che c'è tra due persone che stanno insieme da tanto tempo.
«È un uomo.»
Michelangelo sentì la testa improvvisamente leggera. Gli erano letteralmente scappate, quelle parole flebili come un soffio. Perché l'aveva detto? Salvatore e Maria non sembrarono capire subito, Michele sperò che non avessero capito affatto, un attimo di stordimento e silenzio gelido anticipava il precipitoso declino di quella cena in famiglia.
Poi la sua bocca si mosse nuovamente, in completa autonomia. «Il mio ragazzo, è un uomo.» Il mondo di Michelangelo fece una capriola e continuò a cadere, rovinosamente, senza sosta. Con la coda dell'occhio riuscì a cogliere il viso infuocato di suo padre comprimersi in una smorfia. «E... lo amo.»
«Hai finito?», cercò di zittirlo - lo sguardo del genitore non prometteva nulla di buono.
«Michelangelo, che vuoi dire? Sei...»
«Se sono gay?», ormai rallentare era impossibile. Non riusciva a smettere di guardare suo padre, le posate sbattute in malo modo sulla tavola. Sua madre che richiamava il marito. Ogni rumore, ogni suono si ridusse ad un ronzio.
«Fuori.»
La vista gli si annebbiò.
No, pregò Michele. Ti prego, no.
«Fuori! Non voglio sentire nient'altro!»
E il pavimento sembrò liquefarsi, sempre più, ci stava affogando con tutta la sedia mentre la vergogna gli chiudeva la gola. Sua madre dovette prenderlo per un braccio, incitandolo velocemente ad alzarsi, per farlo in qualche modo destare e muovere.
Sulla soglia della porta lo abbracciò, «figlio mio, cosa abbiamo sbagliato?» la domanda era un'eco infinita, continuava a rimbombargli nella mente anche quando la porta gli venne chiusa in faccia, mentre scendeva le scale stordito come se avesse appena assistito a qualche esplosione.
In strada sedette sul marciapiede, osservò l'asfalto: sembrava un mare scuro e denso. E avrebbe voluto affogarci dentro.




  
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