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Autore: Ghostclimber    16/04/2019    3 recensioni
Un tributo alla persistenza dell'arte, nonostante il tempo, nonostante le fiamme.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti.

Spero abbiate pietà per questo mio piccolo sfogo da storica dell'arte.

Ho amato Notre Dame, ma mai abbastanza: quando l'ho visitata, in gita con la scuola, avevo appena perso alcune persone molto importanti, avevo la febbre alta e una grave reazione ad alcuni farmaci che stavo prendendo, ero stanca e spossata, non mangiavo da tre giorni, i professori non volevano riportarmi a casa e i compagni di classe si erano convinti che stessi solo cercando di attirare l'attenzione.

Non ho potuto apprezzare la magnificenza della cattedrale di Notre Dame, perché ero schiacciata dal dolore, pur riconoscendone la grandezza e l'importanza, e al ritorno a casa, durante le due settimane di riposo completo per riprendermi dall'intossicazione, mi sono ripromessa che sarei tornata e mi sarei lasciata accogliere da uno dei più grandi gioielli del Gotico come da una vecchia amica.

Ieri mi sono sentita crollare.

Sono andata a dormire senza sapere come sarebbe finita, domandandomi cosa può esserci di immortale se persino una costruzione così massiccia può crollare.

Ebbene.

Non è crollata.

Grazie, Notre Dame.

A presto.

 

 

 

 

 

 

 

Sognavo di tornare.

 

Perché il nostro primo incontro

non è stato dei migliori.

Mi hai annichilita,

soffocata,

incombevi su di me

passo dopo passo,

e il mio respiro pesante,

affaticato,

non t'ispirava pietà.

 

Il tuo volto di pietra,

alto,

immenso,

innumerevoli occhi

scorrevano sulla mia pelle pallida,

sollevavano i miei pori sudati,

sussurravano tra i miei capelli spenti.

 

Ho potuto solo sedermi,

inchinarmi tra le tue mura incombenti,

che si richiudevano intorno a me

e al contempo fuggivano via

in alto,

ai lati,

di fronte.

 

Seduta,

prostrata,

desideravo solo essere nella tua sorella minore,

tra le sue braccia esili e giocose:

Saint Denis,

vivace ninfa che danza

tra la rugiada di un'alba in primavera.

 

E tu,

possente guerriera

che si erge tra i corpi,

insanguinata,

in un campo di battaglia,

ferita,

eppure ancor decisa

a trarre sangue dal nemico.

 

Ho sognato di tornare,

perché al nostro primo incontro

non ero pronta al tuo messaggio.

Preferivo spegnere i pensieri,

occultarli dietro ad una falsa gioia,

e danzare, danzare, danzare,

danzare per dimenticare,

cantare melodie aeree

per uccidere il vuoto della morte,

cancellare con acqua piovana

il sangue su di me,

il dolore che al suo posto

riempiva le mie vene.

 

Ho sognato di tornare,

sedermi di nuovo

senza farmi schiacciare,

prestare l'orecchio ai sussurri del vento,

alzare l'occhio allo scintillio del vetro,

imparare dal tuo essere

come fare a proseguire.

 

E ora,

le fiamme,

le mie membra che tremano

insieme alla tua guglia che crolla,

la mia speranza che annerisce

insieme al tuo rosone che brucia,

le mie gambe che cedono

insieme al tuo tetto che deflagra.

 

E ora,

sogno di tornare,

a respirare nuovi stimoli ancora,

a sentire il calore nella tua carne di pietra,

a cercare il luccichio dei tuoi occhi di vetro,

a inseguire il sole sulle tue braccia ornate di guglie,

a ridere con i tuoi figli mostruosi,

tra i resti fumanti

di una guerriera di secoli,

bruciata,

battuta,

urlante,

ma ancora in piedi.

 

Ancora in piedi.

 

   
 
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