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Autore: Christine Enjolras    16/04/2019    1 recensioni
Siamo tornati! Dopo più di due anni molto pieni scolasticamente, posso pubblicare il secondo libro de Lés amis de la Saint-Denis. Con il primo libro abbiamo delineato i caratteri ed i rapporti che intercorrono tra i dieci studenti della residenza in Rue Denfert Rochereau e confronandoci con i loro quotidiani problemi scolastici. Con questo libro ci addentreremo più nel profondo, per scoprire il passato e la vita più strettamente privata dei protagonisti, che si avvicininano alle vacanze d'autunno per il 1o novembre, durante le quali verranno introdotte le famiglie di tutti i membri del gruppo.
Ma partiamo da dove eravamo rimasti, ossia l'atteso incontro tra Marius e Cosette...
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Movieverse, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ROSSO E NERO


Cosette
“Siamo a casa, papà!” disse Cosette aprendo la porta d’ingresso. Mentre riponeva sull’attaccapanni la giacchetta in felpa bianca e la borsetta in tela floreale che suo padre le aveva comprato qualche giorno prima per farle una sorpresa, la ragazza si fermò un attimo a guardarsi nello specchio immediatamente di fianco: i suoi capelli biondi avevano bisogno di un leggero colpo di piastra, visto che stavano già tornando dritti e piatti come al solito, e il leggerissimo trucco che si metteva sempre era praticamente scomparso. Nel vedere la sua immagine nello specchio, però, la ragazza dai grandi occhi verdi non poté far a meno di sorridere: nonostante il suo aspetto non fosse al meglio, quel ragazzo l’aveva notata, le aveva sorriso, sembrava pronto ad alzarsi per parlare con lei. Cosette non aveva mai sentito su di sé uno sguardo del genere e la cosa le riempiva il cuore di una gioia strana, una sensazione che non aveva mai provato. Mentre saliva la rampa di bianchissime scale che collegava l’ingresso al salotto, continuava a pensare alla dolcezza del buffo volto di quel ragazzo così carino. I suoi occhi verdi l’avevano del tutto folgorata. Ma chi era quel ragazzo? Da dove veniva? L’avrebbe rivisto? E cosa avrebbe fatto se invece non si fossero visti più? Anche lui stava pensando a lui in quel momento? Anche lui sentiva quella strana gioia che sentiva lei? Sembrava più grande di lei, ma era sicura di non averlo mai visto, neanche tra gli studenti che ogni tanto vedeva passare sotto casa sua o che la domenica si trovavano al parco e nemmeno tra quelli che ogni tanto aveva intravisto aspettando suo padre nella scuola in cui lavorava. Non era sicura che lo avrebbe rivisto, ma ci sperava con tutta sé stessa. Non capiva nemmeno cosa le stesse succedendo: continuava a pensare a lui e a sorridere provando una strana sensazione allo stomaco.
“Cosette si può sapere che cosa ti succede?” le chiese sua madre arrivandole alle spalle. Cosette era talmente assorta nei suoi pensieri che non si era nemmeno accorta di essersi seduta sul divano verde acqua. “Non hai parlato per tutto il tragitto e mi sembri un po’ persa.” Nel vedere gli occhi castani di sua madre fissarla, a Cosette venne da sorridere di nuovo e distolse lo sguardo, tornando nei suoi pensieri. “Che cosa passa nella tua testolina bionda?” Quando tornò a guardare sua madre, Cosette la vide sorriderle come se avesse intuito qualcosa e allora iniziò a ridacchiare emozionata.
“Quando hai conosciuto papà… papà adottivo, intendo… come ti sentivi?” le chiese Cosette.
La sua giovane ed esile mamma si sedette accanto a lei, sorridente, e le rispose: “Diciamo che non lo potevo proprio vedere.”
Cosette rimase delusa dalla risposta di sua madre: non era di certo quello che si aspettava di sentirle dire. "Sul serio?!”
“Certo! Mi aveva fatto cadere l’intera spesa e io ero certa che i soldi che ci avevo perso mi sarebbero stati detratti dallo stipendio, quindi puoi immaginare la rabbia che mi fece salire” le spiegò tranquillamente la madre. Poi, leggendo la delusione negli occhi della figlia, sorrise e proseguì: “Ma poi me la ricomprò lui stesso, tutto ciò che avevo comprato io in precedenza, chiedendomi scusa. Allora lo perdonai e iniziammo ad uscire di tanto in tanto, quando avevo tempo libero e non dovevo necessariamente pensare a te.” Detto ciò le carezzò il viso e, trasformando il suo splendido sorriso da dolce a curioso e divertito, le chiese: “Questo c’entra forse con quel bel ragazzo che stava seduto sulla panchina accanto alla tua?”
Cosette, colta in fallo, non poté far altro che ritornare a ridacchiare e annuì con la testa. “Secondo te è possibile che la gente si innamori così in fretta?”
“Dipende” rispose la esile donna dai corti capelli castani. “C’è chi parla di colpo di fulmine: magari a te è successo. Come si chiama?”
Da sorridente ed emozionata, Cosette tornò seria e, riflettendo senza guardare la mamma, le disse: “Non lo so…”
“Come?”
“Non ho fatto a tempo a parlargli: mi hai chiamato prima che si alzasse.” Vedendo che la madre non le rispondeva, Cosette si allarmò e aggiunse immediatamente: “Ma non è detto che io non lo riveda più, no? Insomma… magari va spesso al parco vicino alla scuola dove lavora papà!” Poi si fermò e sussultò: un pensiero le passò rapidamente per la testa come un fulmine. “E se studiasse proprio lì? Magari papà sa chi è!”
“Eviterei di parlare della cosa con tuo padre, per ora” le fece notare la mamma facendole segno di calmarsi con la mano. “Potresti farlo agitare.”
“Perché?”
“Ah! Eccole qui le mie due donne!” disse una voce maschile proveniente dalle scale che salivano al primo piano. Cosette si voltò e vide sua padre scendere le scale. “Fantine, tesoro: tutto bene?” le disse mettendosi in ginocchio dietro al divano e baciandole la nuca.
“Certo, Jean. Abbiamo fatto la spesa e ho consegnato a monseigneur Myriel le pratiche che mi hai lasciato.”
“Ah, ottimo, grazie! E tu, piccola mia? Tutto a posto?” chiese a Cosette passandole una delle grandi mani fra i capelli.
“Certo papà!” Jean non era il suo padre biologico, Cosette lo sapeva: sua madre lo aveva conosciuto sette anni prima e, dopo essersi frequentati per un po’, si erano sposati un paio di anni più tardi. Tuttavia, a Cosette lui piaceva molto: non aveva avuto il minimo problema a chiamarlo papà, soprattutto perché lei non aveva mai conosciuto il suo vero padre e Jean era l’unico uomo che sua madre aveva voluto frequentare dopo essere stata lasciata. Fantine era giovanissima, aveva solo diciotto anni più di lei, eppure era già stata profondamente delusa dagli uomini e dalla vita stessa. Lasciata sola dalla sua stessa madre, si era sempre dovuta fare in quattro per portare a casa un po’ di soldi così da poter sostenere sé stessa e la figlia. Questo finché Jean non era entrato nella sua vita e a pensare alla famiglia ora erano in due. Era solo un professore di filosofia in una scuola privata, eppure il suo patrimonio sarebbe bastato a sostenere tutti e tre senza problemi. Come questo fosse possibile a Cosette non era chiaro, ma non ci pensava troppo spesso, specie perché suo padre non voleva mai parlare del suo passato. Fantine sembrava sapere cosa avesse passato, ma non ne avevano mai parlato con lei: evidentemente non lo ritenevano necessario, eppure Cosette moriva dalla voglia di saperlo.
Jean rimase a guardarle entrambe serio, poi sorrise e, indicandole con l’indice, disse: “Voi due mi state nascondendo qualcosa, non è vero?”
“No!” dissero madre e figlia in coro, guardandosi poi allarmate per essere cadute in fallo. Sentendole parlare così, Jean non ebbe più dubbi.
“Ah-ah! Lo sapevo!” disse ad alta voce divertito. “Avanti: sputate il rospo.”
“Dovrai passare sui nostri corpi per farci parlare, caro!” gli rispose Fantine scherzosa, alzandosi in piedi.
“Sai che per me non sarà difficile, minute come siete entrambe voi!” disse l’uomo sporgendosi verso di lei.
“Ah sì?” disse Cosette alzandosi in piedi sul divano e recuperando un cuscino. Come suo padre si girò verso di lei, Cosette usò tutta la forza che aveva in corpo e gli tirò una cuscinata in pieno viso. “Non hai fatto i conti con la nostra tenacia!” Detto questo vide il suo volto farsi scherzosamente minaccioso.
“Le cose stanno così?” le disse Jean tirandosi su per mostrarsi in tutto il suo metro e novanta di altezza, quasi volesse intimorire la ragazza, che in piedi sul divano, lo superava appena di mezza testa. “Allora dovrò sforzarmi più del previsto!” Mentre pronunciava queste parole, Jean cercò di prendere Cosette, ma la ragazza corse via ridendo, quindi lui le andò subito dietro. Cosette salì sul basso tavolino rivestito che stava davanti ai due divani e iniziò a prenderlo a cuscinate di nuovo, ma suo padre stava per afferrarla. Quando gli mancava poco a raggiungerla, Fantine lo colpì con una cuscinata da dietro, facendolo girare ed esclamare: “Ehi! Così non vale!”
“Questo lo dite voi solo perché state perdendo, monsieur Valjean!” disse ad alta voce Fantine senza smettere di colpirlo. Cosette approfittò che fosse occupato ad afferrare sua madre per riprendere a colpirlo nuovamente.
Colpito su due fronti, Valjean non sapeva come difendersi, finché non si fermò urlando: “Va bene, va bene! Tregua, per favore! Tregua!” Le due donne si fermarono, lasciandogli riprendere un attimo fiato. Non capiva se per i capelli disordinati, la camicia sbottonata in alto o lo sguardo un po’ perso, ma suo padre le sembrava davvero provato da tutte quelle cuscinate. Ad un certo punto, l’alto uomo portò le mani in vita e riprese fiato ridendo. Poi guardò prima Cosette e poi Fantine e, inaspettatamente, prese la ragazza per la vita, caricandola sulle spalle come un sacco di patate e corse su per le scale, con Fantine che lo inseguiva urlandogli di lasciare andare la figlia. Cosette, dal canto suo, urlava e rideva, cercando di farsi mettere a terra prendendo a pugni la schiena del padre. Arrivati al piano di sopra, Valjean entrò nella sua camera da letto, si voltò, prese la figlia in vita con un braccio stingendola a mezz’aria contro il suo petto, con la mano sinistra tirò a sé Fantine e, stringendole entrambe, si lasciò cadere di schiena sul letto, facendo sì che le due donne gridassero per lo spavento dovuto alla caduta improvvisa. Una volta che toccarono il materasso, tutti e tre iniziarono a ridere: Cosette vide chiaramente Fantine appoggiarsi con la testa al petto di suo marito. La famiglia riprese fiato, poi Valjean guardò negli occhi prima Cosette e poi Fantine e le strinse entrambe in un grande abbraccio al quale le due donne risposero, creando così un abbraccio di famiglia. “Come facessi prima di trovare voi io a volte ancora me lo chiedo!” disse Valjean stringendo ancor più forte Fantine e Cosette.
“Anch’io a volte mi chiedo come facessimo senza di te” gli disse Fantine alzandosi per guardarlo negli occhi. “E anche che avremmo fatto se tu non mi avessi fatto cadere a terra quelle maledette borse della spesa!” Cosette vide i suoi genitori sorridersi a vicenda e darsi un breve bacio prima che Fantine si voltasse verso di lei, carezzandole i capelli mentre Valjean si girò a sua volta verso la ragazza e la accarezzò in vita. Poi Fantine diede velocemente due pacche sul petto di Valjean e si alzò in piedi dicendo: “Bene: è ora di preparare la cena. Tu fatti una doccia, che ne hai bisogno.”
“Agli ordini, moglie!” disse Valjean mentre Fantine se ne andava guardandolo negli occhi sorridendogli. Quando Fantine iniziò a scendere le scale, Valjean e Cosette si voltarono l’uno verso l’altro istintivamente e si sorrisero. Valjean le volle dare un altro abbraccio e intanto le chiese: “Com’è andata oggi a scuola? Tutto a posto?”
Cosette si tirò su, si appoggiò sulle braccia al petto di Valjean e, seria in viso, gli rispose: “Sì… sì, tutto a posto…”
Valjean restò a fissarla in silenzio per qualche istante, sicuramente un po’ preoccupato dalla sua incertezza, poi le chiese: “È successo qualcosa, tesoro?”
“No no! È solo che…” Cosette esitò nuovamente: non aveva voglia di discutere con suo padre, ma l’argomento le stava a cuore, quindi si decise a parlare. “È solo che non sono sicura di trovarmi bene lì.”
“Le tue compagne sono cattive con te?” le chiese Valjean.
“No, assolutamente! Anzi! Sono… come posso definirle?” Cosette stette in silenzio qualche secondo, gli occhi verdi assorti sul soffitto. Quando trovò il termine che cercava, la bionda ragazza tornò a guardare il padre e terminò: “Apatiche.”
“Apatiche?”
“Sì: apatiche! Non sembrano provare niente e mi sento continuamente… sola!” rispose sinceramente Cosette. “Non mi esiliano, non pensare male. Ci parliamo e, bene o male, il tempo passa… ma sono tutte così tranquille, così… angeliche e pacate! Sembrano incapaci di provare emozioni adolescenziali! Non riesco a trovarmi bene con nessuna di loro! Sembra quasi che non vogliano avere legami con le altre! Hai presente i robot?”
“Addirittura dei robot? Ahahahah!” Valjean scoppiò in una sonora risata, poi tornò a guardare la figlia e le disse: “Non starai esagerando?”
“No, papà. Sono noiose! E anche le suore… sono delle bacchettone!” Cosette vide il viso di suo padre farsi dispiaciuto e pensò che potesse passare all’attacco. “Non è che…” cominciò sfoggiando un sorriso capace di far intenerire anche il più duro dei cuori, “potrei trasferirmi in un’altra scuola?”
Valjean si fece quasi severo: evidentemente il suo sorriso non aveva funzionato. “Cosette…”
“Dai papà, ti prego!” disse Cosette mettendosi a sedere. “Non capisco perché non vuoi che vada in una scuola mista!”
Valjean si mise a sedere a sua volta e le rispose: “Perché non voglio che succeda anche a te quello che è successo a tua madre, tesoro. Non fraintendermi: sono molto felice che tu ci sia e neanche tua madre potrebbe vivere senza di te. Ma non auguriamo anche a te di fare certe esperienze così presto! I ragazzi della tua età pensano solo ad una cosa e tu non sei pronta a gestirli.”
“Ma dai!” riprovò Cosette. “Non tutti i ragazzi sono così e tu lo sai! Lavori in una scuola mista, santo cielo! Li vedrai i tuoi studenti, no?”
“Per favore, Cosette…” iniziò l’uomo alzandosi in piedi per andarsene, ma Cosette gli prese il polso per fermarlo.
“Se non esco dalla scuola femminile come faccio a confrontarmi con dei ragazzi e imparare a gestirli?” Cosette vide suo padre sospirare e restare a fissare il vuoto come se ci stesse pensando: forse questa volta ce l’aveva fatta. “Andiamo, papà… per favore…”
Quando Cosette tolse la mano dal suo braccio, Valjean restò ancora per un po’ a fissarla senza dire nulla, poi distolse lo sguardo portandolo su una fotografia che teneva sul comodino: ritraeva lui, Fantine e Cosette il giorno delle loro nozze, celebrate dall’ex vescovo preside della sua scuola. Nel guardare quella fotografia sgranò gli occhi, li portò verso la finestra, ancora immerso nei suoi pensieri, si voltò verso di lei e, nell’incrociare i verdi occhi ansiosi di avere una risposta della ragazza lasciò scappare un risolino rassegnato, sorrise e le disse: “Fammi parlare con il preside della mia scuola e vedrò che cosa posso fare.”
Quasi non aveva finito di parlare che Cosette si alzò in piedi emettendo un gridolino entusiasta e si strinse al suo petto. “Grazie, grazie, grazie!” disse mentre Valjean la stringeva a sua volta.
“Tuttavia!” frenò il suo entusiasmo Valjean. “Non credo che potrai venire subito: può darsi che monseigneur Myriel debba parlare con la preside della tua scuola, che ci siano regole e tempi da rispettare per farti trasferire da noi. Finché non ti sarai trasferita voglio che ti impegni al massimo.” Cosette restò a guardarlo seria: avrebbe voluto trasferirsi l’indomani stesso, ma se non fosse stato possibile avrebbe aspettato. L’importante era andarsene da quella specie di convento! Ritornò a sorridere e Valjean, alzando la mano, le chiese: “Affare fatto?”
Cosette, ridendo per la felicità, batté il cinque e gli rispose: “Affare fatto!” Poi Valjean le diede un bacio sulla guancia e se ne andò per farsi una doccia. Cosette, dopo un attimo di esitazione, lo seguì e, sporgendosi dal corrimano delle scale, lo fermò: “Papà?”
“Sì, tesoro?” disse l’uomo girandosi.
“Per caso nella tua scuola è arrivato qualche nuovo studente oltre a quelli della mia età?”
“Sì… perché?”
“No, nulla…” disse Cosette sorridendo ed entrando nella sua stanza. Si mise le mani sul lato della porta per qualche secondo, la chiuse dietro le sue spalle e, appoggiandovisi con la schiena, abbassò lo sguardo e aggiunse: “Pura curiosità.”
   
 
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