Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Alexa_02    18/04/2019    1 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Julianne

 

 

Il rumore del mio cuore che rimbalza contro la cassa toracica si amplifica dentro lo sgabuzzino striminzito. È l'unico suono che sento mentre le mani di Aaron mi percorrono affamate. Mi concentro sul rimbombare ritmico per non rischiare di perdermi. Anche se a questo punto, non sono sicura di dove comincio io e dove finisce lui, quindi non so se è il mio o il suo di cuore che mi tiene salda a terra.

“Sei perfetta” sospira solleticandomi il collo con il naso. Vorrei poter ammettere a gran voce che lui non mi fa impazzire e che ogni volta che mi tocca non sento assolutamente nulla di speciale. Ma con lui ogni cosa è così reale, così dannatamente profonda che la percepisco fin dentro le ossa.

“Questi pantaloni di pelle sono ufficialmente saliti al primo posto dei vestiti che vorrei poterti vedere addosso solo io” mormora passandomi la mano lungo la coscia.
Evviva, li ha notati. Gli accarezzo la schiena muscolosa sotto la camicia. “Addirittura? Pensavo fosse il mio bikini al primo posto”.

Mi spinge con più decisione contro la parete e sul mobile di legno. “Beh, per quello ormai sta passando la stagione, quindi vincono i pantaloni”. Mi bacia il mento. “Ho visto almeno una ventina da ragazzi fissarti con la lingua a terra oggi, per non parlare di Lip”.

Gli afferro la nuca tirando le sue labbra verso le miei. “Mi dispiace per loro”.
I nostri respiri si fondono come tutto il resto di noi. “E perché mai?”.
Gli accarezzo la guancia ispida. “Perchè nessuno di loro è te”.
Le sue labbra si infrangono sulle mie con un ringhio di desiderio. Una mano mi risale lungo la schiena per stringermi a lui, mentre l'altra è puntellata contro il muro vicino alla mia testa. Le mie gambe gli stringono i fianchi azzerando qualsiasi spazio fossimo riusciti a mantenere. Le sue labbra scivolano sulle mie con frenesia e desiderio. La sensazione del suo corpo contro il mio rompe la diga e il piacere mi invade da cima a fondo. Gli afferro la cintura cercando di sganciarla ma lui mi blocca. “No” espira appoggiando la fronte contro la mia “Non qui”.
Mollo la fibbia frustrata. “Non è mai il momento giusto per te”.
“Jay...”.

Sbuffo. “Lo so, ho capito, non c'è bisogno che mi ammonisci” gli accarezzo le labbra con l'indice “È solo che mi sembra che tu non voglia farlo con me perché sono io”.

Mi afferra il viso con entrambe le mani e mi inchioda con lo sguardo al mobile. L'intensità del suo sguardo mi fa bruciare come un carbone ardente. “Lo sai cosa vorrei fare in questo momento?”.
“Cosa?”.
“Vorrei cementare quella porta, strapparti di dosso i pantaloni e passare il resto del giorno a farti capire quanto ti voglio” mi bacia “Ancora, e ancora, e ancora”.
Deglutisco cercando di respirare correttamente.
“Non lo faccio perché ti rispetto e perché voglio che la prima volta sia in un posto speciale, lontano da tutti quelli che potrebbero renderlo meno eccezionale”.
Gli accarezzo il collo. “Va bene”.
“Ti voglio da morire, Jay, più di qualsiasi cosa abbia mai voluto in vita mia”.
“Anche io ti voglio”. Mi bacia la punta del naso. “Ora andiamo, siamo già in ritardo per la lezione”.

Lo scosto scendendo dal mobile con un salto. “Aspetta, io ho un problema” asserisce.
“Sarebbe?” domando spazzando via la polvere dai pantaloni.
Si indica il cavallo dei jeans. “Non posso uscire così”.

Ridacchio. “È un problema tuo, se non mi avessi fermata a quest'ora non lo avresti affatto”.

“Non è per niente divertente” brontola “Dimmi qualcosa di poco eccitante”.
“Mmmh”. Ci penso su un secondo. “Nonnine, orsetti di peluche, gattini bagnati...”.
Geme per la frustrazione. “Perchè riesci a rendere ogni cosa dannatamente sexy?”.
“È una dote di famiglia” affermo prima che mi sia accenda la lampadina “Ho trovato! La professoressa Layosa oggi aveva addosso una gonna di finta pelle marrone molto aderente e un cardigan color lampone troppo scollato per la sua età”.
Aaron fa un verso simile ad un rigurgito. “Che schifo, sono ufficialmente nauseato”.
“Il problema si è sgonfiato?” chiedo soddisfatta.

“Sì, completamente” rabbrividisce e mi da un colpetto verso la porta “Andiamo”.

Lo stanzino del bidello da su un corridoio cieco e, per nostra enorme fortuna, senza telecamere di sicurezza. Non essendoci aule in uso o armadietti, la scuola ha risparmiato sul baget rendendo quel corridoio a prova di spioni. La soffiata ci è arrivata da Lip e per questo dovremmo erigergli una statua.
Aaron sbircia oltre lo stipite e mi da il via libera. Camminiamo lungo il corridoio tenendoci per mano e lasciandoci trasportare dalla leggerezza. Mentre mi fa piroettare sul linoleum un rumore sordo infrange lo specchio che ci separa dalla realtà. Prontamente lui mi tira dietro una colonna, nascondendomi dietro il suo corpo.

“Sono stanca di questa situazione, Brian” sospira una voce femminile.

Due figure escono da un'aula piena di vecchi computer e monitor rotti. Mi sporgo oltre il fianco di Aaron e un paio di pantaloni a zampa, pieni di paillettes, brillano sotto le luci al neon.

“Che cosa vuoi che faccia esattamente?” domanda il professor Ellingford “Vuoi che molli la mia carriera?Vuoi che mandi al diavolo lavoro della mia vita? È questo che vuoi Peyton?”.
“Certo che no!” squittisce la mia amica “Vorrei solo non essere costretta a vivere in questo oceano di bugie”.
Il professore le afferra il viso con dolcezza. “Lo so, è estenuante, ma non possiamo fare altrimenti. Se venissimo allo scoperto adesso mi licenzierebbero e questa città ti etichetterebbe come la persona che non sei” sospira e Peyton gli stringe le braccia al collo “Non sai quanto vorrei che fosse tutto diverso ma per ora è meglio così, manca poco alla fine del liceo e da allora saremo liberi”.

Le scosta una ciocca corvina della parrucca dal viso. “Sai che ti amo, vero?”.
Peyton annuisce addolcendo lo sguardo severo. “Ti amo anche io, Brian”. Lei si allunga per baciarlo, ma non posso sostenere la scena e volto lo sguardo. Aaron abbassa gli occhi verso di me stranito e confuso. Capisco perfettamente come si sente.

Aspettiamo finché non li sentiamo allontanarsi e usciamo dal nostro nascondiglio. Aaron si stropiccia la faccia. “Hai visto quello che ho visto io, vero?”. Annuisco senza proferire parola. “Non va affatto bene, dovremmo dire qualcosa a qualcuno. Lui è un professore” espira “Forse dovremmo parlarne con il preside”.
Le sue parole sono l'equivalente di una doccia gelata. “Non se ne parla”.
“Jay” brontola “Quello che abbiamo visto non è giusto”.
“Non sappiamo tutta la storia” puntualizzo.

“Qualsiasi sia la storia di base, la loro relazione non è corretta” afferma.

Le gambe mi tremano. “Perchè quello che c'è tra noi segue degli standard? Secondo questa logica nemmeno io e te dovremmo stare insieme”.
Scuote la testa. “Non è la stessa cosa”.

“E cosa cambia?”.
“Non abbiamo una relazione insegnate-studente”.
Sbuffo. “Ma abbiamo una relazione complicata. I nostri genitori stanno insieme, te lo sei dimenticato?”.
Si passa una mano tra i capelli, spettinandoli più di quanto già non fossero. “Sì, hai ragione”.
“Non sono affari nostri, Aaron”. Lo agguanto per il braccio, cercando di fermare i suoi movimenti scoordinati. “Promettimi che non dirai niente a nessuno”.
Mi fissa inquieto. “Tu le parlerai?”.
Strabuzzo gli occhi. “Perchè?”.
“Per farle capire che non va bene”.

Scuoto la testa con fermezza. “Chi siamo noi per giudicare le sue scelte?”.
Mi osserva a lungo, facendo girare nel verso giusto gli ingranaggi nella sua bellissima testa. “Nessuno”.
“Esattamente” espiro, accarezzandogli gli avambracci scoperti “Non ci immischieremo, promettimelo”.

Annuisce lentamente. “Promesso”.
Fingo di essere assolutamente sicura della mia decisione, anche se in realtà nella mia testa si condensa solo una domanda: cosa diavolo combini, Peyton?

 

 

Il libro di matematica mi fissa con aspettative che non posso soddisfare, mentre io fisso inespressiva il copriletto ricamato. È tutto il giorno che ho il cervello scollegato dal resto del corpo. Ogni cosa mi scorre intorno molto velocemente e io riesco a concentrarmi solo su tutti i problemi che si stanno incastrando nel pettine che è diventata la mia vita. Se non trovo delle soluzioni intelligenti finirò per strapparmi tutti i capelli, metaforicamente e letteralmente.

“Toc toc” cinguetta una vocina dalla soglia della mia camera.

Giro lentamente la testa e una terribile divisa da cheerleader e due enormi occhi grigi mi fissano con allegria. “Non sono dell'umore, Chastity”.

Lei alza le spalle in coordinazione ad un risolino. “Non sei quasi mai dell'umore, quindi che differenza fa?”.

Non ho le energie mentali per discutere. “Cosa fai qui? Pensavo che tua madre ti avesse proibito di entrare in questa casa di peccatori”.

Si ravviva la coda ed entra in camera. “Sì, è vero, me lo ha proibito categoricamente”.

“Allora cosa fai qui?” chiedo, infastidita dal suo buon umore.

“Non sono la brava bambina che mamma pensa che io sia” si accomoda sul materasso come se fosse casa sua. “Volevo vedere come stavi e cominciare il nostro lavoro”.

“Sto bene”. Chiudo il libro di matematica. “Quale lavoro?”.

“Dalla tua faccia non si direbbe” si china in avanti per guardarmi meglio “Non pensavo che Nicole potesse essere così aggressiva”.

“È solo un taglietto” taglio corto.

“Mi riferivo a tutta la merda che ti sta lanciando addosso” abbassa lo guardo dispiaciuta “Le ho viste tartassarti oggi”.

Sì, lo hanno fatto. “Non è nulla di che”. Sì, che lo è. “A che lavoro ti riferivi?”.

Nasconde il faccino da cucciolo triste con un'espressione determinata. “La tua scalata verso il trono, naturalmente” mormora.

Sbuffo, rotolando via dal suo sguardo assetato di gloria. “Non è una buona idea. Sono finita in mezzo a troppi drammi in questo periodo, preferire restare fuori dall'occhio del ciclone per un po'”.

Si aggiusta la gonnellina e sorride felina. “Tecnicamente, uno degli unici posti sicuri durante un tornado è proprio l'occhio del ciclone, lì c'è la tranquillità più assoluta” alza le spalle “Quindi, in realtà, quello che hai detto non è corretto”.

Concentrati, Julianne, non puoi strangolarla. “È così che pensi di mettermi di buon'umore? Correggendomi?”

“No” sorride tronfia “Con questo sì, però”.

Mi porge un plico di fogli disordinati e scribacchiati. “Cos'è?”.

“Oggi ho fatto girare un sondaggio anonimo riguardo Giselle e la sua carica di rappresentante del corpo studentesco”. Afferro i fogli. “Circa il 70% degli studenti non la vuole più al comando”.

Sfoglio il plico distrattamente. “Non mi sorprende affatto”.

Arriccia gli angoli della bocca come il Joker. “Quello che ti sorprenderà è il nome che gli studenti hanno suggerito come possibile sostituto”.

Incarno un sopracciglio. “Il tuo?”.

“No” ridacchia “Il tuo, Julianne”.

Osservo attentamente la carta e nella zona dei suggerimenti c'è il mio nome scritto in numerosi fogli. “Perchè?”.

Alza le spalle. “Immagino suppongano tu abbia abbastanza palle per opporti al regime della strega cattiva. Ed è così”.
Un altro nodo si incastra nel pettine metaforico, strozzandomi. “Non lo so, Chastity...”.

Alza le mani. “Non devi fare nulla di speciale, ho già preparato tutto quanto...”.

“Io...” borbotto mentre il mio telefono trilla, ricordandomi i miei impegni.

“...Devi solo iniziare con i prima passi, io ti aiuterò e...”.

“Chastity” sbraito zittendola “In questo periodo ho mille cose da fare. Ora, per esempio, devo andare da Lip per un progetto scolastico. Possiamo parlarne dopo?”.

Scuote la testa. “Posso venire qui solo quando mamma non c'è” espira “È importante, Julianne”.

Sbuffo. “Va bene, ma sii rapida”.

Sistema i suoi fogli velocemente. “Devi organizzare una festa”.
“Una festa?”.

Annuisce facendo ballonzolare la coda bionda. “Sì, ad Halloween Giselle organizza la migliore festa in maschera della storia e invita solo alcuni eletti. Ogni volta taglia fuori più della metà degli studenti e se ne vanta per tutto il mese successivo” addolcisce il viso di ceramica “Non sono mai stata invitata e sono in squadra con lei. Lo fa per far sentire esclusi tutti quelli che non le piacciono”.
La fisso confusa. “Come ti aspetti che organizzi una festa qui? Non è nemmeno casa mia!”.

Corruga la fronte. “Certo che lo è”.

Non ho tempo per spiegarle i miei ragionamenti. “Va bene, supponiamo che mia madre e Jim dicano di sì. Secondo te verrà una festa da urlo con qui il reverendo? Te lo immagini? Comincerebbe a fare sermoni sull'alcol e a parlare di quanto il sesso sia terribile per la tua anima immortale” mormoro.

Alza le mani cercando di calmare i miei vaneggiamenti. “Lo so, per questo dovremmo chiedere aiuto al tuo ragazzo”.

Infilo le unghie nel cuscino, sentendo il sangue gelarsi nelle vene. “Cosa?” mormoro con voce tremante.
“Sì”. Tira un filo della divisa che le spunta dall'orlo della gonna. “Lip”.

Espiro di colpo, mollando il macigno che mi stava soffocando. Oddio, grazie. “Lip non è il mio ragazzo”.

Ridacchia e allunga la mano verso la mia scapola. “E allora chi ti ha lasciato quel bel succhiotto”.

Dannazione, Aaron. Okay, niente panico, basta mentirle. Perché non mi viene in mente niente? Dove diavolo ho lasciato la mia scatola delle bugie? “Non devi giustificarti con me, Julianne. Ognuno etichetta le sue relazioni come vuole, in ogni caso abbiamo bisogno del suo aiuto”.
Non provo a contraddirla di nuovo, non saprei cosa dire. “In che modo?”.

 

 

 

 

 

“Mamma!” sbraito dal soggiorno “Dove sono le chiavi della macchina?”.

La sua voce cinguettante mi arriva dalla cucina. “A cosa ti servono?”.

Devo potarci le piante. “Devo uscire!” strillo, cercando di sopprimere le risposte sarcastiche. Ho davvero bisogno delle chiavi.

Esce dalla cucina con in mano un abito con mezzo orlo fatto. “Dove devi andare?”.
Sembra di essere al Pentagono. “Vado da Lip, abbiamo un progetto di studi sociali da completare” la guardo inarcare un sopracciglio. “Posso avere le chiavi? Sono in ritardo”.

Posa l'abito sulla sedia e si sistema gli occhiali tra i capelli. “Prima mi è sembrato di veder uscire Chastity da casa nostra”.

Non ho capito la domanda. “Sì...”.

“Siete amiche?”.

Alzo le spalle. “Non saprei, penso di sì...” borbotto ricominciando a frugare tra i cuscini del divano.

Resta in silenzio a fissarmi perlustrare come un cane da tartufi, facendomi irritare terribilmente. “Ne sono davvero felice”.

Mi blocco. “Davvero?”.

“Certo”. Si siede al tavolo accertandosi di non spiegazzare la gonna. “Amanda ed io siamo molto amiche e speravo tu potessi legare con sua figlia”.

È ancora amica della donna che ha insultato suo figlio, chiamandolo finocchio, e che mi ha dato del parassita che intossica tutto ciò che tocca. Non so perché ma la cosa non mi sorprende.

“Stiamo solo cercando di raggiungere un territorio neutrale” mento ispezionando il tavolino.

Lei sospira con forza. “So che quello che ha detto Amanda non è stato piacevole, ma mettiti nei suoi panni”.

“Preferire di no” sbotto “Non ha scusanti per quello che ha detto ad Henry, per come lo ha fatto sentire”.

Annuisce. “Lo so, Julie, ma lei ha le sue convinzioni...”.

“Non mi interessa” affermo “Non condivido le sue idee da milleottocento e non ho intenzione di giustificarla, ho solo bisogno delle chiavi”.

Si porta una ciocca scappata allo chignon dietro l'orecchio. “Magari alcuni dei suoi ideali non sono così sbagliati”. Non lo ha detto davvero. “Per esempio questa tua relazione con Philip...”.

“Hai qualcosa da ridire sulla nostra amicizia?” domando seccata.

Alza le spalle. “Non vorrei vederti commettere altri sbagli di cui ti pentiresti. Non vorrei commettessi il mio stesso errore...”.

Le sue parole mi trafiggono come una valanga di frecce. “Henry ed io siamo un tuo errore? Wow, sapevo che lo pensassi di papà ma non di noi due”.

Spalanca gli occhi spaventata. “No, Julie...”.

Addio al piano di mantenere la calma. “Sai, avevi molte opzioni. Potevi abortirci o darci in adozione, almeno avresti evitato di subire tutte le delusioni che ti procuriamo ogni giorno”.

“Non vi ho mai definito delle delusioni!”. Stringe le mani con forza. “Puoi anche odiarmi ma non ti permetto di dire che non vi amo più di ogni altra cosa al mondo”.
Spalanco la bocca. “Quindi ci amavi quando hai deciso di lasciarci?!”.

“Ovviamente!” sbraita “È stata la decisione più difficile della mia vita, ma non potevo fare altrimenti. In quella situazione...”.

“Quale situazione?”. Ci sono troppi punti di domanda in questa storia. Chiude la bocca di colpo e abbassa lo sguardo colpevole. “Quale situazione, mamma!”.

Con lentezza si alza, raggiunge la borsa depositata sul mobile e la apre. Raccolte le chiavi della sua macchina me le porge. “Vai”.

È possibile che la breccia tra di noi si faccia ancora più profonda? “Mamma...” sospiro.

Mi mette le chiavi in mano. “Vai da Lip e fai attenzione”. Allunga la mano per accarezzarmi il viso, ma a metà del gesto ci ripensa e si allontana verso la cucina. Mi lascia da sola, portandosi dietro un lembo della crepa e allungando la distanza tra me e lei.

 

 

 

 

“Finalmente!” brontola Lip dalla soglia di casa sua “Stavo quasi per chiamare la guardia nautica. Si può sapere perché ci hai messo così tanto, dolcezza?”.
Gemo. “Storia lunga...”.

Chiude la porta alle nostre spalle e mi appoggia una braccio sulle spalle. “Stai bene?”.
“No”. Mi guida dentro il soggiorno e seduto sul divano, illuminato dalla calda luce della sera, c'è l'unica persona che può migliorare il mio umore. “Aaron” sospiro.

Non appena mi vede, sorride facendomi tremare le gambe e battere il cuore all'impazzata. Lip ridacchia alle mie spalle. “Hai bisogno di qualcosa?”.

Sì, un defibrillatore. “Qualcosa da bere”.

“Vado” asserisce infilandosi in cucina.

Quando Lip non è più nei paraggi, saltello fino al divano e mi catapulto su Aaron come su un tappeto elastico. Lui mi afferra prontamente per i fianchi e mi stringe al suo corpo. Si avventa subito sulle mie labbra. Baci lenti e inebrianti che mi fanno sciogliere tra le sue braccia. Le mie mani gli risalgono lungo le braccia, accarezzando i muscoli tesi, fino alle spalle e poi tra i capelli scuri e morbidi come la seta. Emette un suono di piacere dalla gola che mi fa fremere in ogni parte del corpo. In un secondo mi ritrovo sotto di lui, sdraiata sul divano di velluto blu.

“Devo innaffiarvi con dell'acqua gelata?” domanda sarcastico Lip “Perchè quel divano è il mio posto preferito e, a meno che non mi invitiate a partecipare, vi chiederei di non copularci sopra”.

“Che tempismo, amico” grugnisce Aaron allontanando le mani dalla mia pelle bollente.

“Sempre a disposizione”. Lip posa i bicchieri pieni di succo sul tavolino. “Però, ora che ci penso, non mi dispiacerebbe guardare” corruccia la fronte ed annuisce “Ovviamente per Jay, non per te”.

Intercetto il braccio di Aaron prima che lo colpisca sulla testa, già alquanto bacata, e mi infilo in mezzo. “Okay” sospiro “Fate i bravi, dobbiamo finire il progetto senza versa sangue sul pavimento”.

Lip alza le spalle. “Io ho solo condiviso i miei pensieri”.

Gli do un colpetto sulla spalla. “Perchè per un paio d'ore non li tieni dove sono?”.

Sorride sornione. “Se me lo chiedi tu, dolcezza” mormora facendo sbuffare Aaron.

“Ottimo” raccolgo lo zaino da terra “Mettiamoci al lavoro”.

 

 

 

Le due ore successive si trascinano con una lentezza esorbitante. Devo destreggiarmi tra i commenti inappropriati di Lip e i tentativi di colpirlo di Aaron.

Quando il mio livello di sopportazione viene del tutto superato, decido di darci un taglio. “Okay per oggi basta” sospiro “Ho il cervello fuso”.

Aaron mi accarezza la schiena. “Forse dovremmo tornare a casa”.

Sbuffo. “Non ne ho voglia”.

“Nemmeno io” concorda.

Lip afferra il telecomando. “Potete restare se volete. Mamma ha di nuovo il turno di notte”.

Osservo Aaron illuminarsi. “Sei sicuro, Lip?”.

Lui annuisce scorrendo tra i vari canali. “Ovvio. Possiamo ordinare una pizza o altro”.

Gli sorrido. “Grazie”.
Mi fa l'occhiolino. “Figurati, dolcezza”.

Non importa quanto si impegni per essere fastidioso, resta una persona meravigliosa in ogni caso.

Afferra il cellulare. “Due con la salsiccia piccante e una vegetariana?”. Aaron ed io annuiamo in contemporanea. Lui si alza e si incammina verso il corridoio. “Bene, vado ad ordinare in camera così voi potete...parlare”.

“Aspetta” lo chiamo seguendolo “Ho un altro favore da chiederti”.

“Dimmi tutto”.

Sfoggio il mio miglior sorriso. “Avrei bisogno di casa tua ad Halloween”.

“Cosa?”.

“Vedi, Chastity ed io stiamo progettando un colpo di stato verso Giselle e comincia con l'organizzare una festa la stessa sera della sua, ma senza inviti esclusivi” indico Aaron “Da noi è impossibile, con sua padre poi, quindi mi chiedevo se potevamo organizzarla qui”.

Lip resta in silenzio a lungo, per così tanto che penso di averlo rotto. Poi di colpo comincia a sghignazzare. “Ovvio che sì! Le roderà un sacco il culo appena lo scoprirà!”.

Espiro. “Quindi va bene?”.

Annuisce. “Certo, devo solo essere sicuro che mamma lavori e possiamo organizzare quello che vuoi”.

Gli salto addosso. “Grazie, Lip”.

“Figurati, dolcezza, qualsiasi cosa per te” mi fa l'occhiolino “Io vado di là, avete tempo finché non arriva la cena”.

Ridacchio. “Grazie”.

Esistono poche persone come Lip e quando le incontri devi fare di tutto per non perderle.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alexa_02