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Autore: Alya92    18/04/2019    22 recensioni
[racconto]
[racconto][racconto][racconto]Da un racconto di W. W. Jacobs ed inspirato al cortometraggio "The Monkey's Paw" del 2011.
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William White, spronato dalla moglie Elizabeth, esprime il desiderio che suo figlio Herbert torni in vita, ma questi risorge come creatura pericolosa. I due coniugi riflettono su lui e cosa potrebbe accadere. Tutti e due ponderano sul da farsi fino a sentire dei colpi alla porta. Che faranno? Come agirà l'uomo? Cosa architetterà per salvarli? Ce la farà, o soccomberà al potere malefico del talismano? Benvenuti a Villa Laburnum!
Spero di avervi incuriosito. Buona lettura
Alya92
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Antefatto de La zampa di scimmia 

di W. Wymark Jacobs 

 
 

Trama originaleA Villa Laburnum i coniugi White (William ed Elizabeth) ed il loro figlio Herbert ricevono la visita dell’amico Morris che mostra loro una zampa di scimmia 

scimmia mummificataQuesta esaudisce tre desideri a caro prezzoIl capofamiglia chiede duecento sterline per ristrutturare la casa su suggerimento dell’incredulo Herbert

Il giorno dopo un funzionario della ‘Maw & Maggins’ va dai coniugi per annunciare loro che quest’ultimo è morto e dà un risarcimento di duecento sterline (medesima cifra 

desiderata) per tale perditaDopo aver seppellito il giovane, essi attendono in fremente attesa

Dieci giorni dopo dal funerale, Elizabeth si ricorda del talismano e chiede al marito di far tornare il figlio in vitaDopo qualche resistenza l’uomo cede ed esprime tale volontà

volontàHerbert torna sì ma come zombie cercando di entrareMentre Mrs. White cerca di aprire, a William non resta che l’ultimo desiderio per annullare il secondo

La strada appare deserta e desolata davanti ai due

 

Cosa sarebbe successo se Herbert fosse entrato realmente? 

 
 

DESIDERIO PROFICUO 

 

di Alya92 

 
 

Il cimitero distava due miglia circa dalla villa e diveniva sempre più ampio durante mesi ed anni per sepolture frequenti. Non possedeva sentieri stabili e continui ma un po’ tortuosi 

e sfalsati, in modo che ladri e profanatori non derubassero facilmente. Esso constava di ben duecentocinquanta tombe divise in gruppi: alcuni sarcofagi di neonati si ergevano qua 

e là; un’area ne usufruiva per bambini ed adolescenti; un pezzo di terreno per adulti. 

Tra un sepolcro e l’altro esisteva uno spazio ben definito e limitato da aree verdeggianti, alcune di esse chiuse da recinti protettivi. Entrando vie e stradette conducevano ciascuna 

a più gruppi ed i familiari superstiti agghindati con vestiti scuri anche di estate facevano visita pronunciando preghiere, pregando ed inginocchiandosi, poi andando a casa tristi 

ed addolorati. 

Il luogo emanava tranquillità ma anche tristezza e malinconia. Sembrava surreale quasi senza tempo, rischiarato e parte in penombra con giochi chiaroscurali sulle superfici 

marmoree. Alcune lapidi avevano un significato per famiglie ed amici. Infondevano paura di notte, ancor più quella del 15 novembre 1890. Tutto si alternava in croci e foto 

cristiane ma qualcosa scosse quella calma. 

Qualcosa di malsano ed orripilante

 

Herbert White si svegliò tre metri sottoterra ed emise un verso lugubre poco dopo essersi ritrovato costretto in una cassa di legno molto lunga, sui cui bordi si muovevano numerosi 

piccoli vermi. Il naso, solcato da tagli e ferite, gli conferiva un olfatto sviluppato che gli faceva immaginare il luogo macabro dove si trovava. 

La sua vista non esisteva più per via dei profondi solchi alle arcate oculari, provocati dall’incidente con il macchinario ma che lì non gli era necessaria. Funghi e bolle invadevano 

la bocca non più rosea e pulita ma infetta e putrescente per via di batteri. 

I denti, se potevano definirsi tali, erano sporchi e storti con notevoli proliferazioni di germi. Un profondo foro al setto nasale mostrava l’osso sottostante annerito da rivoli di sangue 

che vi erano colati mentre il naso si staccava, scoprendo carne maciullata. 

La camicia si presentava colma di terra, acqua e fango con tessuto sudicio che sbrindellava da tutte le parti; sopra, una giacca color nocciola spiegazzata abbondantemente come se 

vi fosse stato rivestito in un secondo momento. I pantaloni, stretti da una cintura nera, avevano fori e strappi come se li avesse utilizzati molto più del normale. Le scarpe avevano 

grossi buchi per deterioramento della tornaia e delle suole. 

 

Aprì le braccia ricoperte dal vestiario spiegazzato sfiorando gli stipiti e cominciò a battere le mani sul feretro dove era rinchiuso. La vita non gli apparteneva più sostituita da un 

un mondo sovrannaturale e macabro. Percepì, d’un tratto, un vuoto all’addome prima di mettere una mano dentro e non trovare niente. Sibilò versi per collera e si strappò i vestiti 

di più per il dolore. Emanava quel tanfo da molto! 

 

Finalmente ruppe quel legno e terriccio, rugiada e rametti si affacciarono allo spiraglio. Divincolò braccia e gambe per spaccare tale feretro e liberarsi. Soffriva per ventre aperto 

e petto squarciato. 

Cibarsi di carne umana e soprattutto cervelli gli alleviava tale consapevolezza. Smuoveva cumuli di terra sopra sé con pazienza fino a quando, dopo circa mezz’ora, affiorò la 

mano destra consumata da larve all’aperto. Cercò di elevarsi poggiando l’arto sul muschio e rugiada spiccando in superficie. 

Strisciò come un serpente affamato una volta fuori poggiando i palmi sul terreno fresco per tirarsi su. Riuscì nell’intento ed iniziò a camminare con andatura oscillante e confusa. 

Una dicitura recitava su lapide: 

 
 

In loving memory 

 

HERBERT WHITE 

 
 

L’essere avvertì di dover andare a Villa Laburnum tramite magia del talismano e si diresse verso il cancello, constatandolo tuttavia chiuso. Sbuffò un lamento gutturale e scosse

quelle spranghe gelide come neve. Alla fine gli anelli del catenaccio cedettero e l’apertura scattò. Lo aprì e dopo poco giunse ad una radura che mostrava, a sprazzi, cipressi 

ed uliveti. Fronde degli alberi sembravano riposare in tale silenzio mentre il non morto avanzava dondolante. 

Colse all’improvviso un rumore lontano che, forse, voleva informare di qualcosa. Parve molto intenso e continuo ma non ne disturbò i pochi sensi che aveva (olfatto e tatto). 

Herbert captò solo dei guaiti e recepì un cane randagio abbaiare a pochi metri da dove era. Poteva annusarne l’odore, respirarne l’aria. Si fermò mentre l’animale correva verso 

esso ed emetteva latrati sempre più acuti per tenerlo lontano. 

I suoi occhi giallo oro irradiavano luccichii illuminando l’oscurità sul muso nero e morbido, da cui spuntavano zanne bianche e possenti. Abbaiò senza sosta e finse di avanzare 

come per annunciargli: Tu non oltrepasserai mai qui

Rilevò il terribile lezzo della creatura, che si insinuò nelle sue narici così acerbo e pungente da affievolire l’ultimo richiamo. Diventò così insopportabile che tale mammifero 

girò su se stesso e fuggì verso un’altra parte, riprendendo ad abbaiare dopo cinque minuti. Suoi segnali costanti e vigili circolarono per tutto il territorio campagnolo come 

avvertimento. 

State attenti! 

Poco dopo Herbert riprese a procedere trascinandosi. Percepiva vermi mangiargli muscoli ed articolazioni mentre emetteva lamenti e muoveva il capo. Camminò fino all’uscio 

dell’abitato e vi picchiò alcuni colpi cadenzati. 

 

L’edificio composto da mattonelle bruno ramato era articolato su tre piani: quello a terra formato da facciata con ingresso ben robusto e finestrella decorativa; un altro superiore  

che comprendeva sette stanze e due bagni; infine un terrazzo sovrastante molto ampio, accessibile con una scala a pioli mobile. Inoltre alcuni avancorpi avanzavano ai lati

accompagnati da file di cespugli. Un segnavento di media grandezza spiccava in cima quasi a far da guardia muta al paesaggio. 

Davanti al complesso una strada sfociava nella notte mentre, poco più avanti, piccole sagome di cespugli e contorni di case in lontananza arricchivano tale panorama silenzioso. 

In una camera ben chiusa, essenze aromatiche si diffondevano scivolando su stipiti e mura coronando di fragranze tale ambiente. Incensi e ninfee stavano ben ferme sui comodini  

che cingevano un letto con lenzuola lievemente sgualcite. 

Elizabeth aveva un’espressione angosciata guardando dalla finestra: gli occhi blu risaltavano ai raggi lunari mentre il suo naso veniva accarezzato da aria fredda. Sporgeva labbra 

carnose con trepidazione come se attendesse un cambiamento, una folle idea di pace interiore. Ma come poteva averne con l’unico figlio deceduto? Si trattava di ciò. 

Non riusciva a credere che lui, proprio unico figlio, se ne fosse andato così all’improvviso e per un ‘incidente’. Come no... maciullato da un macchinario maledetto nella stessa 

azienda. Lo ricordava stecchito e fatto a pezzi con il direttore dell’azienda che porgeva condoglianze insieme allo staff. Come se parole e funzione religiosa potessero lenire quel 

tragico fatto avvenuto. Quando questi era morto, una grande parte di lei era sparita con quest’ultimo. 

Questa mancanza le sviscerava corpo ed anima come una gigantesca spada che perforava dal collo alle gambe, un dolore profondo ed imprescindibile. Ponderava che niente sarebbe 

sarebbe stato come prima come quando lo vedeva così vivo e sempre accanto, pieno di vitalità. Ora che ne sarebbe stato di lei e del padre? Senza forza né gioia voleva rischiare 

per poterlo riabbracciare, vedere una seconda volta. Non interessava come sarebbe tornato ma che rivenisse per un altro saluto, una stretta forte loro. 

Sentì un brivido percorrerle la schiena guardando tra folta vegetazione. 

Il marito William e sig.ra White si amavano totalmente stando fedeli l’uno all’altro ma il figlio, parte di  come madre, valeva molto di più. Averlo tenuto in grembo nove mesi 

e fatto nascere alla luce esprimevano sensazioni meravigliose per una mamma. Aveva avuto un legame indissolubile con il bimbo fin da subito. 

Carne della propria carne, sangue del suo sangue

Formato e completo nella pancia materna, poi riempito d’affetto e coccolato da Elizabeth e papà, Herbert stava come unico rampollo della famiglia trascorrendo l’infanzia con 

insieme a compagni e compagne. Aveva sviluppato un carattere bonario, energico e vivace crescendo e ravvivato i familiari quando si trovavano malinconici. 

Elizabeth batté le ciglia più volte consapevole che il suo discendente giaceva sottoterra ed una lacrima sgorgò da un occhio, sfiorò l’arcata oculare, percorse la guancia e scese 

lungo il mento cadendo sul bordo della finestra creando goccioline a forma di corona. Tale frutto di amore genitoriale risultava perso con conseguenti spasimi psichici. 

Provava un lutto profondo nel meditare sul fato di Herbert, povero innocente! Voleva solo che giungesse da lei per abbracciarsi vicendevolmente. Preoccupazioni circa l’amuleto 

da Morris dieci giorni prima apparivano dunque veritiere. Al funerale lei lo riconobbe a stento triturato dal macchinario maledetto, inorridita dalle mutilazioni. 

Aspetta... quel primo desiderio di duecento sterline sfidò gli eventi e ciò scaturì come punizione? In fondo William espresse tale richiesta alla zampa. 

L’incantesimo su essa sottrasse il figlio come prezzo altissimo da pagare. Voleva ardentemente incontrarlo mentre, con capelli mossi biondo cenere fino al collo, si coricava a 

letto lasciandosi avvolgere da lenzuola. Dopo circa un’ora udì leggeri picchettii alla porta e si svegliò. Il bussare aumentò gradualmente. 

“Cos’è stato? Hai sentito?” 

 

William spostava verso avanti il busto in attesa mentre corrugava la fronte, seduto sul letto. Tendeva le orecchie pronto a rilevare qualsiasi rumore anomalo. I capelli brizzolati 

affioravano dalla nuca a metà del capo in modo leggermente tumultuoso. Meditava sul povero giovane perduto a causa della propria avventatezza. Prima così vivace da attirare 

simpatia ed amicizia altrui, si trovava ora defunto e nel terreno umido. 

Non poteva figurarselo che si ridestasse; sarebbe stato troppo orrifico. Non aveva mai osato andare oltre la quotidianità, a parte dieci giorni prima. 

Io non vedo i soldi e credo che non li vedrò mai’ aveva proferito il ragazzo quella notte maledetta davanti al padre e ad un’Elise troppo serena, come se sapesse già che sarebbe 

stecchito dopo il desiderio, quasi lo prevedesse. O stava come una delle sue classiche battute? 

Non si capiva mai quando fosse serio effettivamente. Tale pensiero gli girava in mente come un frullatore perché le stesse parole si erano avverate riducendolo ad un organismo 

senza vita inesorabilmente. 

Rifletteva anche sull’urlo lanciato dopo il primo desiderio e ponderava sull’altro orrendamente sfigurato su viso e corpo che aveva potuto riconoscere solo dai vestiti. 

L’unico figlio che ho

Tutto per una maledizione indirizzata ad una zampa di scimmia, a cui lui stesso, per curiosità ed euforia, aveva chiesto duecento sterline. 

Dannate! 

Proprie azioni ed istintiva curiosità avevano nefaste conseguenze tagliando la vita stessa a lui ed alla consorte. 

Povero ragazzo! 

Durante il riconoscimento si era addirittura accasciato su Herbert piangendo mentre Mrs. White stava profondendo in singhiozzi interminabili. Al funerale i due avevano esternato 

malinconia e frenesia nel tentativo di pensare che non stesse succedendo per davvero. Il parroco della chiesa aveva fatto seppellire Herbert con rammarico descrivendolo: 

Giovane di grande sentimento molto alla mano, vivace e carismatico pieno di brio e giovinezza, ha fatto cose per gli altri ed aiutato i suoi genitori...’ 

Mentre avevano calato il feretro, Will era caduto in ginocchio esclamando il nome del defunto con enfasi, quasi a volerlo richiamare a lui stesso. 

Zolle di terra venivano lanciate con vanghe su esso tra pianti intensi e grida soffocate. 

Mr. White strabuzzò gli occhi e girò il capo. Pensava anche troppo a quel giorno maledetto 5 novembre 1890. Se non avesse preso quell’artefatto portatagli dal sergente, o se!.. 

Ipotesi o congetture non bastavano, bisognava che agisse subito. 

La zampa!, gli tornò in testa. 

Il modo per recuperare l’erede esisteva! Rimaneva un ultimo desiderio da gestire in modo efficace! Essa costituiva la chiave per risolvere la faccenda e riportare loro alla normalità

Tale deduzione lo tenne sveglio per una buona mezz’ora finché il sonno prevalse sulla veglia e si addormentò. 

 

Quel ticchettio destò anche lui quasi subito e si rizzò a sedere a letto velocemente. 

“Sarà un ratto” dichiarò alla domanda di Elizabeth. “Dormiamo.” 

Un altro colpo verso l’entrata si propagò per tutta l’abitazione. 

 

“È lui!” annunciò l’interlocutrice sporgendosi dal letto. “È Herbert!” 

Mr. White prese il suo braccio sinistro. “Cosa stai facendo?” 

“Ho dimenticato che il cimitero sia a due miglia da qui” redarguì lei. “Devo apririgli.” 

 

William inclinò il capo. “Viene da un sepolcro” ricordò. “Un altro essere è ora.” 

“Menzogne! Nostro figlio è ridotto in questo stato a causa tua” rinfacciò Mrs. White. “Lasciami, ora!” 

Liberò il braccio dalla presa, si alzò e scese giù andando ad aprire dopo aver sceso le scale. Giunta davanti l’entrata girò la maniglia con difficoltà. Il marito le corse dietro e giunse 

al piano sottostante. 

 
 

**** 

 
 

I raggi lunari accarezzavano Villa Laburnum densi di tonalità perla contrapposta al buio fitto interno, creando giochi di luce/oscurità. Aree baciate da luna alta venivano alternate 

a fiochi o intensi tocchi in ombra ed oscuri, quasi a voler presentare uno scenario orrifico per i due. 

Ombre delle finestre e del letto vi scivolavano rendendo il complesso sinistro e spettrale, considerando anche una non misteriosa figura che si trovava davanti tirandosi ultimi pezzi 

di terriccio e carne marcia. 

 

La saletta d’ingresso composta da mobili pregiati (un comò molto alto in legno sulla parete di fronte l’ingresso; una credenza vicino e tre comodini con due sedie) concentrò le 

diverse reazioni dei tre individui. L’anziano tastava pavimento ed arredo ma non riusciva a trovare l’artefatto; Elise voleva aprire all’ex figlio. Quest’ultimo voleva nutrirsi dei

vivi. 

 

Mr. White poggiò più volte le mani sul suolo freddo continuando a rovistare. 

Signore, ammetto che sono stato imprudenteNon utilizzerò più trucchi o magie adeguandomi agli eventiPrometto di dedicarmi a mio figlio Herbert ed assicurarlo a vivere

Ti prego, Signore, dammi possibilità di rivederloLo amo come papàVorrei solo questo, fallo tornareSo come fare.’ 

 

Frattanto sig.ra White spostò due catenine prontamente, osservando due anelli in penombra. Tre chiusure mancavano prima di aprire. All’esterno l’essere percepiva movimento

mentre batteva le braccia producendo picchetti cadenzati. 

 

“Non ci riesco” affermò la donna. 

Il coniuge rallentò. “Non trovo niente con questa cacchio di oscurità!” 

 

Elizabeth si fermò e voltò il capo. “Tu hai voluto questo, non io.” Si liberò di un peso: per lei questi aveva torto. 

“Herbert ebbe l’idea dei soldi, ti ricordi?” inveì William. La colpa era soltanto propria? “Non aprire.” 

 

Tornò a cercare ma l’amuleto sembrava nascosto. 

Mrs. White prese una sedia strisciandone due gambe di sostenimento e vi salì sopra. L’errante intercettò lo sfregamento e batté con più irruenza. 

 

L’uomo arrestò tale ricerca ed andò da lei. “Non fare tutto questo baccano” ordinò. “Sappiamo che questo non è Herbert.” 

“Come fai a saperlo?” Elise sollevò i piedi. “Non sei un mago dell’occulto!” 

 

William tornò vicino il comò e tastò di nuovo per terra. “Se fosse nostro figlio parlerebbe in tutto questo tempo, esatto?” 

Sig.ra White spostò un altro chiavistello. “Ti riavrò, in qualunque modo ti presenti” replicò. Solo due ora

 

Tese una mano, toccò con medio ed anulare cercando le due catenine. Ne trovò una e la levò, poi cercò l’altra. “Dov’è?” 

 

Trovò l’ultima catenina e svincolò l’anello di giuntura, poi scese, spostò la sedia ed aprì l’entrata con volto raggiante. Il capofamiglia si fermò e ruotò su se stesso sollevandosi. 

“Noooooo!!!” 

 

Herbert entrò e si avventò su Elizabeth in un abbraccio mortale, mordendola al collo con foga e voracità. Le strappò pezzi di carne viva mugugnando versi e tranciando la spalla 

definitivamente. Rivoli copiosi di sangue schizzarono sul pavimento verso il muro accanto e si riversarono sulla bianca camicia, tingendola di rosso cremisi. 

 

Alcuni zampilli affiorarono da tale ferita macchiando anche i capelli biondi di rosso scintillante. 

“AAAAAAAAHHHHHHH!!!!!” urlò quest’ultima afferrando un braccio putrefatto della creatura, socchiudendo gli occhi. Cosa l’aveva resa così credulona? Non era suo figlio! 

“AAAAAHHHH!!!” liberò un respiro affannato. 

 

Lei si tirò indietro, l’essere ripugnante cadde a terra inghiottendo il pezzo succulento ed affondando i denti ancora di più nel collo della vittima. 

William urlò sguaiatamente compiendo due passi indietro, urtando credenza e comò. “AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!!” 

L’ombra del mostro copriva la moglie in modo raccapricciante ai propri occhi mentre sentiva cadere tessuti e lembi di pelle. 

 

Nonostante paura e disgusto serpeggiarono nell’animo, l’umano sollevò le gambe e premette l’interruttore. Emise un nuovo grido di orrore che si estese per tutta la campagna, prese 

un cofanetto e glielo tirò fra i capelli consunti. 

Sig.ra White boccheggiò sputando sangue mentre guardava il soffitto. Le parve di vedere un gruppo di tegole avvicinarsi e confondersi fra esse mentre sbiadivano come una sorta 

di fusione. 

He...rbert...’ 

Ansimò un attimo e la sua vista si affievolì fino a che chiuse gli occhi, sibilando un respiro. 

 

L’intruso rizzò il capo e sprigionò un verso sofferente che sembrava dirgli: Non vedi che sono morto? 

Iniziò a reggersi le mani putrefatte ed inarcò quello che rimaneva della schiena mentre il padre spalancava gli occhi. Non aveva mai visto un ammasso contorto e disordinato di 

pelle ed ossa con il volto tranciato per sempre. 

Il vedere suo figlio smembrato ed a pezzi gli fece venire pure un senso di rigurgito, lo stomaco sferzato da vento e gelo che, insieme, si infilavano nel pianterreno. 

 

‘Dio mio’ mormorò a denti stretti. 

Un tempo Herbert sano ed intatto lo intratteneva e rideva molto spesso, ma quella notte tremenda era diverso. Il dualismo tra un dolce passato e l’orribile presente lo fece annaspare

di sconcerto ed esitazione. Doveva trovare l’amuleto al più presto perché notava già che Mrs. White muoveva un braccio. 

 

Non credeva di vederlo mutilato, oltre natura e soprattutto inconsapevole del misfatto. Recava un volto che, orrendamente sfregiato, ne attestava lo stato. 

Osservava di come non ci fosse più carne e pelle laddove doveva esserci lo stomaco massiccio. 

Probabilmente li troverai avvolti in un grosso pacco in mezzo al tuo letto’ ricordò ancora le parole del giovane, ‘ed in cima all’armadio ci sarà accasciato qualcosa di orribile che 

ti spierà mentre metterai in tasca quel denaro mal guadagnato.’ 

 

Herbert aveva dunque previsto la propria stessa dipartita ed anche l’essere risvegliato da cadavere? Tutto collimava in effetti. Non si aspettava di vederlo risvegliato e creatura 

malvagia senza coscienza. Per fortuna stavano distanti e lo strano ospite procedeva lentamente: il tempo che serviva per trovare l’oggetto magico. 

 

Abbassò lo sguardo notando l’amuleto vicino al tavolo. 

Ecco qui! 

Poteva salvare moglie ed erede, riavere la famiglia, ricompattare i rapporti con loro. Gli restava un ultimo desiderio da cui dipendeva tutto. Sì, l’amuleto aveva portato via ma 

utilizzato nel modo adatto poteva ridare. Tale riflessione durò qualche secondo perché angoscia, terrore di venire trasformato e rabbia si insinuavano nel cuore del capofamiglia. 

 

Fammi tornare umano...’ risuonò dalle labbra di Herbert con addosso fango e terra puzzolente. 

Il più anziano sollevò gli occhi ed eseguì altri passi indietro finendo all’angolo. “Tu... parli? Com’è possibile?” 

 

L’immagine scosse lievemente la testa tumefatta, andando verso lui. 

Stai immaginando grazie ai poteri della zampaFa vedere cose a chi ne viene colpitoHai creduto ad essa molto più rispetto ai due precedenti proprietari’ eloquì. 

 

L’uomo strinse le palpebre. “Io vorrei soltanto mio figlio di nuovo..” Si confidava con quell’entità così assurda e malefica per sfogo e concentrazione su ciò che dovesse fare 

ma anche per prendere tempo. Non aveva coltelli o oggetti appuntiti a portata di mano né sapeva come difendersi. 

 

“Lui umano, ecco” spiegò. “Il mio piccolo grande uomo!” si affrettò a parlare. 

Due lacrime affiorarono dalle palpebre e scesero lungo le guance per averlo perso mentre una malinconia infinita lo pervadeva. 

 

Sei il primo a crederciPuoi salvarmi e godermi ancora’ affermò tale visione procedendo lentamente. Batté una gamba marcia contro il tavolino fermandosi temporaneamente. 

 

Intanto ad Elizabeth giunse un piccolo sussulto ed i primi momenti non si muoveva. Mentre il marito e l’ex discendente parlavano, sangue contaminato e saliva attraversavano 

le vene in modo rapido dove, incontrando i globuli rossi, si coagulavano ad essi formando un fluido nerastro. Esso contagiava tessuti e cellule in maniera sempre più intensa 

e gigantesca man mano che avanzava. Si fondeva con plasma, cellule e vene creando una sostanza nerastra nelle arterie. 

 

Mr. White credeva di sognare. “Quindi, dipende da me. I tre desideri!” Poteva ancora fare qualcosa salvando tutt’è tre in un colpo solo. 

 

Tale visione/incubo strisciò la gamba decomposta sul bordo del tavolo e riprese a procedere verso l’ex papà ispirandogli terrore. 

Ne hai un ultimo decisivo per portarmi indietro, Will.’ Solo otto passi li separavano, poi sarebbe stata la fine. 

Will si fece coraggio, prese l’artefatto in fretta e si alzò issando con la mano destra ben in vista. “Desidero che tutto questo non sia mai avvenuto!” dichiarò. 

 
___________________________ 
 

Improvvisamente tutto sparì ed una luce proveniente dalla zampa inondò l’intero ambiente. Sig. White coprì gli occhi con l’altra mano per non venire accecato e non udì più alcun 

alcun rumore surreale. Dopo qualche istante di silenzio abbassò le dita curioso guardando la saletta pulita ed ordinata. La porta ben chiusa, le finestre sbarrate e soprattutto il tappeto 

all’ingresso stavano lindi e lisci come sempre. L’uomo andò subito lì per controllare: pavimenti e muro si trovavano completamente puliti. 

Perfetto! 

Diresse poi i suoi passi verso il tavolino andando alle scale. Posò l’oggetto in tasca e raggiunto il piano soprastante rise a crepapelle battendo una mano sul muro come minimo 

sei volte, forse ancor più. 

“HERBERT!” chiamò a gran voce. “HERBERT, figlio mio! Dove sei?!” Non si ricordava per tanta felicità neanche dove fosse la camera. “Sangue del mio sangue, ricchezza di 

vita!” 

 

Elise aprì l’entrata della camera da letto, camicia da notte fluente, e comparve in corridoio con un sopracciglio sollevato. “Cos’è tutto questo baccano? Sai che Herbert deve alzarsi 

presto domani.” 

 

William si precipitò da lei prendendone gli avambracci con delicatezza. “Nessun morso..! Nessun graffio!” osservò la pelle liscia ed intatta spostando i capelli, ora più chiari e 

limpidi che mai, ed il collo perfettamente normale. “Ho fatto giusto! Hahahaha!” 

 

Mrs. White lo notò con espressione accigliata. “Amore, sei sicuro di sentirti bene?” 

“Ho risolto il caso, capisci? Hahaha!” enunciò il coniuge. “Proprio due minuti fa! Hahah!” 

“Tesoro che è successo? Ti vedo troppo vivace.” Non si capacitava come mai Mr. White dava i numeri. 

 

Il marito la abbracciò dandole due pacche amorevoli sulle spalle. “Vi ho entrambi, cara.” 

Lei sorrise cingendolo di rimando e gli procurò grattini sul dorso. “Non fare tutto questo chiasso, amore” scherzò. “Ma dov’eri?” 

“Stavo di sotto” farfugliò l’uomo. “Controllavo che porta e finestre fossero chiuse bene, lo sono.” 

 

“Bene” concluse la donna. “Cosa vuoi fare ora?” 

“Vorrei vedere nostro figlio, adesso” bofonchiò lui. “Mi manca troppo!” Il bello consisteva che l’immagine tremenda di quest’ultimo gli concedesse tale possibilità. 

Wow! 

 

Poco dopo Herbert spalancò l’ingresso della propria stanza e rilassò gli arti. “Cos’è tutto questo casino?” Li guardava assonnato e tremante con blusa che copriva un corpo massiccio 

vigoroso. Sul tessuto campeggiava una scritta: We’re the champions; ed accanto alcuni omini colorati di blu. Il colletto morbido permetteva una buona inspirazione. 

 

“Qualcosa non va?” Piccoli peli affioravano dal mento alle guance per poi diventare quasi invisibili. I capelli corti fermi sembravano soldati in fila, tanto erano dritti. 

Profumava di vita, umanità e salute! 

 

Il papà gli andò incontro e lo abbracciò scoppiando a piangere fragorosamente mentre la madre sgranava gli occhi. “Figlio mio, credevo di averti perduto. Devo aver mangiato 

troppi carciofi imbionditi con cipolla e salsa. Provocano scherzi allucinanti.” 

 

“Un brutto sogno” arguì il figlio abbracciandolo subito, unghie delle mani un po’ lunghe. 

Accennò un risolino. “Su, papà, siamo tutti vivi ed in salute, importa questo.” Elisabeth protese un labbro e compì tre passi verso loro. 

Mr. White lo circondò ancora di più. Non voleva staccarsi dal proprio unico discendente. “Stanotte e le altre sere vorrei dormire con te, vita mia. L’incubo è ancora fresco. Vorrei 

accompagnarti al lavoro domani, sei molto importante per me.” 

 

Herbert Jr. lo avvolse a sé. “È meglio dirti di sì, così ti calmi e non mangiare più cibi conditi!” Una piccola risata si liberò nell’aria. 

“È vero. Sì, starò attento. Puoi abbracciarci tesoro?” rivolto alla donna. 

Mrs. White andò dai due e li strinse forte. “Felicità mie.” 

 

Tutti e tre si spupazzarono cingendosi ed avvinghiandosi l’un l’altro. 

“Dormirò con il mio riflesso più dolce tra poco” esordì Will guardando suo figlio. “Con te sono felice, radioso! Sei tutto per noi” ricordando l’orrore di pochi minuti prima in 

maniera nitida. 

 

Premette ancora una volta su lui. 

Quest’ultimo si lasciò sfuggire una risatina. “Hey, piano” scherzò tenendolo. “Sono sempre stato qui.” 

 

Elizabeth chinò il capo. “Quando mio marito fa così c’è poco da fare. Ti amiamo, Herbert! Gioia” rivolgendosi a Mr. White, “niente più verdure per te.” 

 

“Non avrò digerito bene” la provocò William con un sorriso stampato a trentadue denti. “Ma tu dei tre cucini. Non metterci troppo condimento!” 

Sig. White socchiuse la bocca fingendo un’arrabbiatura. “Meno male che ti sei svegliato dato che hai il sonno pesante come un orso grizzly.” 

Ignara completamente si presentava allegra come il giorno del matrimonio. 

 

I tre cominciarono a liberarsi dalla stretta amorevole rimanendo, tuttavia, ancora vicini. 

“Andiamo a letto” farfugliò l’uomo. “È passato ora.” Vedere il giovane UMANO, VIVO e che rideva stava come la più grande soddisfazione, fonte di vita stessa per lui. 

 

Il figlio sorrise. “Vedrai dopo come lavoro in azienda. D’accordo?” 

“Certo, gioia! Faremo così e mia moglie ci aspetterà.” William la guardò. 

“Allora sbrigatevi, altrimenti non andrete da nessuna parte” ridacchiò quest’ultima. Li guidò dolcemente verso lo spazio di Herbert. 

“Andremo invece, eccome!” L’altro porse una mano sul petto. “Sei me da giovane.” 

 

“Bene, mettiamoci a dormire e non svegliarmi” terminò il ragazzo. 

“Con vero piacere figlio mio” ridacchiò il sig. White ed entrò dirigendosi verso l’area centrale. “Dove dormo?” 

Nostro, invece” corresse abilmente Elise suscitando la risata dei due mentre si dirigeva verso l’uscita. 

 

“Da piccolo dormivo nello stesso accanto a te, papi” ridacchiò Herbert. “Mi hai sempre protetto e continuerai a farlo. Sono davvero fortunato con voi.” 

Il padre gli mise i palmi delle mani sulle gote. “Noi siamo orgogliosi di te, tesoro. Sarà un bellissimo sonno, ti proteggerò finché ne avrò forza.” 

Quanta tenerezza traspariva solo dal volto! Gli sgorgò una lacrima dall’occhio sinistro per commozione e felicità fluendo fuori. 

Lo sto vedendo umano e vivo di nuovo

 

“Perfetto, lo farai dunque per molti anni ancora” incalzò, “dài.” Cinse il papà e lo guidò verso il letto. Pochi istanti dopo William si ricordò di dover gettare l’amuleto malefico. 

“Aspetta, figlio mio” posandogli una mano. “Prima faccio una cosa e torno da te.” 

Tornò al piano terra e prese due pezzi di carbone sfregandoli l’uno contro l’altro per accendere un fuoco. 

 

Alcune scintille guizzarono fuori come lapilli e scemarono nell’aria. L’uomo ne produsse molte e gettò i due pezzi nel camino, osservando le fiamme comparire dalla cenere. 

Quando furono abbastanza crepitanti, il capofamiglia estrasse la zampa e ne vide i contorni per l’ultima volta. 

“Non interferirò più con gli eventi” dichiarò gettando quel talismano nel fuoco già ardente. 

 

Le fiamme l’accolsero con un tripudio di lapilli scalpitanti e scintille pulsanti, cingendo tale oggetto malvagio e lambendone l’aspetto esterno rinsecchito. Subito s’incendiò ed il 

piccolo falò venne alimentato anche da carbone posto già lì vicino. 

 

L’anziano guardò i resti bruciare con serenità, si alzò più rallegrato e si recò da Herbert, intento a coricarsi sotto due lenzuola. 

“Cosa dovevi fare?” 

“Buttavo un vecchio souvenir, tesoro” proferì il padre distendendosi sul materasso. 

 

“Ci aspetta una grande giornata domani” concluse il figlio. “Buonanotte.” 

“Certo. Notte anche a te, figlio mio” rispose Mr. White, e lo circondò nuovamente a sé in modo affettuoso. 

Si addormentò sereno con lui e sognò di essere in famiglia riunita del tutto. Si adagiò di più e dormì profondamente quella notte. 

 
 

**** 

Il mattino dopo 

 
 

Prime luci tonalità giallo-arancio cominciavano ad apparire in cielo come sprazzi di colore irradiandosi a poco a poco nell’oscurità, espandendosi lentamente. Piccoli tocchi 

cromatici avanzavano armoniosamente con gradualità, incontrando un alone azzurrino che sorgeva fra essi. 

 

Procedevano insieme diramandosi fra orizzonte e spazi infiniti estendendo sfumature e velature più dorate. Luminescenze intense sature di toni vivaci diffusero raggi così fitti 

e penetranti, anche da destare chi dormiva beatamente. 

 

Herbert aprì gli occhi color nocciola le cui iridi spiccavano su cornee perfettamente bianche. Intatto e massiccio, aveva capelli mossi di poche ore prima. 

Ore da brivido

Il naso perfettamente liscio e naturale ispirò aria profumata e fresca di quei profumi la sera precedente mentre ruotava il corpo per stiracchiarsi. Aveva avuto sogni felici e radiosi, 

i medesimi del papà ancora disteso vicino. 

 

Andò in bagno mezzo intontito percependo ancora un po’ di stanchezza. Diretto verso il lavandino sciacquò fronte e mandibola, afferrò una tovaglia ed asciugò il viso con essa. 

Guardò la propria immagine e tornò da Mr. White ancora addormentato baciandolo su una guancia. 

“Ciao, papà, vuoi alzarti per colazione?” 

 

William schiuse le palpebre ed aprì gli occhi. “Ciao, gioia mia. Sì, colazione insieme!” Sollevò il busto e si mise in piedi. “Elizabeth!” chiamò stando in ascolto, poi si avviò verso 

l’esterno. “Vorremmo pancake e pancetta.” 

 

Herbert lo seguì e sogghignò. “Ho preso da te umorismo e buon gusto secondo me.” I pantaloni del pigiama morbidi leggermente gli calzavano a pennello. 

 

Mr. White liberò una risata e gli andò incontro. “Puoi dirlo forte” enunciò prendendolo in braccio a sorpresa e raggiungendo la cucina. Sembrava più scattante nonostante una certa 

mole, avendo il giovane tornato. 

 

“Ti amo tesoro mio, e non solo perché lavori. Sei mio figlio, persona più desiderabile per un papà come me.” 

Progettò di dirgli i fatti riguardanti l’ex artefatto ma, vista tanta gioia risolutrice, decise che forse non era necessario. 

 

Mrs. White fece una doccia rigenerante, sistemò i capelli con un fermaglio ed andò a vestirsi per raggiungerli. Mandò un respiro vedendoli pronti e cominciò a preparare. 

“Buongiorno!” augurò loro. “Mi tocca accudirvi, sono la donna qui.” 

 

Papà e figlio annuirono; mamma presentò pancake riempiti con miele e nutella più alcune brioche, farcite con nutella e ricotta, su un vassoio. “Felicità mie, questi sono buonissimi.” 

“Assumiamo calorie a mai finire così..!” affermò il più giovane mentre sig.ra White metteva tre piatti. Tre come sempre. 

 

William fissò l’arrivata. “Ho fatto un’ottima scelta sposandola, vero?” 

“Immancabilmente sì, tesoro di figlio” rispose Herbert iniziando a mangiare seguito dai genitori. Quel giorno fu come ogni giornata PRIMA che arrivasse il misterioso feticcio 

incantato. 

 

Lui ridacchiò. “Vi va che, quando mi sposerò, porterò qui moglie e bambini?” 

“Sono d’accordo” puntualizzò l’uomo. “Tutti insieme sarà fantastico.” 

“Anch’io” aggiunse mamma. “Ne saremo onorati.” 

Il figlio inclinò la testa. “Perfetto! Grazie mille, amori miei.” 

 

Da quel momento i tre vissero con entusiasmo ancora di più. I coniugi ebbero tanti motivi per parlarsi, svolgere faccende domestiche, uscire, dedicarsi ad interessi ed hobby, stare 

svegli fino a tardi. Herbert li faceva sentire giovani proprio perché li coinvolgeva con vitalità e frizzantezza. 

 

Andava ogni mattino alla ‘Maw & Maggins’ distante circa settanta miglia con Will, il quale stava attento che il ragazzo tornasse VIVO dopo ogni mattinata. 

L’azienda consisteva in un edificio abbastanza ampio ed alto. All’interno macchinari e strumenti producevano cotone, lino e seta. Tale costruzione, eretta su sette piani, comprendeva 

vari settori dell’abbigliamento a cui Herbert dava importanza vestendosi con abiti raffinati (giacca e pantaloni in velluto). 

 
 

**** 

Tre mesi dopo la riunione familiare 

 

20 febbraio 1891 

Villa Laburnum 

 
 

Il luogo spiccava bianco e lucente sul paesaggio rigoglioso e verdeggiante immerso nella pace ma anche nel viavai turbolento dei proprietari. Esponeva un grande panorama formato 

da strade che si perdevano tra colline e verde tra i più intensi. All’orizzonte contorni di fauna o edifici non si distinguevano come ci fosse una certa foschia a celarli. 

Propugnava vita e felicità, uniche cose che contassero davvero e tutto infondeva grande brio e gaudio. Herbert divertiva i familiari con battute, trovate scherzose, indovinelli creati 

sul momento. 

 

Una sera William e lui giocavano a scacchi loro attività preferita, Elizabeth preparava i pasti nel frattempo. 

Il primo in casa portava una maglia blu oltremare e pantaloncini fino alle ginocchia; l’altro calzava una camicia arrotolata sui gomiti e pantaloni. Mamma indossava un vestito 

casalingo con grembiule. 

 

Mr. White guardava le mosse del ragazzo compiacendosi di poterlo vedere ogni giorno, rinfrancato da questa unione affettiva. Mosse un sopracciglio e toccò il capo mezzo pelato. 

Spostò alcuni pedoni ed uno degli alfieri; anche se aveva un cavallo ed una torre l’altro possedeva più vantaggio. 

 

Questi lo superò in arguzia chinandosi a fare l’ennesima mossa. “Scacco” mentre posizionava un cavallo di fronte l’alfiere. 

Il padre fissò con noncuranza quasi a voler argomentare altro. “Oggi fa un po’ freddo.” 

 

Elizabeth tornò da loro. “Sta cuocendo. Tesoro hai comprato qualcosa di nuovo?” 

“No, perché?” chiese il marito. “Ho preso soltanto giubbotti medi e camicie considerando pure che sia febbraio.” 

 

“Sono andata nella nostra stanza per prendere uno scialle; e ho notato questi” rivelò mostrando due camicie da notte femminili ed un paio di scarpe a tacco medio. “Vorrei proprio 

sapere.” 

Herbert sollevò il mento. “Magari ha un’amante” cominciò a sogghignare. 

 

Mr. White si levò in piedi ed inclinò la testa lievemente. “Li ho comprati per una signora molto affascinante, donna molto calibrata, anche sexy.” Si riferiva ad Elise ma voleva 

vedere se la donna lo intuisse. “Chi è?” 

 

“Dev’essere tanto fortunata” arguì Mrs. White mettendo le mani sui fianchi. 

L’uomo sorrise. “Ho fatto tale sorpresa per te... per stasera.” Acuì il tono su tale parola. 

Lei posò i vestiti ed andò da lui. “Grazie, caro. Io credevo.. ma guarda..!!” 

 

Il ragazzo profuse in una risata abbracciandoli. “Siete bellissimi insieme.” 

Tutti e tre ridacchiarono come presi da una ventata comica ed allegra. Herbert spostò una torre e la posò davanti al Re protetta da tre pezzi: alfiere, torre e cavallo. 

“Scacco matto” dichiarò ridendo. 

 

“Mi sono distratto” ammise l’interlocutore soffocando una risata. “Potresti partecipare a delle gare. Allenati pure con me.” 

“Perché gioco, infatti? Ma non mi interessa questo” dichiarò l’interpellato spostando il viso da una parte. 

Papà si alzò e gli avvicinò il braccio sinistro sulle spalle. “Ehy, puoi dirmi tutto. Che c’è?” 

 

“N-non è nulla.” 

“Puoi parlarmi.. C’è qualche ragazza? Posso capirti.” 

Herbert UMANO incrociò i suoi occhi. “Vorrei... una sorella o un fratello.” 

 

Quel vorrei ricordò al genitore i tre desderi da poco superati e lo abbracciò tutto. “Certo, tesoro, basta chiedere.. sì, anche perché tua mamma è davvero ancora molto fascinosa.” 

Quest’ultima baciò il consorte. “Lo sei anche tu.” 

Il figlio ricambiò cingendo Mr. White con tanto affetto filiale. “Papà, grazie! Ne sarò felice.” 

 

“Io lo sono!” dichiarò l’anziano tenendolo stretto. “Ho te, e ho tutto.” 

“Abbiamo l’un l’altro” e tale campione lo strinse di più. 

Il papà lo circondò. “Grazie per avermi dato questa possibilità, figlio.” 

 

Herbert emise una risata. “Di cosa stai parlando, papà? Sono qui da sempre!” 

Mamma tornò a preparare la cena chiedendosi cosa fosse accaduto al coniuge. Tutti e tre si godevano la vita, eppure cercava di superare un fatto solo a lui conosciuto. Cosa lo 

preoccupava? Avevano l’un l’altro, importava questo. 

 

Quella sera, rinfrancati, i coniugi si ritrovarono stesi a letto sotto coperte morbide. Sollevati e felici per il figlio marito e moglie sorridevano guardando il soffitto. 

“Eehmm...” iniziò Will. “Senti, amore mio, comincio a sentire qualcosa.” Arrossì. 

Mrs. White si voltò verso lui ed allargò le labbra per un risolino. “Sarà il caldo.” 

 

L’uomo si tolse il maglioncino del pigiama. “Non lo è, tesoro.” 

“Sveglieremo Herbert. Sei un buontempone, eh?” 

Lui andò da Mrs. White spostando il lenzuolo e la prese a sé. “Siamo marito e moglie da vent’anni, cucciola. Puoi avere con me tutti i piaceri. Ti amo profondamente, sei così dolce 

e tenera.” 

 

Elise piegò i gomiti. “Birichino, convincimi.” 

“Ti ho sposata, non voglio nient’altro che voi.” 

Lei lo fissò. “Se vuoi davvero,.... puoi dirmi cos’è successo tre mesi e mezzo fa quando ti sei presentato un po’ pazzerello” ironizzò. 

 

William attenuò quell’avvolgere amorevole. “Ho... interferito col destino per una mia idea; le cose sono andate tuttavia male. Ho recuperato in tempo ed eccomi qua.” 

Tanto valeva accennare almeno per il momento. 

 

“Mi basta sapere questo, cucciolo mio.” L’interlocutrice lo baciò ed il sig. White fece lo stesso premendo le labbra più volte toccando un fianco di lei e sollevandone il vestiario 

leggero. Elizabeth cominciò ad ansimare lasciando fare; inoltre chiuse gli occhi ed iniziò a grattargli le anche. 

 

Mr. White si levò i pantaloni e si mise lentamente sopra liberando coperte e parte del lenzuolo. Lui si mosse con piacere e passione, la donna ondeggiò il ventre delicatamente. 

Entrambi pronunciarono dei versi di godimento per coronare questa loro emozione. William allargò le gambe ed avanzò; sua moglie lo seguì e protese il corpo verso lui ansimando 

di più. 

 

L’arredamento stava pulito e liscio come quando affittarono l’edificio. Inoltre sull’armadio non c’era niente di orribile a spiarli. 

 
 

Be careful what you wish for! 

ovvero: 

Stai attento a ciò che desideri! 

 
 

Alya’s space

 
 

Salve. One shot terminata! Questo pezzo è tratto dal corto ‘The Monkey’s Paw’ del 2011 modificandone il finale amaro. Sono felice di aver concluso ed aggiornato questo pezzo. 

Ho voluto modificare il finale sull’innocente ragazzo ed ecco il risultato! 

 

La prima accortezza è stata quella di introdurre il racconto e svolgerlo in modo articolato per rendere visivamente la scena in modo ‘palpabile’ e più vero somigliante possibile. 

Nascendo da un racconto gotico quest’unico capitolo doveva avere tratti macabri e paurosi, sovrannaturali. Coniugando che l’oggetto magico (fulcro dell’intera storia) è maledetto 

ho esposto che Herbert rinascesse come creatura non morta: ciò si adatta perfettamente a tutto il contesto dark inquadrato. 

 

Ho voluto poi immaginare questa one-shot in tre parti: prima tratto il risveglio di Herbert e riflessioni degli umani; il secondo svolgimento riguarda la concitazione dei tre nella 

saletta d’ingresso e l’entrata dell’ex figlio che divora Elizabeth; poi incentro la terza parte del Desiderio Proficuo che porta ad un ritorno della famiglia come se non ci fosse stato 

l’artefatto magico. 

 

A chi nelle recensioni mi ha precisato che potessi terminare il racconto con la notte dolce e positiva spiego che ho intenzione di scriverci una sorta di sequel, continuando dunque 

le avventure dei White. Il prosièguo sarà una long fiction (storia a più capitoli preceduti da una premessa ed un prologo) sia perché il racconto iniziale è stato troppo troppo breve 

sia anche per far esplorare nuove esperienze ai protagonisti per svilupparli meglio in personalità, emozioni personali e relazioni sociali. 

 

Sarò ben felice di sapere cosa ne pensiate della mia Alya’sss idea e vi prometto che tornerò a scrivere presto! 

 

Inoltre Grazie mille ad alessandroago_94 per starmi vicino ed anche a carachiel , Earth e Lili Hennebique per i loro pareri obiettivi. 

Ringrazio particolarmente: 

 
 

    •  Myriel                per aver tracciato un quadro organico di ciò che ho voluto 

                                   rappresentare; 

 

    •  missredlights    a cui è piaciuta particolarmente per le descrizioni e per come 

                                  ho gestito un prima, un dopo e poi come il contesto viene 

                                  svolto; 

 

   •  Riliane               che ha gradito la storia e permesso di migliorarmi; 

 
 

e poi anche: 

 
 

   – ArrowVI ,  – Alucard97 ,  – Mahlerlucia ,  – LionCoway  ed altri. 

 
 

Ringrazio anche chi mi ha fatto notare refusi e dato accorgimenti: 

 
 

   •  LeanhaunSidhe      per avermi dato ottimi consigli e suggerimenti ed aver 

                                       capito che ho tanta passione, e che ho dato un finale 

                                       alternativo al racconto originale; 

 

   •  Earth                      per avermi denotato sui verbi e dove mettere le virgole 

                                       nei periodi; 

 

   •  Katyjolinar            per avermi fatto staccare i pezzi delle frasi l’una dall’altra 

                                       ed avermi spronato a staccare un rigo dall’altro e quindi 

                                       alleggerire la lettura. 

 
 

Autrice:                    Alya92 

Titolo storia:            DESIDERIO PROFICUO 

Tipologia:                 One shot / racconto 

Titolo pezzo:            DESIDERIO PROFICUO 

Soggetto:                  ‘The Monkey’s Paw’ corto del 2011 

Personaggi/attori:   William White (padre) – Josh Burns 

                                  Elizabeth White (madre) – Rosemary Spence 

                                  Herbert White (figlio) – Matt Knudsen 

                                  Sergente Maggiore Johann Morris (amico di famiglia) – (accennato) Robert Stilwell 

Tratto da:                 ‘The Monkey’s Paw’ di W. Wymark Jacobs 

Categoria:                One shot / Da testo > Sovrannaturale 

Generi:                     Introspettivo, Sovrannaturale 

Sottogeneri:             Mistero, Drammatico 

Coppie:                     Het 

Note:                         Lime, Missing Moments, What If? 

Avvertimenti:           Contenuti forti 

   
 
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