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Autore: Henya    18/04/2019    3 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“ Mamma, domani è la festa del papà a scuola, lo sai?”.
Siamo in ritardo. Stamattina non ho sentito la sveglia, o meglio, l’ho sentita suonare ma come mia abitudine ormai da qualche mese, l’ho spenta e mi sono rimessa a dormire nella convinzione che mi sarebbero bastati solo quei famosi cinque minuti per riprendermi dal trauma del risveglio. Ma magicamente quei cinque minuti sono diventati mezz’ora. E adesso mi ritrovo a preparare me e Hope contemporaneamente per fare il più in fretta possibile e non perdere la prossima metro.
“Su, forza! Vai a prendere lo zainetto, io metto le scarpe!” le ordino, con premura.


Finalmente, siamo riuscite a prendere la metro che ci condurrà all’asilo.
“ Hai preso tutto?” le chiedo, sistemandole i codini ai capelli.
“ Mmh-m” annuisce convinta. “ Mamma, papà quando torna?” chiede poi, con espressione interrogativa.
Mi volto di scatto a fissarla, non sapendo cosa risponderle.
Non lo chiedeva da un po’, in effetti. Non abbiamo ancora affrontato questo argomento, ma in fondo cosa dovrei dirle? Non posso dirle “ci ha abbandonate” o “non torna più”, non capirebbe. Anche perché suo padre non l’ha abbandonata, dal momento che il padre è Kai e il signorino non ha ancora trovato il tempo di dirglielo, o sarebbe meglio dire, non ha trovato il coraggio di dirglielo.
E per l’ennesima volta mi ritrovo completamente spiazzata dalla domanda di una bambina, ma fortunatamente vengo salvata dall’aprirsi delle porte della metro. È la nostra fermata. “Su, dai, scendiamo!”.
Prima o poi dovremo spiegargli quest'assurda situazione.




Non appena arriviamo nella classe, vengo subito attratta dalla presenza di alcune maestre che appendono cartelloni e decorazioni ovunque, sui quali leggo “Giornata del papà!”. Ah, quindi è veramente la festa del papà domani.
Prendo un grande respiro dentro di me e mi preparo psicologicamente all’arrivo di una delle maestre.
“ Ciao Hope! Vai a posare le tue cose!” la incita la giovane maestra. È la nuova maestra che ho conosciuto l’altro giorno. La piccola mi saluta allegramente con la manina e corre a sedersi insieme agli altri bambini, seguita dal mio sguardo. “ Signora Sarizawa, domani è la festa dei papà e avevamo pensato di invitarli qui a trascorrere una giornata con i loro figli” spiega brevemente, con un sorriso cordiale stampato in volto.
Beeeene. Penso ironicamente tra me e me, cercando di mostrare un volto sereno.
“ Quindi domani sarebbe bello se i padri accompagnassero i propri figli all’asilo, mi raccomando!” conclude sorridente, per poi ritornare al suo lavoro.
“ Fantastico!” rispondo forzando un sorriso.
Sì, fantastico… ripete il mio io interiore, sprofondando in un abisso di disperazione.


***



“ La giornata dei papà, cosa sarebbe?” chiedo atono.
“ Una giornata in cui si esalta la figura del papà, capisci?” mi spiega impaziente, gesticolando quasi fosse un mago.
Rimango qualche secondo a fissarla seccato.
“ E a che ora sarebbe?” chiedo poi, fingendomi interessato.
“ In teoria dovresti accompagnarla tu, restare lì finché tutto non sarà finito. Non è complicato!” aggiunge pungente, continuando a lucidare il bancone, sul quale vorrei sbattere la mia testa. Ma perché dovrei fare queste cose? E se mi rifiutassi?
“ Allora, ci vai?” domanda, con un tono di voce e uno sguardo che suggeriscono già la risposta.




L’indomani mattina…




“ Buongiorno mattiniero!” saluta allegramente Eva, entrando in cucina e scoccandomi un bacio sulla testa.

“ Buongiorno…” farfuglio, sorseggiando il mio caffè.
“ Reina, prepara il mio latte d’avena!” ordina alla cameriera accomodandosi al suo posto di fronte al mio.  “Tu vuoi altro?” mi chiede sorridente.
“ Ehm… no” rispondo prontamente, posando la mia tazzina e alzandomi.
“ Già vai via? Ma è ancora presto” mi fa notare, giustamente.
“ Beh, devo sbrigare delle cose!” spiego brevemente, indossando l’orologio e subito dopo la giacca.
“ Allora ci vediamo direttamente là”.
Ho afferrato le chiavi e mi sto avviando ad aprire la porta, ma questa sua frase mi coglie di sorpresa a tal punto da bloccarmi e pensare –Là??-.
Abbandono la maniglia della porta e indietreggio di qualche passo per far capolino dallo stipite della porta della cucina. “ Là dove?”, domando preoccupato.
Lei che stava per iniziare a bere il suo latte, si volge ora verso di me e mi ricorda come se fosse la cosa più ovvia del mondo “ Ma alla presentazione della nuova rivista!”.
Perché mi sembra di sentirlo per la prima volta?
“ Non ricordi?” continua a dire investigativa.
“ Certo…”. Ma quando me lo avrebbe detto?  “Puoi ricordarmi a che ora è?” chiedo, fingendo di non ricordare.
“ Alle 10.30, non mancare! Ci faranno una foto che potrebbe finire sulla prima pagina del primo numero della settimana!” conclude entusiasta solo all’idea.
Un’idea che a me non entusiasma per niente: odio le fotografie e sapere che tutti potranno vederla non mi piace affatto.
“ Ok, a dopo!” mi limito  a dire velocemente, uscendo di casa il prima possibile.




***

“ Kai ti accompagnerà alla festa del papà, ok?” le spiego, sistemandole il giubbotto.
“ Ma perché non viene papà?” domanda tristemente, facendosi ricurvare le labbra all’ingiù.
Chiudo gli occhi, sospirando sonoramente. “ Ascolta…” inizio a dire, prendendola in braccio “… papà non può venire. Vuoi fare un gioco?” le propongo sorridente, attirando la sua attenzione.
“ Facciamo finta che Kai è il tuo papà e per oggi non lo chiamerai Kai, ma lo chiamerai papà! Ti piace l’idea?”.
Mi osserva all’inizio un po’ smarrita, ma poi coinvolta da mio sorriso, sembra convincersi e annuisce energicamente  facendosi scompigliare tutti i capelli.
Perfetto.
Il messaggio di Kai è arrivato: è di sotto che ci aspetta.
“ Allora andiamo!”.






***




Eccoci arrivati. Ho appena parcheggiato e ci stiamo avviando in classe.
“ Oggi tu sei il mio papà?” dice improvvisamente la piccola facendomi fermare di scatto, per osservarla intontito. “ Perché il mio papà non può venire e la mamma mi ha detto che tu sei il mio papà oggi!” spiega a modo suo, ma in maniera molto chiara devo ammettere.
Quindi la mamma ti ha detto così. Bene.
“ Sì, ma adesso entriamo…” dico freddo e coinciso, prendendole la mano.

Non appena metto piede in quella classe, percepisco una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Quello che vedo mi fa venire voglia di scappare immediatamente: ci sono molti padri seduti a quei piccoli e bassi tavolini a colorare insieme a quelli che suppongo siano i loro figli, altri parlano con le maestre e altri ancora rimangono in disparte col cellulare in mano.
Avanzo all’interno dell’aula osservandomi perplesso in giro, trascinando al mio seguito Hope.
“ Kai, vieni! Sediamoci al mio banco!”. Adesso è lei a trascinarmi verso un punto preciso della stanza. “ Guarda, questi sono i miei disegni! Ti piacciono? Qui ho disegnato il cane!” esclama contenta, puntando il dito su dei fogli appesi a una parete che riportano il suo nome.
“ Sì, belli…” rispondo, fingendomi interessato.

“ Salve, lei è il padre di Hope?”. Una voce arriva alle mie orecchie e mi costringe a voltarmi nella direzione da cui essa proviene. I miei occhi incrociano subito quelli di una giovane donna, suppongo una maestra. Lei alla mia vista sembra  rimanere interdetta, come se avesse visto qualcuno che non si aspettava minimamente.
Ed è strano, perché anch’io rimango un po’ perplesso, dal momento che mi sembra di averla già vista da qualche parte. Non è la solita maestra di Hope, quella rompiballe  sulla quarantina. No. Questa è piuttosto giovane e carina anche. E ripeto, credo di averla già vista e credo di ricordare anche in quale contesto. Oh cavolo…

“ Sì, questo è il mio papà oggi?” interviene Hope a rompere il ghiaccio.
“ Il tuo papà di oggi?” ripete con tono stranito e allo stesso tempo nervoso, guardandomi come a volere delle spiegazioni. Tuttavia mi limito a un sorrisetto e un’espressione di chi non sa che cosa dire.
“ Hope, vai a posare le tue cose di là!” le suggerisce l’insegnante. E la bambina corre via svanendo immediatamente.
Perché ho l’impressione che l’abbia voluta allontanare di proposito? Perché ho l’impressione che stia per chiedermi qualcosa che già mi aspetto?
“ Bene…” inizia a dire a bassa voce, guardandomi ancora in quel modo che pretende solo spiegazioni. “ Dunque hai una figlia!” asserisce, torcendosi le dita quasi volesse mantenere la calma.
“ Beh è la festa del papà…” le ricordo,  facendo il finto tonto.
“ Dunque sei sposato?”. Sembra nervosa e la situazione sembra diventare imbarazzante.
Cavoli.
“  Sì, ma non lo ero quando siamo stati a letto insieme. Non sapevo fossi una maestra…” aggiungo aumentando il tono di voce, che si era abbassato troppo per i miei gusti e stava diventando sospetto. Quindi la supero e mi avvio a raggiungere Hope, seguita da lei.
“ Avevi detto che avevi rotto da poco con la tua ragazza!” mi ricorda  con tono alterato.
“ Beh forse…” mi limito a dire, ignorandola e fingendomi interessato a quello che sta disegnando Hope.
“ Forse? Sei sparito dopo l’ultima sera e adesso ti trovo qui con tua figlia?” continua a dire a denti stretti e mantenendo una certa distanza da me, come a non voler dare sospetti.
“ Beh mi dispiace, ma non mi sembra l’ambiente adatto per parlare di questo argomento!” le spiego brevemente con un tono che la invita gentilmente ad allontanarsi e dedicarsi al suo lavoro.
“ Kai, mi aiuti a colorare?”  sento dire alla piccola. E per la prima volta questa proposta mi alletta a tal punto da non poter rifiutare. Dunque mi congedo dalla giovane maestra psicopatica, suggerendole di sparire. Il suo sguardo mi incenerisce e dopo alcun secondi nei quali sicuramente mi starà maledicendo mentalmente, volta i tacchi e va via, fuori dalla classe, sotto lo sguardo incerto di una maestra.

“ Mi passi il colore blu?”. Porca miseria, che situazione assurda. Penso tra me e me, porgendo il colore blu ad Hope. Non mi sarei mai immaginato che una delle maestre di mia figlia potesse essere una che mi sono portato a letto.
Se si venisse a scoprire in giro sarebbe la fine. La situazione familiare di Hope è già sulla bocca di tutti qui, visto i precedenti trascorsi, se si venisse a scoprire anche questa non sarebbe proprio una bella cosa.



***




“ Perché non sei andata con lui? Sarebbe stato divertente vederlo!” dice Hilary ridendosela, mentre allatta uno dei gemelli, la piccola Hiromi in particolare.
“ Io spero solo che non combini casini!”.
“ Perché dici questo? Hai paura che possa iniziare una rissa con altri padri?” aggiunge, ridendo ancora.
“ Ma no. E’ solo che Kai non è ben visto dalle maestre dopo quello che ha fatto!” le ricordo, alludendo ad alcuni eventi spiacevoli.
“ E’ vero! Ma tranquilla, ti preoccupi per niente. Cosa vuoi che succeda. È solo un asilo per bambini!”.
Probabilmente ha ragione.
“ Ma a proposito di festa del papà, hai telefonato a tuo padre?”, domanda cambiando discorso.
" Mio padre?"
“ Sì tuo padre. Sai , tu che ne hai uno!” afferma tristemente.
“ No. in effetti non ci avevo pensato. Dici che dovrei farlo? Da tanto tempo non lo sento, in effetti…”.
Non sento i miei genitori da tempo. A volte ci mandiamo alcuni messaggi, beh più che altro con mia madre, perché mio padre probabilmente non sa neanche come si scriva un sms.
Dovrei chiamarlo e aggiornarlo su alcune questioni, del tipo : ciao papà, auguri! Sai non mi sposo più? Perché? Beh, Rai ed io non stiamo più insieme. Ah, e c’è altro. Hope ha conosciuto il suo vero padre! Come dici? Quello stronzo che mi aveva lasciata incinta e che tu volevi uccidere? Sì, proprio lui.
Santo cielo, come farò a dirgli tutte queste cose? Forse sarà meglio raccontare una disgrazia alla volta.




***



Ci siamo spostati in un piccolo parco, nell’atrio della scuola. I bambini hanno iniziato a giocare e noi padri siamo vicino a un rinfresco con le bibite. Per mia sfortuna ci sono soltanto succhi di frutta. Beh, d'altronde non mi aspettavo super alcolici.
“ Potevano almeno mettere qualche birra!” sento dire a un padre, il quale sembra avermi letto nel pensiero. “ Un po’ di succo d’ananas fresco?” mi propone, riempiendosi un bicchiere.
“ No, grazie!” rifiuto disgustato.
“ Kai, mi spingi nell’altalena?” urla Hope a gran voce da lontano.
“ Wow ti chiama per nome, figo, questi padri moderni!” commenta il tizio del succo d’ananas beccandosi un’occhiataccia dal sottoscritto.
Mentre vado da Hope mi accorgo che la maestra psicopatica si sta avvicinando a noi. Che cavolo, ma che vuole questa ancora?

“ Puoi almeno dirmi perché sei sparito? Ti ho inviato un sacco di messaggi che non hai letto!” mi ricorda alterata, ma mantenendo un atteggiamento apparentemente distaccato.
Decido di ignorarla e continuare a spingere Hope sull’altalena.
“ Io ho tradito il mio fidanzato e stavo anche pensando di lasciarlo per te e tu sparisci e appari adesso con una bambina e sposato?”.
“ Senti, io non posso farci niente, sono problemi tuoi” mi limito a dire scocciato.
“ Non hai paura che tua moglie venga a scoprirlo? L’ho conosciuta proprio l’altro giorno, sembra una brava ragazza e tranquilla…”.
Quindi è nuova qui, per questo non l’ho mai vista. E vuole fare già casini.
“ Senti, lei non è mia moglie…”. Sto per perdere la pazienza , ma per fortuna l’annuncio di un’altra delle maestre mi ferma.
“ Adesso è il momento delle poesie. Avvicinatevi!”.

Spero che stia per finire questa cazzata. Speravo in una giornata tranquilla ed invece ho incontrato questa pazza di una maestra che non capisco cosa voglia da me. È successo qualche mese fa. È vero, le ho mentito, ma ero mezzo ubriaco e anche lei. È inutile che adesso fa la santarellina: l’ha voluto lei. Ci è stata, e  più di una sera, le è piaciuto e bye bye.
La vedo là in fondo e mi sento i suoi occhi addosso: voleva lasciare il suo fidanzato per me? Ma se non mi ricordo neanche il suo nome!

“ E' il turno di Hope!”. Eccola che si alza dalla sedia e raggiunge il piccolo microfono.
La maestra le fa cenno di iniziare e lei dopo qualche attimo di esitazione comincia a parlare , dondolandosi in maniera buffa su se stessa.

“ Il mio papà si chiama Rai”.

Rai? Cazzo. I miei occhi si sgranano al suono di questo nome.

“O carissimo papà,
voglio dirti una poesia
che nel cuore chiusa sta!”

La poesia continua, ma io mi son fermato ad ascoltare soltanto fino alla parola Rai. Stringo le labbra, seriamente infastidito, mostrandomi il più possibile naturale in volto e limitandomi a grattarmi una tempia. Kai, calmati e concentrati su tua figlia.

“Cinque sono le parole
della piccola poesia
che risplende più del sole
ma è davvero tutta mia:
“Io ti voglio tanto bene!”

La maestra mi invita ad applaudire, notando lo stato di trans nel quale mi trovo e mi ci vuole qualche secondo per riconnettere i fili del cervello e tornare alla realtà, unendomi all’applauso, ormai finito.


Cavoli, lo ha detto veramente…


Cosa può andare storto ancora?

“ Kai, vieni dobbiamo fare la foto!” mi invita Hope, tirandomi per un lembo della giacca.
Foto? No, per favore.
“ Prego tocca a voi!” ci invita una maestra a metterci in posa. “ Ma prima devi dare la tua letterina!” le ricorda, porgendole una busta, che mi viene consegnata dalle mani di Hope. Noto sul retro una scritta in rosso, a caratteri molto tremolanti. Deve essere la prima scrittura di Hope. “ Per il mio papà Rai…”. È quello che i miei occhi leggono e ancora una volta ritorna il nome di Rai. Rimango interdetto con quella busta in mano.
“ Forza, un sorriso!” ci incita la maestra, cercando la mia attenzione.
E così, scacciando via alcuni pensieri, la prendo in braccio e mi sforzo il più possibile di accennare un sorriso per quanto difficile per me, in questo contesto (ma in qualsiasi in relatà) sia.
A Rai  sarebbe sicuramente venuto meglio…




“Allora, com’è andata?” chiede Anya curiosa e preoccupata.

“ Bene! Ho detto la poesia!” commenta Hope, scendendo dall’auto e saltando in braccio alla madre.
“ Sei stata brava?”.
“ Siii!” esclama euforica alzando le braccia.
“ Bravissima!” aggiungo io con tono serio mostrando il retro della busta alla madre, che dopo aver decifrato i caratteri, sbarra gli occhi incredula per poi abbassarli, probabilmente non sapendo cosa dire. “ Adesso devo andare!”. Mi congedo, portando con me quella busta e dirigendomi in macchina.
Chissà se sono  ancora in tempo per quella cavolata della rivista, spero di no…







“ Sei in ritardo!” lamenta alterata Eva, venendomi incontro.
“ Che peccato!” esclamo con ironia.
“ Lo hai fatto apposta vero?” domanda portandosi le mani ai fianchi con fare rimproveratorio.
“ No, sono riuscito a liberarmi solo adesso…” spiego in modo convincente.
“ e va bene…” si arrende sospirando “ Vieni, ti presento il direttore!”. Mi invita a seguirla trascinandomi per una mano, ma decido di opporre resistenza.
“ No, senti… devo andare! Sono passato solo perché te lo avevo promesso, ma tra mezz’ora devo tornare a lavoro”.
“ Ah…” esclama dispiaciuta “ Quindi non pranziamo insieme?”.
No, per favore. Non farebbe altro che raccontarmi nei minimi dettagli ogni cosa di questa rivista.
“ No. Non c’è tempo. Stasera a cena, ok?”. La saluto scoccandole un bacio e poi mi allontano sotto il suo sguardo forse dispiaciuto e rassegnato.
Preferisco che me ne parli stasera così potrò far finta di ascoltarla e addormentarmi.

Entro nell’ascensore e mentre aspetto di arrivare al piano terra controllo il cellulare che vibra da un po’. Sono una serie di messaggi, tra i quali quelli di Eva in cui mi dice “dove diamine sei?” e quelli di lavoro. Ma ce ne sono alcuni sotto il nome di “Lara”, nei quali leggo “Vorrei che almeno mi spiegassi”, “ Alcune maestre mi hanno riferito della storia di tua figlia poco fa”, “ Voglio solo parlare”.

È la maestra psicopatica? Chiudo gli occhi stringendo il telefono.
Forse è meglio cambiare numero di telefono e probabilmente sarà meglio cambiare anche qualcos’altro. Quelle maestre sanno un po’ troppe cose e non voglio problemi.



***






Sono così stanco oggi.
Non dormo bene da settimane, per la precisione dalla nascita dei gemelli. Tra i turni di notte e le notti passate a casa dove puntualmente alle tre, entrambi i bambini piangono, la nostra vita è diventata un inferno. So che è brutto dire una cosa del genere, ma è così. Ormai tutta la nostra vita ruota intorno a loro. È normale, d’altronde. Mi avevano detto che sarebbe stato difficile, ma non pensavo così tanto.
Tolgo il camice e indosso la mia giacca: il mio turno è finito.
Percorro il lungo corridoio e mentre massaggio i miei occhi stanchi e appesantiti scorgo da lontano una figura a me conosciuta.
Quella lunga chioma bionda è inconfondibile: Eva.
Cosa ci fa nel reparto ginecologia? Non ho il tempo di raggiungerla, che è già entrata dentro per il suo turno.
A riportarmi alla realtà è un messaggio. È da parte di Hilary: “Non dimenticare i pannolini e il latte”.
Sì, signora.
Ecco che ne arriva un altro subito dopo.
“ Ah! E porta qualcosa di pronto per cena!”
E anche stasera cibo take away.






***




“ Come mai di visita a quest’ora?”.
Kai Hiwatari che viene a prendere un caffè qui da noi alle undici del mattino, comportamento alquanto sospetto.
Alle mie parole, poggia la tazzina sul bancone e prende un lungo respiro, estraendo dall’interno della sua giacca un foglio che mi invita a prendere.
Esitante lo afferro e quello che vi leggo mi lascia perplessa “ Modulo di iscrizione alla Saint Denis School”.
“ Cos’è?” domando.

“ è il modulo d’iscrizione per la nuova scuola” spiega sintetico.
“ Quale nuova scuola, scusa?”.
“ Il nuovo asilo in cui andrà Hope!”.
Sta scherzando, spero.
“ Che storia è questa? Hope ha già un asilo e si trova alquanto bene! Cos’ha che non va?”.
“ Andiamo, quell’asilo non mi piace proprio. Quelle maestre sono impiccione e creano un sacco di problemi per nulla”.
“ Cosa hai combinato?” chiedo preoccupata.
“ Nulla. Solo non mi piacciono!” ripete con fare pacato.
“ è successo qualcosa durante la giornata del papà vero?”. Ne sono convinta. È ancora tutto avvolto nel mistero.
“ Non è successo proprio niente. Solo non mi va che Hope vada in quell’asilo per poveracci”.
“ Per poveracci?”. Senza rendermene conto sto alzando il tono di voce, dunque Dana mi fa cenno di spostare la discussione in un altro luogo.

“ Si può sapere qual è il problema adesso?” chiede seccato chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

“ C’è che tu non puoi decidere dal nulla di cambiare tua figlia di scuola!”.
“ Perché no?”.
“ Perché Hope si è già ambientata e si trova bene lì. Ha già le sue amicizie e conosce tutti e …e cambiarla sarebbe un casino. Hai idea di quanto tempo ci ho messo a convincerla a restare in quel posto??!”. I miei nervi si stanno surriscaldando e andranno in controcircuito se lui continua a fare quella faccia da idiota. “ A meno che tu non abbia combinato qualcosa o sia successo qualcosa che non vuoi dirmi!” dico puntando un dito minaccioso.
Glielo leggo in quella faccia inespressiva.
“ Non è successo proprio niente, ok? Hope cambierà scuola, punto e basta!” esclama autoritario.
“ Io dico di no!” rispondo contrariata.
“ Sono io che pago, quindi decido io!” conclude minaccioso, aprendo la porta e andadosene via lasciando che le sue ultime parole rimbombino nella mia testa.  Sono io che pago…quindi… decido io. Non può averlo detto veramente.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Solo non pensavo così subito.
Anya, perché hai accettato quei soldi?
Quello straccio che ho in mano lo tiro con forza sulla porta da cui è appena uscito, immaginando di visualizzare la sua faccia.
Che stronzo.





***






Sapevo avrebbe aperto una discussione e ne avrebbe fatto una tragedia. So quello che ho detto e non me ne pento: io mi sono incaricato delle spese di Hope dunque mi spetta di diritto prendere delle decisioni. Mia figlia non andrà più in quella scuola di maestre pettegole e psicopatiche. La iscriverò in questa nuova scuola più prestigiosa, dove soprattutto non ci sarà alcuna traccia e ricordo di Rai. Io mi presenterò come l’unico padre, punto.

“ Signor Hiwatari, ci sono delle pratiche da firmare” mi avvisa la segretaria non appena metto piede nell’ufficio.
Le faccio cenno di porgermele e con un gesto repentino le afferro e mi chiudo nello studio nella pace dei sensi.
Finalmente.
Abbandono con non curanza quei fogli sulla scrivania e la prima cosa che faccio e prendere le sigarette e accendermene una, sedendomi di peso sulla poltrona.

Questa storia di Rai deve finire, non può ancora ricordare quel cinese, non lo vede da mesi.

Mi perdo un attimo nei miei pensieri e improvvisamente mi ricordo di una cosa. Apro uno dei cassetti della scrivania e lo prendo: lo avevo messo qui per il timore che lo venisse a scoprire Eva. È l’album di foto che Anya mi ha dato qualche giorno fa. Non ho ancora avuto il tempo di dargli un’occhiata.
Poggio la sigaretta altrove, ricordandomi dell’avvertimento di Anya di non rovinarlo e così inizio a sfogliarlo.
Sembra pieno di foto che iniziano dal giorno della sua nascita: Anya è in un letto di ospedale con la bambina in braccio avvolta in una copertina. Era veramente piccola.

“Hope è nata prematura, ma tu questo non puoi saperlo, perché non c’eri!”

Ricordo che quel giorno Yuri mi aveva mandato un messaggio, in cui mi avvisava della nascita di Hope.

“Complimenti Hiwatari, sei diventato padre”


Alcune foto recano una scritta in basso: “Prima pappetta”, “ Prima parola”, “ Giro in bici” e in quasi tutte appare quel cinese. La sua presenza è nel novanta per cento delle foto.
E mi fa rabbia, talmente tanto che decido di chiuderlo di scatto. Mi basta così. Ogni foto sembra darmi la colpa di qualcosa.
C’è ancora quella lettera nella mia tasca, l’avevo dimenticata! Quella che reca scritto : Per il mio papà Rai. Un colpo decisamente basso questo, lo ammetto.
La apro, nel peggiore dei modi ed estraggo il foglio al suo interno. Vi è un disegno, una sorta di prato verde, una casa, e quelle che sembrano delle figure umane un po’ malandate ma perfettamente riconoscibili grazie ai nomi: da un lato c’è mamma, al centro Hope e alla sua sinistra papà. Questo papà sembra avere tutte le caratteristiche per essere Kon, non di certo io. E in alto a destra a mo’ di titolo leggo “la mia famiglia”.
Non avrei mai immaginato che un giorno me ne sarei pentito amaramente.





***




Sono sdraiata sul letto, col mio telefono. Sono nervosa e ansiosa. E le mie amiche in questo stupido gruppo non mi stanno aiutando per niente.

*Volete smetterla di parlare tra di voi?? Il problema qui è mio!!” ricordo, scrivendo velocemente
* Hai ragione! Ma è tornato a casa??* chiede una.
* Non ancora* rispondo io.
* beh calmati, non entrare nel panico* suggerisce l’altra.
La fa facile lei.

Improvvisamente la porta si apre e fa spazio alla figura di Kai. Non l’ho sentito arrivare. Ignoro la chat e metto da parte il telefono osservando preoccupata Kai, il quale non sembra in gran forma oggi.
“ Ah sei qui. Pensavo non ci fossi…” dice stancamente buttandosi a peso morto sul letto, accanto a me.
“ Beh, ero stanca e mi sono messa a letto, ti aspettavo” dico, torcendomi nervosamente le dita. Cavoli, ho il cuore a mille non so per la felicità o per la paura. Credo sia la paura della sua reazione. L’ultima volta non l’aveva presa così bene, ma il contesto era differente, insomma Eva. Forza e coraggio.

Lo sento sbuffare mentre si sbottona la camicia al collo, quasi si sentisse soffocare. Poi poggia la mano sul letto andando a toccare una rivista che prende in mano e osserva accigliato. “ Sei in prima pagina…” mi fa notare.
“ Sì…” mi limito a dire.
“ Non sembri felice...” commenta con aria sospetta.
“ Sì, lo sono!” ripeto stavolta con più convinzione. Cacchio Eva, cosa ti prende. Sei come paralizzata.
La riposa dov’era e ritorna a fissare un punto indefinito della stanza. Sembra veramente stanco. Forse non è il momento ideale per dirglielo.
“ Non ho neanche la forza di andare a fare una doccia…” .
“ Qualcosa non va?” chiedo preoccupata.
“ E’ stata una giornata di merda, beh, una settimana di merda…”. Ecco che sbuffa di nuovo.
Non posso tenermi tutto dentro fino a domani. Stanotte non dormirò. Beh, forse dopo averglielo detto non dormiremo entrambi ma, quanto meno, mi sarò tolta un peso.
“ Devo dirti una cosa…” inizio a dire con voce titubante.
“ Fa’ che sia una buona notizia, ti prego…” dice quasi in tono di supplica, massaggiandosi gli occhi.
Beh, questo dipende dai punti di vista.
“ Sono incinta” riesco finalmente a dire in un sol soffio e immobilizzandomi improvvisamente, sotto il suo sguardo incredulo.

Tadà.













Salve a tuttiiiiii!
Tadàààà
Sono tornata. Dopo secoli di assenza sono tornata. È stata una sofferenza non poter aggiornare ma non ho potuto.  In questi mesi la mia ispirazione è andata via, lontano, in Spagna. Sono stata in erasmus per sei mesi e tornata in Italia ho dovuto affrontare il mio ultimo esame all’università. E la prima cosa che ho fatto subito dopo è stato iniziare a scrivere.
Ed eccomi qua con questo aggiornamento. Spero vi piaccia e che qualcuno lo legga e mi dica cosa ne pensa.
Il capitolo penso parli da solo. Ovviamente non potevano esserci rose e fiori. Sono tornata a scrivere e sarò ancora più spietata. Kai ha ricevuto una bella notizia ( yeeeee). Ma sarà veramente yeeeee!! La sua reazione??? Voi che ne dite? XD
Fatemi sapere hahahah

Un saluto dalla vostra Henya! 
   
 
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