Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: _Malila_Pevensie    18/04/2019    2 recensioni
Prima storia della serie "Le Saghe di Finian"
Il mondo di Finian non conosce giustizia da quasi cento anni, fin dall'istante in cui la tirannia della Regina Mirea ha avuto inizio.
Freya non l'ha mai vissuta in modo diretto, protetta dalla quiete delle Foreste di Confine in cui sua madre l'ha cresciuta. Le è stato fatto l'immenso dono della libertà e lei non ha mai pensato di lasciare il luogo che l'ha vista diventare ciò che è.
Aran, Principe alla corte di Errania, non ha mai visto in Mirea null'altro che la propria salvatrice. La sorte gli ha concesso ogni ricchezza e privilegio, ma gli ha lasciato anche un fardello d'immense bugie in cui non sa di star affondando sempre più.
La verità, celata dietro quelle esistenze che sembrano destinate a ripetersi sempre uguali a loro stesse, si rivelerà presto in tutta la sua schiacciante realtà.
Il loro destino, racchiuso in una Profezia antica di un secolo e ultimo lascito dei draghi, si presenterà proprio nell'instante in cui le loro vite entreranno inaspettatamente in collisione.
Il Tempo del Silenzio è giunto alla fine e il momento di scegliere si fa sempre più vicino.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2
-IL RACCONTO DEL SOLDATO-


Bastò poco perché Freya si ritrovasse a osservare una piccola radura dall'alto di un ramo. Il fumo, sempre più flebile, si levava dalle braci ancora incadescenti di un piccolo falò da campo.
Con un balzo leggero e imprudente, la giovane toccò terra e vide il bivacco per intero: erano solo quattro tende, poste in circolo attorno al fuoco, una delle quali più grande e di sicuro appartenente al comandante. Si mosse lentamente, con cautela, cercando di capire se i soldati fossero ancora assopiti nelle tende; si rilassò un poco solo quando non udì alcun rumore che segnalasse presenza umana. Nel giro di un brevissimo istante, però, dovette riportarsi sulla difensiva.
Alle sue spalle, nell'aria frizzante che le pungeva le guance, si espanse il suono di una lama che veniva estratta dal fodero. Un suono che, non avendo mai visto altro che la spada arrugginita con cui l'addestrava Eleana, le parve stranamente familiare. Si girò immediatamente, con l'arco stretto in pugno, incoccando a rapidità sovrumana una freccia dall'impennaggio color della cenere. Davanti a lei, protetti dalle loro armature, si trovavano sette soldati. A parte quello che doveva essere il capitano, il quale le puntava la spada contro, gli altri sei erano disarmati. La guardavano fisso, forse leggermente incuriositi da quella strana ragazza che si erano ritrovati di fronte.
Freya, dal canto suo, non aveva mai avuto contatti con coloro che abitavano al di fuori della foresta, o meglio, con altri esseri umani di sorta; per quella ragione, il cuore prese a scalpitarle furioso nella gabbia toracica. Come avrebbe dovuto comportarsi? La domanda rimase senza risposta, poiché, con sorpresa della ragazza, come la spada era stata estratta, venne ritirata nuovamente nel suo fodero.
«Non siamo qui per cercare lo scontro. Il mio nome è Craius, capitano della guardia personale della Regina, e questi sono i miei uomini; siamo solamente in cerca una persona e crediamo di averla trovata» disse l'uomo con calma, avanzando di un passo verso di lei. «Se voi siete Freya, figlia di Eleana e Harden, la nostra ricerca per conto della Regina Mirea si è conclusa.»
Freya abbassò l'arco, attonita. Aveva davvero appena sentito dalla bocca di quell'uomo in uniforme viola che Mirea, colei che governava su tutto il Regno di Riagàn e che lentamente usurpava sempre più territorio, cercava lei, una ragazzina che viveva come un'eremita in un bosco? Come poteva sapere della sua esistenza e conoscere la sua ascendenza?
Fu la curiosità a spingerla ad abbassare del tutto la sua arma e a rispondere sinceramente alla domanda che le era stata posta: «Vorrei potermi presentare anche io, ma voi conoscete già il mio nome. La vostra ricerca si è conclusa: sono io. Posso domandare in che modo la Regina Mirea sia interessata a me?» Nonostante avesse intenzione di parlare con loro, non abbassò completamente la guardia.
«La nostra Sovrana ha un'offerta molto generosa da porgervi» proseguì il soldato, rimasto, al contrario dei suoi uomini, completamente impassibile. «Per rendere onore ai servigi che vostra madre, Eleana, e vostro padre, Harden, le resero oramai quindici anni or sono, Mirea, Regina di Riagàn, vorrebbe che accettaste di abitare alla sua corte e di sentirvi lì come se foste a casa vostra.»
Mentre le parole pian piano si facevano strada in Freya, un'espressione stupefatta fece capolino sul suo volto.
Per rendere onore ai servigi resi... La voce del soldato continuava a rimbombarle nelle orecchie, frastornandola. Era sempre più confusa. Quelle parole andavano contro tutto ciò che le aveva sempre detto sua madre: Eleana disprezzava in modo totale la tirannia di Mirea; com'era possibile che ora quei soldati le dicessero che sia sua madre che suo padre l'avevano servita?
Ebbe la netta sensazione di aver appena trovato la porta che l'avrebbe condotta a scoprire la verità, tutta la verità sulla storia della sua famiglia, quella che Eleana non aveva mai voluto nemmeno accennarle. Nonostante sapesse che probabilmente avrebbe dovuto rifiutare e tornare alla sua vita solitaria, quel leggero sentore le diede il coraggio di spingersi oltre. Con un semplice gesto ripose la freccia nella faretra e rimise l'arco intagliato a tracolla.
«Va bene. Ascolterò ciò che avete da dirmi» acconsentì.

La tenda del capitano era ampia e il tessuto color vinaccia in cui era fabbricata generava una strana luce sotto la sua cupola. Era occupata da un giaciglio posto in un angolo e da due ceppi di legno, su uno dei quali era stata fatta accomodare Freya.
Il capitano, sempre impassibile, le aveva allungato una tela arrotolata, chiusa fermamente da un nastro di raso. «La mia signora mi ha detto di mostrarvele se aveste dubitato delle mie parole» affermò.
Sempre accompagnata da quello strano presentimento, la ragazza sciolse il nastro e srotolò la tela; ciò che vide la lasciò ancor più stupita e frastornata di quanto già non fosse. Sul foglio spiccava un ritratto di gruppo, disegnato in pitture dai toni delicati. Erano almeno una decina le persone delineate in quello che pareva un giardino, ma a Freya bastò un attimo per individuare sua madre: era sorridente, di un sorriso composto ed educato, ed era vestita come non era mai stata abituata a vederla. Aveva un abito elegante e lungo, con il corsetto legato da un filare di nastri terminanti in un fiocco e le maniche a sbuffo sulle spalle e i gomiti. I capelli erano raccolti in una treccia elaborata, decorata da fiori primaverili.
Fissò quell'immagine a lungo, completamente incapace di trovarvi un senso. Con gli occhi pieni di lacrime, che cercò immediatamente di nascondere, riportò la sua attenzione sul comandante: «Cosa significa?»
Intuendo il suo dolore, il comandante ingentilì il tono rigido che aveva avuto fino a quel momento. «Qui sono ritratti gli Incantatori di corte della Regina poco più di vent'anni fa; vostra madre era una di loro. Vostro padre, invece, era uno dei più abili comandanti che il suo esercito abbia mai avuto» spiegò, porgendole una seconda tela.
Ad apparirle davanti, questa volta, fu un gruppo di uomini elegantemente vestiti. Lo riconobbe immediatamente, nonostante in tutta la sua vita ne avesse visto solo un piccolo ritratto: suo padre. Di lui conosceva molto poco: sapeva solo che era stato un uomo forte, generoso e con lei incredibilmente dolce; che l'unica cosa che aveva potuto separarlo da loro era stata la morte. Quando aveva chiesto di lui a Eleana si era sempre sentita rispondere che un giorno, quando fosse stata pronta, le avrebbe detto ogni cosa. Evidentemente non ne aveva avuto il tempo.
«Erano insieme ogni volta che gli era consentito durante il giorno, ancor di più dopo che si furono sposati. Hanno servito fedelmente la Regina Mirea ed è per questo motivo che la nostra sovrana vorrebbe avervi vicina» proseguì il soldato, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
Freya osservò alternativamente le due immagini: «Com'è stata in grado di trovarmi? Non sono mai uscita dal folto di questa foresta. Mai in tutta la mia vita» mormorò con sguardo lontano.
«La mia signora ha cercato a lungo vostra madre e alla fine uno dei suoi Incantatori ha udito delle... voci, che ci hanno permesso di rintracciarvi. La vostra presenza in questa foresta sembrava una leggenda, da come ci fu raccontata prima che partissimo, ma evidentemente non lo era» rispose il comandante.
Quella spiegazione non le parve così strana: la sovrana doveva avere informatori sparsi ovunque per Finian. Rimase qualche attimo immobile, riflettendo sulle cose che le erano appena state raccontate, cercando di capire se fosse la verità. Passò le dita sulle tele che aveva in mano. Potevano davvero essere vecchie quanto le aveva detto il comandante: i suoi genitori erano evidentemente più giovani.
Come avrebbe potuto quell'uomo avere quei ritratti o anche solo sapere i loro nomi se davvero non avessero mai prestato servizio alla corte di Mirea? Non riusciva a scorgere nessuna menzogna nelle sue parole, a cui lentamente iniziava a credere.
Nonostante il suo buon senso, cominciò a pensare seriamente di accettare e di lasciare tutto ciò che riteneva salvifico e sicuro per raggiungere la capitale del Regno di Riagàn. Per tutto quel tempo aveva avuto un'idea ben precisa di Mirea, un'idea che si era fatta sulla base di ciò che le aveva detto sua madre. Quello che stava scoprendo metteva in discussione ogni cosa in cui aveva sempre creduto.
Aveva sempre pensato che quella foresta fosse l'unico posto in cui mai avrebbe potuto essere felice e probabilmente era davvero così. Il mondo esterno e tutti i suoi scempi non l'avevano mai nemmeno sfiorata, fra quegli alberi. Forse, per lei era arrivato il momento di uscire dal nido che Eleana le aveva costruito attorno e vedere con i propri occhi quello che accadeva là fuori.
A conti fatti, l'unico modo per farsi un'opinione veritiera su qualcosa era averci a che fare direttamente.
Se fosse andata con loro, avrebbe finalmente recuperato ciò che mancava di quel suo nebuloso passato e conosciuto la realtà per quello che era. Sarebbe stato diffcile, molto difficile, ma oramai era abbastanza grande da poter sopportare qualsiasi verità.
«Avete ancora un giorno per pensarci. Partiremo da qui domattina all'alba e se voi vorrete accettare vi basterà presentarvi qui al sorgere del sole» la riscosse il comandante.
Freya si alzò e l'uomo si inchinò leggermente al suo cospetto, cosa che la lasciò particolarmente imbarazzata. Uscirono nuovamente alla luce e per un istante, con il sole oramai alto nel cielo che le riempiva lo sguardo, tutte le rivelazioni appena apprese nella tenda parvero alla giovane solo un'illusione. Poi gli alberi della foresta ricomparvero, con i loro verdi e marroni di tutte le tonalità, e tutto riacquistò consistenza.
«Lasciate solo che vi dia un consiglio» aggiunse il capitano, prima di lasciarla andare. «Prendete seriamente in considerazione questa proposta, Lady Freya. Vi posso garantire che non è stata avanzata a molti altri prima di voi.»
Freya si limitò ad annuire e dopo un cenno di saluto rispettoso lasciò il bivacco, scomparendo presto fra gli alberi enormi delle Foreste di Confine.

Presto si ritrovò a correre. A ogni passo la sua corsa si faceva sempre più rapida, fino a che non si ritrovò ad assomigliare ad una vera e propria fuga; corse a perdifiato senza inciampare mai nemmeno una volta nelle radici ritorte degli alberi e senza fare troppo caso alla direzione in cui i suoi piedi l'avrebbero condotta, sicura che non si sarebbe persa.
Conosceva ogni singolo piede di quella foresta, era il luogo che per tutta la vita l'aveva tenuta al sicuro fra le sue braccia benevole. D'improvviso l'idea di abbandonare quella vita difficile ma per lei piena di certezze le riempì il cuore di angoscia.
Furono le orecchie a dirle dove stava andando; il suo fine udito recepì il gorgoglio del fiume ancor prima che lo strapiombo scavato da esso nella foresta fosse in vista. Solo sull'orlo della gola si fermò; lì, dove il rumore dell'acqua si faceva roboante e sovrastava tutto il resto, Freya arrivò a sentire solo il proprio cuore che rimbombava frenetico fino a riempirle perfino i timpani.
Non avrebbe potuto prendere nessuna decisione fino a che non si fosse calmata, si disse, iniziando a inalare quanta più aria possibile nei polmoni. Respirò a quel modo fino a che anche la più piccola traccia di batticuore fu scomparsa e potè ritornare a sentire i familiari rumori della natura espandersi  attorno a lei; si accertò che le gambe potessero reggerla e solo a quel punto iniziò la discesa.
La gola sembrava impraticabile a chiunque la vedesse senza aver mai trascorso un solo istante fra quegli alberi, ma era uno di quei tanti luoghi nascosti a cui lei aveva imparato ad accedere.
Trovò la strada senza sforzo, nonostante le mani le tremassero ancora lievemente, e a breve si ritrovò sulla piccola secca ricoperta di pietre che affiancava il fiume in quel punto.
Si sedette, le gambe raccolte al petto, cercando di collegare in un filo logico tutto ciò che aveva appreso in quella breve chiacchierata che sembrava essere durata un secolo intero. Il sole faceva brillare l'acqua, la quale pareva risplendere di una cangiante luce propria. Senza farsi ostacolare da nessuno dei massi che si concentravano sul suo cammino, quell'inarrestabile corrente avanzava per raggiungere i grandi laghi del Regno di Hyalos.
Il fiume sapeva perfettamente cosa fare, aveva ben chiara la direzione da prendere; nulla poteva fermare il suo incedere maestoso. Avrebbe voluto essere proprio come quel fiume, ma la verità era che, in quel preciso istante, non aveva la minima idea di quale fosse la decisione giusta: restare e rinunciare per sempre a ogni possibilità di arrivare alla verità, oppure andare e rischiare di rendere vano ogni sforzo che sua madre aveva compiuto per proteggerla.
Fu proprio quello, il pensiero di sua madre, a segnare la svolta nei suoi tanti pensieri confusi. Solo in quell'istante realizzò che quel soldato le aveva già restituito, inconsapevolmente, qualcosa che lei pensava di aver perso per sempre: un'immagine di Eleana.
In quel dipinto sua madre era più giovane, certo, e ora quella sua versione serena e gioiosa si sovrapponeva a quella più matura e segnata dalla vita che aveva conosciuto lei, ma quello era pur sempre il suo volto. Lo poteva rievocare di nuovo e lo vedeva chiaramente come non le accadeva da fin troppo tempo.
Una lacrima sfuggì al suo controllo ferreo e le scivolò rapida lungo la guancia. Il suo sguardo corse al cielo limpido di quella mattina, visibile in brevi squarci oltre la gola e tra le fronde molto più in alto; mentre una seconda lacrima raggiungeva la prima, Freya seppe che aveva già deciso.
Costasse quel che costasse, doveva seguire quella flebile traccia.
Sarebbe stata sola, di questo era perfettamente consapevole, e non sarebbe stata certamente la stessa cosa che esserlo nella foresta: avrebbe dovuto confrontarsi con una vita completamente diversa e, soprattutto, con tanti esseri umani quanti non ne aveva mai visti prima in vita sua.
Sarebbe stata abbastanza coraggiosa da affrontare una prova del genere? Non lo sapeva, però cercare quel coraggio era qualcosa che doveva a sua madre. Era lei ad averla cresciuta insegnandole che essere cauti era importante ma che mai bisognava vivere facendosi guidare dalla paura.
Per la prima volta il futuro si faceva incerto all'orizzonte, proprio il suo che le era sempre sembrato uno solo e prevedibile; eppure tutto ciò che la giovane riusciva a provare in quel momento era una sempre crescente aspettativa.
In lontananza qualche lupo, unico suo compagno nell'immensità della foresta, ululò il proprio richiamo; Freya restò in perfetto silenzio, pronta a cogliere nuovamente il suono quando si fosse ripresentato, e quando lo fece provenne chiaramente da appena sopra la sua testa. Pochi istanti dopo una grande testa grigia fece capolino sull'orlo della gola e i grandi occhi gialli dell'animale la osservarono, attenti e imperscrutabili.
Freya vide se stessa in quegli occhi, la sua vita spesa con l'immenso dono della libertà, e per un istante il peso di quello a cui stava per rinunciare le parve insostenibile.
Oramai, però, la scelta che avrebbe cambiato il suo destino era stata compiuta: la mattina seguente sarebbe partita con i soldati di Mirea.

Trascorse la serata immersa nei preparativi per l'imminente viaggio. Raccolse tutti i suoi averi più cari e solo quando li ebbe riuniti tutti nelle uniche bisacce che possedesse, due vecchi involucri di pelle consumati, si rese conto di quanti pochi fossero.
In ogni caso era tutto ciò di cui aveva bisogno e che volesse portare con sè: i suoi abiti, il libro che narrava la storia del loro mondo e una serie di piccoli oggetti che aveva raccolto nelle foreste nel corso degli anni. Naturalmente non lasciò indietro il suo arco e la faretra; lucidò con cura l'arma e controllò che fosse incordata, oltre a fabbricare ancora qualche freccia.
Quando ebbe terminato si sedette sul bordo della balconata, con le gambe a penzoloni nel vuoto. La curiosità per quello che l'aspettava cresceva, insieme all'ansia che l'ignoto portava con sé. Com'era davvero il Regno di Riagàn? Come sarebbe stato camminare il quelle terre fisicamente, invece di leggerne solamente le descrizioni? Nelle Saghe di Finian c'erano delle bellissime illustrazioni dei luoghi più importanti, delineate a mano sulla pergamena; quale emozione sarebbe stata vederli per davvero? Il cuore di Freya accelerò i battiti a quel pensiero e un brivido sconosciuto l'attraversò: sarebbe stata l'avventura più grande della sua vita. Si chiese anche se avrebbe mai trovato un'altra foresta bella come quelle che stava per lasciarsi alle spalle. Le sarebbe piaciuto potersi recare in un posto a lei più familiare, di tanto in tanto.
Quando calò la notte, consumò una cena fredda e poi si accoccolò sulla balconata, avvolgendosi nelle coperte prese dal suo letto; non aveva voglia di rientrare. Quella sarebbe stata la sua ultima occasione di assaporare il profumo della sua amata foresta, di ammirare le costellazioni che solo da quel punto si potevano osservare.
Guardando le braci che pian piano morivano nella grande ciotola di pietra dove aveva acceso il fuoco, si addormentò. Quella notte lo Spirito Guida si presentò da lei.
Stai per intraprendere il cammino che ti porterà a conoscere ed abbracciare tutto ciò che sei, le disse, ma per la prima volta non si stava limitando a parlarle, le stava mostrando qualcosa. Prima che tutto svanisse, sentì il soffio di un vento potente sul viso e intorno a sé percepì uno spazio luminoso, libero e infinito.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: _Malila_Pevensie