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Autore: fearlesslouis    18/04/2019    0 recensioni
Harry non resta mai nello stesso posto per più di nove mesi e Louis è esattamente il tipo di persona da cui sta tentando di scappare.
Niall cerca di capire e Liam e Zayn sembrano appena usciti dalla pubblicità di un profumo.

16!Harry; 20!Louis
Conteggio prime quattro parti: 21mila parole circa.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tu portami via
quando torna la paura e non so più reagire

ai rimorsi degli errori che continuo a fare
mentre lotto a denti stretti
nascondendo l'amarezza dentro a una bugia
tu portami via


 

 

Gemma è entrata da almeno quarantacinque minuti, ed Harry ha ormai rinunciato all'idea di raggiungerla. L'orario delle visite, in ogni caso, è quasi terminato.

Non ce l'ha fatta.

Ha promesso a sua sorella e a sua madre – e a Louis – che ci avrebbe provato, ma sono passate tre settimane, la primavera si avvicina, suo padre continua ad aspettarlo e lui, per la terza volta, non ce l'ha fatta.

Trattiene le lacrime a fatica, le braccia incrociate al petto per proteggersi dal freddo di Londra e tenere insieme i pezzi che, uno ad uno, stanno crollando. Non si accorge della pioggia che ha cominciato a bagnargli le guance finché non la sente mischiarsi alle lacrime, e sobbalza spaventato quando il suono improvviso di un clacson gli arriva alle orecchie. La piccola macchina grigia accosta ad un paio di metri da lui, ed Harry sbuffa nel riconoscerla.

-Come sapevi che fossi qui?- domanda quasi scocciato. -Dimmi che non sei davvero venuto fino a Londra solo per compatirmi, ti prego.-

Louis alza gli occhi al cielo mentre chiude lo sportello dell'auto, apparentemente incurante della pioggia che gli bagna i capelli. -Me l'ha detto tua sorella- spiega. -Sapeva che non saresti riuscito ad entrare.-

Harry si morde il labbro per trattenere un singhiozzo e abbassa lo sguardo sulle sue braccia incrociate. I piedi di Louis entrano nella sua visuale appannata, e il tono morbido della sua voce sembra quasi volergli alleviare il dolore. -Non te ne fare una colpa Harry, ti prego- soffia, portando una mano a carezzargli lo zigomo. Il tocco è talmente cauto e delicato, che il riccio si ritrova ad accasciarsi contro la pelle liscia senza neanche rendersene conto. -Non è colpa tua.-

-E allora perché sembra che lo sia?-

Louis sospira, le dita a muoversi quasi impercettibilmente sulla pelle bagnata della sua guancia, poi si dirige verso la macchina e gli fa segno di seguirlo. -Vieni con me.-

Harry guarda indietro, verso l'enorme edificio alle sue spalle, e muove qualche passo dubbioso in avanti. -Ma mia sorella è ancora dentro...-

Louis apre lo sportello del passeggero, e il riccio si concede di restare fermo a guardarlo per qualche secondo: i capelli bagnati, le gocce che scendono lungo gli zigomi affilati, gli occhi quasi grigi e l'acqua impigliata fra le ciglia chiare e lunghe. Per un piccolo, minuscolo attimo, Harry pensa di non aver mai visto niente di più bello.

-E' stata lei a chiamarmi. Che ti piaccia o meno, ha pensato che avessi bisogno di me. Non di Niall né di nessun altro- afferma, facendogli segno di entrare in macchina con un movimento del braccio. -Quindi ora lasciati portare via di qui, okay?-

 

 

 

ƸӜƷ

 

 

 

 

-Ho paura che prima o poi qualcuno troverà il mio cadavere in questo parco- bisbiglia Harry, la mano intrecciata a quella di Louis mentre percorrono il piccolo campo di calcio a passo veloce.

Il liscio sbuffa una risata e rotea gli occhi con aria esasperata. -Spara meno stronzate e sta' attento a dove metti i piedi, Harold.-

La pioggia bagna anche Doncaster, seppur lievemente, quando si fermano di fronte ad una piccola costruzione in legno. Sembra una tipica casetta per bambini, con un tavolino posto al centro e delle minuscole panche a circondarlo. Louis entra senza troppe difficoltà, come se lo avesse fatto un altro milione di volte, mentre lui sbatte la testa ripetutamente, prima di riuscire finalmente a sedersi.

-Zayn, Liam ed io venivamo qui tutti i pomeriggi, quando eravamo piccoli. Ci immaginavamo come sarebbe stato quando saremmo andati a vivere insieme a Londra- racconta, lo sguardo che scruta le pareti con aria nostalgica.

Harry porta le gambe contro il petto e le circonda con le braccia. -E cosa sognavi di fare a Londra?-

Louis scrolla le spalle con finta noncuranza e sospira. -Eravamo davvero troppo piccoli per poter sapere con certezza cosa avremmo voluto fare, però penso che mi sarebbe piaciuto studiare teatro- risponde infine, la voce quasi impercettibile. -Ma la vita aveva altri programmi, per me.-

Gli occhi puntati a terra e le labbra tirate in un sorriso pieno d'amarezza, Louis non gli è mai sembrato così piccolo. Neanche sul quel minuscolo balconcino di casa Malik-Payne, mentre infreddolito ed ubriaco gli sussurrava di aver perso per sempre suo padre.

-Tu, invece?- lo sente domandare dopo un po'.

Harry poggia il mento sulle ginocchia, quindi, e piega gli angoli delle labbra in un'espressione indifferente. -Non ho idea di cosa farò dopo il liceo- ammette. -Tutto ciò che so è che vorrei fermarmi, ad un certo punto.-

-Fermarti?- domanda Louis dubbiosamente, la testa leggermente piegata di lato e il sopracciglio inarcato.

-Sì- annuisce. -Arriverà un giorno in cui le cose andranno meglio, credo. Quel giorno vorrei smettere di scappare, trovare un posto da poter chiamare casa e fermarmi lì.-

Il liscio punta i piedi per terra, a quel punto, e si trascina lentamente lungo la panca fino ad arrivargli di fronte. Harry può sentire l'interno delle sue cosce premergli contro le punte dei piedi.

-Potresti tornare qui, quel giorno- suggerisce, gli occhi fissi nei suoi e un sorriso dolce sulle labbra. -Questa è un po' casa tua, no?-

Il riccio esita, perché come può dirgli che non è Doncaster quella che lui considera casa, ma sono le ore di matematica con Niall, i baci affettuosi di Phoebe, l'atteggiamento troppo forte di Lottie e Fizzy e poi i suoi occhi blu, il calore delle sue braccia e la sicurezza che è in grado di infondergli? Come può dirglielo, Harry, che seduto su quel muretto di fronte al carcere di Londra in cui si trova suo padre, con la pioggia ad impregnargli i capelli e il freddo fin dentro le ossa, tutto ciò che desiderava era vederlo arrivare? E che quando l'ha riconosciuto attraverso le lacrime, per la prima volta in vita sua ha pensato di aver capito cosa significasse sentirsi a casa?

Non può. Non è il momento giusto, e neanche loro due sono giusti. Louis non è la persona giusta a cui dire certe cose, ed Harry non dovrebbe sentirsi a casa quando lo guarda.

-Non lo so- risponde quindi scrollando le spalle.

Il grande, grandissimo problema, è che Louis – non sa come né perché – riesce a capirlo, e quindi non gli crede. Porta le mani a circondargli i polpacci e lo scruta con espressione dura.

-Hai solo paura, Harry- sussurra, come fosse un segreto tra loro due. -Fingi tutto il tempo di non averne, ma in realtà hai tanta paura.-

Il riccio sbuffa una risata ironica e quasi cattiva, prima di domandare con sarcasmo: -E di cosa dovrei avere paura, secondo te?-

-Di affezionarti, di lasciarti andare, di entrare in quel carcere e guardare tuo padre e renderti conto che nonostante tu ci abbia provato per tanti anni, non sei mai riuscito a smettere di volergli bene- continua quindi, la voce un po' più alta, ed Harry vorrebbe pregarlo di smettere ma non riesce a proferire parola. -Hai paura anche di me, Harry.-

Allora scuote la testa e soffia un piccolo e semplice 'no', ma Louis – di nuovo – non gli crede.

-Sì che ne hai- afferma sicuro, poi porta una mano a circondargli la guancia, mentre l'altra rimane ferma sul suo polpaccio. -Hai paura di quello che c'è tra di noi.-

-Non c'è nessun noi, Louis- si ostina a negare, mentre la pelle brucia a contatto con quella dell'altro e la voce trema.

Louis sospira e scuote la testa. -Sarebbe più semplice se non ci fosse- bisbiglia infine, quasi tra sé e sé.

Harry sente l'improvviso e impellente bisogno di stringerlo a sé. Abbandonarsi tra le sue braccia, lasciarsi avvolgere completamente e dimenticare tutto il resto. Cancellargli la paura dagli occhi, perché riesce a vederlo che anche lui ne ha tanta.

Per questo stende le gambe, e con non poca difficoltà porta le cosce sopra quelle di Louis, avvicinandosi un altro po'. I loro petti si sfiorano e Louis sembra confuso, ma non dice nulla quando la fronte di Harry va ad adagiarsi sulla pelle calda del suo collo. Sospira, invece, poggia la guancia sulla sua tempia e intreccia le dita tra i suoi capelli, mentre una mano calda va a carezzargli la schiena.

-Tu hai paura?- domanda a quel punto, il tono di voce ridotto ad un sussurro.

Louis respira profondamente e annuisce, la barba a sfregare leggermente contro la sua pelle. -Sempre- risponde piano.

Il riccio chiude gli occhi e si aggrappa con forza alle sue spalle, e non gli chiede cos'è che lo terrorizza così tanto. -Vorrei che non dovessi mai averne- bisbiglia invece, le lacrime che gli appannano la vista e vanno a posarsi sulla giaccia in jeans del più grande.

Rimangono in silenzio per qualche secondo, poi, e tutto ciò che Harry riesce a sentire è la pioggia che cade sul tetto malandato della casetta, insieme al cuore di Louis che gli batte contro l'orecchio. Solo quando un piccolo spiraglio di luce li raggiunge attraverso la porta di plastica lasciata aperta, Louis osa sussurrare un quasi inavvertibile: -Non ne ho, adesso.-

Il riccio sorride contro il suo petto, stringe la presa sulle sue spalle e chiude gli occhi.

Neanche lui ha paura, in questo momento.

 

 

ƸӜƷ

 

 

Se in matematica Niall è una causa persa, in letteratura, a differenza di Harry, è un vero e proprio genio. Riesce ad analizzare qualsiasi cosa legga, che si tratti di prosa o poesia, e a fare collegamenti con movimenti letterari francesi, spagnoli o italiani di qualsiasi epoca.

Ad Harry la letteratura piace; legge con interesse ed è anche capitato che si cimentasse nella scrittura, ogni tanto. Ma non è il tipo di persona che si pone troppe domande. La matematica è quel che è, non ci sono differenti modi di interpretarla o vari possibili significati da poterle attribuire. Per questo la adora: ci sono ragionamenti logici, dimostrazioni e calcoli che esistevano ancor prima che l'uomo li scoprisse, semplicemente perché è necessario che esistano.

Analizzare la letteratura è il completo opposto. Rispondere ai perché e cercare di dare un'interpretazione a dei sentimenti messi su carta è un qualcosa che l'ha sempre messo in difficoltà.

Per questo Niall è sdraiato sul letto della stanza di Harry, ora, la schiena leggermente sollevata dai tre cuscini che ha sistemato precedentemente e il libro di letteratura poggiato sulle ginocchia. Da almeno dieci minuti ha portato il braccio a coprirsi gli occhi in un gesto esasperato, mentre Harry tenta di analizzare ed interpretare un sonetto di William Shakespeare.

-No, Harry!- quasi urla il biondo, alzandosi di scatto e facendo cadere il libro a terra. -L'assenza della donna che ama è paragonata alla desolazione dell'inverno, ma non era inverno quando Shakespeare ha scritto il fottuto sonetto! Che vuoi che ne sappia io di quando ha scritto il sonetto?-

Non si preoccupa di raccogliere il libro, poi, mentre si dirige verso la porta della stanza continuando a borbottare. -Ho bisogno di qualcosa da mangiare.-

Harry cerca di trattenere una risata e sospira, gettandosi poco elegantemente sul suo letto. E' talmente stanco che potrebbe addormentarsi immediatamente, se solo chiudesse gli occhi. Li punta sul soffitto, invece, ed è in uno stato di dormiveglia quando Niall torna in camera con una ciotola piena di patatine tra le mani.

-Direi che per oggi finiamo qui, Haz- sospira sedendosi al suo fianco. -Mi hai portato sull'orlo dell'esaurimento nervoso.-

Harry ridacchia svogliatamente e gli lascia uno schiaffo leggero sulla coscia. -Credimi, quando facciamo matematica sei molto peggio.-

Il biondo sorride in modo irriverente e annuisce consapevole, per poi offrirgli un po' di patatine. Harry si alza, quindi, si sistema a gambe incrociate di fronte a lui e ne sgranocchia una manciata. Sono troppo salate, per cui sa che in un paio d'ore comincerà a bere come un cammello e poi passerà la notte in bagno, ma non gli importa.

Continuano a mangiare in silenzio per almeno dieci minuti, ma poi Niall prende parola. Harry non pensa di averlo mai visto così serio – il che è preoccupante, se si sofferma a pensarci.

-Lottie mi ha detto che mio cugino è venuto a prenderti fino a Londra- dice, la voce ferma e gli occhi bassi, forse per evitare di metterlo in ulteriore difficoltà.

Il riccio si limita ad annuire e a bisbigliare un appena accennato 'sì', deglutendo rumorosamente l'ultimo boccone di patatine. Sa che Niall non è pienamente favorevole al rapporto che si è venuto a creare tra loro due, e da un lato riesce a capirlo perfettamente: lui stesso non riesce a darsi una spiegazione ragionevole, la maggior parte delle volte.

Dall'altro lato, però, avverte la necessità che nessuno si intrometta. Ciò che lui e Louis hanno è qualcosa di così puro e pulito, nonostante il contesto in cui è nato, che Harry non vuole in alcun modo che qualcuno lo intacchi. Vuole tenerselo così, delicato e prezioso, con gli abbracci bagnati di pioggia e le carezze sulle guance, e proteggerlo finché può.

Per questo comincia a parlare prima che Niall lo preceda. -Lo so che ti preoccupa, Ni- afferma, mentre il biondo continua a mangiare le sue patatine evitando di guardarlo negli occhi. -Neanche io sono completamente tranquillo all'idea di essermi legato così tanto ad una persona come lui.-

-E quindi perché hai permesso che arrivaste a questo punto?- lo blocca allora, perplesso.

Harry sospira, gli occhi puntati sulle mani che giocano col tessuto sfilacciato delle lenzuola. -Perché lui mi fa stare bene- ammette in un soffio di fiato. -Forse non dovrebbe essere così, ma quando siamo insieme io mi sento bene, completamente. Come se non avessi paura di niente. E non mi è mai succeso con nessun altro prima d'ora.-

L'amico annuisce lentamente ma continua a non guardarlo, le sopracciglia aggrottate in un'espressione pensosa. -Si vede- bisbiglia infine.

-Cosa?-

-Che ti dà serenità- confessa con qualche secondo di ritardo, puntando finalmente gli occhi nei suoi. L'azzurro attorno alle pupille è più calmo, adesso, mentre accenna un sorriso a labbra strette. -Penso che solo lui possa mandar via questa paura che sembri portarti dietro sempre, e che al tempo stesso solo tu possa aiutarlo a lasciarsi alle spalle ciò che gli fa male.-

Harry rilascia un sospiro tremante e afferra un paio di patatine, giusto per evitare di dover parlare.

-Solo, Haz- continua a quel punto Niall. -Io voglio semplicemente che stiate attenti, okay? E' possibile che vi facciate bene ma è altrettanto possibile che vi distruggiate a vicenda, e questo lo sai perfettamente.-

Il riccio deglutisce e muove la testa in segno d'assenso. -Sì, lo so- ammette poi in un bisbiglio.

E ho paura che la probabilità di distruggerci a vicenda sia molto più grande, pensa, ma non lo dice.

Si limita a ricambiare l'abbraccio caldo in cui Niall lo avvolge.

 

 

ƸӜƷ

 

 

Non passa molto tempo prima che Harry si trovi costretto a riassistere allo spettacolo pietoso che è Louis quando si ubriaca. Vorrebbe andare via, alzarsi dal divano e scappare a gambe levate. Ma sulle sue ginocchia c'è Phoebe che guarda il fratello con espressione confusa e – forse – anche un po' impaurita. Quindi non si alza né scappa. Le poggia una mano sulla schiena, invece, e le domanda se ha sonno. Lei risponde affermativamente, gli occhi lucidi e le guance leggermente rosse, ed Harry non esita a prenderla in braccio e portarla nella sua stanza. Impiega davvero poco a farla addormentare, con qualche carezza confortante tra i capelli e un paio di bacini della buonanotte.

Quando torna al piano di sotto e si guarda intorno per qualche secondo, di Louis non c'è traccia.

-E' fuori a fumare- spiega Niall, senza che Harry abbia chiesto nulla. Poi sospira e poggia il collo sullo schienale del divano, gli occhi chiusi e l'aria stanca. -Mi dispiace, Haz.-

Vorrebbe dirgli che non è lui quello che deve chiedere scusa, e che – soprattutto – non è Harry che ha bisogno di sentirselo dire. E' Phoebe quella che fissava suo fratello con lo sguardo spalancato e dubbioso. Sono Lottie e Fizzy quelle che si mordono le labbra con espressione preoccupata, appollaiate su una poltrona troppo piccola perché possano starci comode entrambe. Harry non è nessuno.

Per questo afferra la sua giacca alla svelta, pronuncia un paio di saluti e si dirige all'esterno, con l'intenzione di tornare a casa.

-Dove vai, riccio?- si sente chiedere, e Louis ovviamente è proprio lì, a qualche metro di distanza, mentre cerca di accendere la sua sigaretta con poco successo.

-A casa- risponde atono senza neanche guardarlo, scendendo il primo scalino del portico.

-Aspetta!- urla quasi il liscio, raggiungendolo con passo incerto. Harry è costretto a reggerlo per le spalle non appena gli arriva davanti, timoroso che possa cadere da un momento all'altro. Storce il naso alla puzza di alcol che gli invade le narici, ma risale lo scalino e si avvicina di qualche centimetro. -Mi aiuti con la sigaretta, prima di andare? Non riesco a vederla bene- spiega Louis con tono strascicato, accascandosi contro il suo tocco.

Il più piccolo sospira con esasperazione, ma lo accontenta. Gli toglie l'accendino dalle mani e lo posiziona davanti alla sigaretta, attendendo che Louis faccia il primo tiro. Quando il fumo comincia a fuoriscire dalle sue labbra sottili, Harry gli infila l'accendino nella tasca della giacca e, di nuovo, fa per andarsene.

-Resti un po' qui con me?- soffia però Louis, la spalla sinistra poggiata alla colonna del portico e gli occhi semichiusi, la sigaretta stretta tra l'indice e il pollice della mano destra.

-Non ne ho voglia- risponde allora, ma il suo corpo non si muove.

Louis accenna una risata ubriaca e si avvicina un altro po'. Inciampa un paio di volte, ma Harry non si sporge ad aiutarlo.

-Io ho sempre voglia di stare con te, invece- sussurra, come se fosse un segreto tra loro due, non appena gli arriva di fronte e i loro petti si sfiorano. -E ho anche voglia di baciarti. Perché ho così tanta voglia di baciarti, secondo te?-

Harry può giurare di aver sentito il respiro bloccarglisi da qualche parte tra la gola e i polmoni, ma no – si dice –, no. E' solo ubriaco.

-Sei solo ubriaco, Louis- afferma quindi, ed è troppo tardi quando si rende conto della rabbia di cui sono pregne le sue parole. Ma non si ferma, perché suo padre ha ragione: Harry è pieno di rancore. E forse non è Louis ad avergli fatto del male, ma è tremendamente simile a quella persona, e questo può bastare. -Come sempre.-

Infila le mani gelide nelle tasche della giacca e si volta, deciso ad andarsene una volta per tutte, quando Louis gli circonda il gomito con la mano libera e con l'altra butta la sigaretta ai suoi piedi. -Provi qualcosa per me- sputa quasi fosse un'accusa, per poi avvicinarsi lentamente alle sue spalle. Il respiro caldo gli colpisce il collo ed Harry deve lottare contro se stesso per non lasciarsi andare contro il petto accogliente dell'altro, quando lo sente riprendere parola. -Ammettilo- soffia, con talmente tanta disperazione che il riccio non può fare altro che scrollarselo di dosso e voltarsi verso di lui. Con che diritto?, si chiede. Con quale coraggio pretende che gli venga ammessa una cosa del genere, mentre barcolla e non riesce neanche a reggersi in piedi?

-E anche se fosse, a te cosa importerebbe?- domanda quindi, le guance che bruciano di rabbia nonostante il vento freddo che le colpisce.

Louis sospira, piega leggermente la testa di lato e arriccia le labbra in quello che appare quasi come un broncio. -Non voglio ferirti- confessa con qualche secondo di ritardo, il tono di voce molto più calmo e dolce. -Non voglio che arrivi al punto in cui penserai che salvarmi sia possibile. Perché non lo è, Harry. E tu meriti di meglio che sprecare il tuo tempo dietro ad un alcolizzato che non è riuscito a sconfiggere i suoi demoni. Meriti qualcuno che ti aiuti a sconfiggere i tuoi- continua infine, mangiandosi qualche parola nel frattempo.

Quelle che sembrano lacrime si accumulano agli angoli dei suoi occhi, ed Harry vorrebbe solo allungare le dita e asciugargliele una per una, ma non lo fa. Incrocia le braccia al petto, invece, perché se fino ad un paio di giorni fa tra quelle di Louis non aveva più paura, adesso sente che deve proteggersi da lui.

-Beh, a quanto pare sono una calamita per questo tipo di situazioni- borbotta.

Il liscio sbuffa e gli si avvicina ulteriormente, portando una mano a sfiorargli la guancia. -Smettila di colpevolizzarti.-

-Non lo faccio. Lo so che se una persona non vuole salvarsi allora non lascerà che nessuno la aiuti. L'ho imparato quando a dieci anni sono scappato di casa per la prima volta con l'intento di aiutare mio padre, e tutto ciò che ho ottenuto è stato vederlo iniettarsi dell'eroina nelle vene- sbotta Harry, afferrando il polso dell'altro e allontanandolo dal suo volto in un gesto di stizza, senza però spezzare il contatto. -Il fatto è che ogni tanto mi piacerebbe sentirmi abbastanza. Ma in fondo se non lo sono stato per mio padre, come potrei mai esserlo per te?-

Ed è così che se ne va. Aspetta che Louis gli dica qualcosa, ma quel qualcosa non arriva mai. Si guardano in silenzio per qualche secondo, le pelli ancora l'una contro l'altra, e poi si lasciano andare.

Harry esce dal giardino di casa Horan senza guardarsi indietro, e Louis non prova a fermarlo.

Lo sa anche lui che è meglio così.

 

 

 

 

 

 

 

Sono l'elefante
e mi nascondo
ma non c'è rifugio
così profondo
io non so scappare
che pena mostrarmi così
a
l tuo sguardo che amo
e che ride di me

 

   
 
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