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Autore: Alice_nyan    18/04/2019    1 recensioni
• 1175 parole | Jesse!Centric | implicit!McReyes (almeno da parte di Jesse) | ambientata ai tempi di Blackwatch con un McCree giovanissimo •
Jesse si allena duramente con Reyes e riceve un’importante lezione di vita.
Di nuovo a terra, sentì il sapore agrodolce del sangue, del tabacco e della sconfitta.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jesse Mccree
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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SENTIRE

 
 
Fu un momento; Jesse si rese conto tardi dello scorrere furtivo delle braccia del Comandante sul suo collo, solide come il ventre di un pitone, e mentre ancora cercava di dare un senso allo strisciare di quel fascio di muscoli aveva già il fiato spezzato e gli occhi appannati. 
Volendo – lo sapeva bene – avrebbe potuto stringere la presa e spezzargli l'osso del collo in pochi secondi. Reyes lo teneva ben saldo da dietro, costringendolo a flettere la schiena per seguire le curvature del suo petto.
Poggiava a terra solo la punta dei piedi e dimenava i fianchi per distrarlo, usava anche le braccia e i gomiti pur di intralciarlo in qualche modo, senza però sortire alcun effetto; sembrava un coniglio preso per le orecchie, debole e ridicolo, catturato da una volpe pronta a strappargli la testa.
 
Eppure c’era qualcosa di magnifico nel trovarsi alla mercé del Comandante. 
Ogni volta che si allenavano insieme le sue gambe diventavano molli e faticava a stare in piedi per l’agitazione. Jesse era nato in mezzo alla strada e si era fatto posto sgomitando ogni giorno tra violenze e crimini, aveva un corpo ben formato e la mente ancor più pronta e reattiva, era tanto allenato che a Overwatch non c’era nessuno in grado di batterlo in un combattimento corpo a corpo – nessuno fuorché Reyes, chiaramente. E solo Reyes era in grado di tenergli testa in tutto, bastava un suo sguardo per farlo ammutolire e abbassare placido il capo. Un ordine? Esaudito. E anche subito. Sarebbe passato sul cadavere di chiunque solo per lui.
 
La leva era troppo svantaggiosa e non avrebbe resistito a lungo. Iniziava a sentirsi prima pesante e poi leggero, avulso dalla realtà circostante. Ai lati degli occhi intravedeva puntini gialli che si facevano bianchi, poi rossi e poi non avrebbe saputo dire di che colore, mentre si spostavano e si disperdevano dappertutto come le formiche quando sono disturbate.
Allungò una mano sul bicipite di Reyes e batté due colpi con forza – per quanto poté – per segnalare la sconfitta. Il Comandante lo lasciò andare immediatamente e Jesse, ancora intontito, cadde sulle proprie ginocchia con un tonfo grave, mentre per riflesso si massaggiava il collo e ingoiava saliva fredda.
Passò una mano sudicia sul viso, sporcandosi di terra ed espandendo la macchia di sangue uscito dal labbro spaccato.
 
«Ancora,» gli ordinò Reyes, e Jesse non dovette nemmeno pensarci, si alzò in piedi e ciondolò in posizione ostentando finta sicurezza.
C’era dell’incredibile nella potenza del suo Comandante, che nell’arco di un secondo fu capace di prenderlo, sbatterlo a terra di nuovo e sedersi su di lui senza alcuno sforzo. «Ancora vivo, ragazzo?»
 
Jesse teneva gli occhi sbarrati per la sorpresa, ma non stava guardando niente. La nuca gli faceva male e per una decina di secondi rimase con la bocca spalancata aperta, incapace di parlare. 
Stava bene così, avrebbe voluto vivere quel secondo per sempre. Aveva male dappertutto, non era in grado di muoversi, sentiva il petto bruciare ed era in trappola, paralizzato e circondato, ma era la sensazione più bella che avesse mai sentito. A confronto l’adrenalina delle sparatorie, i pugni presi in faccia e i pugni assestati sui visi altrui non erano niente. L’aria era un misto di sabbia e polvere, fresca e bruciante, e poteva sentire il retrogusto del profumo di Reyes: c’era forse qualcosa di più bello?

Reyes era seduto sulla sua pancia, teneva i suoi polsi fermi con una sola mano e con l’altra premeva il suo petto per evitare che si rialzasse – come se avesse potuto. «Che ti prende?»
Non ricevendo risposta, Reyes assunse un’espressione preoccupata; sciolse la presa e scaricò il peso su una sola gamba, lasciandogli lo spazio per alzarsi. Jesse, comunque, non si mosse, anzi, si abbandonò del tutto al suolo e spalancò le braccia nell’imitazione di un morto mentre sorrideva piano.
Reyes sospirò e gli tirò una pacca sul fianco. «Su, rialzati. È il tuo modo per dirmi che hai bisogno di una pausa?»
 
«Sì, Boss.» Jesse si strinse appena nelle spalle e rise. Da quando Reyes lo aveva raccolto non si era mai sentito così amato e protetto. Fino a pochi anni prima avrebbe odiato quella fastidiosa routine, avrebbe pensato fosse noioso il sapere in anticipo il programma del giorno dopo, l’avere orari di allentamenti, il dover rispettare le regole. Lui che era così abituato a fare di testa propria, a improvvisare e divertirsi senza pensare alle conseguenze! Adesso non aveva più la stessa libertà, ma non gli dispiaceva più di tanto. Quando tornava in stanza dopo una sessione intensa di sparring si sentiva pieno di qualcosa di grande. In passato si sarebbe buttato a capofitto nella mischia pensando: “tanto non ho niente da perdere”, ma adesso non poteva permettersi di perdere tutta quella gioia.
 
«Pausa concessa.» Reyes gli allungò una mano per aiutarlo a rialzarsi e Jesse la afferrò con convinzione. Anche se era passata solo una manciata di secondi si sentiva decisamente ricreato, come se per magia tutta quella confidenza gli avesse cancellato dalla mente il dolore fisico.
 
Il Comandante estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette e gliene porse una. «Prendi,» disse secco, come fosse un ordine, e Jesse la prese senza esitazioni, la portò alle labbra e aspettò. Reyes, d’altro canto, lo guardò con disappunto.
 
«Non dovevo prenderla? Allora non la voglio,» la tolse di bocca e fece subito per restituirla.
 
Reyes scosse la testa.  «Vedi, Jesse?, riuscirai a battermi solo quando capirai che non tutto quello che ti dico è oro colato,» intanto accese solo la propria sigaretta e, senza aspettarlo, lo invitò a fare un terzo round.
 
Gli tirò un jab alla spalla destra nella speranza che lo parasse, ma Jesse lo prese in pieno e indietreggiò sofferente.
Nella concitazione del momento Jesse aveva spezzato la sigaretta in due con un morso e metà del tabacco gli era finito in bocca. Sputò quello rimasto sulle labbra e il resto lo ingoiò, poi mise le braccia in guardia.
 
Reyes tirò un diretto che venne parato, poi si spostò di lato e, torcendo il bacino per darsi una spinta, tentò un cross che mancò per poco il volto del più giovane, che nel frattempo si era abbassato e aveva spinto il busto in avanti per attaccarlo frontalmente dal basso. Jesse riuscì a colpirlo al centro del petto con forza, e sentì sulle nocche la possanza dei suoi muscoli irrigiditi. Poi improvvisamente ricevette una ginocchiata sullo stomaco e vacillò.
Bastarono quei pochi secondi di panico a scatenare Reyes che gli si avventò contro, lo prese per la camicia e lo strattonò portandolo vicino a sé. Lo guardò bene in faccia per qualche secondo che sembrò eterno – Jesse aveva gli occhioni di chi sa cosa sta succedendo ma non ci crede – poi si decise: gli falciò la gamba su cui era sbilanciato e lo fece cadere.
 
Jesse emise un gemito strozzato in gola mentre cadeva su un fianco. Di nuovo a terra, sentì il sapore agrodolce del sangue, del tabacco e della sconfitta.
 
«Puoi sempre dirmi di no, ma dovrai pagarne le conseguenze.» 





N/A
Grazie per aver letto. 
La storia partecipa alla "Bananawatch Fanfiction Saga", il Mega Evento Potente (cit.) organizzato su tumblr. Mi dispiace ragazzuoli volevo scrivere qualcosa di più hard ma come sapete sono più in ritardo di un treno in Italia, e le cose hard necessitano di tanto tempo. Sono contenta comunque che sia stata organizzata tale iniziativa perché altrimenti non penso avrei scritto quest'idea che vagava per la mia mente da un po'.
La ship magari in questa storia non si sente molto, ma fidatevi c'è. Ve lo dico io.

 
   
 
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