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Autore: Aky ivanov    20/04/2019    3 recensioni
Mantenere una doppia identità non è una cosa semplice, prima o poi ci si trova a fare i conti con la frustrazione, la rabbia e la solitudine delle continue menzogne. Nemmeno il mago più grande degli ultimi tempi poteva sfuggire a questo inevitabile destino.
Kaito ricordava di aver promesso alla sua amica di dirsi sempre la verità, ma negli ultimi mesi si era sottratto alle sue stesse parole in bilico fra il voler liberarsi di un peso opprimente e la paura di metterla in pericolo. Non essendo un buco nero in grado di assorbire tutto, anche il giovane liceale aveva raggiunto il suo limite affrontandolo in modo sbagliato.
[...] “No, va tutto bene” rispose pacatamente senza nemmeno voltarsi “Non devi porre sempre la stessa domanda ogni qual volta mi comporto in modo diverso dal solito”.
Kaito osservava la porta di casa sua sull'altro lato della strada come un disperso nel deserto vede in lontananza un’oasi, la chiave della sua salvezza.
“Potresti almeno girati e guardarmi in faccia quando parliamo? O neanche questo posso più sperare di ottenere da te?” Aoko ritirò la mano come scottata dalle sue stesse parole.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aoko Nakamori, Kaito Kuroba/Kaito Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non voglio perderti

 

L’odore pungente della pioggia alleggiava ancora nell’aria, la settimana era trascorsa caratterizzata ininterrottamente da acquazzoni uno più violento di un altro, ma finalmente i tenui raggi del sole avevano rotto la superfice scura della coltre di nubi portando nel cuore degli abitanti di Tokyo la debole speranza di trascorre una giornata all’aria aperta. Lo spiraglio ottimistico del clima però contrastava nettamente con l’atmosfera tesa presente tra i due ragazzi, silenziosi, diretti verso casa.

Era stata una giornata scolastica come tante altre, Aoko lo sapeva, ma continuava a chiedersi se involontariamente avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. Solitamene il suo migliore amico non perdeva occasione per farle uno dei suoi trucchetti magici dal doppio fine o semplicemente non si lasciava sfuggire nessun pretesto con cui poteva farla arrabbiare. “Kaito non ha fatto niente di tutto ciò

Non che alla ragazza piacesse essere ridicolizzata davanti a tutta la classe, ma erano giorni ormai che il ragazzo si comportava in quel modo anomalo. Appena provava a penetrare il muro di freddezza eretto tra loro, lui si allontanava ancora di più. Per l’ennesima volta fece oscillare la cartella giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli, oltre che un modo per scaricare la tensione, usava quel pretesto per scostare la capigliatura e guardare il compagno di sottecchi in cerca di risposte.

Kaito dal canto suo, lo sguardo fisso davanti a sé, non prestava la benché minima attenzione alla zona circostante desideroso di tornare il prima possibile a casa sua per recuperare le ore di sonno perse nell’ultimo periodo. Da quando l’alter ego del ladro doveva fare le sue apparizioni sempre più spesso lo spensierato Kaito Kuroba era diventato un flebile ricordo, lo stress di condurre quella vita parallela avvolta dai mille segreti lo stava logorando piano piano. Pandora era ormai divenuta il suo chiodo fisso, un’ossessione che non lo lasciava in pace nemmeno la notte, e se Tochi poteva parlare liberamente con sua moglie dei furti organizzati lui era consapevole di non poter concedersi tale lusso con Aoko. Inconsciamente serrò i denti e proprio quell’espressione estremamente seria e rigida faceva a pugni con il sorrisetto provocatorio e l’aria sbarazzina impressa nei ricordi della studentessa “Da quando mascheri così bene le tue emozioni? Da quando mi hai estromesso dalla tua vita?

Per lei sarebbe stato sempre il solito irriverente, perverso ed egocentrico amico ma, in alcuni casi come in quel momento, sentiva di essersi persa qualcosa, un passaggio importante della vita di Kaito.

La brunetta sospirò nuovamente questa volta facendosi volutamente sentire ma con il risultato di ottenere soltanto un’occhiata perplessa. Giunti davanti casa Nakamori il ragazzo senza dire nulla aveva alzato un braccio in segno di saluto pronto ad andare mentre Aoko sempre più irrequieta, pensava a un modo per fermarlo ma iniziare una conversazione avrebbe aperto le danze con molta probabilità ad una lunga e aspra lotta verbale. Era la prassi ormai: lui si isolava, lei provava a penetrare quella barriera di menefreghismo verso il mondo circostante e il risultato era un litigio apocalittico.

Avevano sempre battibeccato ma ultimamente le litigate erano molto più dure senza alcuna ombra scherzosa, e tale cambiamento era stato notato tacitamente da entrambi.

“Per gli appunti della lezione di fisica puoi stare tranquillo” esordì ad un tratto la figlia dell’ispettore per rompere quel silenzio di sguardi, insostenibile per lei. Maledicendosi mentalmente per l’argomento citato, ben lontano dalle cose che voleva chiedergli “Perché devo essere sempre così imbranata?” alla vista del ragazzo in procinto di allontanarsi aveva repentinamente aggiunto “Ho visto che non hai seguito molto la lezione, te li passerò io”, lui mormorò un “Grazie” e accennò un lieve e veloce sorriso nella sua direzione voltandosi verso la strada per attraversarla.

Aoko tentennò qualche istante osservando la schiena mascolina, contro i suoi piani Kaito stava andando via e questa volta non voleva permetterlo. Velocemente poggiò una mano sulla sua spalla con l’intento di fermarlo sentendolo irrigidirsi come una statua di marmo, “Kaito” lo chiamò piano “C’è qualche problema?” chiese mordicchiandosi il labbro inferiore. Ultimamente le metteva sempre agitazione il solo rivolgergli la parola, aveva iniziato a dar peso alle parole in sua presenza per evitare le solite situazioni in cui puntualmente finiva preso in giro con le sue frasi di dubbio gusto. Il motivo principale di tale decisione era il voler mettere la parola fine alle battute offensive sul suo aspetto, che non riusciva più ad ignorare perché le facevano male anche se non ne capiva il motivo. Soprattutto, stare a distanza ravvicinata con lui era fonte di ansia e tenere in quel momento una mano a stretto contatto con lui non migliorava la sua lucidità.

“No, va tutto bene” rispose pacatamente senza nemmeno voltarsi “Non devi porre sempre la stessa domanda ogni qual volta mi comporto in modo diverso dal solito”.

Kaito osservava la porta di casa sua sull’altro lato della strada come un disperso nel deserto vede in lontananza un’oasi, la chiave della sua salvezza. Non aveva la benché minima voglia di parlare soprattutto dei suoi intricati pensieri, non con lei almeno. No, in realtà lui non voleva parlarne con nessuno e preferiva nascondere le sue debolezze al resto del mondo.

“Scusami se mi preoccupo per te” ribatté seccata all’ennesimo tentativo miseramente fallito di capire il suo atteggiamento scostante utilizzando le buone maniere. “Potresti almeno girati e guardarmi in faccia da persona civile quando parliamo? O neanche questo posso più sperare di ottenere da te?” concluse ritirando la mano come scottata dalle sue stesse parole.

La frecciatina doveva aver fatto centro, poiché Kaito si voltò con un sopracciglio inarcato e due occhi azzurri che la scrutavano indagatori. “Non la stai prendendo un po’ troppo sul personale?” Più lui cercava di mantenere le distanze più lei diventava combattiva, non tollerava più quella guerra fredda. Non che non apprezzasse tutte le attenzioni che la ragazza gli rivolgesse, anzi ne era lusingato, ma c’erano momenti in cui anche lei non poteva fare molto e la sua ostinazione iniziava ad essere un problema. “Come reagiresti se ti dicessi che il ladro da te tanto odiato sia io?

“Non dovrei?” sibilò assottigliando gli occhi mentre sentiva la rabbia ribollirle e mandare al diavolo il suo autocontrollo, il più grande difetto di Aoko era proprio l’impulsività “Io non dovrei prenderla sul personale? Ti aspetto la mattina a casa per fare colazione insieme, a scuola cerco di non arrabbiarmi per le tue continue battutine anche in presenza altrui, sul mio fisico acerbo. Non ti ho mai portato rancore per tutte le volte che ti comporti da maniaco sbirciando la mia biancheria intima, cerco di restarti accanto e di esserci ogni qual volta hai bisogno di me… e tutto quello che ricevo in cambio è indifferenza, strafottenza e superiorità quando ti chiedo se hai qualche problema?!” Sbottò quasi urlando l’ultima frase, il viso arrossato e il respiro affannoso come segno di uno sfogo trattenuto fin troppo tempo. Si era finalmente liberata di quel peso opprimente, di quelle parole che non aveva mai avuto il coraggio di dire per paura di allontanare ancor di più da lei quel poco che rimaneva del bambino conosciuto sotto la torre dell’orologio. Gli voleva bene, era la persona per lei più preziosa al mondo dopo suo padre, ma iniziava a dubitare di essere corrisposta allo stesso modo.

Investito da quella carica esplosiva esitava nel darle una risposta. Aoko sembrava un vulcano in eruzione e lui non voleva rimanere vittima di quella lava incandescente, sapeva di aver fallito come amico già da tempo ma sentirselo dire dalla diretta interessata era molto diverso “Da quando ho deciso di essere Kid la mia vita è una menzogna

Kaito che aveva sempre la frase pronta per ogni occasione, che era in grado di compiere complicatissimi furti scappando dalla polizia e di ideare stupefacenti trucchi magici, non sapeva rispondere al semplice sfogo di un’amica. Si sentiva attaccato, ma era consapevole di avere torto e di essere stato un’opportunista con lei negli ultimi giorni. Ne era così tanto cosciente da volerselo negare a tutti i costi, autoconvincersi del contrario pur di non essere dalla parte sbagliata. Era la strada più facile rispetto allo scontro diretto con una scomoda verità, lui adorava avere ragione e prevalere sugli altri in ogni occasione.

“Io non ti ho chiesto di fare tutto ciò” rispose dopo alcuni attimi di silenzio in cui Aoko non aveva distolto nemmeno per un secondo lo sguardo “Probabilmente volevi dare un senso alla tua vita in questo modo, compiacendoti e perché no, volendo essere contraccambiata. Vedendo però di non ricevere lo stesso trattamento hai capito che la situazione non fosse più di tuo gradimento.” La cattiveria di quelle parole la colpì, in tutti gli altri litigi si erano sempre insultati e accusati ma mai nel tono c’era stata quella nota maligna. Gli occhi chiari della ragazza assunsero un colorito ancora più acquoso e Kaito imprecò mentalmente per la sua idiozia, la stava usando di nuovo, sfruttava Aoko come valvola di sfogo per le sue frustrazioni, non nel modo corretto come farebbero due comuni amici. Voleva scaricare il suo nervosismo e lei era la preda più semplice, sapeva come ferirla anche se non ne aveva l’intenzione.

Combattendo contro sé stessa ricacciò indietro le lacrime, voleva dimostrargli di essere in grado di fronteggiarlo e fargli abbassare quella cresta da galletto “Quindi mi stai dicendo che dovrei osservare il mio migliore amico stare male senza fare nulla? Non perché il giorno prima è un’esibizionista e il giorno dopo una mummia ma per una mia soddisfazione personale nell’aiutarlo?”

Per tutta risposta lui annuì lasciandola sconcertata, si rifiutava di credere che la vedesse in quel modo. Strinse le mani tremolanti fissando il petto del ragazzo come in trans “Non hai mai pensato che in realtà quello in cerca di attenzione sei tu?” sibilò gelidamente alzando questa volta gli occhi e puntandoli in quelli azzurri del ragazzo “Ti pavoneggi con le tue doti da mago per ricevere le acclamazioni di chi ti sta intorno, per cercare di non sentirti solo una volta tornato a casa. A parte me, quanti altri amici così stretti hai?” Kaito avvertiva ogni parola della ragazza come una freccia scagliata ad alta velocità in grado di trapassarlo, era una grande lotta mantenere la sua poker face, lei aveva maledettamente ragione.

Aoko fece una pausa per evitare di dire altre cattiverie di cui poi si sarebbe pentita, lei non era Kaito, al contrario suo cercava in tutti i modi di non fargli del male. Tutti hanno la famosa goccia che fa traboccare il vaso e inconsapevolmente Kaito ne aveva innescato una. Si umettò le labbra prima di aggiungere “Non sono io ad invitarti costantemente a casa, sei tu che il più delle volte ti presenti e voglio ricordarti che è stata tua madre a chiedermi questo favore.” Stentava a credere di aver parlato con un tono così calmo e freddo, quella non era la vera Aoko ma non poté negarsi la soddisfazione di vedere Kaito spostare lo sguardo altrove per primo. La ragazza aveva ottenuto la sua prima vittoria verbale nei suoi confronti.

Il più grande mago di tutti i tempi si sentiva minato, preso in pieno dove si sentiva più vulnerabile, la solitudine. Esteriormente stava mantenendo la solita facciata ma dentro si sentiva morire, più delle volte in cui Aoko diceva di voler vedere Kaito Kid dietro le sbarre per ridere trionfante. I battiti del cuore gli rimbombavano nella testa e come un animale braccato, seguì il suo istinto. Quell’istinto selvaggio che lo spinse a ricambiare il dolore appena provato.

Con un sorrisetto malefico rivolse la sua attenzione ad Aoko che si irrigidì nella sua posizione “Potrebbe essere anche vero quello che dici ma, non sono io ad avere un padre che non è in grado di catturare un ladro dopo venti anni. Vuoi comparare il suo fallimento dimostrandoti all’altezza del favore che ti ha chiesto mia madre.”

Aveva scaricato su di lei frasi velenose che non meritava, ne era cosciente e questa era la parte peggiore. Così ottuso da non darle ragione sapeva di averla profondamente ferita.

Era appena riuscito a terminare la frase quando la mano di Aoko concluse la traiettoria intrapresa sul suo viso. La violenza di quello schiaffo carico di tuta la rabbia e frustrazione della ragazza, lo destabilizzò. Un modo implicito per fargli capire quanto le avesse fatto male stavolta e quanto sarebbe stato complicato rimediare. L’impeto con cui lo aveva colpito gli aveva voltato la faccia in un’altra direzione e nel momento in cui tornò ad osservare la ragazza una morsa attanagliò il suo stomaco. Le lacrime scorrevano sul suo viso mentre invano cercava di asciugarle con le maniche della divisa, prima che potesse fare un solo passo nella sua direzione lei urlò con quanta forza avesse quelle tre parole simili a una condanna “Ti odio Kaito!” Girò sui tacchi correndo verso casa sua e sbattendosi malamente la porta alle spalle, per poi scivolare lungo il bordo freddo accovacciandosi con le braccia attorno alle gambe. Il bruciore alla gola e la mano pulsante non erano minimamente paragonabili al dolore del suo cuore in frantumi.

Kaito rimase imbambolato in mezzo alla strada massaggiandosi la guancia bollente “Complimenti Kaito” sussurrò prima di voltarsi ed entrare in casa sua. Il silenzio presente nell’abitazione gli ricordò come un secondo schiaffo la frase detta da Aoko poco prima: “Per cercare di non sentirti solo una volta tornato a casa”.

Colpì con un pugno la parete adiacente all’ingresso poggiandoci sopra la fronte. Malediceva il giorno in cui aveva deciso di indossare quel mantello bianco, voleva con tutto sé stesso fare giustizia e sgominare l’organizzazione che aveva ucciso suo padre ma non voleva dover pagare tale risultato con l’odio di Aoko. Non poteva dirle nulla del peso sempre più opprimente dato dalla doppia vita che conduceva, anche la più piccola informazione l’avrebbe messa in pericolo, ma si sentiva sull’orlo di un baratro. Se continuava a trattarla come una pezza da piedi lei si sarebbe allontanata, e neanche i numerosi fan di ladro Kid avrebbero potuto colmare quel vuoto “Papà cosa devo fare?”

Rimase lì immobile per un lasso di tempo a lui indefinito prima di salire in camera sua gettandosi scompostamente sul letto. Osservò il soffitto pensando a mille modi per rimediare con Aoko “Sempre se c’è qualcosa da recuperare” borbottò girandosi su un fianco esattamente in linea con la foto sul comodino che mostrava due bambini abbracciati con altrettanti enormi sorrisi incuranti di quello che li circondava “Perché siamo cresciuti?”

 

Kaito si guardò intorno un paio di volte in quella landa desolata girando su sé stesso. Si trovava in piedi davanti ad un enorme portone scuro con due batacchi in ottone di forma leonina che lo osservavano minacciosi. Il portone era socchiuso e incurante del pericolo decise di entrare ritrovandosi in un vasto atrio in cui era presente al centro un grande scalone in marmo e sulle pareti numerosi quadri di maghi famosi. Il rosso era il colore predominante dell’ambiente, sia per la pavimentazione che per i rivestimenti murari. L’unica fonte di luce erano le numerose candele sparse qua e là nell’atrio e l’unico rumore proveniva dalla stanza sulla destra. Nonostante l’alone inquietante generale generato dalle piccole fiammelle, non aveva la minima paura anzi, tutto gli sembrava familiare. Aprì la porta con cautela rivelando un piccolo soggiorno con numerose librerie lungo il perimetro, un divanetto e due poltroncine davanti al caminetto scoppiettante completavano l’arredo di quella parte di struttura.

Sul divanetto una figura era seduta intenta ad attizzare il fuoco. Si avvicinò a lui fermandosi a pochi passi di distanza attirando l’attenzione dello sconosciuto su di sé. La figura misteriosa prima poggiò l’attizzatoio nel portaoggetti in ferro battuto posizionato accanto al camino e poi si voltò verso di lui. Il ragazzo spalancò gli occhi per la sorpresa vedendolo finalmente in volto “Papà?”

L’uomo annui e fece segno al figlio di avvicinarsi per prendere posto accanto a lui. Kaito, dopo aver visto il suo riflesso nel grande specchio posizionato sopra il camino, obbedì frastornato. Aveva diciassette anni ed era lì con suo padre, c’era qualcosa di sbagliato. Si sedette accanto a lui guardandolo per capire chi fosse realmente “Come fai ad essere tu?” chiese debolmente “Cioè, come fai ad essere qui con me ora?”.

Totalmente impacciato aveva iniziato a gesticolare con le mani incapace di trovare la giusta domanda. Toichi sorrise poggiando le mani su quelle del figlio ancora a mezz’aria abbassandole lentamente “Magari è quello che tu vuoi vedere in questo istante” rispose bonario schioccando le dite e facendo comparire una carta nella mano, che volse poi in direzione di Kaito. Lui la riconobbe subito, erano raffigurati in modo molto stilizzato un bambino abbracciato a suo padre, una delle tante carte disegnate da Kaito per il compleanno di suo padre molti anni prima. Su ognuna erano raffigurati momenti della loro vita: un abbraccio, alcuni trucchi magici, scene di vita quotidiana e tanti altri momenti che da bambino aveva ritenuto importanti. Prese la carta che il padre gli tendeva stringendola come se fosse un tesoro prezioso, l’intero mazzo lo era, per questo il giorno del funerale aveva deciso di lasciarlo nella bara.

“Sorpreso di rivederla?” il ragazzo annui in risposta tornando a guardarlo “Non riesco ancora a comprendere il perché ci troviamo qui”. In risposta Toichi con un altro schiocco di dita seguito da un piccolo sbuffo di fumo cambiò il disegno che era raffigurato sulla carta. Ora l’immagine era cambiata e Kaito ricordava bene di non aver mai fatto quel disegno ma non era difficile capire chi fossero i protagonisti, lui che tendeva una rosa ad Aoko sotto la torre dell’orologio diversi anni prima. Sorrise al ricordo, agli occhi luminosi di quella bambina alla vista del fiore comparso magicamente dal nulla e la malinconia lo attanagliò.

“Probabilmente ora mi considera un mostro da cui stare lontano” biascicò mestamente osservando il fuoco davanti a sé.

“Se trattassi quella signorina con il rispetto che merita forse cambierebbe idea”. Kaito scosse la testa incurvando le labbra in un sorriso ironico “Vorresti dirmi che dopo anni che non ti sogno, lo faccio ora per sentirmi fare una predica?”

“Sei sveglio ragazzo. Forse sai di aver sbagliato ma non sei capace di ammetterlo a te stesso e vuoi qualcuno di cui ti fidi in grado di fartelo notare.” Rispose pacato osservando divertito l’espressione sconcertata del figlio. “Non starai usando troppi forse?” chiese poggiando la carta sul divano “E tu non stai cambiando discorso per sfuggire nuovamente da una realtà a te scomoda? Come hai fatto oggi con Aoko, quando le hai scaricato addosso tutte le tue frustrazioni sapendo bene che non le meritasse, pur di non dirle la verità” Terminò la frase poggiando il viso alla mano in attesa che Kaito metabolizzasse quanto detto.
Dal canto suo il ragazzo si sentiva profondamente in difetto, sapeva che il padre aveva ragione, e di essere in torto marcio dal momento in cui aveva aperto bocca con lei. Era stato uno stupido orgoglioso, difficile da digerire. “Secondo te papà, posso rimediare?” chiese poggiando la testa sulla spalla del padre in attesa di una risposta positiva “Forse dovresti provare a chiarire dicendole la verità, forse chiedendole scusa.”

“Ricominci con i forse?”

“Un mago non rivela mai i suoi segreti, non ti dirò il modo in cui riuscivo sempre a farmi perdonare da tua madre, devi capirlo da solo ti ho dato abbastanza suggerimenti” rispose osservando il ragazzo torcersi nervosamente le mani, a soli diciassette anni lo aveva coinvolto in qualcosa più grande di lui. Rimpianse di aver lasciato tutti quegli indizi sulla sua vita alternativa in quella stanza segreta prima di morire.

“Non sei obbligato ad essere Kid”

“Io voglio essere Kid, e sono contento di averti rivisto”

Calò il silenzio interrotto dallo scoppiettio nel camino, Kaito chiuse gli occhi godendosi quella sensazione di calore mancatagli per troppi anni.

“Tu sai perché sto così?” chiese lentamente ad un tratto intontito dal sonno.

“Sì, e non sai quanto mi dispiace, ma ricorda anche se non sono con te fisicamente non ti abbandonerò mai” il giovane mago voleva stava per rispondere ma un suono insistente gli fece perdere la concentrazione.

 

Aprì gli occhi ritrovandosi al buio e osservò la sveglia sul comodino segnare le otto di sera. Si stropicciò gli occhi pensando a quante ore di sonno avesse fatto ma il suono che aveva sentito poco prima si ripresentò. Addosso avvertiva ancora quella sensazione di calore e rabbrividì quando scostò le coperte per andare ad aprire la porta, prima che chiunque fosse lì fuori decidesse di rompergli il campanello. A tentoni si mosse nella stanza fino al corridoio dove mentre cercava l’interruttore andò a sbattere contro la libreria. Imprecò avvertendo il dolore espandersi sul polpaccio, accese la luce e si chinò a raccogliere i libri sul pavimento, ad attirare il suo sguardo fu una carta disegnata a terra. Il suo cuore mancò un battito mentre ripercorreva mentalmente quello strano sogno, era impossibile che quella carta dove lui abbracciava il padre fosse arrivata lì, era da anni sottoterra. La poggiò sul ripiano scuotendo la testa e scese le scale, il suono incessante era terminato quando la luce si era accesa e aprendo la porta rimase sorpreso davanti l’esile figura avvolta in un cappotto che stringeva fra le mani un piccolo fagotto.

“Aoko?” chiese sorpreso sbattendo le palpebre e stavolta chiedendo a sé stesso se si trattasse di un altro sogno, anche se la botta vicino alla libreria non sembrava tanto irreale. La ragazza rimase ad osservarlo in un certo senso affascinata, adorava vederlo con i capelli arruffati appena sveglio. Non era quel ragazzo perfetto che si dava tante arie, appariva più umano soprattutto con gli occhi che non riuscivano a mal celare la sorpresa di vederla lì. Questa cosa le fece piacere, almeno non riteneva scontato il fatto che sarebbe andata a trovarlo dopo la loro ultima quanto poco civile conversazione.

“Posso entrare?” domandò timidamente combattendo contro la secchezza improvvisa della sua gola. Kaito ancora sorpreso si scostò per permetterle di entrare richiudendo la porta dietro di sé e seguendola in cucina. All’interno di quel fazzoletto colorato vi erano due contenitori ricolmi di cibo “Ho pensato saresti stato affamato dopo aver saltato il pranzo e dato che era avanzato qualcosa dalla cena te l’ho portata.” Non era vero ma questo Aoko non lo avrebbe mai ammesso, inconsciamente aveva cucinato per tre persone.

“Grazie” balbettò non sapendo bene cosa dire davanti alla gentilezza che gli stava dimostrando, dopo tutto quello che le aveva detto lei rimaneva sempre la persona più buona che conoscesse. Aoko inarcò scettica un sopracciglio a quel tentennamento e alla voce troppo insicura e inusuale per appartenere a lui.

Kaito si passò nervosamente una mano fra i capelli arruffandoli ancor di più, “Aoko” iniziò a disagio grattandosi la nuca per combattere quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, accentuatasi alla vista dell’amica curiosa con la testa inclinata. Dal canto della ragazza, la sua sorpresa non era stata tanto vedere il ragazzo incerto su cosa dire, né vederlo agitarsi con le mani, ma il leggero rossore che aveva increspato le sue guance. Da quando Kaito arrossiva nel parlarle? Questa era la domanda che più le rimbombava nella testa.

“Mi dispiace” continuò lui sentendo il viso andare a fuoco soprattutto notando di avere la sua piena attenzione “Per tutto quello che ti ho detto oggi e nei giorni passati, ti chiedo scusa” quell’ultima parolina era stata un’impresa estorcerla a sé stesso, ma con una spinta di coraggio concluse “Non voglio perderti”.

Chiuse gli occhi cercando di calmare i battiti e di raffreddare in qualche modo il suo viso che di sicuro ora faceva invidia ad un pomodoro. Lui si faceva perdonare con una rosa, un piccolo pensiero, mai a parole. Sentì i passi sul parquet sempre più vicini e riaperti gli occhi si trovò il viso di Aoko a pochi centimetri dal suo intenta a dargli un bacio sulla guancia, la stessa su cui ore prima aveva gentilmente poggiato la mano. Kaito avvampò se possibile ancor di più, non aspettandosi un perdono così immediato. “Queste invece sono le mie scuse e una degna risposta alle tue”. Un tenue rossore aveva imporporato anche le guance di lei, non aveva saputo resistere a quell’altra faccia caratteriale del ragazzo, troppo indifeso, troppo dolce, troppo imbarazzato. Aveva apprezzato tantissimo lo sforzo, riconosceva che non erano le sue solite scuse di circostanza ma per una volta aveva messo da parte il suo orgoglio. Rimasero a lungo a fissarsi imbarazzati mentre il silenzio veniva scandito dal ticchettio dell’orologio.

“Non ti domanderò altre cento volte cosa hai, mi sono resa conto di essere stata petulante ma non riesco a non volerti stare accanto quando sei così giù di morale.”

Kaito distolse lo sguardo rivolgendolo al piccolo mobiletto su cui erano poggiate delle fotografie, la ragazza fece altrettanto e un sorriso triste si presentò sul suo volto. Le foto in questione raffiguravano Toichi in vari spettacoli e in quella centrale rideva osservando il piccolo Kaito di appena quattro anni con le manine strette attorno ad un cilindro molto più grande della sua testa.

“Ti manca tuo padre?” chiese prendendo la sua mano e accarezzandola dolcemente. Sapeva che parlare di lui era una sorta di argomento tabù, l’amico non tirava mai fuori questo discorso se non per elogiare le sue doti magiche.

“Sì” sussurrò flebilmente in risposta, sapeva che Aoko ignorava gran parte dei particolari nascosti dietro la morte del padre e la responsabilità calata invece sulle sue spalle nell’aver appreso la verità ma al contempo, data la sua simile situazione familiare, era certo l’avrebbe capito perfettamente. L’unica differenza tra loro infatti era che lei parlasse della sua malinconia.

Aoko rafforzò la presa sulla mano non sapendo bene cosa dire torturandosi nervosamente le labbra “Sono sicura che non vorrebbe vederti così triste mentre ti ricordi di lui, ma è altrettanto normale che tu ci stia male. Gli volevi bene”

“Fa male passare difronte al suo studio e vederlo vuoto, sapendo bene che rimarrà sempre così impolverato” rispose sommessamente tenendo lo sguardo fisso sulle foto.

La prima maschera era crollata e lo sapevano entrambi.

“Cos’altro ti fa stare male pensando a lui?” chiese lei dolcemente prendendo anche l’altra mano e stringendogliele insieme.

“È morto durante uno dei suoi spettacoli, morto per mano di quella magia che lui tanto adorava” rispose nervoso decidendo di tornare ad osservare la ragazza, aveva detto una mezza verità, non poteva dirle che era arrabbiato perché un’organizzazione di visionari aveva deciso di ucciderlo.

Aoko soppesò bene le parole prima di rispondergli “Pensala in un’altra ottica, ha lasciato questo mondo facendo una cosa che amava”

Un’altra maschera era caduta, non esisteva più l’orgoglioso ed egocentrico ragazzo, al suo posto c’era quello che rappresentava la parte più fragile.

Gli occhi azzurri di Kaito divennero più lucidi mentre fra una pausa e un’altra diceva “Mi manca tutto di lui, il suo profumo, la sua magia, il suo modo criptico di parlare, i suoi abbracci. Spesso mi chiedo che rapporto avremmo avuto se lui fosse ancora vivo, però è una cosa che non saprò mai.” Disse tutto d’un fiato avvertendo un leggero pizzicorino agli angoli degli occhi. Deglutì prima di continuare “Quando preparo qualche nuovo trucco magico, parlo e parlo ad alta voce convinto di ricevere una risposta da lui” la sua voce tremolò sull’ultima frase “E avere il silenzio come risposta è distruttivo”.

Kaito sospirò sconfitto, si sentiva svuotato e troppo esposto.

Aoko lasciò la presa sulle sue mani e fece una cosa che da tanto tempo mancava tra loro, lo circondò con le braccia stringendolo a sé, venendo prontamente ricambiata. Kaito affondò il viso nell’incavo fra la spalla e il collo della ragazza, quasi a volersi nascondere. Nell’avvertire una scia umida sulla sua pelle, la ragazza rafforzò la presa senza dire nulla. Erano anni che sperava decidesse di sfogarsi, lo ammirava per aver resistito così tanto tempo, ma voleva tirargli una botta in testa per fargli capire l’enorme sciocchezza di tale resistenza. Il pianto silenzioso ben prestò mutò in uno più disperato, i singhiozzi presero il sopravvento e più lui nascondeva il viso più aumentavano. Aoko continuò a stringerlo e ad accarezzargli la schiena finché non si calmò del tutto. Solo in quel momento capì quanto fosse stata cieca in quei giorni, il calendario sulla parete riportava quello stesso giorno cerchiato in rosso con la scritta “Buon compleanno papà”

Lentamente i due sciolsero l’abbraccio sotto lo sguardo dolce di lei, lui cercava scompostamente di asciugarsi il viso arrossato evitando accuratamente di guardarla negli occhi. Aoko andò a prendere un fazzoletto che gentilmente gli porse senza dire una parola, per lei vedere quei due occhi così rossi e gonfi era un tuffo al cuore.

“Va meglio?” chiese dopo un po' vedendolo più rilassato, lui in risposta annui sentendosi in imbarazzo per tutta la situazione non riuscendo a proferire parola.

Secondo Aoko il desiderio del suo migliore amico in quel momento era prendere una pala scavare una buca e sotterrarci la faccia, non sapeva che in realtà era proprio quello che il ragazzo stava pensando, ma andando in suo soccorso lo abbracciò nuovamente.

“Bianco” sussurrò dopo poco lui mandando in confusione la ragazza “Cosa significa bianco?” domandò mentre erano ancora abbracciati.

“È il colore del tuo reggiseno” rispose Kaito picchiettando con un dito la spalla scoperta dalla maglietta sgualcita.

Aoko avvampò e tirò un pugno in testa al ragazzo “Sei il solito pervertito!” urlò stringendo le braccia al petto mentre lui se la rideva. Stavolta non gli serviva nemmeno la rosa per farsi perdonare, a lei bastava quella risata cristallina più spontanea del solito.

 

 

Note dell’autrice

Salve a tutti! *^* Non sono un’assidua frequentatrice di questo fandom, almeno non come scrittrice e dopo la piccola raccolta di drabble sono tornata con una one shot.

Kaito è il mio personaggio preferito proprio per il suo caratterino ma sono convinta che ogni persona abbia due facce, non esiste nessuno che vive sempre felice senza momenti di sconforto e il grande ladro non poteva fare eccezioni. La sua storia personale mi ha affascinato fin da subito e ho voluto dar spazio anche al rapporto padre/figlio oltre che alla particolare amicizia con Aoko.

Spero la storia sia stata di vostro gradimento e avrei piacere di ricevere un vostro parere sia negativo che positivo, anche in una piccola frase!:3

Vi auguro buone feste e buona Pasqua,

Aky <3

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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