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Autore: Elgul1    20/04/2019    15 recensioni
In un mondo popolato da esseri sovrumani sta alla polizia cercare di garantire una sorta d'equilibrio, ma quando è la legge ad essere braccata, chi si occupa dell'ordine? Un nemico invisibile inizia a dare la caccia ad ogni eroe che lotta per la giustizia e la polizia brancola nel buio più totale. Starà a Steve e una squadra di agenti scelti scoprire chi si nasconde dietro queste morti brutali e i motivi che guidano il killer verso un piano malvagio e ambizioso.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il ragazzo, con la divisa militare grigiastra, camminava attento e vigile attraverso le macerie di quel paesino col fucile stretto fra le mani.
La città era stata bombardata in precedenza cercando, in questo modo, di creare più vittime possibili fra i dissidenti per il proseguimento di quella guerra che andava avanti ormai da anni. Sentì, in lontananza, un rumore di spari assordanti ed esplosioni poi silenzio nuovamente.

 - A quanto pare qualcuno è ancora vivo.- Riflettè lui stringendo con più forza le mani sul suo fucile preparandosi a eventuali scontri. In quel momento si trovava nella via centrale della piccola cittadina dozzine di negozi, prima pieni di vita, ormai erano ridotti in polvere e saccheggiati più e più volte gli facevano da contorno. Sentì lo sfrigolare dei pneumatici delle auto in fiamme qua e là e lo scricchiolare dei cocci di vetro che calpestava coi suoi stivali neri. Un rumore di passi da una via parallela  lo allarmò. Veloce si girò di scatto e sparò un colpo senza neanche vedere cosa fosse ma affidandosi alla sua mira degna di un cecchino. Il proiettile centrò il suo obiettivo e si sentì un leggero tonfo. Rapido ando a controllare stando sempre in guardia. A terra, ai suoi piedi, vide un corpo piccolo ed esile. Dei lunghi capelli biondi ramati gli scendevano lungo le spalle ossute arrivando al centro della schiena magra. 
 
Ributtò giù il conato di vomito che sentiva stava salendo su per la sua gola. Aveva già ucciso in precedenza non era una cosa nuova ma, quella che aveva appena eliminato, era una semplice bambina di poco più di sette anni. 
 
Vide che, nella mano destra, stringeva una mela mezza rinsecchita forse il suo unico pasto di un orfana ormai terrorizzata e che nessuno avrebbe aiutato. Mentre fissava il corpo notò la pozza di sangue farsi largo nel punto della testa che aveva preso in pieno col suo proiettile. Un moto di disgusto lo animò. Poteva uccidere uomini e donne che lottavano o anche persone in fuga perché uccidere una ragazzina? Perché porrè fine a una vita che già stava soffrendo? 
" Mi spiace..." Sussurrò con una flebile voce che non sarebbe stata udita da nessuno vista la zona deserta. Non gli era permesso provare compassione in pubblico e nemmeno in azione ma, in quel momento si sentì umano dopo tanto tempo che non lo era più stato.

Poi mise il fucile a tracolla e sollevò la sua mano destra. " Non posso giurare di non uccidere più nessuno però..." Con la sinistra prese il coltello che teneva nella tasca sul retro. " Giurò di non uccidere più un bambino innocente." Concluse facendo un lungo solco sulla mano a mo di ammonimento e di promessa. La radio cominciò a emettere dei suoni continuì a quanto pare doveva andare.
 
Justice si risvegliò da quel ricordo. L'affanno era tornato così come quel dannato momento. Si osservò la mano destra colma di cicatrici segno, indelebile, di quanti altri bambini era stato costretto a uccidere per volere di altri. Aveva deciso di segnare, sul suo corpo, ogni morte innocente così da marchiarsi. Stava per rimettersi disteso quando sentì un enorme frastuono provenire dal soggiorno. Si alzò in piedi a quanto pare il doppio si era svegliato.
 
 
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Will se ne stava nell'auto di pattuglia in silenzio interrotto, ogni tanto, dallo sgrannochiare di Jolly intento a mangiare alcune patatine prese per l'appostamento. Erano lì da oltre quattro ore messi in un angolo buio consci che, nessuno, avrebbe mai fatto domande o simili.
 " Tra quanto possiamo agire?" Domandò con la bocca piena Jolly. Will guardò l'ora segnata sul cruscotto della macchina. Erano le undici di sera passate.
" Tra circa dieci minuti possiamo entrare in azione. Non appena Mimic e Zacchary avranno iniziato il turno e Melany sarà al centralino ci metteremo in azione." Spiegò brevemente tornando a fissare la porta del piccolo monolocale che stavano controllando da ore e che era situata al secondo piano.
 " Sarà quello giusto?" Chiese timidame Jolly che, ancora, aveva grossi dubbi.            
" Ne abbiamo già parlato..." Replicò lui seccato. " E' uno dei pochi con poteri legati all'informatica e, inoltre, è stato già arrestato per essere entrato su siti governativi e averne violato la sicurezza." Aggiunse ancora più convinto. Avevano vagliato vari altri hacker o persone che, per soldi, entravano nei siti per togliere informazioni e simili e, quel tipo, era il migliore. 
" Ok, ho capito." Rispose Jolly ammutolendosi e tornando a mangiare. Conosceva Will da oltre dieci anni sapeva come fosse fatto se si metteva una cosa in testa era impossibile distoglierlo dall'obiettivo. 
" E muoviti a finire di mangiare. Mi stai mandando nei pazzi!" Sbraitò ancora senza distogliere lo sguardo da quella porta.
L altro sospirò rassegnato. - Si sarà davvero una lunga notte.- Pensò prima di prendere un sorso d'acqua e mettersi di nuovo a osservare.
 
 
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Karen si risvegliò all'improvviso mettendosi seduta sul divano. Si guardò attorno spaesata e iniziò ad annaspare presa da un attacco d'ansia. Sapeva dove si trovava ma, ogni volta riprendeva il controllo, il panico la assaliva. Cercò di mettersi in piedi ma si trovò bloccata da un paio di manette attaccate al divano.
 
" Sta ferma..." Sussurrò una voce indistinta nell'ombra. " Lei mi aveva detto che saresti saltata fuori stanotte perciò ho preso precauzioni." Disse ancora Justice seduto poco distante da lei e mostrandosi alla donna. 
" Ti prego, fammi andare via." Piagnucolò lei. Non voleva partecipare ad altri massacri, non voleva più vedere immagine di morti e non riuscire a fare nulla se non quella di una misera spettatrice impotente davanti a tutta quella violenza. 
" Non posso, se lo facessi sarebbe un grosso problema." Replicò lui convinto. 
" Ti prego! non dirò a nessuno ne di te e nemmeno di lui. Voglio solo tornare in prigione!" Gridò lei di rimando iniziando a scuotere le manette con forza ma senza successo.
 " E' un rischio che non posso correre, mi spiace." Replicò ancora lui freddo e per niente commosso da quel suo atteggiamento patetico così diverso da quello della sua controparte più spigliata e più piena di se. - Non posso credere che siano così diverse. - Pensò piuttosto confuso da quel cambio repentino. Knife era più sicura di se e più strafottente. Quella che aveva davanti sembrava un cucciolo spaurito. Ma se c'era qualcosa che aveva imparato è che, proprio dalle creature più deboli, ci si poteva aspettare il peggio.
" Almeno slegami." Gli disse ancora la super distogliendolo dai suoi pensieri. 
" Chi mi assicura che non fuggirai?" Gli domandò lui con fare sospettoso. Lei lo fissò con gli occhi lucidi.
 " Credi sul serio che proverei a scappare con te qua di fronte a me." Replicò lei mostrandogli le mani per farsi aprire le manette. Lui esitò per qualche istante poi, prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni e aprì con cautela le manette. Karen si sfregò le mani indolenzite sotto l'occhio vigile di Justice. 
" Grazie..." Mormorò lei ancora visibilmente scossa. 
" Vedi di non farmici pentire. Non voglio assolutamente essere costretto a farti del male." Replicò con durezza. Karen diventò pallida sotto quella minaccia velata. A un certo punto si sentì un suono provenire dal fax sulla scrivania vicino al computer. Justice, sempre senza togliergli gli occhi di dosso, si avvicinò ad essa prendendo il foglio che era appena arrivato. 
Lo osservo con attenzione prima rimanendo stupefatto dal guadagno che avrebbe fatto poi, alla vista del soggetto e della tipologia, raggelò per la prima volta da quando aveva cominciato quel lavoro.

" Quando la tua doppia sarà dei nostri?" Chiese a Karen che drizzò le orecchie.
" Io non lo so..." Ammise impaurita ancora. " Ci scambiamo piuttosto rapidamente... ma dipende molto dalla situazione." Spiegò.
 Justice attaccò con un coltello la foto della donna dai lunghi capelli corvini che era appena arrivata. " Bhe, ho bisogno di lei ed è un vero bisogno." Mormorò ripensando al dannato livello III che avrebbe dovuto affrontare a breve.
 
 
-
 
 
Will e Jolly scesero dall'auto poco dopo mezzanotte. Non appena gli altri, dalla centrale, spedirono il messaggio per dare l'ok.
" Stiamo attenti." Bisbigliò con un sussurro Will mentre salivano le scale della palazzina cercando di non fare rumore.  Jolly annuì. " Nel caso provi a fuggire attiva il campo di forza su tutto l'ingresso." Suggerì mentre arrivarono di fronte alla porta malandata dell'appartamento in cima alle scalinate. Si appostarono ai lati della porta. Will, dopo pochi istanti, diede il segnale con un cenno della mano destra e, lui, con una spinta cinetica la aprì piano forzandola.
 
Non appena entrarono nel monolocale la loro attenzione fu rivolta alla figura calva e in sovrappeso al suolo  posta tra il soggiorno e il piccolo cucinino con  la testa  girata di 180 gradi e, un grosso pugnale sulla sua spalla destra. Nella mano sinistra l uomo teneva una pistola che, a quanto pare, non era riuscito a usare. I due super estrassero le armi non era il momento di restare troppo sorpresi chiunque fosse stato era ancora lì forse. 
Will fece fermare Jolly. " Chiama mimic e gli altri. E aspetta qui." Gli sussurrò prima di dirigersi verso la camera da letto da cui si avvertiva uno strano rumore.
 
Dallo spiraglio della porta intravide una figura slanciata completamente vestita di nero e illuminata a malapena dalla luce che veniva dall'esterno grazie al lampione dietro l'angolo.
 Il tizio sembrava cercare qualcosa visto il caos che stava facendo nella stanza messa tutta quanta a soqquadro. Will appoggiò piano la mano sopra la porta aprendola lentamente per sbirciare meglio. Non voleva disturbare quel tipo che forse stesse cercando la sua stessa cosa? Magari era lo stesso killer venuto li per recuperare prove o simili? Si chiese mentre lo guardò fissare il muro davanti a una specie di cassapanca in legno. Lo vide mandare indietro la mano destra e colpire con forza il muro aprendo un foro. Li, togliendo il cartongesso, si mostrò una piccola cassaforte che iniziò a scassinare.
 - Bingo.- Pensò mentre, con la mano sinistra, attivò piano i generatori per far fluire energia. Lo avrebbe steso con un solo pugno e poi lo avrebbe interrogato. Il suo fiuto non sbagliava quel tizio c'entrava qualcosa col suo caso.
Non appena sentì il click dell'apertura spalancò la porta di getto e si catapulto sul tizio che, nonostante la sorpresa, si posiziono in difesa con la mano sinistra in avanti e bloccò a stento il pugno del super.

" Sei in arresto." Annunciò Will sferrando anche un velocissimo destro che, però lo sconosciuto scanso per un soffio chinandosi al suolo. " Non solo hai ucciso il tizio che volevo interrogare ma gli rubi anche in casa. La cosa mi irrita alquanto!" Esclamò eseguendo un calcio basso che prese in pieno il ladro spedendolo contro il muro vicino alla finestra aperta.
Stava per scattare nuovamente contro di lui ma, l'avversario, gettò qualcosa ai suoi piedi e un'enorme cortina di fumo ricoprì l'intera stanza. Con una sferzata della mano si libero di quel gas dannoso ma, il nemico, era scomparso nel nulla. 
 
- Mi è sfuggito.- Pensò fra sè e sè voltandosi e vedendo l'oggetto di interesse di quel tizio vestito di nero. Il computer portatile era a terra e perfettamente integro per fortuna. Sorrise soddisfatto a quanto pare era sulla strada giusta.
 
 
-
 
 
Steve apri la porta di casa con la mano che gli tremava si rendeva conto di aver bevuto troppo ma ne aveva bisogno. Barcollando entró dentro per poi rinchiudersi l'uscio alle spalle.
Aveva avuto la necessita  di bere soprattutto dopo quello che Erika gli aveva detto dopo la riunione: 
 
 
Si trovavano in un piccolo bar del centro in cui, tempo fa, si ritrovavano insieme a Matthew e altri compagni di corso per parlare dopo una faticosa giornata oppure per divertirsi.
 
Erika girava lenta il cucchiaio dentro la tazza di caffè scuro assorta nei suoi pensieri. Steve la guardava curioso visto che, proprio lei, aveva deciso di parlargli dopo quasi due anni in cui non si erano sentiti sia per la furia della donna sia perché lui non se la sentiva.
" Cosa volevi dirmi?" Domandó infine lui facendo alzare di botto la testa della ex collega. Lei prese un sorso di caffè quasi scottandosi la lingua come per darsi coraggio.
" Ti ho chiesto di parlarti perché io...." Sospirò come se quello che volesse dire, le stesse pesando come un macigno." Ti volevo chiedere scusa per il mio comportamento...." Ammise infine lasciando Steve senza parole.
" Quando sono andata a parlare con le vedove di Sonar e Animal mi sono resa conto che sono stata ingiusta con te in questi due anni..." Disse ancora mentre Steve la fissava.  " Anche tu hai sofferto e tanto anche. Se per me era un amore per te era come se fosse un fratello mi spiace per come sono stata... Spero che mi perdonerai." Concluse infine Erika rammaricata.
In quei giorni ci aveva pensato molto a cosa dire e cosa avrebbe potuto fare. Non era mai stata brava in cose simili ma, per questa volta, voleva provarci.

Steve non sapeva cosa dire. Non si aspettava un simile discorso e un simile atteggiamento non da Erika non da colei che, aveva sempre visto, come una roccia inamovibile sempre ferma sulle sue decisioni.
" Non ti devi scusare. Il tuo dolore era giusto." Rispose lui di rimando convinto delle sue parole. " Inoltre anche io mi sono allontanato da te e da tutti gli altri." Ammise lui stesso ancora con uno strano timbro nella voce.
 " Si, ma sono comunque stata ingiusta." Disse lei di rimando. " Avrei dovuto cercare di non distanziarmi così da te. Ci conosciamo da una vita e, nel mio profondo, so benissimo che tu non c'entri nulla con la sua morte." Mormorò ancora lei con un sorriso triste. Un brivido di gelo attraverso il corpo dell'ex agente.
 " Da egoista ti ho accusato ingiustamente e ti ho dato del codardo ti ho..." Eseguì un lungo respiro come per calmarsi da quel fiume in piena di cose che avrebbe voluto dire.
" Tranquilla Erika..." Gli sorrise Steve cercando di calmarla. " Ti perdono per come ti sei comportata e spero che tu possa perdonare anche me." Rispose ancora lui. " Grazie." Mormorò lei con un sorriso sincero per la prima volta dopo due anni.
 
Si sentiva uno schifo ancora peggio di prima al solo ricordo di quel sorriso che lei gli aveva fatto. Sbattè il pugno sinistro contro il muro sentendo un male cane ma sempre poca cosa rispetto al suo dilemma interiore. " Sarei dovuto morire io quel giorno e non tu." Mormorò a voce alta mentre si avviava a letto pronto a una nuova nottata di incubi e risentimento.







ANGOLO DELL AUTORE: Eccomi col nuovo capitolo anzitutto buona pasqua a tutti voi che state leggendo e per le recensioni.
La storia, da come avete potuto vedere, sta andando avanti. Spero che, fino ad ora, la storia vi stia piacendo ci vediamo nel prossimo capitolo ;) 
   
 
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