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Autore: Happy_Pumpkin    21/04/2019    1 recensioni
Quando però vide Naruto portarsi una mano sulla bocca con un labbro sanguinante, Kiba nemmeno si chiese le ragioni di quell’attacco o altro; semplicemente, strinse i denti e rilasciò poi un urlo di rabbia, rialzandosi con uno scatto feroce: primo, nessuno attaccava il suo migliore amico e pensava di andare in giro a raccontarlo il giorno dopo; secondo, poi chi la sentiva la sposa di quell’idiota se glielo avessero portato saccagnato di botte?
[NaruKiba BROTP ! Partecipante alla challenge Colomba Express del gruppo SasuNaru Fanfiction Italia]
Genere: Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Premessa questa storia avrebbe dovuto essere una flashfic, ma avevo quest'idea in testa che mi è esplosa quando ho avuto la possibilità di parlare di una brotp tra Naruto e Kiba, quindi non me la sono proprio sentita di tagliare parti per me essenziali XD Spero che gradirete lo stesso! Auguri di Buona Pasqua!
Consiglio spassionato: leggete queste righe ascoltando la canzone omonima da cui è ispirato il titolo I'm shipping up to Boston dei Dropkick Murphys. E... occhio che quando finirete avrete voglia di andare al pub a fare casino!



Shipping up to Boston



Per Ale, le tue risate, la tua energia, la tua sensibilità dietro il fare scherzoso. Tanti auguri, al Naruto migliore che potessi incontrare <3





Nel pub c’era odore di sigaretta, di legna bruciata nel camino, del sudore degli avventori che chiacchieravano tra una bevuta e l’altra; si percepiva il profumo della birra dal colorito ambrato e un retrogusto speziato, con la schiuma che scivolava lungo il boccale e poi giù, lungo le mani rese ispessite dal lavoro per poi gocciolare sul bancone di legno scuro, scheggiato e consumato fino ad avere i bordi lisci, lucidi come lacrime sulla pelle di una nobildonna.
Kiba, garzone che aveva viaggiato dall’Oriente fino alle coste di Boston, fumava ridacchiando di tanto in tanto mentre attendeva l’arrivo del festeggiato.
Beh, sempre che un matrimonio fosse un’occasione da festeggiare: per come andavano i tempi, Kiba non ne era poi tanto sicuro. Scrollò la cenere, bevve una boccata di birra e fece in tempo a poggiare il bicchiere, asciugandosi i residui di schiuma col dorso della mano, che sentì un vociare più rumoroso degli altri.
Sollevò un sopracciglio, scuotendo la testa divertito mentre annunciava al gruppo di amici: “Scommetto ogni dannatissimo centesimo della mia paga che questo è Naruto!”
“Beh, allora non è che tu abbia molto da scommettere!”
Kiba si voltò e vide Naruto che lo guardava con la sua faccia da schiaffi, una bretella saltata e le maniche della camicia arrotolate.
“Fottiti, idiota!” replicò l’altro, sollevando il dito medio, per poi andare ad abbracciarlo; o meglio, stritolarlo, in quel modo tutto Inuzuka che aveva di comprimere le vertebre alle persone – per ucciderle o dimostrare affetto, a seconda dei casi – offrendogli poi una birra, come principio di quella serata speciale dedicata al suo migliore amico, in una città di immigrati, mercanti e università.
“Ragazzi – dichiarò Naruto tirando poi su col naso, commosso anche se aveva un sorriso che andava da una parte all’altra del volto – sono davvero, davvero troppo felice che siate tutti qui, per me, a festeggiare. Stasera tiriamo giù Boston!”
Urlò esaltato, seguito a ruota dal gruppetto. Kiba lo prese in giro, ribadendo che prima di tutto lui era lì per la birra, poi veniva il resto, ma fece un brindisi e, trascinato, infiammò la già calorosa euforia generale.
Si divertirono coinvolgendo parte degli avventori, tra canti marinareschi imparati nelle traversate commerciali e balli folk insegnati dagli irlandesi, approdati sulle coste americane dopo la carestia nel loro paese, in un’ondata di capelli rossi e cattolicesimo.
Tutto andò per il meglio finché qualcuno batté una pacca sulla spalla di Naruto che, spensierato, si voltò pronto a condividere un bicchiere; ma il sorriso si spense come una fiamma senza ossigeno: vedere infatti il volto arcigno di un marinaio grande e grosso, intento a squadrarlo dall’alto in basso con le braccia incrociate e l’aria di chi cercava guai, non lo fece propendere a ridere ancora. E la frase che lo sconosciuto gli rivolse lo portò a ridere ancora meno:
“Tu e i tuoi amici fate troppo casino. Levatevi dal cazzo e – lanciò un’occhiata ai suoi compari con un sorriso d’intesa – nessuno si farà male.”
Qualcuno dei tizi accanto a lui rise, già convinto della superiorità del proprio gruppo.
Naruto però si guardò attorno, scrollando le spalle: “Sai, ho provato a cercarlo, ma... non lo vedo mica!”
“Cos’è che non vedi, sottoprodotto della merda?” fece l’altro, sollevando un labbro con una smorfia irritata.
Il ragazzo biondo sgranò gli occhi, sorpreso, con l’aria di chi stesse parlando a un minorato:
“Ma come? Un cartello con scritto che in un pub non si può bere e fare festa: non lo vedo! Anche se tanto, ah, mica l’avresti letto, coglione!”
Non che lui sapesse proprio leggere benissimo, ma... ehi, Naruto era un tipo che quando cercavano di impedirgli di fare qualcosa agiva di petto, smettendo del tutto di pensare razionalmente, insulti sull’analfabetismo compresi. Sorrise, euforico, anche nel vedere che la provocazione era andata a buon fine: il marinaio infatti ringhiò e i suoi compagni si scaldarono le nocche, pronti a fare qualcosa di peggio rispetto a lanciare minacce da fighetta borghese.
Ancora su di giri dopo aver baciato Jenny, la più bella del suo quartiere, sporco di rossetto Kiba si avvicinò al migliore amico: “Ehi, che succed...”
Ma non finì di parlare che Naruto gridò, spingendogli la testa per farlo abbassare a forza: “Kiba! Giù!”
Senza molta possibilità di scelta il ragazzo lo ascoltò, chinandosi giusto in tempo: sentì infatti passare sopra di sé un pugno scagliato a tutta velocità e diretto contro Naruto. Questi, occupato a difenderlo, oltre ad avere in corpo più birra che sangue, non riuscì granché bene a schivare il colpo lanciato dall’omone con cui, evidentemente senza molto successo, aveva appena finito di scambiare insulti.
Quando però vide Naruto portarsi una mano sulla bocca con un labbro sanguinante, Kiba nemmeno si chiese le ragioni di quell’attacco o altro; semplicemente, strinse i denti e rilasciò poi un urlo di rabbia, rialzandosi con uno scatto feroce: primo, nessuno attaccava il suo migliore amico e pensava di andare in giro a raccontarlo il giorno dopo; secondo, poi chi la sentiva la sposa di quell’idiota se glielo avessero portato saccagnato di botte?
“Hai colpito la persona sbagliata, amico!” gridò Inuzuka con un sorriso ferino, gli occhi scintillanti per l’adrenalina che già sentiva cominciare a scorrergli in corpo.
Dopo aver sputato a terra un grumo di sangue e saliva, Naruto lo spalleggiò mettendosi accanto:
“Puoi dirlo forte; impara, stronzo!”
Si lanciarono una veloce occhiata carica di complicità, per poi tornare a guardare davanti a loro: schivarono con uno scatto laterale i pugni lanciati dall’omone e da uno dei suoi soci che, incattiviti, non aspettavano altra occasione per riscattarsi; senza nemmeno dirsi altro, i due ragazzi contrattaccarono colpendoli ai fianchi, mentre altra gente e gli amici, chi urlando, chi ridendo, prendevano parte alla rissa scoppiata. Abituati alle impennate di violenza della clientela, un violinista e un compare con il tamburello si misero in un angolo a suonare e, al ritmo di musica folk, con il barista che dietro il bancone cercava di salvare alcool e bicchieri, il pub si trasformò in un ammasso di avventori dalla testa calda intenti a darsele di santa ragione.
Schiena contro schiena, sudati, con qualche livido e il sorriso che tutto sommato non se ne voleva andare, Kiba esclamò:
“Auguri, bro! Da sposato le risse non potrai più farle, quindi domani porta con onore il tuo labbro pestato!”
Dopo aver fatto crollare a terra un tizio, Naruto finì in un sorso la sua birra; spaccò il bicchiere con troppa potenza contro il bancone quando credeva di averlo appoggiato, con schegge di vetro e legno che volarono dappertutto, mentre il violino continuava ad andare al ritmo incalzante del tamburo:
“Chi te lo dice che non le farò più, bro? E comunque – rise, adrenalinico – questo è l’addio al celibato più figo che potessi ricevere! Sei il migliore!”
Un po’ emozionato, forse per l’alcool, Kiba finì per scoppiare a ridere. Poi si abbassarono in contemporanea, quando un altro degli avventori buttati a caso nella mischia lanciò loro addosso una sedia che si schiantò contro il bancone. I due migliori amici si guardarono un istante poi, con un cenno, ripartirono alla carica, tra altra gente che si picchiava, il ritmo folkeggiante che riecheggiava nella sala accaldata e qualcuno che in lontananza assisteva facendo scommesse, senza mancare di bere un sorso spillato da dei barili salvati, nel mezzo di urla, tonfi, risate e le note acute del violino, con in lontananza il mare e le navi intente ad approdare a Boston, nel freddo serale di una folle notte d’autunno.

 
   
 
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