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Autore: Nykyo    21/04/2019    2 recensioni
Dopo essere sopravvissuto all'Apocalisse, Diego ha una nuova missione: impedire a Klaus di farsi del male.
Klaus vorrebbe ripagarlo, ma il solo modo che conosce è troppo doloroso e i sentimenti che inizia a provare per il fratello non lo aiutano.
Ma forse Ben ha ragione: si amano, devono solo decidersi a confessarselo. Possibilmente mettendoci meno tempo rispetto ad Allison e Luther ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Buona Pasqua :)


V.

 

Ben saltò giù dal ripiano della cassettiera che aveva usato come sedile fino a un secondo prima.

«Non puoi restare chiuso qui per tutta la vita,» sbuffò con un’espressione esasperata.

Klaus aprì un occhio, ma non sollevò il capo dal cuscino. «Tecnicamente posso, finché riesco a uscire quando nessuno mi vede e ingozzarmi e portarmi qualche provvista qui in camera.»

«Già, ma non ti stai ingozzando, a malapena hai toccato cibo in quasi due giorni. Sei su quel letto da un’eternità, è un miracolo se ti sei azzardato ad andare in bagno. Vuoi sul serio continuare così?»

«Mi sembra un buon piano.» Di gran lunga migliore che uscire, incrociare Diego, e affrontare la fine precoce della loro pseudo relazione.

Perché era lampante che fosse finita, no?

Ben stava camminando su e giù e lo fissava come se valutasse l’idea di fargli saltare un altro dente.

«Che fine ha fatto la filosofia del “passerà, anche se fa male”?»

«Oh, beh,» Klaus si girò a guardare il soffitto. «Presumo sia andata a suicidarsi come papà, giusto un attimo dopo che Diego mi ha piantato in asso.»

«Non ti ha piantato in asso.» Ma nemmeno Ben ne sembrava convinto.

E faceva bene a non esserlo. Diego si era lasciato confortare ancora per qualche minuto, e poi, appena era riuscito a calmarsi un po’, si era allontanato e si era trincerato in camera sua. Per ore. Ma a lui Ben non andava mica a fare la morale.

Anche perché non poteva, in effetti, ma erano dettagli.

«No? Mi aveva dato quell’idea.»

Ben tornò a sedersi sul cassettone. Scosse il capo. «Lo sai come è fatto. Tutto d’un pezzo, deve sempre dimostrarsi forte, superiore ai sentimenti. Quelle cazzate da macho. Stava cercando di non crollare davanti a te.»

«Giusto,» rispose lui con una smorfia. «Mai crollare davanti a quel disastro ambulante del fratellino che non fa altro che andare in pezzi di continuo. Ci penso già io a perdere la dignità a tempo continuato e per conto di tutti e due. Grazie, ora mi sento molto meglio.»

Gli angoli delle labbra di Ben puntarono verso il basso. «Non intendevo questo, e nemmeno lui. È… è Diego, è sempre stato così. Con te si è aperto come non l’avevo mai visto fare con nessuno. E, per quel che puoi saperne, dopo ti ha cercato ma nel frattempo eri tu quello nascosto sotto le coperte a giocare a nascondino.»

Klaus scattò su a sedere, piccato. «Mamma non gli ha insegnato che se vuoi vedere qualcuno puoi sempre cercarlo nella sua stanza e bussare se la porta è chiusa? E dire che è sempre stato il suo cocco…»

Bussare, già, come aveva fatto lui dopo il loro primo bacio. Bussare come… come qualcuno stava facendo giusto in quel preciso momento.

Klaus si voltò verso la porta e Ben fece lo stesso. Si mossero praticamente all’unisono.

Il rumore si ripeté inconfondibile, ma chi l’aveva prodotto, picchiando con le nocche contro il legno, non aspettò risposta.

La porta si aprì e Diego marciò dentro. Solo che anziché farlo con aria bellicosa lo fece a capo chino.

«Visto?» Ben sorrideva di nuovo, ridacchiava, addirittura, e si dissolse, sparendo subito alla vista.

Klaus avrebbe voluto fare altrettanto.

«Posso?» chiese Diego. Sembrava incerto se sedersi o meno sul bordo del letto.

La tentazione di rispondergli di no era enorme, ma Klaus tirò le ginocchia al petto e fece un cenno affermativo. Tanto valeva discuterne e dare un taglio a quella faccenda, una volta per tutte.

Dopo che Diego si fu seduto, però, rimasero in silenzio a lungo.

Erano vicini, ma così rigidi e distanti che era come se li separasse una voragine. Il senso di vuoto che Klaus stava sperimentando era tale che gli faceva venire voglia di allungare una mano e toccarlo, per dimostrare a se stesso che era ancora possibile un contatto.

«Avevo bisogno di pensare. Mi dispiace.» Diego finalmente lo stava guardando in faccia, anziché osservarsi le mani e tacere.

Laconico, eppure era un inizio. E tutto sommato era comprensibile, per quanto non aiutasse più di tanto. Klaus aveva comunque il cuore stretto in una morsa gelida.

«Eri sconvolto per aver visto la detective, lo capisco,» offrì, cercando di mostrarsi comprensivo. In fondo l’esperienza era stata devastante per tutti e due.

«Anche, ma…» Forse Diego aveva smesso di fissarsi le mani, ma non di tormentarsele. «Ma-m-ma… avevo bisogno di capire che non ti ero solo grato per averla evocata. Che non è solo per quello e perché tutti e due abbiamo perso una persona importate, o per gratitudine che io… che-che…» Si interruppe e buttò fuori un lungo sbuffo. Appariva frustrato.

Con la testa inclinata da un lato Klaus spiò la sua espressione, cercando di capire.

«Cosa?»

«C-che-che io… che…» Diego fece un cenno a indicare lui e poi se stesso. «Che n-noi… Cristo!»

Diede un pugno al materasso. «Lo odio quando non riesco a dire le cose!»

«Umh,» Klaus non lo sentiva balbettare da quando erano bambini. A quell’epoca, gli era capitato a volte di sentirlo parlare della cosa con mamma. Diego non se ne era mai accorto, perché a voler essere pignoli, la negletta di famiglia era Vanya, ma lui all’epoca era stato un piccolo fantasma insignificante. Si sentiva ancora così, il più delle volte, per quanto si vestisse e si comportasse in modo eccentrico e non ci tenesse più tanto a rimanere invisibile.

«Com’era quel consiglio che ti dava mamma?»

Davvero non capiva come gli stesse riuscendo di mostrarsi tanto calmo. Ma dal primo momento in cui Diego aveva iniziato a parlare aveva deciso che doveva provare ad ascoltarlo.

«Dillo nella tua mente.» Fu la risposta seguita da un sospiro.

«Mi sembra un buon cons…» Non poté finire la frase perché Diego l’aveva afferrato per la maglietta – anche quello era davvero un vizio – per poi zittirlo con un bacio.

Un bacio languido, lento e struggente al punto che Klaus dovette distendere le gambe e massaggiarsi la bocca dello stomaco. Alla faccia delle proverbiali farfalle, era una sensazione troppo intensa. Faceva male ed era spaventosa. Ma lo era in una maniera bellissima.

«Che ti amo,» disse Diego tutto d’un fiato, quando riemerse dal bacio. «Ti amo.»

La dichiarazione era stata quasi rabbiosa e Klaus la ricevette con un «Wow» incredulo e sbattendo le palpebre.

«Mi…?» indicò se stesso e poi Diego.

La risposta fu un altro bacio, più deciso del precedente.

«Oh,» annuì lui. Gli girava un po’ la testa.

Quando uno era pronto a una rottura disastrosa sentirsi dire certe cose poteva essere parecchio spiazzante.

«Tu no?» chiese Diego, scrutandolo e sollevandogli il mento con due dita, per spingerlo a guardarlo negli occhi.

Klaus gli donò un sorriso storto. «Io? Io assolutamente sì!»

«E non sei incazzato per…»

No, non era incazzato. Era euforico. Incredulo, euforico e felice.

Conoscendosi in seguito gli sarebbero venuti mille dubbi – curioso come i dubbi proliferassero in una mente sobria – e avrebbe avuto bisogno di porre domande stupide e patetiche. Ma non al momento.

«Ho detto: assolutamente sì.» Calcò sulle sillabe dell’avverbio e spinse Diego giù sul letto. Gli salì a cavalcioni sui fianchi e si prese il bacio avido e tutto lingua di cui aveva una gran voglia.

Diego lo amava. L’aveva detto. Balbettando un po’ prima di riuscirci, ma a dire il vero quello era un dettaglio abbastanza tenero. E significava che non era finito proprio niente, che non si era trattato solo di scopare per dimenticare il dolore, che non si erano semplicemente usati a vicenda.

Il bacio si ammorbidì mentre la posa un po’ rigida di entrambi diventava un abbraccio. Due corpi uniti da una vicinanza che non ammetteva distacco, e che si muovevano d’istinto l’uno incontro all’altro.

Klaus non riusciva a smettere di sorridere, nemmeno sotto l’aggressione della bocca che stava divorando la sua.

Le sue mani provarono a infilarsi sotto i vestiti di Diego, in cerca di pelle nuda.

«Come diavolo si toglie questa specie di cintura di castità full boy che ti ostini a indossare?» sbuffò dopo un paio di tentativi. «Non ci riesco mai!»

«Non la trovi sexy?» Il tono era di chi volesse canzonare lui ma anche se stesso.

«È sexy ma la odio, mettici… non so, una zip?»

La risata di Diego gli solleticò la gola e si perse quando la sua lingua gli accarezzò un angolo del mento.

«Le zip luccicano nel buio. Nessun vendicatore mascherato le userebbe mai.»

«Perché, i pugnali invece non luccicano?»

Diego rise di nuovo e si sollevò a sedere. «Vuoi davvero discuterne o vuoi fare l’amore?»

Non aveva mai parlato in quei termini del sesso tra loro. Era solo un dettaglio, una cazzata, ma Klaus si morse un labbro con gli occhi che si facevano lucidi.

«Allora eri serio poco fa…»

Diego gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo. «Assolutamente sì.» Lo citò, calcando anche lui sulla prima parola e riuscendo a non balbettare.

Rimasero fermi per un istante lungo come un paio di secoli. Quando lo lasciò andare Diego aveva le guance arrossate e forse per nascondere l’emozione iniziò subito a spogliarsi.

Klaus non gli chiese più nulla. Lo aiutò a liberarsi dai vestiti, si disfò dei propri e si distese a pancia in giù, come Diego gli stava sussurrando di fare.

Provava una strana calma surreale, mai sperimentata prima, un senso di pace. Era quello il termine giusto? Qualunque cosa fosse era perfino più potente dell’eccitazione.

Dopodiché si perse nel calore delle carezze e dei baci che gli percorrevano la schiena, riscaldando e marchiando ogni centimetro della sua pelle.

Si affidò alle dita che lo preparavano con lentezza e obbedì alla richiesta di tenere ferme le braccia e i fianchi mentre Diego finalmente lo prendeva e iniziava a spingersi dentro di lui con quella prepotenza controllata che ormai aveva imparato a conoscere.

Non importava quanto fossero danneggiati, insieme funzionavano, sembravano ancora integri. Klaus aveva paura di ammetterlo con se stesso, ma lo pensava e ora sapeva di non essere il solo a crederci.

Sfregò la fronte imperlata di sudore sul cuscino, chiuse gli occhi e ansimò una litania di suppliche, finché Diego non accelerò il ritmo e il mondo intero si fece confuso. Un insieme di macchie indistinte e piacere che cresceva, rovente, sino a farlo urlare.

Con la testa che girava per la forza dell’orgasmo e le punte dei piedi ancora arricciate, cercò di prendere fiato, ma il respiro si perse in un bacio.

Durò a lungo e fu interrotto solo quando Diego strinse i denti per soffocare un gemito. Un lamento ansante che Klaus avvertì dentro di sé come una vibrazione.

Rispose stringendo i muscoli per sentirlo venire.

Un attimo dopo Diego gli crollò addosso, e lui sì girò d’istinto, per allacciarlo per la vita e impedirgli di alzarsi.

«Assolutamente sì?» chiese, con lo sguardo ancora velato dal piacere. Diego annuì con un sorriso, il più pieno e vulnerabile che gli avesse mai visto in viso.

«Assolutamente.»

 

***

 

«Klaus!»

Diego stava bussando da almeno cinque minuti, ma lui non era ancora pronto. «Un attimo.»

«Dio, sei peggio di Allison,» Ben era un traditore, stava solidarizzando con il fratello sbagliato. «Ora vado fuori a dargli man forte.»

«Non puoi, ti servo io per tirare fuori i tentacoli,» cantilenò lui allegro, e continuò a fissarsi nello specchio. C’era qualcosa  che mancava…

«Arriveremo in ritardo. Credevo l’avessimo deciso tutti insieme: è importante che Vanya sappia che ci siamo per lei.» Fu la lamentela che lo raggiunse attraverso lo schermo della porta chiusa.

Klaus annuì, anche se Diego non poteva vederlo. L’avevano stabilito davvero. Non solo per Vanya, in generale. Dovevano parlare di più, conoscersi meglio, imparare a sostenersi, non solo nei momenti di crisi.

Sperava che in occasione di quel concerto importante anche Numero Cinque si sarebbe fatto vivo, dopo tanti mesi. E, soprattutto, era elettrizzato all’idea che, quando Vanya li aveva invitati e Luther e Allison avevano reso ben chiaro che lo consideravano un invito di coppia, Diego gli avesse sussurrato: «Andiamoci insieme, io e te.»

Il che era un motivo stupido per essere felice, perché di fatto quel “insieme” comprendeva la famiglia intera. Coppia o non coppia Luther e Allison non si sarebbero seduti per conto loro, Vanya aveva preso posti vicini per tutti, mamma compresa. Ma a lui era rimasto per giorni un buonumore ridicolo, nemmeno fosse esilarato dalla marijuana che ormai non fumava più da un pezzo.

Perfino in quel momento aveva voglia di scherzare, perché era allegro, un po’ su di giri.

«Finisco di tirare giù la gonna del tubino e vengo,» scherzò, immaginando la faccia di Diego.

In realtà indossava un completo elegante di velluto viola scuro e una camicia color grigio argento. Si era messo perfino la cravatta – nera, con piccole violette bianche e gialle – e un cappello con la fascia. Aveva sempre sognato di mettersi uno di quei Fedora da killer dandy al servizio della mala di Al Capone.

Ma davvero mancava qualcosa.

Aprì comunque la porta, o avrebbero rischiato di fare tardi sul serio.

Diego gli apparve davanti imbronciato ma elegantissimo.

Klaus non lo aveva mai visto in smoking e, per quanto la serata potesse considerarsi formale, la tenuta era molto più elegante di quanto avesse previsto. Ed era sexy. Il tipo di sexy che ti faceva pensare: “Restiamo a casa, quei vestiti ti stanno così bene che devo strapparteli di dosso.”

Prima il concerto, però. L’avevano promesso a Vanya. Avrebbero avuto tempo dopo.

«Niente pugnali stasera?» domandò con una smorfia maliziosa.

A rispondergli fu mamma che si avvicinò, veletta già calata sul viso, e sistemò il cravattino di Diego. «Non si entra armati in un teatro se non è per una missione, tesoro. Gli altri spettatori potrebbero spaventarsi. Siete pronti? I vostri fratelli sono già di sopra.»

Fratelli, già. Che definizione ormai limitata, oltre che, come sempre, poco azzeccata. Alcuni di loro si consideravano tali e quindi lo erano, senza dubbio, malgrado la morte addirittura. Ma c’erano altri legami che li univano ormai.

Come se gli avesse letto nella mente Diego lo prese per mano, in un modo inequivocabile e tanto evidente che mamma notò il gesto e rimase a fissarli in silenzio per un momento. Ma poi sorrise: «Non vi dimenticate i cappotti, ragazzi, andiamo.»

Così la seguirono al piano di sopra, le dita ancora intrecciate, fino al guardaroba all’ingresso.

Videro Luther chiacchierare con Allison davanti al portone, e Ben che si preparava a uscire con loro, sebbene solo Klaus potesse vederlo.

Diego infilò il cappotto e gli porse il suo. O meglio, il soprabito troppo sobrio e noioso che era stato del padre e che aveva un solo pregio: un collo di velluto nero lucidissimo.

Klaus aveva dovuto abdicare al suo per amor di Vanya, e cercava di non pensare a chi era appartenuto quello che mamma aveva riadattato per lui.

Distratto da quei pensieri si accorse che Diego gli stava mettendo qualcosa intorno al collo solo all’ultimo momento.

«Un boa di struzzo,» constatò sorpreso, chiedendosi da dove spuntasse fuori.

Diego fece una smorfia compiaciuta. «L’ho rubato a una spogliarellista che ho salvato l’altro giorno,» rise e poi tornò serio. «L’ho comprato apposta per stasera. Nero, così nessuno potrà dire che è troppo vistoso.»

I suoi occhi stavano ancora ridendo, nonostante l’espressione compassata del resto del viso. «Ho pensato che l’avresti gradito e che Vanya non lo avrebbe considerato offensivo al punto da scatenare di nuovo l’Apocalisse.»

Klaus strinse le labbra e sospirò.

«Ti amo,» disse poi di slancio. E un istante dopo si rese conto che era la prima volta che lo diceva chiaro e tondo.

Diego afferrò i lembi del boa e lo tirò per farlo avvicinare. Lo bacio sotto gli occhi degli altri, di mamma e perfino di Pogo, che li osservava dalla balaustra sopra le scale.

Klaus sospirò di nuovo. Non aveva più l’impressione che mancasse qualcosa.

«È tardi,» disse, prendendo Diego per mano. «Andiamo, non voglio perdermi l’inizio del concerto.»

   
 
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