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Autore: vali_    25/04/2019    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Ebbene sì, siamo arrivati al penultimo capitolo di questa storia. *raccoglie fazzoletti e tira su col naso*
Io sono sempre in ritardo, ma se non lo fossi stata anche stasera non sarei rientrata nella norma quindi va bene così XD
Sono felici che abbiate accolto i due precedenti capitoli con entusiasmo. Ero veramente preoccupata perché si è trattato di un cambio di rotta radicale e non sapevo bene come poteva andare a finire. Sono felicissima, dunque, di non averla fatta grossa… o almeno non troppo insomma XD
Il prossimo capitolo sarà un epilogo, quindi mooolto più corto dei capitoli precedenti – compreso questo. In più, ho pensato di pubblicarlo giovedì anziché mercoledì perché a) è il primo maggio e sarete tutti a far baldoria ma soprattutto b) giovedì è il compleanno di Sam e mi va di fargli quest’omaggio.
Detto ciò, vi auguro una buona notte e vi aspetto numerosi per il gran finale… che non sarà grande ma, va beh, la frase aveva un suo perché XD :***

PS. in questo capitolo è presente un salto temporale un po' più lungo dei precedenti; spero che risulti tutto comprensibile. 
 

Capitolo 33: Roots
Some are born to spread their wings,
And others to spread their roots.
 
(Jen Fountain)
 
 
«Non avrei mai pensato di dirlo, ma voglio… voglio andare a vivere con Ellie».
«Scusa, ma… non ci vivi già? Insomma—»
«No, intendo in una casa. Una vera. Sono stanco di tutto questo».
 
Osserva con sguardo distratto fuori dal finestrone di casa di Bobby, l’eco di quelle parole impresse nella mente. 
Ricorda bene quando l’auto di suo fratello era parcheggiata qui davanti, quando era un rottame dopo l’incidente dove stavano per morire e Dean l’ha rimessa in piedi.
Adesso l’aria è totalmente diversa: fa più caldo – complice la calda stagione ormai avviata, visto che è fine Agosto –, il sole picchia forte sulla terra bruciacchiata e non ci sono né suo fratello né l’Impala fuori.
 
Sam sbuffa appena, scostando la tenda per poi rimetterla al suo posto.
Sono passati più di cinque mesi da che Dean gli ha confessato il suo grande desiderio: che voleva cambiare vita, trovare una casa con Ellie e costruirsi un futuro con lei. E l’ha fatto, alla fine: si è caricato lo zaino sulle spalle, l’ha guardato negli occhi e se n’è andato. Non prima di avergli rifilato un bel pugno in faccia per non aver fatto a modo suo.
Sì, perché Sam ci ha pensato se lasciare la caccia o meno, se andargli dietro. Lo ha fatto a lungo, ha rimuginato sulle sue parole fino a impararle a memoria una per una, ma alla fine è arrivato alla conclusione che non vuole fare questo passo, perché non è il momento giusto. Peccato che questo li ha portati a discutere e per questo sono quasi tre mesi che non si parlano.
 
Sam aveva capito che Dean non si sentiva a suo agio. Era troppo combattuto tra la volontà di dare a Ellie una vita più sicura e quella di far fuori il mostro che ha ucciso la mamma ed è chiaro che, una volta che ha fatto fuori Occhi Gialli, si sia sentito libero di prendere una decisione più consapevole, di sbloccarsi e dare una svolta a tutta la situazione.
 
Non che abbia sbagliato a prendere questa via. Sam non è suo padre e non l’avrebbe mai spinto a mollare Ellie – anzi, ha fatto tutto il contrario quando ce n’è stata l’occasione – e tantomeno lo ha scoraggiato quando Dean gliene ha parlato per la prima volta.
Si ricorda bene di aver aggrottato la fronte, un po’ perplesso – e, considerando com’era Dean prima di stare con Ellie, non ha potuto che stupirsi, ma di quello non pensa di doversene fare una colpa – e di avergli chiesto «È incinta?». Dean ha scosso la testa, confuso «No, perché dovrebbe esserlo?»
«Perché per fare tu un discorso del genere… »
«Non posso voler andare a vivere con la mia ragazza?»
«Sì, certo, ma… ma scusa come… come la metti con il lavoro? Con Occhi Gialli?»
«Lo farò solo quando la questione del demone sarà archiviata, quando avremo vendicato la mamma e sarà tutto a posto. Poi tutto il resto può andare a farsi fottere». Glielo ha detto guardandolo negli occhi, con un tono così serio che Sam aveva capito che volesse andare fino in fondo, ma Dean era così attaccato alla caccia e al mondo che era sempre stato suo e di papà che, in un certo senso, Sam non pensava potesse fare sul serio. Non davvero. Lo ha guardato negli occhi, infatti, ancora più perplesso, ma l’ha lasciato continuare «Sono stanco di questa vita, di avere il peso del mondo sulle spalle… basta. Cazzo, ci sono tanti cacciatori, ci penseranno loro ai problemi con i mostri e i demoni. Io se ne avrò voglia darò una mano quando posso, per il resto… »
Sam si è accigliato a quelle parole, pensando anche al suo trascorso «Io non ti capisco. Quando ero io a dire queste cose ero un egoista che se ne fregava di quello che voleva papà, adesso tu—»
Dean l’ha guardato dritto negli occhi ed era così sereno e tranquillo, così… sicuro «Perché vorrei che venissi anche tu, con me» gli ha sorriso di sbieco, qualcosa di appena accennato sul suo viso stanco. «Non penserai che ti lascerò cacciare da solo». Sam ha sgranato gli occhi, perplesso, e Dean ha continuato a guardarlo con un sorriso – così genuino e sincero, luminosissimo – «Andiamo, Sam. Lo sappiamo entrambi che non è questa la vita che volevi per te. Me lo hai detto anche quando abbiamo incontrato Meg, ricordi? Me lo hai detto guardandomi negli occhi: “Io non farò per sempre questa vita”, che non avresti voluto vivere così ancora a lungo. [1] Perciò… beh, sarebbe un’occasione anche per te, per tornare a fare quello che ti piace, per… per essere libero. Io non ne posso più di tutto questo, di preoccuparmi che né tu né Ellie vi facciate male o della mia ragazza che si sente un mostro quando supera appena il limite. Sono stanco. E penso che, se tutto andrà bene, ci meritiamo una tregua. Una vita diversa».
 
Sam ricorda di averlo guardato un po’ spaesato, confuso, perché a parlargli non era uno qualsiasi, ma suo fratello Dean, il playboy per eccellenza che finalmente si era deciso a mettere la testa a posto. E se da un lato era tremendamente felice per lui, dall’altro si sentiva un po’ in bilico tra quello che aveva sempre voluto – una vita normale, fatta di sacrifici e un sudore diverso da quello che si butta fuori cacciando mostri – e quello che aveva adesso, un nuovo dubbio da risolvere e una domanda martellante in testa. Non poteva nemmeno parlarne con Dean, in quel momento, perché si trattava di quello che gli aveva confidato Occhi Gialli e non voleva caricargli ulteriormente la testa di altri pensieri.
Erano nel casolare in cui si erano rifugiati per sfuggire al demone dopo che lui era stato ferito da Jake. Ellie si comportava in modo strano – e solo dopo Sam è riuscito a comprenderne il motivo –, Dean aveva voglia di parlare e Sam lo aveva ascoltato, anche se tutto questo discorso lo aveva lasciato un po’ interdetto. Gli ha anche detto che Ellie non sapeva ancora nulla delle sue intenzioni e Sam era rimasto in silenzio, in attesa, proprio come lui gli aveva chiesto. Il tutto si era concluso poi con un «Pensaci su» da parte di Dean e Sam ci ha riflettuto tanto, davvero, e quando le cose sono andate per il meglio – ovvero quando Occhi Gialli ha finalmente tirato le cuoia –, Dean gliene ha riparlato a cose fatte, quando Ellie era già al corrente e aveva accettato la sua proposta di una nuova vita lontano dalla caccia. C’era anche Bobby con loro e Sam non ha fatto parola del suo pensiero in quel momento, conscio che avrebbe dovuto parlarne da solo col fratello e che non erano di certo quelli il luogo e il momento adatti.
Poi l’occasione di parlarne da soli è arrivata. Era un pomeriggio di tre mesi fa; Dean ed Ellie avevano già trovato casa e lei e Bobby erano andati a fare un giro a Sioux Falls per prendere delle cose. Sam era nello studio di Bobby a fare ricerche, cosa che fa fin troppo spesso ultimamente, e Dean gli si è avvicinato con una bottiglia di birra in mano. Non ci voleva un genio a capire dove volesse arrivare e Sam non ce l’ha fatto girare intorno, dicendogli che quella che stavano intraprendendo loro due non era la sua strada e che voleva continuare a cacciare, senza voltarsi indietro. Aveva già avuto l’occasione di uscirne ed era andata male e non ne voleva un’altra, andava bene così. Glielo ha detto pacatamente, ma Dean gli si è scagliato contro, dandogli dell’egoista che fa ciò che gli pare senza pensare minimamente a quello che interessa agli altri e hanno discusso di brutto. La stessa cosa è successa il giorno che lui ed Ellie hanno fatto le valigie: Dean gli ha dato un ultimatum, chiedendogli per l’ultima volta se aveva cambiato idea e, quando Sam ha risposto di no, gli ha dato un cazzotto così sonoro che per poco non lo stende per terra. Poi, senza aggiungere altro, se n’è andato e da lì Sam non l’ha più visto né sentito.
 
Gli dispiace di tutta questa situazione, non può negarlo. Nell’ultimo anno abbondante le cose tra lui e Dean si erano appianate e adesso sono di nuovo da capo. Per una scemenza, poi, perché se solo Dean accettasse il fatto che lui ha voluto una strada diversa per sé sarebbe andato tutto bene. Invece così non è stato.
 
Sospira appena, seguendo il filo dei suoi pensieri. Se ci ripensa la guancia gli fa ancora male, non tanto per una questione di dolore fisico. Fin da quando erano bambini, Dean ogni tanto ha usato il pugno di ferro con lui. Sam ha capito il perché solo da grande: Dean era un bambino obbediente – fin troppo – e odiava essere sgridato da papà. E quando questo accadeva per colpa di Sam, che era più piccolo e capriccioso, Dean a volte finiva per prendersela con lui. Soprattutto da adolescenti a volte se le sono date e di brutto. Ma adesso è diverso, perché non sono più due ragazzini, anche se Dean continua a sfogare la rabbia su di lui in questo modo poco ortodosso.
Sam l’ha già perdonato e non è quello che gli ha dato più fastidio, quanto piuttosto il suo silenzio dopo quel litigio. Non è la prima volta che passano mesi senza parlarsi; anzi, quando è stato a Stanford per due anni non si sono nemmeno scritti un messaggio, perciò non dovrebbe essere una novità, ma Sam ne sente la mancanza. Cerca di fare finta di nulla e non vuole abbassarsi, perché comunque si sente grande abbastanza per sapere meglio di chiunque che direzione far prendere alla sua vita, ma è comunque dispiaciuto per tutta questa situazione. Molto.
 
Ormai si era instaurata una normalità, una routine: il viaggio nell’Impala, un nuovo motel, una nuova caccia, i turni per la colazione, le ricerche, l’uccisione del mostro e via, si ricominciava da capo. Era stancante, a volte anche terribilmente pesante, tipo quando Ellie e Dean non andavano d’accordo per qualcosa e non si parlavano per un po’, ma nei giorni di calma o, meglio, in quelli di stallo, quando non correvano dietro al demone di turno, era terribilmente piacevole. E Sam non può fare a meno di sentirne la mancanza.
 
Adesso si trova da Bobby – che comunque lo sta trattando come un figlio e di questo non può che essergli grato –, da solo, con delle ricerche che non lo stanno portando a niente e una lontananza che gli pesa sul cuore come un macigno.
Non ha intenzione di chiedere scusa o di cercarlo per primo, però, perché Dean deve capire che non possono andare sempre a passetto. Deve farsene una ragione: sono sì fratelli, ma hanno due teste differenti da cui nascono idee diverse, hanno storie differenti – Sam non ha una fidanzata che lo aspetta o che si preoccupa per lui, ad esempio – perciò non può pretendere nulla. È contento per lui se vuole sistemarsi, ma non può fare sempre da terzo incomodo. Soprattutto se sente di avere una missione che vuole portare a termine.
 
La vibrazione del cellulare che tiene in tasca lo distrae da quei pensieri sconnessi. Lo prende in mano e dà un’occhiata al piccolo monitor; il messaggio che vi legge lo lascia con un nodo in gola.
 
Ci vediamo?
 
Sbatte le palpebre un paio di volte, il nodo all’altezza del pomo d’Adamo che non accenna ad allentarsi. Fa un grosso respiro, conscio del fatto di non poter rispondere altrimenti, e preme velocemente le dita sui tasti, il pollice tremante su quello d’invio.
«Allora? Andiamo a dare un’occhiata?» la voce di Bobby che lo chiama lo spinge a rispondere velocemente. Da che si è alzato dal letto, gli ha detto di avere un caso per le mani e che devono andare a Mamou, in Louisiana, a controllare. Non sa neanche con precisione di cosa si tratti, ma va bene tutto pur di uscire da questa casa, lavorare e respirare aria fresca, di quella che ti pulisce le idee da tutta la merda che c’è sopra.
«Sì, arrivo» Sam gli risponde distratto, concentrato a rileggere il piccolo messaggio.
 
Dimmi tu quando”.
 
Preme invio e sospira ancora prima di rinfilare il telefono in tasca, deglutendo. Comunque andrà quest’incontro, spera solo che non getti altro sale su una ferita che, per i suoi gusti, continua a sanguinare in modo troppo, troppo copioso.
 
*
 
Respira a pieni polmoni, il naso sotto il lenzuolo e la luce del sole che filtra dalle tende chiare e gli arriva fino agli occhi, svegliandolo da quella piacevole sensazione di torpore.
Dean rilascia tutta l’aria e sorride appena, avvertendo un paio di braccia sottili che lo stringono sulla schiena e una bocca che si muove sul suo viso fino a raggiungere la sua lasciando una scia di baci.
«Buongiorno» sbiascica le parole, la bocca impastata dal sonno, ed Ellie gli sorride tra un bacio e l’altro «Ciao dormiglione».
Dean la stringe appena più forte, le mani ad accarezzarle la schiena «Se non sbaglio oggi è domenica. Ne ho tutto il diritto».
La guarda sorridere, gli occhi ancora socchiusi, e si lascia baciare in modo lascivo.
 
Sono rare le mattine in cui non si sveglia cosi: con il sorriso sulle labbra e quelle di Ellie sulle sue in un groviglio di mani e braccia sotto un paio di lenzuola che sanno di pulito, di fresco, di casa. La sua. Non pensava che potesse piacergli così tanto.
Spesso ripensa a una cosa che gli aveva detto Ellie tanto tempo fa, quando erano andati al mare per il suo compleanno: «Alla pace ci si abitua presto». Allora non aveva capito fino in fondo che intendesse dire, mentre adesso è tutta un’altra storia. E può dire ad alta voce che aveva ragione.
 
Si rende conto di aver fatto un cambio drastico. Proprio lui, che era votato alla caccia costi quel che costi e che avrebbe fatto tutto il necessario per combattere il male e salvare altre persone. Si è reso conto, però, che non poteva continuare a essere egoista: Ellie si stava sforzando di farsi piacere quella vita, anche se non lo avrebbe mai ammesso per non farglielo pesare, ma non ne era contenta. Glielo aveva detto che non avrebbe voluto fare la cacciatrice per sempre, da prima che potessero anche solo piacersi. Se non fosse stato per suo padre probabilmente non l’avrebbe mai fatto.
È stata molto brava a nascondere il suo “malessere”: probabilmente nemmeno lei si è accorta che c’era un problema finché non si è presentata quella storia di quel pezzo di merda che ha ferito Sammy. C’è rimasta troppo male per quello che è successo, tanto che si è chiusa in se stessa come quando è morto Jim ed è questo che ha fatto suonare un campanello d’allarme nella testa di Dean, che l’ha fatto scattare.
Non che non ci stesse pensando da un po’, a dire il vero. Il pensiero gli aleggiava nella testa già da qualche tempo, in particolare da quando hanno fatto pace. A quel punto, le alternative erano due: andare avanti su quella strada sapendo che prima o poi gli sarebbero tornati i dubbi, perché comunque stava continuando a metterla in pericolo, oppure cambiare completamente, crearsi qualcosa di nuovo che le desse sicurezza, protezione. Sapeva anche che Ellie non glielo avrebbe mai chiesto ed è per questo che ha dovuto tirare fuori le palle, prendere la situazione in mano e decidere da solo.
Un grosso aiuto a farlo glielo ha dato anche la sua incredibile stanchezza: non si sono mai riposati da che papà è morto e si sentiva spossato, soprattutto di dover sempre pensare a stare attento ad Ellie e Sam.
 
Un’altra cosa che ha accelerato molto la sua decisione, infatti, è stato quello che è successo a suo fratello. Non pensa di aver avuto mai tanta paura come quando quel figlio di puttana l’ha pugnalato, quando l’ha visto cadere sulle ginocchia e se l’è stretto al petto. Eppure tante volte Sam gli ha fatto prendere un qualche spavento: da bambino, quando si faceva male, o quella volta che è fuggito e l’ha ritrovato a Flagstaff in un appartamento con un cane [2], ma in quella situazione ha provato proprio terrore. Di perderlo, che gli morisse tra le braccia, tanto era frastornato e dolorante. Per fortuna la ferita non era tanto profonda e di questo deve solo ringraziare Ellie che ha avuto il sangue freddo necessario di sparare a quel figlio di puttana, ma quell’episodio l’ha fatto pensare. Tanto, forse troppo, ma sicuramente ha messo l’acceleratore su quello che era nato come un pensiero random sul suo futuro.
 
Stringe Ellie appena più forte, seguendo il flusso dei pensieri. Non vede Sammy da quando si sono trasferiti qui, da che hanno cominciato questa nuova vita. Non sa se sia giusto tenere il punto, ma gli fa rabbia l’atteggiamento di suo fratello, troppa. Se n’è andato a Stanford per avere la possibilità di vivere la normalità e ora che lui gli ha fatto la stessa offerta l’ha rifiutata per la caccia, per rispondere a delle domande che, sebbene importanti, non lo porteranno a niente se non ad invischiarsi ancora di più nelle faccende losche del mondo.
Sam non ha mai voluto quella vita per sé, mai, soprattutto quando c’era papà, e ora che Dean gli ha proposto un’alternativa la sua risposta è stata un secco e discutibilissimo no. E allora vaffanculo.
 
Non si dispiace per come l’ha trattato l’ultima volta che l’ha visto, per avergli detto che è uno stronzo egoista. Soprattutto non gli dispiace di avergli dato un pugno, perché se l’è decisamente meritato.
Non può negare che gli manca, però. Mica sempre, che Ellie gli riempie le giornate come nessun altro, ma sono sempre stati insieme a parte la parentesi californiana e studiosa di Sam e avevano recuperato parecchio, ultimamente. E questo è un altro dei motivi che gli ha fatto girare di più il cazzo per la sua risposta alla sua proposta. Roba che, tra l’altro, aveva pensato anche per lui perché non avrebbe mai voluto lasciarlo da parte. Infatti, la sua idea di perfezione era avere sia lui che Ellie sotto lo stesso tetto, ma le cose sono andate diversamente.
 
Cerca comunque di non pensarci e di prendere tutto il meglio che può ricavare da questa situazione. Quando non riesce a passarci sopra, affoga i pensieri nell’alcol: la credenza che tengono nel piccolo salone, infatti, è ben rifornita e ogni tanto fanno una nuova scorta. C’è del whiskey più o meno invecchiato, qualche buona bottiglia di vino, un po’ di tequila e della Grey Goose [3], una roba che Dean non beve molto ma che piace ad Ellie. Quando si sono ubriacati insieme, infatti – cosa che è successa almeno due o tre volte da che sono qui –, a lei sono bastati due o tre bicchieri di quella per partire per la tangente. L’ultima volta gli ha confessato che ogni tanto la beveva suo padre e che la fa pensare a lui, ma Dean ha cercato di non tirare troppo per le lunghe il discorso. Sa che non le fa mai troppo piacere parlarne. È anche convinto che, se non fosse stata tanto ubriaca, probabilmente non glielo avrebbe neanche detto, perciò andava già bene quello che gli aveva confessato.
 
Sperava che, vedendolo incazzarsi e allontanarsi in quel modo, Sam avrebbe cambiato idea. Che avrebbe scelto la sua famiglia – o almeno quello che ne è rimasto –, ma non è stato così. Per quello che ne sa è rimasto da Bobby, ma non ha fatto molte domande in merito. Sapere più dettagli gli farebbe più male, probabilmente. L’unico motivo per cui potrebbe farne altre è se sapesse che Sammy stesse male o se gli fosse successo qualcosa; Bobby glielo direbbe, ne è certo, perciò non gli è accaduto nulla – fortunatamente –, altrimenti lo avrebbe saputo e sarebbe corso in suo soccorso, nonostante tutto. È pur sempre suo fratello, non gli negherebbe mai il suo aiuto.
 
È abbastanza convinto che Ellie ci parli ancora, che lo senta al telefono. Non ne ha la certezza, perché lei non gli ha mai detto niente a riguardo, ma ha questa sensazione. Non che si arrabbierebbe: quei due hanno legato tanto e, non perché loro hanno discusso, il loro rapporto deve cessare.
 
La avverte scostarsi e questo lo distoglie dai pensieri; la guarda negli occhi, spostandole i capelli lunghi dietro le orecchie e lei gli sorride «Dai, vado a preparare la colazione».
Dean aggrotta le sopracciglia; di solito se la prendono comoda quando non lavorano e, considerando che nei boxer il suo amichetto è sull’attenti da un po’, sarebbe utile approfittarne e pensare dopo alla colazione. «Che fretta hai? È domenica».
Ellie stringe le spalle «Appunto» gli passa una mano sul petto nudo, lentamente, in un modo che a Dean fa venire i brividi. Lo guarda con gli occhi furbi «A questo possiamo pensare anche dopo. Ora ho troppa fame» e a Dean viene quasi da ridere. Effettivamente il suo ragionamento non fa una piega – a pancia piena si scopa sempre meglio, anche se uno spuntino dopo non ci sta mai male –, quindi non può che aspettare.
 
La guarda sorridergli ancora e stampargli un altro bacio sulla bocca per poi voltarsi e sedersi sul bordo del letto.
Mentre lui dorme con solo i boxer addosso – fa troppo caldo adesso per indossare qualcos’altro –, Ellie ha sempre lo stesso “pigiama”: una delle magliette che le aveva regalato la sua mamma e un paio di mutande. La cosa che più gli piace al mattino, però, è vederla mettersi il reggiseno. È qualcosa che gli sa di familiare, di casa. Una sensazione nuova e bellissima.
Quando dormivano nei motel, era sempre costretta a cambiarsi in bagno per via di Sam. Adesso, quando si svegliano presto e riescono a fare un po’ più con calma, Dean si diverte a osservarla, a guardare con attenzione il modo in cui gli dà le spalle, si toglie la maglietta e afferra gli altri indumenti per poi indossarne uno a uno e gli verrebbe sempre voglia di spogliarla di nuovo se solo non dovesse alzarsi.
 
Ora che hanno una casa e una dimora fissa, Ellie non se l’è sentita di portare avanti i giochini delle carte di credito. E in parte anche Dean, ad essere sinceri: in fondo, vivere una vita tranquilla in una cittadina di provincia e poi farsi perseguitare per truffa non gli sembrava un granché. Così, prima di prendere casa, Dean ha giocato una lunga serie di partite a biliardo e ha racimolato una bella cifra in modo che il guadagno fosse – più o meno – onesto e, da lì in poi, si sono trovati un lavoro più serio.
Dean si è ritrovato a fare il meccanico. Lavora in un’officina fuori da Brookings, la cittadina del South Dakota dove abitano, ed è un operaio in regola che aggiusta le macchine a chiunque si fermi al garage con un problema da risolvere.
Ha ancora un altro sogno nel cassetto, ma intanto si accontenta. Gli piace il mestiere, poi, gli è sempre piaciuto e gli permette di avere una vita dignitosa. Questi primi tre mesi sono stati un po’ risicati, perché sono stati più attenti al risparmio per poter comprare i vari mobili ed elettrodomestici utili, ma andando avanti andrà meglio, ne è sicuro. Non faranno i barboni per sempre.
Anche Ellie ha un lavoro. Fino a un paio di settimane fa faceva la cameriera in una tavola calda qui vicino, ma non si trovava bene e alla fine ha trovato qualcos’altro. Col suo curriculum, per lei è più semplice: ha fatto la cameriera praticamente ovunque e, con la sua esperienza, solo un pazzo si rifiuterebbe di assumerla. È la persona più indicata per quel mestiere e per di più lo fa con passione, il che è la combinazione perfetta.
 
Incrocia le braccia sotto la testa mentre la osserva andare di sotto fischiettando la canzone che piaceva alla sua mamma, i lunghi capelli che le ricadono sulle spalle e ancora il “pigiama” addosso.
Non c’è un cazzo da fare: è più serena da quando vivono questa vita, più tranquilla. Gli occhi le brillano in continuazione, ogni volta che lo guarda c’è una luce bellissima nel suo sguardo, qualcosa che non le vedeva da un sacco di tempo; il sesso è addirittura più appagante e non hanno quasi mai litigato da che sono qui. A parte le rare volte che parlano di Sam, ma non è che discutono proprio: lui dice la sua e si sfoga, lei tendenzialmente gli dà contro, ma lì finisce. Non stanno ore e giorni senza parlarsi come succedeva un tempo.
Magari è solo per il magico effetto della nuova aria che respirano, o il fatto che non si vedono tutto il santo giorno come accadeva prima, ma stanno meglio. Sono più sereni; Dean riesce addirittura a distinguere i giorni della settimana, cosa che non gli capitava da una vita… è tutto diverso. Nuovo. E per una volta non in modo negativo.
 
È sicuro che sia cominciato tutto da quella notte nella rimessa di Bobby. Ricorda perfettamente quei momenti, un’emozione così intensa che pensa sia impossibile da dimenticare.
Erano sul sedile anteriore dell’Impala, Dean con la schiena appoggiata allo sportello ed Ellie sdraiata lì vicino, di lato, la mano sinistra ad accarezzargli il petto e la testa poggiata su di lui. Sorrideva come una bambina, felice come Dean non la vedeva da una vita. Così tanto che non sembrava credere che lui volesse fare una cosa del genere, mollare tutto e darle una vita normale, che fosse il più serena possibile.
«Dovremmo trovare un posto dove andare, se… se veramente cambiare vita è ciò che vuoi. Un posto dove… dove prendere un appartamento o qualcosa del genere» le sue parole hanno rotto il silenzio e Dean ha sorriso, accarezzandole la schiena «A quello c’è un rimedio veloce». Ha tirato su la schiena, sporgendosi verso il portaoggetti dello sportello del passeggero trovando velocemente la cartina e una torcia. Poi si è sdraiato di nuovo, aprendo la mappa e accendendo la torcia per fare luce su di essa. «Scegli tu. A me andrà bene qualsiasi cosa».
Ellie l’ha guardato con gli occhi pieni di meraviglia «Dici davvero?»
«Sì. Tranne Lawrence, dove non voglio tornare, un posto vale l’altro. Quindi puoi anche chiudere gli occhi e puntare il dito a caso, per quanto mi riguarda».
Ellie si è morsa le labbra, quasi a voler nascondere un sorriso, uno di quelli belli da morire. Si è accomodata meglio e Dean l’ha lasciata fare, guardandola appoggiare la schiena al suo petto e impugnare la cartina con sicurezza per poi puntare gli occhi su di essa e stringere le labbra in una linea sottile. «Nemmeno io voglio andare a Buckley. C’era la mia vita con la mamma e tornarci adesso mi sembrerebbe troppo strano. Ma c’è un altro posto dove, invece, potremmo andare» Dean ha guardato il suo indice puntare un nome a lui molto conosciuto e ha sgranato appena gli occhi, guardandola perplesso. «Se dobbiamo mettere radici, che sia vicino a dove abbiamo la famiglia» e a Dean è sembrata la cosa più sensata e giusta che potesse fare da lì in avanti.
 
È così che hanno deciso di stabilirsi nel South Dakota. Un’intuizione banale, in fondo, ma Ellie aveva ragione: perché spostarsi più lontano se qui avevano un punto di riferimento, il più solido che conoscevano? E così hanno fatto.
Il problema, almeno per lui, è stato dirlo a Bobby. L’hanno fatto un paio di giorni dopo quella notte, di mattina. Non ce la facevano più a tenersi dentro una cosa così grossa e cominciava ad essere impellente svuotare il sacco prima di fare danni e di lasciarsi sfuggire qualcosa senza volerlo.
 
Le rare volte in cui aveva pensato a questa svolta non come a un sogno irrealizzabile ma come qualcosa di concreto, aveva immaginato quel momento come ansioso e angosciante. E, effettivamente, per molti versi è stato così: pieno di agitazione, tanto che gli sudavano le mani e sentiva un qualcosa in gola che non andava né su né giù, nonostante deglutisse continuamente quantomeno per alleviare il fastidio.
 
Avevano dormito sul divano quella notte ed Ellie era già in cucina. Stava preparando la colazione, ma si vedeva che anche lei era nervosa: spostava il peso del corpo da una gamba all’altra mentre aspettava di dover girare i pancake nel pentolino e sembrava in attesa di una notizia importante quando, in realtà, stava solo attendendo che lui entrasse e facesse il suo bel discorso a Bobby e a suo fratello. Soprattutto a Bobby, in verità, perché a Sammy lo aveva già accennato.
Avevano discusso su cosa dire e Dean si era anche preparato una specie di discorso in testa, ma quando ha varcato la soglia della cucina non si ricordava più un cazzo, come uno scolaretto il giorno di un esame per il quale non aveva studiato abbastanza.
Ricorda di averlo detto di botto, lì, in piedi vicino alla porta, mentre Bobby era seduto con in mano una fumante tazza di caffè nero e Sam sistemava le tovagliette sul tavolo. «Io ed Ellie vogliamo andare a vivere insieme». Ricorda il silenzio che ha seguito quell’affermazione, gli occhi bassi di Sam, quelli di Bobby – piccoli e un po’ increduli – nei suoi e il voltarsi di Ellie dopo aver spento il fornello, le mani congiunte e le labbra strette in una linea sottile. «Non è stata lei a mettermi quest’idea in testa, sono… sono io che ho preso questa decisione. Sono stanco della caccia e di dover vivere espiando una colpa che non mi appartiene. Sicuramente non adesso che ho ammazzato quel figlio di puttana. Perciò noi… noi ne abbiamo parlato insieme e abbiamo… abbiamo pensato che, per come stanno le cose adesso, è la cosa giusta da fare».
Bobby è rimasto in silenzio qualche altro istante, la mano destra stretta intorno al manico della tazza, poi ha guardato Ellie «Sei incinta?» e Dean ha aggrottato la fronte, perplesso per aver ricevuto la stessa domanda di Sam «No! Ma perché lo pensate tutti?»
«Tutti chi?» Dean ha ignorato sia la domanda – peraltro lecita – di Ellie che il risolino divertito di suo fratello, continuando il suo discorso rivolgendosi a Bobby. «Ellie non è incinta e io non mi sono fumato niente di strano. Voglio solo… cambiare vita. Avere un futuro diverso e non dovermi preoccupare per l’incolumità della mia ragazza e di mio fratello» lo ha guardato mentre pronunciava quelle parole, ma lui non ha nemmeno ricambiato, continuando a tenere gli occhi bassi.
Bobby, dopo averlo fatto parlare, lo ha guardato dritto negli occhi «Dimentichi solo una cosa, ragazzo» Dean è rimasto in ascolto, in silenzio «Io non sono tuo padre e se vuoi fare una scelta diversa da quella che è stata fatta per te quando eri solo un ragazzino, sei libero di farla. Per te e per chi ti sta a cuore». Ricorda di aver sorriso appena a quelle parole, una smorfia accennata sul suo viso stanco. La sincerità e l’affetto di Bobby gli hanno davvero solleticato il cuore.
Peccato non aver avuto lo stesso riscontro da parte di Sam, che se n’è rimasto in silenzio per tutto il resto del tempo, mentre il vecchio cacciatore faceva domande e si interessava su quella che lui ed Ellie volevano che fosse la loro futura dimora.
 
È grazie a lui se vivono in questa casa. Da quando gli hanno detto che sarebbero voluti rimanere nel South Dakota – cosa che, anche se non ha detto niente, gli ha fatto molto piacere a giudicare dal nuovo luccichio del suo sguardo –, si è adoperato subito per dargli una mano. Ovviamente le loro finanze non erano abbondanti – anzi, tutt’altro – e Bobby ha dovuto scavare un po’ prima di riuscire a trovare qualcosa che facesse al caso loro, finché non gli è venuta un’idea.
Si tratta di una villetta a schiera fuori Brookings, a un’oretta da Sioux Falls [4]. È una bifamiliare di cui loro occupano la parte destra e sono riusciti ad averla perché apparteneva a un vecchio cacciatore. Quest’ultimo, tale Adam Green, viveva lì da tempo, in pratica da quando si era ritirato dalla caccia per andare “in pensione”. Non gli è dato sapere come se l’era procurata, se l’aveva ereditata dai genitori o altro; Bobby lo conosceva per quello che era: un burbero cacciatore in pensione. Un po’ come lui. Sta di fatto che il tizio, una volta morto – cosa accaduta più di un annetto fa –, ha lasciato scritto in un testamento che la casa doveva passare a Bobby. Col fatto che non aveva eredi, né figli né nipoti o affini, che potessero ereditarla, ha pensato di lasciarla a “colui che meglio di tutti avrebbe potuto accudirla”. O almeno questo è quello che c’era scritto nel testamento.
Bobby crede che, la sua, fosse una specie di “ricompensa”: Adam Green non era un’aquila nella caccia e molto spesso si era ritrovato a salvargli il culo. Per questo, forse, alla fine ha pensato di essergli riconoscente in questo modo.
 
Comunque sia, chiaramente Bobby non sapeva che farsene di due case – soprattutto visto che spesso e volentieri fatica a mandarne avanti una, non stando affatto dietro a pulizie e manutenzioni varie – e ha deciso di donarla – letteralmente, con tanto di passaggi di proprietà, atti notarili e tutto il resto [5] – a lui e ad Ellie. Entrambi hanno opposto un po’ di resistenza, all’inizio – era proprietà di Bobby e doveva farne quello che voleva, anche venderla se lo riteneva necessario e tenersi il gruzzolo per la vecchiaia –, ma lui non ha voluto sentire ragioni. «Godetevela ora che siete giovani» gli ha detto consegnandogli le chiavi «Mettetela a posto e fatene ciò che meglio credete. Serve molto più a voi che a me» e così hanno fatto: hanno pulito gli ambienti a fondo, tolto le cose vecchie, quelle che erano proprio inutilizzabili, ridato una tinteggiata alle pareti e comprato il minimo indispensabile per una coppia di ex barboni decisi a fare di quella vecchia catapecchia il loro nido. E pensa che ci siano riusciti.
 
C’è ancora del lavoro da fare, ovviamente, ma Dean può già ritenersi soddisfatto. Soprattutto perché, a vedere Ellie così serena e tranquilla, non ha alcun dubbio di aver fatto la scelta più giusta.
 
*
 
Si guarda intorno con aria distratta, la brezza calda che gli accarezza il viso stanco. È stata una caccia più complicata del previsto e quel vampiro gli ha fatto sudare sette camicie. Forse perché era più fiacco del solito. O perché, come Bobby ci tiene a ricordargli – perché è sempre bravissimo a mettere il dito nella piaga –, forse era un po’ meno concentrato del solito. L’importante, comunque, è che l’abbiano fatto fuori.
 
Osserva i tavolini accanto al suo: sono tutti di ferro battuto, disposti a una media distanza l’uno dall’altro e non ce n’è uno vuoto. È estate e la gente ne approfitta per stare all’aria aperta e passare del tempo insieme a qualcuno a cui vogliono bene, cosa che Sam non fa da un sacco di tempo.
Era già stato in questo posto, con Ellie e Dean. Se lo ricorda bene perché erano qui quando lei gli ha raccontato della sua mamma e di come quella brutta malattia gliel’avesse portata via. Sam lo rammenta come un ricordo molto bello, così come ogni confidenza che gli ha fatto Ellie, perché le veniva così… spontaneo, naturale. Lo guardava negli occhi e, anche se magari faticava a dirgli qualcosa, lo faceva col cuore in mano, perché sapeva che lui lo avrebbe ascoltato. Aveva una grande fiducia in coloro con cui parlava e non si apriva così con tutti, per questo ogni volta che lo faceva con Sam lui lo considerava un bellissimo atto di stima.
 
Si morde le labbra, nervoso, e sbuffa, perché gli dispiace parlarne al passato, come se fosse una persona con cui ha discusso o che non c’è più. Invece non è così, lui paga lo scotto di aver litigato pesantemente con Dean e per questo non ha più rapporti con Ellie. O almeno non come prima, perché a volte si sentono. Lei lo cerca – più di quanto faccia lui, in realtà, e di questo gli dispiace, ma non vuole che lei passi dei guai per colpa sua con Dean, perché è quasi certo che suo fratello non sappia niente del loro scambio di messaggi. A Sam, però, fa bene e fa piacere sentirla, quindi gli va bene così.
 
Sospira appena, buttando un occhio sull’orologio, ed è una voce che lo chiama a fargli alzare nuovamente lo sguardo.
«Ciao Sam» sorride a quella voce cristallina, in un modo spontaneo e gioviale, come si fa con un vecchio amico. È a pochi passi da lui, le braccia lungo i fianchi, gli occhi luminosi e un sorriso che le illumina il viso dolce incorniciato da un paio di ciocche ribelli che escono dalla sua treccia laterale.
Sam si alza in piedi e le va incontro con un paio di falcate, guardandola negli occhi con un sorriso che gli arriva fino alle orecchie, ma non se ne cura di nasconderlo. È davvero felice di vederla. Ellie si sporge per abbracciarlo e lui la stringe forte, scostandola poi con entrambe le braccia per osservarla meglio, tenendola per le spalle. Indossa un vestitino senza maniche a righe orizzontali bianche e nere molto semplice, un filo di mascara sugli occhi e un paio di sandali bianchi ai piedi e, a guardarla, è l’immagine della serenità. Gli sorride ancora «Ti trovo bene».
Lui stringe le spalle «Anch’io».
Ellie annuisce e scosta la sedia per mettersi seduta, aspettando che Sam faccia altrettanto per parlare «Sì, non mi lamento. È un po’ più dura, adesso che ho cambiato lavoro, ma sto bene».
«Ah sì? E che lavoro fai?»
«Sto in una pasticceria. Per ora mi occupo di sistemare il bancone, ma spero di poter essere più… operativa presto. Preferisco sempre cucinare».
«Pensavo ti piacesse di più la tavola calda».
«Oh sì, in generale non mi dispiace e lo so fare bene quindi mi diverto, mi ricorda la mia infanzia. Però per ora ho trovato quest’alternativa e, sai, non è male. In pratica devo sistemare i dolci e allestire la vetrina, ma è solo perché sono entrata da poco. Ho appena finito la prima settimana».
«È una catena o—»
«No, è un negozietto in centro a Brookings, non tanto lontano da casa» Sam sorride amaro, di riflesso, soffermandosi su quell’ultima parola, casa. «Prima, in quella tavola calda dove lavoravo, il capo era uno stronzo. E va bene che avevo bisogno di soldi, ma non potevo rimanere a lungo. Non ho avuto la pazienza necessaria. Di solito ne ho tanta» si sposta un ciuffetto di capelli dal viso portandolo dietro alle orecchie «Forse perché è stato un periodo pieno e un po’ stressante, ma alla fine sono comunque contenta perché ho trovato questo lavoro nuovo che mi stimola molto. Quindi… quindi sono soddisfatta, almeno per il momento. E spero continui così» sorride nella direzione di Sam e poi verso il cameriere che gli si avvicina per chiedere cosa desiderano ordinare. Ellie si prende una bella coppa gelato, mentre Sam opta per una un po’ più piccola. Quando il ragazzo – non molto alto, castano con gli occhi chiari e i capelli corti – si allontana, Ellie torna a guardarlo negli occhi e gli sorride ancora. «Tu, invece? Che mi racconti?»
 
Sam la osserva con attenzione: ha la pelle luminosa, appena abbronzata perché è un po’ più scura di come se la ricordava, e i suoi occhi brillano come due diamanti al sole. È davvero, davvero serena e Sam non potrebbe essere più felice per lei. Se lo merita.
 
«Io… solita vita, lo sai» s’interrompe, aspettando che il cameriere, tornato con i loro gelati sopra un vassoio d’argento, li serva e se ne vada per continuare «Caccio, aiuto Bobby, faccio qualche ricerca… »
Ellie si avvicina di più al tavolo e prende un cucchiaino di gelato per poi portarlo alla bocca «Hai scoperto qualcosa di interessante?»
Sam scuote la testa «No. Nemmeno Bobby sta facendo progressi, io non… non so più dove cercare, sono sincero» sorride amaro, battendo il cucchiaino sul bordo della sua coppa di gelato «Ma siamo stati a caccia, l’altro giorno. Abbiamo fatto fuori un vampiro e… forse è un periodo un po’ strano anche per me, perché Bobby è stato più scattante di me».
Ellie sorride appena e stringe le spalle «Va beh, l’importante è che il lavoro sia stato portato a termine e che il vampiro non sia più un problema. O no?»
 
Sam annuisce e le sorride, mangiando un po’ di gelato. Abbassa gli occhi sulla sua coppetta, raschiando bene la punta del gelato e portando il cucchiaino nuovamente alla bocca, e decide di tirare fuori l’argomento spinoso di sua spontanea volontà. Perché sa bene che, per quanto Ellie potesse aver voglia di vederlo, non l’ha di certo chiamato per parlare delle sue novità o di come gli vanno le cose. O almeno, non solo per quello.
 
La guarda negli occhi, deciso «Posso… sapere a cosa devo il tuo messaggio?» lei non risponde il che lo induce a continuare «Perché anch’io avevo voglia di vederti e sono contento che tu mi abbia scritto, davvero, ma qualcosa mi dice che tu voglia dirmi qualcosa».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile e appoggia il suo cucchiaino sulla coppetta ormai vuota; doveva avere fame, l’ha spazzolata nel giro di pochi minuti. O forse è per il nervosismo: Ellie è brava a nasconderlo, ma a Sam non sfugge il fatto che la sua gamba sinistra, accavallata su quella destra, si sta muovendo un po’ troppo velocemente da un paio di minuti a questa parte. «Volevo dirti se ti andava di venire a vedere casa». Glielo dice tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi. «È quasi a posto, ora. Io e Dean abbiamo tinteggiato le pareti e… e abbiamo sistemato quasi tutti i mobili. Mancherebbe la lavastoviglie in cucina, ma per ora non ce la possiamo permettere e abbiamo solo un fornetto piccolo perché quello grande costa troppo. Per il resto con gli elettrodomestici siamo a posto e… e mi faceva piacere farti vedere il nostro lavoro e dove abitiamo. Non sei mai venuto e—»
«Non sono mai stato invitato».
«Lo sto facendo io ora» continua a guardarlo negli occhi, sicura e determinata «Mi farebbe molto piacere che tu venissi».
Sam deglutisce; aveva pensato che il vero motivo del loro incontro ruotasse intorno a suo fratello, ma non pensava si trattasse di questo. «Dean lo sa?»
Lei non si scompone «No. Non sa che sei qui, né che ci sentiamo ogni tanto, anche se penso che l’abbia capito».
«E sarebbe contento? Insomma, voglio dire—»
«Non è importante. È anche casa mia, quella lì, posso invitare chi voglio. E io ho piacere che tu venga a trovarmi».
Sam sbuffa aria dal naso, scostando la schiena dalla sedia e avvicinandosi di più a lei «Non dispiacerti, Ellie, ma io non credo che Dean sarebbe d’accordo visto che non vuole vedermi né parlarmi da mesi. Io—»
«Ma questa cosa è stupida» Sam la guarda dritta negli occhi; ora sono colmi di dispiacere «Non è giusto che non vi parliate per questa storia. Anche a me dispiace che non sei più intorno a noi come prima, ma Dean ci sta male e sicuramente anche tu e non è giusto che non provate a chiarire».
Sam si lecca le labbra. Sa che può essere sincero con lei e decide di esserlo fino in fondo «Io ho apprezzato tanto che Dean mi abbia chiesto di trasferirmi insieme a voi, te lo giuro, perché poteva fregarsene e lasciarmi indietro e invece non l’ha fatto. Ma non può pretendere che io scelga la sua stessa strada. A un invito si può anche dire di no».
«Sì, ma… » arriccia le labbra in una smorfia pensierosa, come se stesse pensando a come dire qualcosa di scomodo senza offenderlo. «Tu sei… l’hai detto anche tu, no? Non hai trovato niente sul… sul sangue di demone che hai dentro. E poi voglio dire, che cambia fare questo a casa di Bobby o a casa nostra? Anche tu hai messo radici». Sam stringe le spalle e capisce cosa vuol dire, perché è vero che da che è venuta fuori questa storia non si è più spostato come prima e per di più è rimasto da Bobby, ma non fa in tempo ad aggiungere nulla che lei parla ancora «Io non voglio costringerti e non sono nemmeno d’accordo con quello che dice Dean, ma non capisco quale sia la differenza. Non stavi più bene con noi?» Sam scuote la testa, deciso, perché non ha passato male un solo giorno con loro, nemmeno quando litigavano. Ellie l’ha trattato sempre come un fratello. «E allora perché? Voglio dire, che cambia? Puoi fare comunque ciò che vuoi con noi, non devi lavorare per forza. Devi fare ciò che è più giusto per te».
 
Sam sbuffa aria dal naso, pensando che, in fondo, Ellie non ha tutti i torti, ma… ma non si può fare. No, perché loro vogliono una vita normale, lontana dalla caccia e Sam non è sulla stessa lunghezza d’onda, quindi… quindi no, non vuole rovinare la loro nuova serenità. Non è giusto.
Osserva Ellie e fa per dirle qualcosa, ma si trattiene, notando nei suoi occhi un profondo dispiacere, qualcosa di così radicato in lei e si morde appena le labbra, pensieroso. Comprende il problema, però, e deve fare del suo meglio per porre rimedio. Glielo deve.
 
«Non funziona così e lo sai, ma… ma al di là di tutto, quello che mi preme dirti è che… che non devi sentirti in colpa» Ellie lo guarda con gli occhi sgranati, le orecchie tese all’ascolto «Non è per colpa tua che io e Dean non ci parliamo. Lui… sai com’è fatto, per lui è o bianco o nero, non esistono vie di mezzo ed è così anche con me. Lo è sempre stato. Perciò non fartene una colpa».
Lei stringe le spalle, abbassando lo sguardo «Non volevo portartelo via».
 
Sam tira le labbra in una linea sottile. Ha sempre ammirato una cosa di Ellie: il suo straordinario senso di rispetto nei confronti di Dean e di tutto ciò che riguarda la sua famiglia. E quello che gli ha appena detto è un’ulteriore conferma di quanto lei sia speciale.
 
Le sorride appena «Non lo hai fatto» lei alza di nuovo lo sguardo, fissandolo con aria perplessa «Dean ha fatto una scelta, ma l’ha fatta di testa sua, non l’ha obbligato nessuno, tantomeno tu».
«Lo so, ma… ma speravo che le cose andassero diversamente. Quando Dean mi ha detto che voleva una vita normale, io… io non posso negare di essere stata felice. Perché… perché ha fatto un grande sacrificio e lo ha fatto per me. Non ti nascondo che da una parte ho un po’ paura, perché una convivenza è una cosa grande… cioè lo era anche prima perché stavamo tutto il giorno insieme, ma non avevamo niente di concreto e se uno dei due si fosse alzato una mattina e avesse fatto le valigie sarebbe stato semplice. Adesso abbiamo una casa e, se le cose non dovessero andare, è più… difficile uscirne. Io sono contenta e convinta, ma non so se Dean reggerà a lungo. Per il momento mi sembra felice, poi… poi si vedrà» stringe le spalle e fa un profondo sospiro. Sam capisce intende: Dean ha fatto una vita completamente diversa e se si pentisse e volesse tornare a cacciare – cosa che Sam dubita fortemente; è troppo attaccato a Ellie per fare retro front, ma giustamente nella sua testa il dubbio può esserci, è naturale – tra di loro il tutto s’incrinerebbe fortemente. «Però… però mi dispiace che fa così con te. Ho tentato tante volte di parlargli e di farlo ragionare, ma… ma è abbastanza irremovibile, come puoi immaginare» si lecca le labbra ed è visibilmente dispiaciuta «E mi dispiace di essere stata la causa di tutto. Io non glielo avrei mai chiesto, Sam, mai, e avrei fatto quella vita per sempre pur di assecondarlo. Non so se è sbagliato, ma… ma la caccia era tutto per lui e non mi sarei mai imposta per volere una vita diversa. A costo di soffocare tutte le mie perplessità. Te lo giuro».
«Lo so» Ellie lo guarda sorpresa, come se avesse detto qualcosa che proprio non si aspettava «Io non l’ho mai pensata come papà. So che tu nutri un profondo rispetto per Dean e per noi e non ho mai avuto alcun dubbio. Anche se, sinceramente, penso che avresti avuto tutto il diritto di avanzare qualche pretesa».
Ellie stringe le spalle «In una coppia normale forse sì. Ma io… io vi devo tutto. Quello che avete fatto per me da quando è morto papà, quello che Dean ha fatto prima, quello che mi ha insegnato sulla caccia… non avrei mai potuto mettere becco su come viveva la sua vita, su come la vivevi tu. Era un passo che doveva fare da solo se voleva. Io non glielo avrei mai potuto chiedere» si lecca le labbra e Sam capisce perfettamente il suo discorso. Passa le dita sul vetro della sua coppa di gelato, portando via un po’ di condensa. «Se poi parliamo di vie di mezzo… ce n’è una che invece Dean sta superando, ultimamente. Sai, lui non… non ha davvero smesso di cacciare. O almeno, non definitivamente» arriccia le labbra in una smorfia pensierosa «Ha seguito solo un paio di casi, cose brevi e semplici e io l’ho lasciato fare perché la caccia è sempre stata la sua vita e la sua è stata una chiusura troppo di netto per essere davvero definitiva. Però ci è andato da solo e questa cosa mi ha messo un po’ di agitazione» fa una piccola pausa, sbuffando un po’ d’aria dal naso «È tornato tutto intero, per carità, però… però volevo dirti che questa storia del bianco e del nero è relativa, quando si tratta di lui. E tu sei una delle pochissime persone sulla Terra per cui farebbe un’eccezione» lo guarda negli occhi e gli sorride contenta «Perciò… perciò insisti, se vuoi. Non buttare tutto all’aria perché vuoi fare qualcosa di diverso. A patto che vuoi farlo davvero, poi» lo fissa, in silenzio, e Sam è costretto a deglutire perché sente un nodo alla gola piuttosto stretto, qualcosa che non capisce fino in fondo ma che gli dà fastidio, come se non riuscisse a deglutire bene. «Lui ti adora, anche se non vuole ammetterlo, soprattutto quando ce l’ha con te. E… e tieni a mente il mio invito, perché sarei davvero contenta se venissi a vedere casa nostra».
 
Gli sorride ancora e Sam fa altrettanto, contagiato dal suo senso di serenità. È davvero felice, glielo legge negli occhi che brillano e non potrebbe essere più contento per lei.
Non può prometterle nulla, perché quello che gli ha detto Dean gli risuona ancora forte nelle orecchie e non sa se si sente pronto per lasciarselo alle spalle, ma quello che è certo è che ci farà un pensierino. Quello sì.
 
*
 
Si passa l’asciugamano tra i capelli umidi, chiudendo l’acqua della doccia che aveva lasciato scorrere sul piatto per rimuovere i residui di shampoo e bagnoschiuma.
È stata una bella giornata oggi. Lui ed Ellie sono stati al Larson Park [6] oggi pomeriggio e, dopo aver sudato al sole come bestie al pascolo, aveva bisogno di una bella doccia. Ellie l’ha già fatta ed è di sotto, a riordinare il piccolo salotto. Attende ospiti: tra non molto dovrebbero arrivare una mamma e il bambino al quale dovrebbe fare da babysitter.
Ha messo l’annuncio al supermercato da un mesetto, ormai: per arrotondare un po’, vorrebbe tenere un bambino o due, la sera, incastrarlo tra i suoi impegni per avere un po’ di grana in più che fa sempre comodo. È la prima volta che la contatta qualcuno, speriamo dia i suoi frutti. Ellie è molto brava con i bambini; deve solo conquistare la mamma.
 
Butta l’asciugamano sul lavandino ed esce dal bagno, dirigendosi giù per le scale fino ad arrivare in salotto. Trova Ellie a mettere a posto il divano, lasciato un po’ in disordine da ieri sera. Hanno fatto le ore piccole: era sabato e Dean aveva voglia di bere. Alla fine si sono ritrovati addormentati sul divano come la prima volta che si sono ubriacati insieme, dopo la prima caccia andata bene. Anche se stavolta erano un po’ più abbracciati e meno vestiti.
 
Le sorride prima di appoggiarle una mano sulla schiena, reclamando la sua attenzione. Ellie ha la pelle rossa, baciata dal sole settembrino, e gli sorride in modo genuino. Ha i capelli lunghi sciolti e ancora un po’ umidicci dalla doccia – che per ragioni di tempo, purtroppo, non hanno potuto fare insieme – e indossa una salopette di jeans sopra una maglietta bianca a maniche corte. A giudicare da quanto le sta grande, probabilmente è la sua.
Le sorride e lei lo squadra un po’ «Perché sei ancora così?»
Dean stringe le spalle; effettivamente, non è nella sua mise migliore: indossa una vecchia vestaglia da camera grigio topo [7], una cosa lunga fin sotto alle ginocchia e calda che lo fa sentire estremamente comodo. «Ho deciso che questo è il mio… completo da casa post doccia».
Ellie arriccia le labbra in una smorfia imbronciata «Ma dai, non vorrai farti trovare così quando arrivano la signora Crimson e suo figlio».
Dean le sorride per prenderla in giro «Ti ricordo che sei tu che devi fare colpo sulla signora Crimson, non io», ma Ellie non sembra volersi piegare alla sua ironia «Sì, ma vivendo insieme può capitare che—» non fa in tempo a finire di parlare, interrotta dal suono del campanello. Dean la guarda spalancare gli occhi «Oddio, è già arrivata. Devo finire di mettere a posto qui… puoi andare ad aprire tu?»
Lui ride, divertito dal suo senso del dovere – seppur giustissimo, ma gli piace prenderla in giro. «Sì, certo».
 
Si dirige verso la porta d’ingresso e butta un occhio sull’orologio; la tizia è in anticipo, ma non ci bada più di tanto. Allunga il passo fino ad arrivare alla porta e, quando la apre, ciò che si trova davanti lo spiazza: a guardarlo stralunato tanto quanto lui non c’è una madre carina e amorevole col suo figlioletto, ma uno alto due metri, con due spalle grosse come un armadio a due ante, i capelli castani più lunghi di come se li ricordasse e gli occhi colpevoli di chi pensa di essere nel posto sbagliato in un momento davvero sbagliatissimo.
 
*
 
Lo sapeva che era una pessima idea. Ne era certo perché, checché ne dica Ellie, Sam conosce suo fratello come le sue tasche ed era sicuro che non avrebbe gradito una sua visita a sorpresa. Infatti, a giudicare da come lo guarda – con gli occhi spalancati, incazzato nero – non è poi così contento di vederlo.
 
«Chi ti ha dato l’indirizzo?»
Effettivamente la domanda è lecita: la prima volta che Dean ed Ellie sono venuti a vedere questa casa insieme a Bobby, Sam non si è unito e anche dopo, quando ha litigato con Dean, non ha mai voluto sapere, né da Bobby né da nessun altro, dove abitasse. Non lo avrebbe saputo nemmeno adesso se Ellie non glielo avesse scritto in un messaggio che gli ha mandato la sera che si sono visti.
Sospira appena, sconfortato dall’espressione cupa del fratello «Dean—»
«Ti ho fatto una domanda» lo guarda negli occhi e Sam pensa che forse sarebbe dovuto venire quando era certo che Dean non fosse in casa, ma è assurdo e stupido pensare una cosa del genere del proprio fratello e boccheggia un istante, alla ricerca di una risposta coerente, ma non fa in tempo a dire nulla.
«Sono stata io» una voce femminile rompe il silenzio e Sam osserva il fratello voltarsi verso Ellie, alle sue spalle, e guardarla con occhi di fuoco. Lei non si scompone «Mi faceva piacere che Sam vedesse la nostra casa e l’ho… l’ho invitato io».
Sam osserva Dean sbattere le palpebre un paio di volte, in silenzio. Poi lo guarda con occhi di fuoco «Scusa un momento» e gli chiude la porta in faccia. Sam alza gli occhi al cielo e scuote la testa, le mani nelle tasche della giacca marrone. Adesso metterà in croce pure quella poveretta di Ellie.
 
Può immaginare perfettamente la faccia che le sta rivolgendo: incazzata, cupa, persino furiosa.
Dean, infatti, una mano appoggiata alla porta chiusa e una sui fianchi, guarda Ellie con occhi di fuoco. «Che cazzo significa che l’hai invitato tu
Lei deglutisce, ma non cambia espressione. «Quello che ho detto».
«L’avevo capito che vi sentivate, non sono idiota, ma addirittura invitarlo qui? Perché?»
«Ci siamo anche visti, una volta» Dean allarga gli occhi; non è geloso, ci mancherebbe altro, ma perché glielo ha tenuto nascosto? Non avrebbe potuto parlargliene? Non le avrebbe mai negato di vederlo, mai. Vorrebbe dirglielo, ma Ellie non lo lascia parlare «E gli ho detto di venire perché mi faceva piacere. Perché io e te abbiamo fatto dei sacrifici per costruire quello che abbiamo adesso e voglio che lo veda con i suoi occhi. Perché è un amico oltre che tuo fratello e tu dovresti piantarla con questa scenetta da bambino capriccioso» lo guarda dritto negli occhi, senza alcuna paura. Fa un passo avanti, poggiando la mano sulla maniglia della porta «Devi smetterla di pensare che ti ha voltato le spalle di nuovo. È grande, deve scegliere da solo e—»
«E non ti sei mai impicciata dei cazzi nostri, perché adesso?»
Ellie si acciglia «Non mi sto impicciando. Ho invitato un mio amico a casa nostra».
Dean spinge la mano sulla porta più forte, quasi a impedirle di aprirla «Un amico che è un fottuto egoista. Voglio dire, che diavolo pensa di ottenere? Non è papà, non caverà un ragno dal buco da solo e poi chi cazzo se ne frega se dentro ha del sangue diverso dal suo, io—»
Ellie lo guarda dritto negli occhi in modo diverso, adesso, quasi avesse una qualche verità in tasca «Ah, e quando ti decidi a dirglielo?» Dean boccheggia un istante, spiazzato, senza essere in grado di replicare «E nemmeno tu sei tuo padre. Hai una bocca e un cervello pensante, usali con tuo fratello anziché fare la mogliettina offesa e digli ciò che pensi. Questa mi sembra un’ottima occasione per farlo, ad esempio. E adesso sposta il braccio e fammi aprire questa cazzo di porta».
 
Lo fissa senza dargli possibilità di replica e Dean si ritrova costretto a obbedire, togliendo la mano dal legno e lasciando che lei giri la maniglia e apra a Sam che è ancora lì, in piedi con una faccia da morto e due occhi che sembrano implorare pietà. Gli fa quasi tenerezza. Quasi, però.
Lo guarda alzare le mani, come in segno di resa «Senti, Dean, io… io non voglio creare problemi. Sono venuto e volevo solo… io—»
 
Sam non sa che dire, ha la bocca impastata e sente gli occhi pizzicargli dal dispiacere che prova: in un certo senso si sente quasi cacciato via, ma Ellie gli sorride dolce, facendo un passo verso di lui e poggiandogli una mano su un braccio. «Non c’è nessun problema, Sam. Ci mancherebbe. Vieni» lo afferra e lo stringe forte con le dita, gli occhi ancora fissi e quasi imploranti su di lui che alla fine è costretto a cedere e a fare un passo avanti, sotto lo sguardo nero di suo fratello. Ellie gli stringe il braccio finché non chiude la porta – stavolta alle sue spalle – e poi guarda Dean «Per favore, potresti finire di mettere a posto di là? Ci sono ancora un paio di bottiglie in giro. E cambiati, che non mi va che la signora Crimson pensi di portare suo figlio in una spiaggia».
 
Sam prima non aveva avuto modo, ma gli basta un’occhiata per focalizzare quello che Dean sta indossando: una bruttissima vestaglia da camera color grigio topo. Sicuramente non l’abito più consono se stanno aspettando visite.
 
Dean la guarda ironico «È una vestaglia».
«È uguale. Dai, sbrigati». Suo fratello lancia un’occhiataccia sia a lui che a lei prima di avviarsi verso quella che da lontano sembra essere la cucina e dargli le spalle. Lei lo guarda dolce «Aspettavamo una signora con il suo bambino. Sai, per… per arrotondare un po’ vorrei fare la babysitter. Qualche volta, almeno. Spero di piacerle».
Sam si sente ancora più mortificato; si morde le labbra nervosamente e scuote la testa «Dovevo chiamarti, prima di venire qui. Non sapevo avessi un appuntamento, ho… ho deciso all’ultimo, vedi—»
Ellie allarga il suo sorriso, poggiando nuovamente una mano sul suo braccio, quasi a rassicurarlo «Non c’è problema, davvero. Finché non arrivano posso farti vedere. E poi Dean può sempre intrattenerli per un po’». Lo guarda con gli occhi di chi pensa di aver ritrovato qualcosa di speciale e poi gli sorride ancora, stringendolo appena più forte con la mano. «Sono davvero contenta che tu sia qui» e Sam, a quelle parole, non può fare a meno di sorridere.
 
Ci ha messo tanto a convincersi e a decidersi. Temeva la reazione di Dean – a ragion veduta, a quanto pare –, ma dentro di sé sapeva che non poteva dire di no a Ellie. Un po’ perché con lei i rapporti non sono mai cambiati, il che l’avrebbe indotta sicuramente a offendersi se avesse rifiutato il suo invito, e poi perché anche a lui faceva piacere. In fondo, hanno passato un sacco di tempo insieme e Sam voleva vedere il loro nido. Voleva capire. A costo di trovarsi il cazziatone di suo fratello ad attenderlo.
 
Ellie lo guarda con un sorriso genuino stampato sul volto. «Allora vieni. Ti faccio vedere».
Sam annuisce e la segue, cominciando a guardarsi intorno.
 
L’ingresso – a cui dà un’occhiata veloce – è piccolino: c’è un tappeto colorato al centro del pavimento ricoperto di parquet e uno specchio, sull’angolo di destra, incastonato in una bella cornice di legno. Alla sua destra e alla sua sinistra, sul lato corto, ci sono due porte aperte.
Ellie gli sorride appena mentre si dirige verso quella a sinistra «Qui c’è la cucina. Non è molto grande, ma siamo in due, non abbiamo bisogno di chissà quale spazio».
Sam annuisce sopra pensiero, seguendola e guardandosi intorno. Sì, è vero, l’ambiente non è immenso, ma è essenziale: sull’angolo sinistro sono disposti un mobile in legno chiaro, messo a mo’ di isola, dove può intravedere un forno con un rivestimento argentato. Ci sono anche dei pensili dello stesso colore e appesi al muro vi sono tre mestoli di legno con dei fiorellini ricamati sul manico. Ellie sorride quando lo vede osservarli «Quelli li avevo presi al mercato a Buckley, nell’anno in cui ho vissuto da sola. Anche se non mi servivano più, li ho sempre portati con me, nascosti dentro a una tasca interna del borsone. Li ho tenuti per ricordo, pensando che non mi sarebbero più serviti se non in situazioni di emergenza… adesso, invece, mi fanno comodo».
 
Sam sorride a quelle parole che lo fanno riflettere sull’imprevedibilità della vita e su quanto spesso, a quanto gli ha raccontato, le sia cambiata negli ultimi anni e continua a guardarsi intorno. Al centro della cucina, c’è un piccolo tavolino contornato da quattro sedie; anch’esso è in legno di una tonalità un po’ più scura di quella dei mobili, ma sempre chiaro.
Si accorge che Ellie lo sta osservando, in trepidante attesa di un parere, e le sorride «È carina. Essenziale, ma carina».
La guarda stringere le spalle «Sì, beh… mancano un sacco di cose, anche di decorazione perché è un po’ spoglia, ma abbiamo tempo per quelle».
Sam annuisce «Certo, quello verrà dopo».
La guarda voltarsi e dirigersi verso una porta chiusa alla sua sinistra «Qui c’è il bagno, ma è piccolino». La apre e tocca un interruttore sul muro per accendere la luce. Sam fa un paio di passi e sbircia al suo interno: è vero, è piccolino, ma è ben arredato. Di fronte a lui uno specchio rettangolare grande, senza cornice; sull’angolo di destra, c’è una piccola lampadina bianca e sul soffitto c’è una plafoniera chiara con dei disegnini azzurri che riprendono il colore delle mattonelle del bagno. Sulla destra, invece, c’è il water e di fronte una piccola doccia un po’ sgangherata; sul pavimento, un piccolo tappeto rotondo di colore blu. In alto, proprio sopra il water, una piccola finestrella rettangolare.
«Era già un bagno quando ci viveva Green?»
«Sì, ma era sporchissimo. E mancavano lo specchio e la luce, li abbiamo aggiunti noi» Sam annuisce, come a registrare quell’informazione nella sua testa. Ellie gli sorride ancora e preme di nuovo il dito sull’interruttore della luce per spegnerla. Si volta e si dirige verso un’altra porta, posta di fronte al tavolo della cucina «Di qua, invece, c’è il salotto».
 
Sam la segue e si trova di fronte a una stanza piuttosto spaziosa e, soprattutto, ordinata: un grande tappeto marrone con dei disegni dai toni caldi al centro, sopra un tavolo di legno più grande di quello della cucina contornato da sei sedie, mentre a destra, rivolto verso il muro, c’è un divano bordeaux, in tinta con i colori del tappeto. Di fronte, una piccola televisione.
 
«Questa, invece, era del signor Green. Credo che non l’accendesse da diverso tempo, ma almeno funziona» Sam annuisce e sorride ancora, ammirato. Hanno fatto proprio un bel lavoro. «Adesso ti faccio vedere di sopra, vieni».
 
Non tanto lontano dal divano, infatti, c’è una fila di scale che porta a un piano superiore, mentre a destra c’è un grosso finestrone, lo stesso che dà sulla strada. Prima di salirle, però, nota una piccola pianta con dei fiori rossi e bianchi, molto particolari. «Che cos’è?»
Ellie abbassa lo sguardo seguendo la direzione di quello di Sam per poi sorridere. «Si chiama gloxinia. Ce l’hanno portata Janis e David quando sono venuti a trovarci». Sam deglutisce involontariamente, sentendosi una merda. Hanno visto questa casa Janis e il suo ragazzo che vengono da Washington prima di lui che sta a poche miglia… non che sia una gara, ma è proprio assurdo pensare a dove lo ha portato l’orgoglio. Anzi, li ha portati, che Dean non si è comportato mica tanto meglio. «Sono venuti il mese scorso. Era ancora un casino, ma erano in ferie e Janis ha insistito tantissimo per poter vedere la nostra casa. Prima o poi te la farò conoscere, è matta da legare».
 
Sam storce le labbra in un sorriso amaro prima di seguirla al piano di sopra. Scopre che le scale sono seguite da un lungo corridoio non molto illuminato. Ci sono un paio di chiodini appesi al muro bianco; forse ospiteranno dei quadri in futuro. O delle fotografie. A destra ci sono due porte, entrambe chiuse, così come un’altra posta di fronte a loro.
 
Ellie entra nella prima a destra, in quella che, senza bisogno di spiegazioni, è chiaramente la loro stanza: il letto al centro, con un copriletto rosso leggero – evidentemente è un colore che a Ellie piace molto –, un paio di comodini di legno scuro da entrambi i lati, un armadio dello stesso materiale alle sue spalle e sulla destra un comò dove sopra campeggia una fotografia di Ellie e Dean. Sono ritratti abbracciati e sorridenti e, a giudicare dallo sfondo, erano al mare. Sui comodini ci sono due lampadine che riprendono lo stile del lampadario appeso al soffitto: un po’ classico, con dei ricami chiari sul vetro trasparente, ma carino. Probabilmente hanno ereditato anche questo dal vecchio Green e non si sono ancora scomodati a cambiarlo. Giustamente, visto che hanno – e hanno avuto – sicuramente spese più impellenti. Appoggiato all’abat-jour del comodino di sinistra, Sam scorge una fotografia. Non ha bisogno di avvicinarsi troppo per riconoscerla: Dean non se ne separava mai da bambino. Lo ritrae insieme alla loro mamma che lo abbraccia da dietro, bella e sorridente, coi capelli lunghi e biondi che le incorniciano il bel viso. Dean era un bambino, avrà avuto tre anni, ed è buffo con quel caschetto biondo che arriva quasi a coprirgli gli occhi. [8]
 
«Ha detto che vuole incorniciarla» Sam si volta verso Ellie e la trova a osservarlo con un tenero sorriso, le mani nelle tasche della salopette. «Si potrebbe anche farne l’ingrandimento e metterla in una cornice più grande, ma non penso che Dean sia d’accordo. Quella lì, invece» indica la foto che Sam ha scorso qualche minuto fa sul comò «L’abbiamo fatta quando siamo andati al mare per il mio compleanno. Il portafoto è d’argento e ce lo ha regalato Janis insieme alla pianta. Ci ha portato troppe cose». Sorride ancora e poi si volta, tornando verso il corridoio. Sam la segue ancora; Ellie si affaccia alla seconda porta sulla destra, che ospita un altro bagno. È più grande di quello situato al piano inferiore. «Qui ci abbiamo rimesso la vasca che era totalmente da rifare e abbiamo aggiunto il mobiletto a fianco allo specchio». Sam si guarda intorno mentre l’ascolta: il lavandino bianco, lo specchio e il piccolo mobile bianco di cui lei parla alla sua sinistra, la vasca – visibilmente nuova – che fa anche da doccia [9] coperta da una tendina a fiori bianchi e verdi, accanto una piccola lavatrice e il water di fronte. Una finestra in fondo, proprio di fronte alla porta.
Sam sorride appena «Beh, vi siete sistemati bene, dai. Sono contento» ed Ellie ricambia, mordendosi appena il labbro inferiore.
«Vieni, ti faccio vedere l’ultima stanza».
 
Escono dal bagno ed Ellie si dirige verso l’ultima porta rimasta, quella di fronte alle scale. La apre e quello che vi trova Sam lo lascia un po’ interdetto: è piuttosto spaziosa, ma è totalmente incasinata. Ci sono scatoloni dappertutto, un asse da stiro, uno stendino per i panni, una finestra un po’ rovinata – dal tempo sicuramente – di fronte a lui e, alla sua destra, un materasso singolo.
 
Ellie si mette di fronte a lui e sorride appena, le mani intrecciate tra loro «Lo abbiamo trovato qui e non ce la siamo sentiti di buttarlo. Dovremmo comprare il letto su cui poggiarlo, ma… beh, è qui. Per te». Sam ascolta interdetto, sbattendo un paio di volte le palpebre senza sapere cosa dire. Lei sorride più convinta «C’è sempre posto per te, Sam» e adesso capisce il vero motivo per cui l’ha invitato a casa sua: più che fargli vedere tutte le stanze e il modo in cui lei e Dean l’avevano arredata, Ellie ci teneva a mostrargli questa, a fargli capire che, qualora cambiasse idea, farebbe ancora in tempo a venire qui. Il suono del campanello la distrae, facendole voltare la testa verso destra di scatto. Aspetta qualche istante a dire qualcosa, il tempo di avvertire la porta d’ingresso aprirsi e Dean chiamarla a gran voce. Sam la osserva girarsi di nuovo e guardarlo con un timido sorriso «Io devo… devo andare di sotto, ma puoi rimanere, se vuoi. Puoi restare anche a cena, ti cucino qualcosa volentieri».
Sam scuote la testa «Non offenderti, ma non mi sembra il caso. Davvero, Dean—»
Lei stringe le spalle «Lascialo perdere. Gli passerà, ne sono sicura. Ma… » infila entrambe le mani nelle tasche della salopette «Ma comunque fai come vuoi, io non mi offendo di certo» gli sorride ancora e si sposta verso la maniglia della porta, rivolgendogli ancora uno sguardo «Puoi aspettarmi qui, o di sotto se preferisci. Sarei contenta di salutarti un po’ meglio, perciò se attendi che finisco con la signora Crimson mi fa piacere».
Sam le sorride «Questo posso farlo» e guarda i suoi occhi brillare prima di dargli le spalle e dirigersi verso il corridoio.
 
Continua a guardarsi intorno – la lampadina che penzola dal soffitto, il materasso appoggiato al muro e il paio di scatoloni pieni di libri di Ellie posti dall’altro lato – e un piccolo sorriso gli si forma sulle labbra all’idea che sia lei che Dean abbiano pensato a questo posto per lui. In fondo, non erano obbligati, soprattutto dopo che lui gli aveva detto di no. Eppure… Scuote la testa, deciso, senza lasciare che quel pensiero s’impossessi pienamente della sua mente. Ha fatto una scelta e deve essere coerente con essa.
Ha ripensato spesso alle parole di Ellie: che in fin dei conti anche lui si è stabilizzato, decidendo di rimanere da Bobby, e che potrebbe fare lo stesso qui, a casa loro. Ma non crede che sia una buona idea, non adesso. Non vuole macchiare il loro futuro.
 
Esce dalla stanza e si muove lungo il corridoio, continuando a guardarsi intorno e cercando di metabolizzare quella sensazione di estraneità. Non lo fa apposta, ma è più forte di lui: è difficile pensare che Ellie e suo fratello siano riusciti nel loro intento e che vivano davvero qui. È contento per loro, ci mancherebbe, ma è una sensazione… strana. Diversa. Non saprebbe nemmeno spiegarla, a dire la verità.
 
Scende le scale – non con poca difficoltà: sono a chiocciola e lui è costretto ad abbassare la testa per non sbatterla da qualche parte –, attraversa il salotto e si ritrova in cucina. Si muove quasi circospetto, osservando attentamente ciò che lo circonda, e quasi sobbalza quando trova Dean ad attenderlo. Lo trova al di là dell’isola della cucina, con un boccione pieno di caffè in mano.
Almeno, adesso si è cambiato: indossa una maglietta a maniche corte nera e un paio di jeans scuri strappati sulle ginocchia.
Lo guarda dritto negli occhi «Ho finito la birra e fino a domani non abbiamo modo di andare a fare la spesa. Ti va un caffè?»
Sam annuisce «Volentieri».
Dean tira le labbra in una linea sottile e lo versa su un paio di bicchieroni di quelli che utilizzavano quando facevano colazione sul primo bar che gli capitava a tiro. Probabilmente lui ed Ellie ne hanno conservati alcuni in attesa di comprarne di migliori e quell’immagine fa quasi tenerezza a Sam. Non che avesse dubbi sulla veridicità delle parole di Ellie, ma è evidente anche da questo che hanno qualche problema economico. Spera che pian piano riescano a mettere da parte qualcosa, quantomeno per garantirsi un futuro.
 
Si distrae da quei pensieri quando vede il fratello porgergli un bicchierone e invitarlo a sedersi al tavolo con un segno della mano. Sam accetta il caffè e si siede di fronte a lui, dando le spalle all’isola della cucina.
Osserva Dean accarezzare con le dita di entrambe le mani il bordo del bicchiere, gli occhi fissi sul tappo. È ancora bollente, evidentemente l’ha fatto da poco. Stringe le labbra in una linea sottile «Allora, ti piace?»
Sam sorseggia un sorso di caffè, ma è sicuro che Dean non stia parlando di quello. «Sì. È accogliente, carino. Poi Ellie l’ha arredato bene»
«E chi ti dice che io non le abbia dato una mano?»
 
Sam boccheggia per un istante. Conosce Dean meglio delle sue tasche e sa benissimo che questa sua battuta è un modo per attaccare briga, ma non gli darà la soddisfazione di cedere. Per come si sono messe le cose – ed è convinto che Ellie avesse previsto anche questo –, vuole un confronto, non un litigio. Di quelli ne hanno già fatti abbastanza.
 
Stringe le spalle, tranquillo. «Forse perché lei ne ha già avuta una, mentre per te è la prima volta» non lo fa apposta a essere acido, è solo che, soprattutto dopo come lo ha trattato prima, gli viene naturale. Sbuffa aria dal naso, cercando di darsi una calmata. Dean lo osserva di sottecchi, piuttosto arrabbiato, e Sam capisce che non ha senso tenere il punto. «Senti, Dean—»
«No, sentimi tu» lo guarda bere un altro sorso di caffè e poi lasciare il bicchierone sul tavolo, le dita di entrambe le mani che continuano ad accarezzarne i contorni. «Non siamo più bambini. Non ha senso tenersi il muso» deglutisce, gli occhi ancora rivolti al bicchiere «Mettiamola così: io ti ho spiazzato con questa storia della casa e della vita normale. Tu, invece, mi hai scioccato quando non hai voluto appoggiarmi».
Sam scuote la testa, deciso. Questo non è mai stato un problema «Ti sbagli, io—»
«Fammi parlare» Dean lo guarda negli occhi; se avesse potuto fulminarlo l’avrebbe già fatto, Sam ne è certo. «Pensavo di farti un piacere: hai sempre voluto una vita normale. Cristo, sei fuggito a Stanford per averla, nonostante papà e tutto il resto. E adesso non ti va più. Va bene, mi fa strano, ma va bene. Mi viene difficile accettarlo, ma ci proverò. Ma vorrei che mi spiegassi come potevo fare altrimenti» afferra il bicchiere con la mano destra e lo stringe, gli occhi fissi su di esso «Ellie non mi ha chiesto niente, né si è mai lamentata di qualcosa, ma non sono cieco. Soprattutto dopo quello che è successo con Jake, dopo quanto è stata male per aver sparato a quella testa di cazzo. Che sì, per me ha fatto bene, perché ti ha salvato la vita, ma lei c’è stata da cani. E come potevo ignorare la sua contentezza le rarissime volte che trascorrevamo del tempo lontani dalla caccia? Quando siamo andati al mare, o… o quando uscivamo la sera senza tanti impicci per la testa. Il giorno che abbiamo visto questa casa per la prima volta, mentre il notaio ci spiegava le varie clausole e tutte quelle puttanate, lei mi stringeva la mano così forte che quasi mi faceva male. L’ha fatto per tutto il tempo, tanto era contenta» alza lo sguardo e lo fissa, gli occhi nei suoi «Quindi dimmi, Sam, come potevo ignorare tutto questo?»
«Nessuno ti ha detto di farlo» Dean lo fissa, visibilmente perplesso «O meglio, io non l’ho mai fatto» prende fiato, cercando di misurare bene le parole. «Dean, io non sono papà. E per quanto le sue parole possano rimbombarti nella testa e farti pensare che tu abbia sbagliato qualcosa, non è così. Hai fatto una scelta, hai rinunciato alla caccia per… per darti la possibilità di avere una vita normale con una persona a cui tieni e ti fa onore. Quello che dico io è che—»
«Hai una vaga idea di quante volte mi sveglio la notte con le parole di papà nelle orecchie?» Sam deglutisce, stringendo le labbra in una linea sottile. Chi meglio di lui potrebbe capirlo? «È come un… un ronzio, nella mia testa. Ellie non sa un cazzo, si… si sentirebbe in colpa anche se non ne ha alcuna. I miei sono solo pensieri e poi non… non voglio turbarla. È così felice» tira su col naso e a Sam non passa inosservata la velocità con cui abbassa lo sguardo sul caffè per poi berne nuovamente un sorso. 
 
Capisce cosa sta cercando di dirgli: Dean ha fatto un grande sacrificio per dare a Ellie la serenità che desiderava e lo ha fatto in modo consapevole, sapendo di stare andando esattamente nella direzione che papà aveva tracciato per lui. E questo lo tormenta, perché è sempre stato ligio alle sue parole, le stesse che continuano a confonderlo un po’. In più, probabilmente aveva bisogno di sfogarsi, visto che a Ellie non vuole dare preoccupazioni.
 
Si umetta le labbra, cercando le parole giuste. «Sai che mi ha detto papà una volta che tu ed Ellie non c’eravate?» Dean rialza gli occhi verso di lui, attento «Che quando siamo nati, ha aperto un conto per noi e vi ha messo cento dollari. Lo ha fatto per ogni mese, finché non è venuta a mancare la mamma. Era un fondo per l’università» sorride ripensando a quelle parole, al sorriso genuino con cui gli parlava papà, qualcosa che non ha rivisto più sul suo viso. «Quando sono andato via, era preoccupato per me perché aveva paura che mi sarebbe successo qualcosa. [10] Probabilmente con te ha fatto lo stesso». Stringe appena le spalle, bevendo un altro sorso di caffè. «Comunque sia, per quanto io senta la sua mancanza, pensa che non è qui a giudicarti. Così come non lo è nessun altro».
«Tu sì, però».
Sam scuote la testa, deciso. «Se pensi questo ti sbagli e pure di grosso» lo guarda dritto negli occhi «Non ho mai detto che hai fatto una scelta sbagliata. Anzi, non l’ho mai nemmeno pensato. Quello che non trovo giusto è pretendere che io faccia lo stesso».
«Ma quanto ti ci vuole a capire che io l’avevo fatto anche per te?» tiene la voce bassa ma a giudicare da come lo fissa – gli occhi sgranati e un’espressione incazzata dipinta sul volto – sembra sul punto di mettersi a urlare «Eri tu quello che sognava la normalità. Che voleva tornare a studiare, riprendersi la sua vita. Pensi che mi abbia fatto piacere preoccuparmi in ogni fottuta caccia per la tua incolumità? Che mi sia piaciuto vederti stramazzare al suolo quando quel bastardo ti ha colpito alla schiena? Se non fosse stato per Ellie probabilmente saresti morto, cazzo. Cosa pensi abbia messo l’acceleratore sulla mia decisione? Pensi davvero che avrei rinunciato alla caccia se non ne valesse davvero la pena, se portarti qui con me non fosse nei miei piani?»
«Però lo hai fatto lo stesso, alla fine».
Le parole di Sam sono volutamente taglienti, ma non sembrano scalfire Dean. O almeno, non più di tanto. «Sì, perché sei un fottuto egoista».
Sam fa una smorfia ironica «Io, eh?»
«Sì, proprio tu. Perché non ho scelto una casa per me, ma principalmente per te e per Ellie. Mi sarei tenuto la mia stanchezza e avrei continuato a cacciare se non ci foste stati voi di mezzo. Lei l’ha capito e quantomeno è riconoscente, tu col cazzo» scuote la testa, passandosi una mano sulla nuca «Ma sai che ti dico? Discutere è piuttosto inutile» deglutisce e si prende una pausa «Come hai visto, di sopra una stanza per te c’è, se dovessi cambiare idea. Penso che Ellie ci tenesse a farti vedere la nostra casa anche per questo» si passa una mano sulla bocca, un gesto che solitamente indica nervosismo. Lo guarda dritto negli occhi «Ricordi la prima volta che abbiamo incontrato Meg? Quando mi ha accusato di portarti con me come una valigia? [11] Beh, forse l’ho fatto in passato, seppur senza rendermene conto, ma adesso sei grande e sei libero di scegliere. Devi trovare la tua strada, qualunque essa sia e… se pensi che sia la caccia, almeno sta attento. Io non sono papà e, per quanto mi riguarda, per te la porta sarà sempre aperta. Altrimenti, se… se rimarrai della tua idea… beh, adesso sai dove abitiamo».
 
Sam sorride amaro e annuisce, le mani intorno al bicchierone di caffè e la testa stracolma di pensieri. Capisce cosa Dean gli sta dicendo: farsi la guerra non li ha portati a niente, perciò, anche se le strade dovessero rimanere divise – idea che comunque lo amareggia moltissimo, è evidente dall’espressione cupa del suo viso e, conoscendolo, è più che comprensibile – tanto vale vedersi ogni tanto. In fondo, sono sempre fratelli e darebbero la vita l’uno per l’altro. Non ha senso portarsi odio per puttanate simili. Con questo discorso, però, Sam è consapevole del fatto che Dean lo sta lasciando andare e sebbene dovrebbe provare una forte sensazione di libertà – da quella famiglia che l’ha fatto sentire a lungo oppresso, da quel padre autorevole e quel fratello che, seppur in modo del tutto innocente, l’ha sempre tenuto un po’ troppo stretto a sé –, all’idea si sente quasi soffocare. Deglutisce un paio di volte per allentare quel nodo opprimente e fortunatamente la voce di Ellie che saluta qualcuno poco più in là lo rinsavisce da quei pensieri. Evidentemente i suoi ospiti se ne stanno andando. La vede tornare dopo poco, infatti, gli occhi bassi e un’espressione mogia sul viso.
 
Osserva Dean sorriderle «Com’è andata?»
Ellie stringe le spalle e gli va incontro, mentre Dean si sposta dal tavolo per farla sedere sulle sue ginocchia. Sembra una bambina sgridata dalla mamma. Lo guarda negli occhi, sbuffando aria dal naso. «Secondo me male. La signora Crimson non… non mi è sembrata molto entusiasta. Mi ha chiesto cose molto tecniche, tipo se… se potevo andare a riprendere a scuola suo figlio o se… se il giovedì potevo fargli la cena quando lei e suo marito sono fuori, ma alle mie risposte mi guardava un po’ schiva, come se fossi una stupida e dicessi cose ovvie».
Sembra davvero dispiaciuta. Dean la stringe appena con le dita sulla schiena «Ne troveremo un altro».
«Era un’entrata che poteva farci comodo».
«Sì, ma Brookings è grande, non penso che quella sia l’unica donna con un figlio a cui badare».
 
Ellie fa di nuovo spallucce, quasi a convincersi delle parole di Dean. È strano, perché già lo erano parecchio, ma a vederli insieme adesso sembrano ancora più affiatati: si vede dal modo in cui si guardano. Tutto questo tran tran, insieme al fatto che non stanno appiccicati tutto il giorno come prima – anche se quello non era per scelta, ma erano costretti facendo lo stesso lavoro – gli ha fatto bene.
 
La vede appoggiare la testa sull’incavo del collo di Dean e lo guarda negli occhi «Sei sicuro di non volerti fermare a cena? Io ho fame».
Sam stringe le spalle e, di riflesso, guarda suo fratello che fa una smorfia piuttosto indifferente. «Se vuoi rimanere… posso ordinare una pizza».
Ellie lo guarda sottecchi «Oppure posso cucinare qualcosa io. Non penso che da Bobby mangi cose genuine, quel vecchio brontolone comprerà tutto in rosticceria».
 
Sia Dean che Sam ridono ed è spaventosamente bello ritrovarsi attorno allo stesso tavolo, a ridere e scherzare come un tempo. È vero, c’è ancora un alone di freddezza che circonda lui e Dean, come uno spesso muro di ghiaccio, ma forse si può sciogliere. Almeno un po’.
In fondo Ellie ha ragione: litigare e tenersi il muso non sta facendo bene a nessuno. Soprattutto a lui e a Dean.
 
Le sorride, allora, le labbra strette e la voce che trema appena nel dire «Ti aiuto ad apparecchiare, però» e quello che gli dà lei in ricambio è come il più caloroso degli abbracci: un sorriso così genuino e sincero da fargli ridere il cuore. Lui fa altrettanto, cullandosi nella sensazione che ormai gli mancava da un po’: quella di sentirsi a casa, tra le persone a cui tiene. Qualcosa che gli scombussola lo stomaco e, ancora una volta, mette in discussione tutte le sue scelte più recenti.
 
È da egoisti pensare che tutto possa tornare com’era. Loro hanno fatto una scelta, se ne sono tirati fuori, e non è giusto trascinarli di nuovo nel baratro. Ma per quel misero, minuscolo istante non desidera altro che la loro compagnia, la stessa che nelle giornate di caccia e fatica passate insieme era un toccasana per il suo cuore e per il suo umore.

 

[1] Citazione di Sam e riferimento al suo discorso a Dean nell’episodio 1x16 “Shadow”.
[2] Riferimento all’episodio 5x16 “Dark side of the moon” e a uno dei bei ricordi di Sam in Paradiso, quando era fuggito a Flagstaff per due settimane.
[3] Grey Goose è una marca francese di vodka, creata nel 1997 a Cognac, in Francia.
[4] Per la precisione, secondo Google Maps, Brookings dista 57 minuti di macchina da Sioux Falls.
[5] Non so come funziona esattamente la legge americana in materia di case, donazioni e vendite, ma ho pensato di rifarmi un po’ a quella italiana, che prevede la redazione di atti notarili per il passaggio di proprietà di una casa da un padrone a un altro.
[6] Il Larson Park è uno dei parchi verdi di Brookings.
[7] La vestaglia è chiaramente la stessa che Dean indossa nel bunker dall’ottava stagione in poi, quando lui e Sam si “appropriano” della tana dei Men of Letters.
[8] Riferimento all’episodio 8x14 “Trial and error”, quando per la prima volta entriamo nella camera che Dean ha messo a posto per sé nel bunker degli Uomini delle Lettere.
[9] Durante il mio piccolo viaggio negli States, ho notato che vanno molto “di moda” le vasche che si possono utilizzare anche come docce. Per questo, ho voluto mantenere questa tradizione XD
[10] Riferimento al dialogo avvenuto tra Sam e John nell’episodio 1x20 “Dead men blood”. 
[11] Riferimento all’episodio 1x16 “Shadow” e al dialogo al bar tra Meg, Sam e Dean.
  
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