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Autore: Lia Joestar    25/04/2019    0 recensioni
Elisa è una quindicenne come tante altre: non ha niente che la distingue da tante sue coetanee, se non per un piccolo particolare: assieme alla sua famiglia, composta da madre e padre, vive anche un curioso maestro Zen, che da subito si è affezionato alla ragazza e ai suoi genitori; ed ecco che, semplicemente guardando dagli occhi di un maestro come lui, la quotidianità di una domenica mattina assume un'atmosfera piuttosto fiabesca...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una splendida mattina. Per la precisione erano proprio le sei di mattina. “Oh, cavoli com’è tardi” pensai “devo svegliare anche Elisa.”
Elisa è la mia allieva… E io, ovviamente sono il suo maestro, un maestro Zen per la precisione. Da un po’ di anni a me e la famiglia di Elisa piace vivere insieme: ormai ne sono parte anch’io. Anche la sua mamma e il suo papà mi vogliono bene.

Andai nella stanza di Elisa e, come immaginavo, dormiva ancora. Devo sempre svegliarla io. Mi avvicinai al suo letto e cercai di svegliarla accarezzandole un braccio. Poi le accarezzai il viso, sempre con delicatezza e finalmente vidi i suoi occhi aprirsi. Ha proprio degli occhi bellissimi, la mia piccola Elisa: sono così verdi e così chiari che sembrano brillare! Appena mi vide si stiracchiò con pigrizia, diede un’occhiata alla sveglia e borbottò un po’:”Maestro… Sono le sei di Domenica! Dovevi svegliarmi così presto anche oggi?”
Elisa mi ha sempre chiamato Maestro, ormai è praticamente diventato il mio nome proprio. A me piace. E’ buffo, ma anche dolce.
”Certo che voglio che tu ti svegli ora… E’ una giornata così bella che non voglio che tu te la perda! Forza, in piedi!” Queste furono le parole che pensai: ho tanta voglia di chiacchierare con lei e di farle sentire la mia voce, ma purtroppo sono muto. Io e Elisa comunichiamo perfettamente in altri modi, ci capiamo quasi sempre.

Elisa si sedette sul letto, si stropicciò gli occhi e io mi sedetti accanto a lei. Poi mi guardò e mi scompigliò i capelli, ridacchiando come sempre; io in cambio le diedi un bacio sulla fronte, proprio sul terzo occhio: a Elisa piace tanto, e inoltre ha molti benefici: se tutte le persone si salutassero come ci salutiamo io e Elisa, ci sarebbero persone più felici… E più in forma.
 
“Hai fame, Maestro?” mi chiese. Effettivamente, sì,  avevo un po’ di fame.
Io e Elisa ci alzammo e andammo in cucina. Le nostre colazioni sono molto differenti: Lei si scalda sempre una tazza di caffellatte schiumato con dei biscotti: io non digerisco tutta quella roba: mi resta sullo stomaco e poi, io medito a partire dalla mattina, quindi è necessario non esagerare: di solito mangio pochissimo riso in bianco, semplice, senza condimenti.. Elisa lo sa che mi farebbe male, altrimenti. Ho lo stomaco piuttosto delicato.

”Allora? E’ di tuo gradimento la pappa?” Lei usa sempre questi buffi termini per parlare. A volte credo che esageri, ma in fondo, è piccola… Ha solo quindici anni, ancora.  Poi Elisa guardò fuori dalla finestra e sorrise:”Guarda, Maestro! Che bel cielo c’è stamattina! E scommetto che si sta anche bene di fuori.” Disse. Io non guardai… Avevo già visto quel magnifico cielo e sapevo che le sarebbe piaciuto, tant’è che poi mi ringraziò di averla svegliata così presto. Si mise un giacchino leggero e uscì fuori sul balcone “Vieni pure tu?” mi chiese. Io la seguii e ci sedemmo entrambi su una sedia a dondolo. C’era davvero una aria piacevole: era fresca ma si stava bene. Si sentiva che l’estate era vicina. Mentre ci rilassavamo la mamma ci raggiunse. Aveva l’aria davvero assonnata. “Già in piedi, voi due?” chiese sbadigliando e accendendosi una sigaretta.
”Hai visto che bella mattina, mamma?” chiese Elisa. La mamma annuì, ma non rispose nulla, evidentemente perché era troppo impegnata a guardare come il nostro paese si risvegliasse, lentamente.
“Tesoro, oggi potresti passare dallo zio Andrea? Avrebbe una cosa da consegnarci…” chiese lei.
”Di che si tratta, mamma?” rispose Elisa.
“Il nuovo PC che avevamo ordinato. Ce l’ha lui adesso.”
”Suppongo sia importante, allora.. Va bene, oggi passo da lui.”
Elisa non va molto d’accordo con lo zio Andrea. E’ un tipo burbero e anche un po’ egoista. A volte viene a trovarci e non sopporta che io stia insieme a loro. Mi caccia via perché non mi sopporta. Dice che è qualcosa che riguarda il mio pelo, anche se non capisco bene cosa. Io sono brizzolato e ho i capelli corti. Gli daranno fastidio i brizzolati? Plausibile, dato che lui è calvo… Ovviamente la cosa non mi interessa, e non deve interessarmi, secondo la mia filosofia di vita: semplicemente, gli do retta e vado altrove, magari sul balcone o in un’altra stanza.
 
Durante la mattinata Elisa e la mamma fecero le solite cose che fanno la domenica: risistemarono casa insieme, poi Elisa fece i suoi compiti e la mamma finì il lavoro alla scrivania. Io invece meditai tutto il tempo: mi piace sedermi vicino alla finestra per meditare, e di solito non mi muovo. Ormai sono abituato a non far caso a quello che succede intorno a me e restare completamente interiorizzato: d’altronde è quello che ogni buon maestro Zen fa.
Riesco a resistere per parecchio tempo in meditazione, anche due ore, come quella mattina. Certo, poi mi sento un po’ stanco, sono comunque piuttosto anziano, ma alla mamma non dispiace se dopo la mia meditazione mi riposo un po’.
 
Quando il sole cominciò a essere alto nel cielo Elisa si decise ad andare da suo zio: mi salutò con la mano e rassicurandomi che sarebbe tornata subito. Sapete, anche se un maestro non dovrebbe affezionarsi più di tanto a nulla e a nessuno, almeno in apparenza, io sono affezionato a Elisa, come lei lo è a me: spesso mi dice di volermi bene, e io anche se non glie l’ho mai detto invece, lo dimostro ogni volta che posso. Elisa disse che sarebbe ritornata in cinque minuti, ma ne furono molti di più in realtà. Cominciai a preoccuparmi, anche se mi mostrai sempre calmo. Quando finalmente Elisa tornò aveva una grossa scatola in mano e le guance bagnate: significava che aveva pianto, ma non era una novità. Lo zio Andrea è davvero bravo a farla piangere. Dice a entrambi cose davvero brutte, su quanto la nostra presenza sia irritante, o su quanto gli dia fastidio il fatto che io stia sempre con lei… ma Elisa non è ancora una Zen, lei è sensibile e ci rimane male.
 
Elisa appoggiò la scatola sulla scrivania della mamma e si chiuse in camera sua. Io non volevo lasciarla sola, avevo già meditato abbastanza per quella mattina, così entrai in camera sua attraverso una finestra che si affacciava sul nostro balcone. Sono anziano ma ancora agile! E ho anche una corporatura abbastanza piccola. Proprio come pensavo, Elisa stava piangendo, ma sapevo come consolarla: mi sedetti accanto a lei e feci le fusa. A quel punto Elisa notò che ero entrato. Mi sorrise e mi accarezzò qualche volta sulla testa. Io continuai a farle le fusa, socchiudendo anche gli occhi. In quel modo le comunicai che se aveva voglia, poteva parlare con me di quel che era successo. Elisa mi capì. “E’ tutto così ingiusto, Maestro” disse fra i singhiozzi “Lo zio è sempre così arrabbiato, urla, agita le mani. Mi fa paura. Lo so che è stressato per il lavoro, che è stanco e tutto, ma perché se la prende con me?” E continuò a piangere. Non capii bene cosa successe, ma lo zio doveva averle detto altre cose brutte. Io la ascoltai in silenzio, smisi di fare le fusa, ma poggiai le mie zampe sul suo petto, per dirle che non doveva preoccuparsi troppo di quel che dicono le persone, soprattutto se sono arrabbiate. Ma lei stavolta non capì. “Oh, vuoi altre coccole?” E riprese a grattarmi la testa. Per non offenderla, la ringraziai con altre fusa e le mostrai che gradivo. Mi avvicinai a lei e le asciugai le lacrime strofinando il muso sulle guance, poi le diedi un altro bacio sul terzo occhio, per farla smettere. Lei finalmente sorrise. “Grazie, Maestro…” mormorò.

Miagolai per continuare a consolarla e per fortuna, non ci mise molto a ritrovare la serenità. Dopo un po’ ci raggiunse la mamma: bussò alla porta con delicatezza e chiese di poter entrare. Si sedette accanto a noi, abbracciò Elisa e mi accarezzò la testa: feci un po’ di fusa anche a lei per ringraziarla. La mamma ripetè le stesse parole che provai a dirle io:”Non devi dar retta allo zio, soprattutto se è arrabbiato… Non pensa davvero quello che dice in quei casi. Non stavi piangendo, vero tesoro?”
 
Elisa sorrise di nuovo alla mamma:”Sì, mamma, ma come vedi non ero sola.” Tornò a guardarmi:”Sai, avere un gatto è una vera fortuna. A volte penso che ti capiscano meglio di chiunque altro.” Così dicendo tornò a lisciarmi il pelo. Sapete, a Elisa manca ancora tanta strada prima che diventi una vera Zen come me, ma se c’è una cosa che ha imparato subito è la gratitudine. Deve solo imparare a non pensare troppo ai giudizi altrui, anche perché questo la farebbe vivere più serena, ma chissà… Forse è una caratteristica degli esseri umani. Ho notato che Elisa non è l’unica a rimanerci male quando qualcuno li giudica. Se trovassero dei maestri anche loro, gli esseri umani sarebbero molto più pacifici. Noi gatti, per fortuna, non abbiamo questo problema. E sapete cosa? Spero che anche la mia piccola Elisa diventi presto un gatto.
   
 
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