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Autore: MaryFangirl    25/04/2019    3 recensioni
Bastò davvero poco, e all'improvviso tutto ciò che Hanamichi riuscì a vedere e pensare, fu Kaede Rukawa. [...] Kaede si sarebbe reso presto conto che non sarebbe più riuscito a togliersi Hanamichi dalla testa.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Decido di postare questa fanfiction oggi, giorno del mio compleanno, sperando di fare cosa lieta ^_^ in realtà mi ero ripromessa che non avrei mai cominciato a postare prima che la fanfiction fosse finita...la gestazione è stata lunga, molto più del previsto, perché la mia idea da one shot si è trasformata in una breve long di 4-5 capitoli, ma alla fine sono arrivata a quota 20 capitoli, tra momenti di alta ispirazione e di stallo...tuttavia, ad oggi mi mancano 1-2 capitoli per terminarla, per cui mi sento abbastanza fiduciosa da scegliere di proporla al pubblico :D oramai non la lascerò incompleta, ho capito comunque che quando l'ispirazione o la voglia non ci sono, è inutile forzare troppo, mentre poi basta lasciarsi trascinare un po' dall'onda...è al 100% una HanaRu, non ci saranno altre ship, non ci saranno altri protagonisti, ci saranno solo i miei pasticcini adorati, prima coppia yaoi della mia vita *_* dopo avervi annoiato a sufficienza, posso lasciarvi al primo capitolo...buona lettura!

 
Venerdì 10 luglio.
 
Hanamichi terminò di leggere la lettera a le ripiegò, con un lieve sorriso, prima di sollevare gli occhi sul mare che stava facendo da sottofondo a tutte le sue giornate estive. Era l'inizio di luglio, la sua riabilitazione era cominciata da una decina di giorni e sarebbe durata fino a metà settembre. Quasi tre mesi per rimettere in sesto la sua schiena, e non solo, per assicurarsi che potesse proseguire con l'attività sportiva.
Dopo i primi giorni di esami del sangue, TAC, risonanze magnetiche, radiografie che avevano escluso la presenza di fratture o altri traumi che avrebbero richiesto un'operazione chirurgica e non meno di otto mesi di recupero, erano cominciati gli esercizi di fisioterapia, molto blandi poiché in principio si mirava alla diminuzione del dolore fino alla progressiva scomparsa. Ogni giorno veniva visitato da cima a fondo, per assicurarsi che nulla fosse storto rispetto al giorno prima; doveva anche stare a riposo, sebbene gli pesasse immensamente, più avanti sarebbero cominciati i massaggi e la riabilitazione più intensa, ma per fortuna aveva molto tempo libero al pomeriggio dopo le mattinate sfiancanti, specie perché il dolore andava e veniva...e quando veniva, era davvero intenso.*
Hanamichi doveva ammettere di sentirsi già un po' meglio, la clinica era composta da ottimi professionisti e l'aria di mare non poteva che giovargli – e dopotutto lui era un tensai, si sarebbe ripreso molto prima di un normale tizio qualunque -. Sarebbe rientrato a scuola tardi e stava anche perdendo gli ultimi giorni di lezione prima delle vacanze estive**, ma ciò non significava che fosse esente dai compiti, il preside aveva chiamato direttamente per far sapere che. tramite la clinica, avrebbe ricevuto il carico di lavoro da svolgere.
Malgrado i piagnistei iniziali, Hanamichi si era dovuto arrendere e aveva cominciato a rifugiarsi sulla spiaggia per studiare, gli riusciva meglio, e nei suoi molti pomeriggi di solitudine si era quasi appassionato a certe materie, come storia e letteratura, mentre sul fronte scientifico aveva più difficoltà e talvolta chiedeva aiuto alle infermiere.
Lunghe passeggiate sulla riva lo aiutavano a mantenersi attivo senza strafare. Avrebbe voluto fare due canestri nel campetto presente alla clinica, ma i dottori gli avevano detto che doveva aspettare, che il suo infortunio era stato serio, che era fortunato ad essere così giovane per avere il tempo di riprendersi, ma doveva essere paziente. Chiedere pazienza ad Hanamichi era quasi come chiedere al mare di interrompere il suo perenne moto; tuttavia Hanamichi si sforzava di obbedire alle regole, segnando una croce ogni sera sul suo calendario, nella palpitante attesa di tornare a scuola, tra i suoi amici e soprattutto nella squadra di basket. Era contento che Haruko gli scrivesse regolarmente, in quel modo si sentiva meno lontano, e poteva percepire di essere ancora un componente della squadra a tutti gli effetti.
C'era un altro elemento che gli aveva ricordato costantemente lo Shohoku e il basket.
Kaede Rukawa. Pochi giorni dopo essere arrivato alla clinica, lo aveva visto in spiaggia: correva, perfetto nella sua tuta grigia, risultando insopportabilmente impeccabile anche quando era sudato e col fiatone; il volpino lo aveva notato e si era fermato, aprendo la felpa con un'espressione di odioso trionfo e mostrando la maglietta che testimoniava la sua appartenenza alla nazionale giovanile.
Hanamichi aveva ovviamente provato un'enorme ondata di invidia, e si era trattenuto dal picchiarlo solo perché memore delle indicazioni di dottori e infermiere, e subito dopo la dottoressa era andata a chiamarlo per la sua seduta.
Non sapeva che il luogo degli allenamenti della nazionale giovanile fosse così vicino alla clinica. C'era da credere che il destino volesse punirlo, era veramente il re della sfiga.
 
 
Venerdì 17 luglio.
 
Kaede passò di lì, ma non si fermò a dargli corda, proseguì lungo la riva fino a diventare un puntino nero all'orizzonte, mentre Hanamichi sospirava, tornando al suo libro, riprendendo da dove si era interrotto, avendo lasciato una lettera di Haruko a tenere il segno.
Quelle lettere lo rendevano felice, sì. Ma sentiva che la grossa cotta per Haruko stava pian piano scemando. Non era molto stupito, era sempre andata così: si prendeva una sbandata per una ragazza, stava male quando veniva respinto, ma dopo una settimana gli passava. Non aveva mai provato sentimenti così forti da permanere a lungo, specialmente se non vedeva la persona che glieli aveva accesi in primo luogo. Effettivamente per Haruko la questione era stata un po' più intensa, ma ora Hanamichi era convinto di considerarla come un'amica, una carissima amica – molto carina, d'altronde – verso la quale sarebbe stato per sempre grato per averlo introdotto al basket.
Il basket, sì, poteva considerarlo come un suo amore: inaspettato e non voluto, lo aveva salvato senza che lui lo avesse richiesto. La sua vita da teppista nullafacente gli sembrava lontanissima, nonostante fossero in concreto trascorsi solo pochi mesi da quando aveva messo piede in quella palestra con una palla arancione in mano, senza sapere come maneggiarla, con abiti del tutto inadatti al posto, compiendo un salto incredibile per poi stamparsi sul tabellone del canestro.
Quei pochi mesi erano stati così pieni e rivoluzionari che ad Hanamichi sembravano anni.
La sua carriera aveva rischiato di terminare con la stessa velocità, perché durante la sua ultima partita aveva sentito tanto dolore da credere che sarebbe finito su una sedia a rotelle. Ancora non si capacitava di come fosse sopravvissuto a quell'incontro senza il più leggero antidolorifico. Magie di un tensai.
Ma la speranza c'era ancora: aveva lavorato e lavorava ancora duramente in clinica, come se gli esercizi di riabilitazione fossero allenamenti del Gori, e vi dedicava lo stesso impegno.
Anche aver rivisto Kaede lo aveva spronato. Quel maledetto a soli sedici anni aveva già conquistato un posto nella nazionale, lui non voleva rimanere troppo indietro e lasciare che quel dannato volpino lo prendesse ulteriormente in giro.
Dopo aver visto Kaede, anzi, aveva messo ancora più foga negli esercizi, al punto che i dottori avevano dovuto dirgli di rallentare un po', ma Hanamichi era spesso sordo ai loro richiami.
Vedeva il volto di Kaede e spingeva, e più lo faceva più vedeva Kaede, e più vedeva Kaede più insisteva. Gli avrebbe fatto sparire dalla faccia quell'aria di superiorità. Questo era stato il suo obiettivo, a inizio luglio, ma ancora una volta il destino si burlò delle convinzioni del giovane Hanamichi e fece come voleva, nella maniera più inattesa e non desiderata. Bastò davvero poco, e all'improvviso tutto ciò che Hanamichi riuscì a vedere e pensare, fu Kaede Rukawa. Gli entrò in testa come un chiodo rovente, ancora più di prima, senza apparente desiderio di andarsene presto.
 
 
Kaede si fermò e si prese un momento per asciugarsi il sudore della fronte con la manica della felpa.
Si voltò nella direzione dalla quale era arrivato e si diede dello stupido. Era da almeno mezz'ora che correva, era impensabile che potesse anche solo scorgerlo, e infatti solo la grande distesa del mare che continuava a baciare la sabbia per poi allontanarsi si stagliava davanti a lui.
Provava un sentimento che quasi mai si risvegliava in lui: un leggerissimo, impalpabile, tuttavia presente senso di colpa.
Una decina di giorni prima aveva preso la strada verso la spiaggia perché aveva voglia di stare per i fatti suoi e di non andare a correre con gli altri compagni: a suo gusto, trascorrevano più che una sufficiente quantità di tempo insieme. Si era ritrovato a respirare profondamente l'odore del mare, provando un certo sollievo.
Gli costava ammetterlo, ma il coach Anzai non aveva avuto torto quando gli aveva impedito di andare in America. Kaede Rukawa poteva essere l'asso dello Shohoku e uno dei migliori adolescenti nella sola prefettura di Kanagawa, ma il mondo era ben più grande. Il solo Giappone era ben più grande, e lui lo stava sperimentando sulla propria pelle. Nella nazionale giovanile c'era un nugolo di talenti esplosivi come lui, che non si facevano impressionare troppo dalle sue prodezze e che sapevano compierne di uguali se non di più spettacolari.
Kaede era giunto alla conclusione che in America, patria del basket, ora come ora lo avrebbero masticato a colazione senza tante cerimonie, per poi sputarlo prima che giungesse l'ora di cena. Era una strada tutta in salita, ma di quello aveva già avuto il sentore quando si era trovato davanti Sawakita.
Kaede aveva toccato con mano i propri limiti, dovendo piegarsi senza volerlo alla realtà dei fatti: lui era un essere umano, anzi, era solo un ragazzino. I tornei interscolastici a cui partecipava con lo Shohoku e che sembravano vitali, erano del tutto sconosciuti nel resto del Giappone, figurarsi nel resto del mondo.
L'unica cosa da fare era abbassare la testa e lavorare. Se c'era una cosa che aveva imparato durante i primi mesi di basket al liceo, era l'umiltà. Ed era stato più che difficile, perché chiedere a Kaede Rukawa di essere umile era come chiedere alla sabbia di non intrufolarsi ovunque; ci pensò mentre muoveva le dita dei piedi, avvertendo con fastidio i granelli che si erano insidiati anche sotto i calzini di cotone.
Il senso di colpa lo provava, per quanto appena accennato, per il ragazzo che aveva sorpassato una ventina di minuti prima, e che stranamente non gli aveva inveito addosso. Stupidamente, Kaede cercava ancora di capire se riuscisse a vederlo, così come l'aveva visto il giorno prima quando si era avventurato sulla spiaggia. Con quei capelli rossi non era certo passato inosservato. Kaede si era voluto avvicinare a lui per una ragione molto semplice quanto in apparenza idiota: quello scemo rappresentava lo Shohoku, i primi momenti vissuti al liceo. Quando lo aveva visto, Kaede aveva provato la sensazione, pertanto non desiderata, di sentirsi a casa. Con la nazionale stava avendo un'opportunità fantastica e sapeva di poter migliorare ancora di più, ma per uno che era socievole come un comodino non era facile ambientarsi in un nuovo posto, con nuovi compagni. Ci aveva messo un tempo lunghissimo per accettare quelli dello Shohoku come tali, e solo nelle profondità della sua anima poteva ammettere di essere loro affezionato...sì, anche alla scimmia rossa, quell'assurdo tipo che l'aveva preso in odio senza una ragione concreta e con il quale aveva sviluppato un automatico rapporto fatto di insulti e pugni. Non poteva negare che fosse divertente stuzzicarlo, e forse lui stesso aveva qualcosa che non andava visto che sapeva che facendolo incazzare poi le avrebbe prese; forse aveva tendenze masochiste, o forse semplicemente gli piaceva che l'idiota fosse tra le pochissime persone a non suscitargli completa indifferenza. Era un cretino, aggressivo, arrogante, pieno di sé senza un motivo, violento e che esplodeva per un nulla...ma era anche leale e senza paura, si faceva in quattro anche se sapeva di andare incontro a una evidentissima figura di merda e quando non si arrabbiava era simpatico e alla mano, o almeno Kaede lo aveva notato quando lo sbirciava mentre era insieme ai suoi amici...il perché lo sbirciasse, non aveva interesse ad approfondirlo.
Aveva visto Hanamichi seccarsi tantissimo quando gli aveva sventolato davanti alla faccia la sua nuova maglietta della nazionale. Lo aveva visto ringhiare e aveva quasi esultato quando lo aveva visto pronto ad alzarsi per una sana scazzottata – ok, le tendenze masochiste non erano più una mera probabilità -, ma subito dopo una dottoressa lo aveva affiancato per dirgli che era ora della sua seduta; Hanamichi si era sgonfiato, e con le spalle curve e un atteggiamento da bravo bambino l'aveva seguita, lasciando Kaede solo col mare.
Si era sentito dispiaciuto. Non era così stupido e orgoglioso da negare che fosse in gran parte merito della scimmia se erano arrivati così avanti nel torneo...certo l'ultimo incontro l'avevano perso malissimo, ma che avventura era stata. Grazie a quel dilettante con la grinta di un leone, e non l'aveva persa nemmeno con un tale dolore fisico. Kaede aveva sofferto di mal di schiena una volta, alle medie: ricordava quanto ogni stupido movimento fosse insopportabile, e aveva rubato degli antidolorifici a casa pur di poter partecipare agli allenamenti di basket, imbottendosi fino a sembrare un fattone. Per cui, non sminuiva quello che Hanamichi aveva fatto, né le sue capacità, strabilianti per uno che quasi quattro mesi prima non aveva idea che a basket non si potesse tenere la palla sotto il braccio come a rugby, e che non la si potesse prendere a calci.
Si sentiva in colpa per essere andato lì a sbandierargli il suo successo, mentre lui doveva trascorrere l'estate in una barbosa clinica con la speranza di non dover rinunciare così presto a qualcosa che gli piaceva tanto. Kaede sarebbe stato terrorizzato al suo posto. Oltre al basket, non aveva particolari talenti, aveva fatto un po' di pugilato – ecco perché non se la cavava male a menare le mani -, ma il basket era la sua vita e il solo pensiero di non poter perseguire il suo sogno lo annientava.
Quindi forse, ed era un grosso forse, poteva smetterla per un pochino di fare il ghiacciolo stronzo e avvicinarsi alla scimmia dichiarando di voler abbassare l'ascia di guerra...non che lui avesse tutti i torti, dopotutto era stato il do'aho a dare il via alle ostilità, ma non è che lui lo avesse mai preso da parte per dirgli, “Senti, mi sa che è tutto un equivoco, parliamone”; se fosse stato un ragazzo normale lo avrebbe fatto.
Ma avendo ormai riconosciuto di essere uno stramboide, in realtà il fatto che Hanamichi non si fosse messo a idolatrarlo come tutti gli altri lo aveva intrigato, e così si era attivato quel meccanismo imbecille in cui lui si impegnava di più non solo per se stesso, ma anche per ottenere la soddisfazione del vedere la faccia di Hanamichi attonita di fronte alle sue gesta, perché prima o poi sarebbe riuscito a strappargli un complimento sincero e non risate derisorie.
Questo era stato uno degli obiettivi di Kaede, mesi prima, ma non aveva fatto i conti con il destino, che si prese gioco di lui, e quella che era nata come una silenziosa sfida si tramutò in qualcos'altro.
Kaede si sarebbe reso presto conto che non sarebbe più riuscito a togliersi Hanamichi dalla testa, sempre che fosse mai riuscito realmente a farlo.
 
 
 
* Ho provato a cercare online provando a capire che tipo di problema potesse aver avuto Hanamichi in concreto...Inoue non ha specificato esattamente cos'avesse alla schiena, e io ho inserito alcuni esami di routine senza però entrare nello specifico perché non essendo medico, non vorrei dire castronerie in una materia che non mi compete. Sono disponibilissima ad avere correzioni e rettifiche in caso ne sapeste di più.

** EDIT aprile 2021: Avendo riletto il manga da poco, posso affermare di aver un po' esagerato con le date XD Hanamichi comincerebbe la riabilitazione ad agosto (la partita contro il sanno è il 3, Hanamichi va in clinica forse il 10); al 10 settembre Hana non è ancora a scuola, perché nel mini sequel '10 days after', Haruko riceve una lettera da parte sua e viene indicata questa data e lui sta ancora completando la riabilitazione. Mi fa pensare che le ultimissime pagine del manga siano a fine agosto, forse proprio il 31. Mi scuso per la mia presunzione che mi aveva portato ad affermare che era stato Inoue a non essere molto preciso, e invece (come spesso succede) ero io che non ricordavo i dettagli :) La storia prosegue con un 'sistema di date' e mi sarebbe impossibile cambiare tutti i giorni perché verrebbe fuori un pasticcio; so di aver anticipato un po' i tempi, ma...essendo questa una semplice fanfiction, prendete per buone le tempistiche che ho scelto io xD
  
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