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Autore: Alucard97    25/04/2019    3 recensioni
Una tremenda apocalisse è scoppiata in quella che sembrava una tranquilla giornata a Gakuen Toshi, coinvolgendo l'intero pianeta Terra. Quarantacinque anni dopo, il Giappone, diventa la terra dei Kihara i quali la tengono stretta nel loro pugno. Tutti gli Esper sembrano essere morti, salvo qualcuno sopravvissuto per miracolo. Tuttavia, sembra che Accelerator sia sparito dalla circolazione per qualche miracolo, nessuno lo ha più visto né sentito finchè un giorno...
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Accelerator, Altri, Kamijō Tōma, Last Order, Mugino Shizuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.
 
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Quarant’anni fa
 
Il distretto di Gakuen Toshi era ridotto a un cumulo di macerie sotto un cielo tinto del rosso scarlatto del sangue. Tutta la città era nel caos e nella cremisi volta celeste risuonava il rimbombo dei tuoni che fendevano lo scenario apocalittico.
Al centro di tutto quell’agglomerato di morte e devastazione, spiccava la figura di un individuo dai lunghi capelli bianchi, coperto dai detriti fino al petto, lasciando scoperto il volto stanco, ferito e distrutto dall’orrore di quella stessa guerra che lui aveva causato.
L’uomo era Aleister Crowley, colui che un tempo era a capo di tutto quell’agglomerato urbano composto da Esper.
 
Un rumore di passi interruppe il rumore dei tuoni. Passi che il mago ormai riconosceva molto bene:
 
<< Cos’è quello che sento dalle tue fredde labbra, Aleister? Un canto? Un’invocazione? Oppure… una preghiera? Sappi, dunque, che Dio oggi non c’è… ci sono io >> la voce proveniva da un signore anziano, calvo e col camice bianco, che si fermò davanti a lui, tenendo le braccia dietro la schiena, nel mentre osservava con sguardo soddisfatto e vittorioso il teatro dell’Armageddon che si stagliava dinnanzi a lui. << Io, Kihara Gensei, uno degli uomini di cui ti fidavi. Sai, è buffo… tu hai organizzato tutto questo bel piano per salvare l’umanità dall’estinzione, e ti si è ritorto contro. Avevi calcolato tutto tranne la mia famiglia. Dimmi una cosa, te lo aspettavi? Avevi pianificato fin dall’inizio il tradimento della mia stirpe? D’altro canto… come potrebbe una famiglia di scienziati riuscire a calcolare l’algoritmo magico necessario a scombinare i tuoi piani? Decenni… decenni di calcoli scientifici, esperimenti… tanti esperimenti… solo per questo giorno. Nel mentre tu organizzavi le tue forze, noi Kihara studiavamo un modo per usurpare quel tuo trono fatto delle ossa dei tuoi camerati. Ne è valsa la pena, vecchio mio? >>
 
Davanti al silenzio di Aleister, il capostipite riprese a parlare: << Ad Amata andrà il Chugoku, il Chubu a Raansu, Therestina vuole l’Hokkaido, e sai a chi andrà Gakuen Toshi? >> chiese incurvando le labbra in un ghigno canzonatorio. << Per quanto riguarda il resto del mondo… beh, nessuno lo vuole. Il meglio dell’avanguardia scientifica è qui, dopotutto. Shhhh, non agitarti, vecchio mio… tra poco sarà tutto finito >>
 
 
Presente
 
Kihara Gensei stava nel suo laboratorio, osservava quello che sembrava un silos metallico, al cui interno vi era una figura maschile immersa in uno strano liquido. Quell’umanoide era difficile da vedere in viso a causa del bizzarro colore verdognolo dell’acqua in cui era contenuto. Sul fabbricato era stata installata una placca di ferro che recitava la scritta “Protocollo XI”. L’anziano scienziato, nonostante avesse effettivamente più di cento anni, non mostrava segni di invecchiamento preponderanti. Sembrava non essere cambiato molto rispetto a molti anni fa, e questo era dovuto agli speciali trattamenti medici a cui era stato sottoposto dai suoi stessi famigliari.
 
Osservava la figura soggetta ai suoi esperimenti con una strana luce negli occhi, come se trasudasse la fierezza che generalmente era possibile vedere in un padre nei confronti del figlio. Chiuse gli occhi e inspirò col naso immaginando uno spettacolo di cui solo lui conosceva la scenografia, ma ecco che i suoi pensieri vennero interrotti da uno dei suoi dipendenti, per essere precisi… da sua figlia, Yuiitsu. Una donna sulla sessantina, dai lunghi capelli grigi, un tempo corvini. Lavorava come assistente per suo padre.
 
<< Padre? Siete ancora davanti alla vasca del Protocollo Undici? >>
 
<< E perché non dovrei? Questa è la mia creazione più grande, la mia creatura perfetta. Un padre che si rispetti deve guardare il suo neonato figlio nella culla. Ed è quello che sto facendo. Perché disturbi la meditazione di un vecchio, figlia mia? >>
 
<< Semplicemente ero venuta qui per monitorare le condizioni di Undici. E volevo vedere come stavate >>
 
<< Tu… che vuoi vedere come sto io? Sono un vecchio centenario, come vuoi che stia? Qual è la vera motivazione che ti spinge a venire da me? >>
 
Alche, la scienziata, prese un profondo respiro: << Volevo chiedervi se ne foste sicuro. Sicuro… di questo. Parlo di Undici… può davvero farlo? Può sostenere un conflitto simile? Voi vi rendete conto a chi stiamo per dichiarare guerra, vero? >>
 
Gensei, non si girò, rimase ancora a guardare la vasca mentre teneva le braccia dietro la schiena. << Quello che faccio, Yuiitsu, lo faccio per noi, per il nostro popolo, la nostra specie. Dimmi, cara, tu credi? >>
 
La donna rimase colpita da questa domanda così inusuale quanto vaga. << Credere? Credere… nella scienza? Ovviamente sì, padre, perché lo chiedete? >>
 
Il patriarca si lasciò trasportare da una sottile risata, per poi introdurre il suo discorso: << Ovviamente, e la tua è una visione limitata della fede. Molto limitata, figlia mia >>
 
<< Che intendi? >>
 
<< Vedi… ci sono molte cose in cui io credo, piccola mia. Credo nella scienza, nella sopravvivenza, nel destino, nella supremazia della razza umana e credo nel fascismo. Oh sì, io sono fascista. E allora? Penserai. Fascismo… è solo una parola, il suo significato è andato perduto nei piagnucolii dei deboli e degli infidi. I Romani hanno inventato li fascismo, il suo simbolo era un fascio di ramoscelli legati, è possibile rompere un ramoscello… ma un fascio? Un fascio prevarrà. Il fascismo, la forza dell’unità. Io credo nella forza, credo nell’unità. E se questa forza, questa unità di scopo, richiede un’uniformità di pensiero, di parola e azione, allora così sia.
Non permetto che si parli di libertà, né sociale, né individuale poiché questi sono lussi, e io non credo nei lussi. La guerra, promossa quarant’anni fa da Aleister, ha messo fine ai lussi e di conseguenza alla libertà. L’unica libertà rimasta al mio popolo è quella di soffrire la fame, la libertà di morire, la libertà di vivere in un mondo di caos. Dovrei concedere loro questa libertà? Penso di no… penso di no.
Riservo forse a me stesso la libertà che nego agli altri? No. Siedo qui, nella mia gabbia e sono solo un servitore. Io, che sono il padrone di tutto ciò che vedo. Vedo desolazione, vedo ceneri, ho così tanto e ho così poco. Non sono amato, questo lo so bene, né nell’anima né nel corpo. Ho conosciuto, certo, le gioie del piacere carnale ma mai il sentimento che gli altri componenti della mia razza definiscono “Amore carnale”. Tuttavia sono rispettato, sono temuto, e questo è sufficiente.
Perché io amo. Io che non sono amato, provo un amore più profondo dei vuoti ansiti e delle convulsioni di un bestiale accoppiamento. Devo forse parlare di lui? >>
 
E dopo essersi preso una breve pausa dal suo monologo, il calvo dottore portò una mano sul vetro della vasca, ormai sembrava come posseduto. Si fece prendere da uno strano sentimento, scollegandosi completamente dal discorso precedente: << Devo parlare di mio figlio? Non ha occhi per civettare o promettere, ma vede tutto. Vede e comprende con una saggezza di divine proporzioni, che solo i neonati possiedono. Sono alle porte del suo intelletto e sono accecato dalla sua luce interiore. Quanto devo sembrargli stupido? Inetto, magari. La sua anima è immacolata, non è infetta dalle trappole e dalle ambiguità dell’emozione. Lui non odia e non desidera, non è toccato da gioia o dolore.
Lo venero, anche se non ne sono degno. Amo la sua purezza così dolce e infantile. Lui mi ama? Mi rispetta? Potrebbe imparare a farlo, e solo io vedo il disegno che ho realizzato per lui.
Tutti gli impiegati addetti a questo lavoro pensano che sia duro e freddo, pensano che sia vuoto e senza passione. Non lo conoscono, lui non li ha mai toccati. Lui tocca me e io sono toccato dal destino, l’esistenza intera scorre in lui. Io lo venero, sono suo schiavo. Nessuna libertà è mai stata dolce.
Figlio mio, mio dolce bambino, resterei con te per sempre, passerei la mia vita con te. Attenderei ogni tua espressione senza mai chiedere il minimo frammento di affetto. Protocollo Undici… Undici… sessant’anni di duro lavoro e ricerche… mio figlio… io ti amo >>
 
Yuiitsu non capiva più niente. Sembrava come se suo padre si fosse perso nei meandri della sua psiche, ignorando la sua domanda. Per un attimo pensò che fosse pazzo, o senile a causa dell’età avanzata. Lanciò ancora una volta un’occhiata al Protocollo Undici e fu allora che rabbrividì. L’umanoide nella vasca aveva aperto un occhio e stava guardando proprio lei… la osservava con la sua iride sanguigna.
La scienziata rabbrividì, e si allontanò a passo felpato lasciando Gensei da solo con quello che lui chiamava figlio. Era come nel famoso romanzo di Mary Shelley, lui era Victor Frankenstein e quella la sua creatura.
 
 
***
 
Il sole era calato sulle lande sabbiose del Giappone. I tre Esper era arrivati al laboratorio di Raansu, si erano appostati a diversi metri di distanza e Akuma osservava l’edificio col binocolo di Touma. Era uno strumento dalla tecnologia estremamente avanzata, gli permetteva di vedere oltre le pareti dell’edificio. Come aveva fatto il Level 0 a mettere le mani su una strumentazione tanto sofisticata? Ovviamente lo aveva rubato uccidendo un soldato scelto dell’esercito dei Kihara. Il come e il quando non era dato saperlo.
 
<< Lo vedo, Akira si trova al terzo piano. Due guardie fuori dalla sua cella, più tutte le altre di pattuglia sparse per i vari piani. Ci sono altre celle con diversi prigionieri. Spero che tu sappia cosa stai facendo, amico. E’ una missione suicida, questa >>
<< Non ti preoccupare, ho un piano. Mi servirà il tuo aiuto, vecchio mio >>
 
<< Non se ne parla minimamente. Ti ho già spiegato che… >>
 
<< Sì, lo abbiamo capito tutti, Gandhi. Ho bisogno che tu svolga un piccolo compito più adatto alle tue abilità… sei ancora capace ad usare un computer? >>
 
<< Ovviamente… ma questo che c’entra? >>
 
Kamijou prese dal bagagliaio della sua vettura (ritirata dopo che Seiri aveva riparato il motore) un computer portatile, e dal logo sullo schermo era palese che avesse rubato pure quello. << E’ molto semplice, vecchio mio, devi solamente hackerare la struttura e causare un black out. Una volta fatto ciò, io e Last Order penetreremo nella struttura e… beh… poi improvvisiamo >>
 
<< Mi sembra un piano stupido! >>
 
<< Sta zitto e fai come ti dico. Sei pronta, piccola Railgun? >> chiese con tono scherzoso.
 
<< Sono sempre pronta. Dice Misaka rispondendo con fierezza alla tua domanda. >>
 
L’albino sbuffò e iniziò ad eseguire una sequela di calcoli informatici attraverso lo strumento. Nella frazione di un secondo l’intera base sprofondò nel buio della notte. Era giunto il momento di attaccare.
Il Level 0 e la clone ne approfittarono per far fuori in fretta e furia le guardie all’entrata, nel mentre il panico causato dal black out dilagava per l’intera struttura. I due erano tutto fuorché furtivi, poiché irruppero nella base con violenza estrema, agendo col favore delle tenebre. Touma si mise delle cuffie nelle orecchie, la musica lo ispirava e lo eccitava allo stesso tempo. Con la mano destra, sparava colpi con la sua doppietta, con l’altra adoperava la pistola, mentre Last Order sbarrava la strada col suo potere da Electro-Master.
 
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Il Level 0, assuefatto da quelle note, prese la mira con la sua arma da fuoco e sparò un priettile che colpì in piena fronte uno dei soldati guardiani, il cui corpo cadde a terra con un sonoro tonfo mentre pezzi di cervello si sparsero per tutto il corridoio.
Più in là, la clone folgorò un altro degli agenti. Spararono contro di lei, ma i proiettili vennero bloccati a mezz’aria dalle scariche elettriche. Last Order aveva imparato a sfruttare il suo potere per controllare il magnetismo esattamente come faceva la sua originale.
 
Il Level 0 non era da meno, poiché approfittò del caos generato dalla ragazza per uscire allo scoperto e fiondarsi di corpo a corpo. Estrasse un coltello dalla tasca della sua giacca e lo conficcò con forza nel ventre di un sicario per poi trafiggergli un occhio. Menò un pugno a un altro e lo usò come scudo umano per bloccare alcuni proiettili.
Riuscirono a salire qualche piano, ma nonostante la loro bravura e tenacia le cose non stavano andando bene. Anche con il favore dell’oscurità e il fattore sorpresa, le guardie avevano ripreso coraggio ed ora rischiavano di essere accerchiati. I due si guardarono negli occhi e si intesero subito… dovevano accelerare i tempi. Ne uccisero più che poterono, e presto i corridoi si tinsero di macchie scarlatte del sangue nemico, come se fosse un pittoresco quadro di Jackson Pollock.
 
I corridoi erano stretti, e questo era un vantaggio tattico non indifferente in quanto riduceva lo svantaggio numerico, ma i soldati della fazione Kihara erano meglio addestrati ed equipaggiati. Non ci misero molto ad accerchiarli.
I due Esper procedettero a mettersi schiena contro schiena. Last Order era pronta ad usare il suo potere magnetico, ma aveva già usato una gran quantità di energia e non era sicura di poter rifarlo ancora.
Contrattaccarono con tutto ciò che potevano, non potevano e non dovevano fallire. Non ora che erano così vicini al loro obiettivo.
 
Akuma, all’esterno, osservò lo spettacolo col binocolo. Delle gocce di sudore scesero dalla sua fronte poiché aveva paura di quello che sarebbe successo se non fosse intervenuto. Dentro di sé era combattuto in quanto il suo giuramento gli imponeva di non fare più del male a nessuno, ma se non l’avesse fatto… Touma e Last Order, sua figlia, sarebbero potuti morire. Per un attimo il respiro gli si bloccò in gola. Un flash improvviso si materializzò di fronte a lui, e ancora quelle orribili immagini: la sua ex famiglia… morta. I cadaveri di Yoshikawa, Yomikawa, Worst ed Estelle ai suoi piedi. Un oceano di sangue sotto ai suoi piedi che lo trascinava verso il fondo.
 
L’albino cadde in ginocchio mentre si strinse nelle spalle. Non ce la faceva, era più forte di lui. Ogni volta che pensava di usare il suo potere quelle immagini tornavano nella sua mente a tormentarlo.
Improvvisamente un’idea alquanto stupida e folle gli balenò nel cervello. Osservò l’auto dietro di lui e pensò di usarla per sfondare la parete dell’edificio e penetrare nel piano in cui stavano i due Esper.
Per un attimo scosse la testa in quanto era un piano folle, ma poi ci ripensò. Non aveva altra scelta, anche se una strategia simile… era senz’altro degna di quell’idiota di Kamijou. Mise in moto il veicolo e arretrò per prendere più velocità. Davanti a lui stava una rampa naturale, che gli avrebbe permesso di spiccare il volo.
 
Premette il pedale con tutta la sua forza e attivò l’acceleratore incorporato della vettura per aumentare la velocità ancora di più. La rampa lo lanciò e, con enorme sorpresa del suddetto, riuscì a sfondare la parete e comparire davanti ai due Esper disperdendo le guardie.
 
<< Ma che cazzo… >> sbottò il detentore di Imagine Breaker.
 
<< Meno chiacchiere, pensa a salvare il marmocchio! >> e, detto questo, l’albino coprì i due Esper sparando dei colpi con una pistola che aveva preso dal bagagliaio della vettura.
 
Creando il fuoco di copertura perfetto, Touma e Last Order ebbero l’occasione giusta per salire l’ultima rampa di scale e arrivare infine alla cella dove era tenuto prigioniero il ragazzo. Era esattamente come nella foto del dossier, un giovane ragazzo dai corti capelli biondi spettinati, con pantaloni mimetici e una canottiera grigia.
 
<< Gesù Cristo! E voi chi diavolo sareste? >>
 
<< La cavalleria, giovane. Ci manda tua madre >> rispose l’uomo.
 
<< Mia madre? Ma… non siete degli EAGLES, perché avrebbe mandato voi? >>
 
<< Ne parliamo dopo, adesso seguici senza fare storie. Last, fai quello che sai fare meglio >>
 
Fu lesta la ragazza a porre la propria mano davanti al meccanismo di sicurezza. Con un impulso elettrico hackerò il sistema operativo e disattivò le sbarre laser che separavano il biondo dalla libertà.
 
 
*****
 
Akuma aveva allontanato tutti i soldati presenti nel corridoio, ricaricò l’arma e fu in quel momento che udì la sua voce… una voce che non avrebbe mai più dimenticato e che la notte lo teneva sveglio.
 
<< Guarda, guarda chi è venuto a trovarmi dopo tanto tempo. Ti sono mancato, Esper? >>
 
La voce apparteneva a quella di un uomo dai capelli sbiancati, un tempo biondi, che ora gli arrivavano alle spalle. Un paio di occhiali da sole sportivi tenuti sulla fronte e gli occhi rossi come il sangue, esattamente come quelli di Akuma.
 
<< Ransuu… >> sibilò e puntò la pistola contro di lui, tenendolo sotto tiro.
 
<< Vuoi spararmi, Accelerator? Oh scusa, avevo dimenticato, adesso ti fai chiamare in un altro modo. Chissà perché… riguarda forse quella notte? >>
 
Gli occhi del vecchio si spalancarono e la mano iniziò a tremargli, ma decise di non demordere e continuare a tenere l’arma puntata contro il suo demone.
 
<< Cos’è quell’espressione che vedo nei tuoi occhi? Paura? Rimpianto, forse? Perché in fondo al tuo cuore sai che l’incidente non fu causato da me. Fu tutta colpa tua. Non c’è luogo dove puoi nasconderti, Esper. Puoi mettere tutte le distanze che vorrai tra te e la verità, ma non cambierà nulla. Fingi pure di essere quello che non sei: maestro, marito… padre! Ma c’è una verità ineluttabile a cui non puoi sfuggire… tu non puoi cambiare. Tu sarai per sempre un mostro >>
 
Il Level 5 potè sentire chiaramente i battiti del suo cuore e il respiro pesante. La mano iniziò a tremare di più. Sentiva che Ransuu aveva ragione, ma voleva premere quel grilletto, lo voleva con tutto sé stesso finché…
 
<< Non sono stato io a uccidere la tua famiglia quella notte, Accelerator. Dimmi… il sangue dei tuoi cari su che mani colava? Le mie o le tue? Guarda dentro di te. E’ tutta colpa tua. Ma se te la senti di aggiungere un’altra vittima alla tua lista di omicidi, prego fai pure. Qui, Esper, spara qui >> concluse portandosi un dito al cuore.
 
Akuma, infine, abbassò la pistola e si portò le mani nei capelli. I flash di quell’episodio ritornarono ancora nella sua mente e stavolta erano ancora più potenti. Cacciò un grido, nel mente il Kihara lo guardava con un’espressione tronfia.
 
<< Lo sapevo. Tu non hai il fegato. Tch… sei così patetico. Non ne vale nemmeno la pena. Portati via il moccioso, se sei qui per lui. Per quanto mi riguarda non avrei cavato nulla da quel buono a nulla, né tanto meno con te. Addio, nullità >>
 
Lo scienziato se ne andò, lasciandolo da solo coi propri deliri e fantasmi finché la voce di Touma non lo richiamò:
 
<< Abbiamo il ragazzo, metti in moto! Hey… hey, amico che cazzo ti succede? >>
 
<< Padre, padre siamo noi! Calmati! Dice Misaka prendendoti il viso tra le mani >>
 
<< Niente da fare… merda, ci stanno sparando contro! Ah, fanculo >> e con un rapido gesto, il Level 0 prese il posto del guidatore e partì a tutta velocità sfondando la parete dell’edificio.
 
Si allontanarono per diversi chilometri, ormai i soldati non li seguivano più. Forse ciò era dovuto a un ordine di Ransuu.
Akuma si era calmato e si era accasciato sul sedile inspirando ed espirando profondamente, il tutto mentre il Level 0 osservava il suo compagno.
 
<< Che cazzo è successo, amico? Sei ridotto uno straccio >>
 
<< Ho… ho visto Ransuu >>
 
<< Davvero? L’hai ucciso?
 
<< No… >>
 
<< Ma porca puttana! Ce lo avevi sotto tiro! E allora perché non l’hai ammazzato?! >>
 
<< Io… non lo so… >>
 
<< Come sarebbe a dire che non lo sai?! Maledizione! >>
 
<< Scusatemi >> Si intromise Akira << Ora che siamo lontani dal laboratorio, mi spiegate chi sareste? E perché mia madre ha mandato voi? >>
 
<< Beh, ecco, noi… >> fece Touma distraendosi dal discorso precedente per rispondere al biondo. << Più che altro io. Tua… tua madre ti ha mai parlato di me? Io sono Kamijou Touma >>
 
<< No, non l’ha mai fatto. E’ la prima volta che sento il tuo nome. Sei un suo amico? >>
 
<< Capisco… beh… più o meno. Sì, possiamo dire di sì >> rispose con tono sconsolato.
 
<< Io sono Last Order e lui è Shiori Akuma, mio padre. Dice Misaka rispondendo alla tua domanda >>
 
<< Che buffo modo di esprimersi. Credo che mamma vi abbia detto il mio nome, quindi il piacere è mio. Come mai ha chiesto a voi di salvarmi? >>
 
<< Diciamo che… dovevo un favore a tua madre >> rispose il Level 0. << E’ notte fonda. Potremmo discutere meglio se ci accampassimo >>
 
Detto questo, il gruppo costruì un piccolo accampamento accanto alla vettura. Erano seduti intorno al fuoco, e sembrava che il silenzio facesse da padrone a quello scenario. Touma, deciso a rompere questa monotonia, si alzò e andò a prendere dall’auto un paio di birre che teneva di scorta, si sedette accanto ad Akira e gliene porse una.
 
<< Immagino tu abbia bevuto altre volte, ma mi sembra carino offrirtene una >>
 
<< In realtà… non ne ho mai bevuta una. Sono astemio >>
 
<< Sul serio? Mai una sola in tutta la tua vita? >>
 
<< La mamma mi ha sempre vietato di bere alcolici. Dice sempre che distraggono e rendono gli uomini degli idioti >>
 
<< O signore dei cieli… beh, stasera le cose cambiano. Ne berremo una insieme, sarà la tua prima volta. Non fare quella faccia, ragazzo, tua madre non è qui e il detto recita: occhio non vede, cuore non duole. Forza, prendi >>
 
Akuma e Last Order osservavano lo scenario da qualche metro di distanza. La ragazza era piuttosto confusa dal comportamento dell’uomo, dunque decise di chiedere spiegazioni a suo padre. Bisbigliò al suo orecchio, in modo che i due non sentissero:
 
<< Mi spieghi cosa sta facendo Touma? Dice Misaka ponendoti una domanda sottovoce e invitandoti a mantenere la privacy >>
 
<< Gli sta offrendo una birra. Classico rito di passaggio tra padre e figlio. Il genitore offre una bottiglia al figlio e bevono insieme. E’ una sorta di rituale, un passaggio all’età adulta >>
 
<< Tu non l’hai mai fatto con me, né con i miei fratelli. Dice Misaka mantenendo il dubbio >>
 
<< Questo perché Shiage è ancora troppo giovane e Mikoto è una bambina. E poi tu sei una ragazza. Si fa solamente coi figli maschi >>
 
<< Questo è sessismo… Dice Misaka contrariata. Ma ancora non sappiamo se il ragazzo è davvero suo figlio. Spero solo che Touma non ci rimanga troppo male se dovesse ricevere delle risposte negative >>
 
Dall’altra parte, il detentore di Imagine Breaker aveva scolato la sua birra tutto d’un fiato nel mentre Akira lo imitava. Il povero ragazzo assunse un cipiglio disgustato nel mentre iniziava a tossire.
Il presunto genitore gli diede qualche pacca sulla spalla e, facendogli segno di guardarlo, inspirò e rilasciò un sonoro rutto. In segno di apprezzamento per la bevanda. Il giovane, per tutta risposta, non poté trattenere una risata.
 
<< Se non rutti non ti è piaciuto, ragazzo. Immagino che la birra non faccia per te >>
 
<< In realtà… non è così male, anche se immaginavo diverso il sapore. Credo sia una questione di abitudine >>
 
<< Ovviamente >> rispose con una piccola risatina contenuta << Come sono riusciti i Kihara a catturarti, se posso chiedere? >>
 
<< Ero in ricognizione con una squadra. Avevo pregato mia madre di mandarmi in missione, perché volevo rendermi utile, volevo dimostrare a lei… e a me stesso… di essere un vero uomo. Ma la verità? Io non so nemmeno come premere un grilletto… ma volevo solo aiutare la causa. In modo da salvare le persone di questa regione. E’ così sbagliato voler aiutare il prossimo? Probabilmente la mamma si starà dando tutte le colpe >>
 
 
Kamijou lo osservò in silenzio mentre parlava. Non aveva più alcun dubbio. Quel ragazzo dai corti capelli dorati era terribilmente simile a lui quando era giovane. Il desiderio di giustizia, di voler aiutare il prossimo e rendere felici i propri cari. Gli ricordava quei giorni sereni a Gakuen Toshi con Index e gli altri. Rammentò quell’epoca, e non poté fare a meno di trattenere una lacrima.
Era giovane e ingenuo… esattamente come Akira. Era chiaro come il Sole che Misaki aveva fatto in modo di proteggere l’innocenza del figlio, di educarlo alla speranza. Probabilmente gli aveva raccontato di come il mondo non era veramente finito. In un certo senso… era una brava madre, poiché aveva impedito che vivesse le stesse esperienze del presunto padre.
Touma che cos’era diventato? Una persona abbattuta, che aveva perso la persona che più amava al mondo. Quando aveva scoperto che razza di oscura e terribile barzelletta fosse il mondo… era morto.
Perché quel Kamijou Touma che si batteva per la felicità del singolo individuo, era morto il giorno in cui perse tutto. Al suo posto era nato una nuova persona, un individuo cinico e dal sangue freddo che beveva e ammazzava per soldi. Spaccio di alcool, droga, omicidi, furti… questo era il nuovo Kamijou Touma.
Ora, davanti a sé, aveva un ragazzo che ancora non sapeva niente del mondo nonostante avesse venticinque anni. Un ragazzo dannatamente simile a lui, e forse la sua occasione di voltare pagina.
Ma se Akira avesse saputo? Se avesse saputo che lui era suo padre? O quantomeno… il suo ipotetico padre… Ma ne era troppo convinto. Akira come avrebbe reagito? L’uomo non l’aveva mai visto nascere, né tantomeno crescere. Probabilmente lo avrebbe odiato. Decise di non dirgli niente. Era meglio così, non voleva che suo figlio scoprisse che razza di uomo fosse suo padre.
 
<< Non sai sparare eh? Guarda >> estrasse dalla sua giacca la pistola e la puntò contro una roccia. << E’ facile. Devi semplicemente impugnare la pistola come faccio io, vedi? Miri… e premi il grilletto. Devi tenere la presa salda, altrimenti verrai sbilanciato dal rinculo >>
 
Per qualche ora, il vecchio Esper insegnò al giovane come sparare. Il ragazzo non sapeva perché quell’individuo stesse facendo tutto questo per lui, ma non gli dava fastidio. Era bello fare qualcosa di diverso dal solito. Per una volta nella sua vita… si divertì.
Quando la stanchezza prese il sopravvento, si coricarono nei sacchi a pelo per dormire. Si addormentarono subito… tranne Touma e Akuma. I due erano ancora in piedi.
 
<< Pensi che una birra e qualche lezione di tiro al bersaglio bastino? Non sai se lui è veramente tuo figlio >>
 
<< Per favore non ricominciare, ok? Senti, non mi interessa ciò che pensi. Ciò che mi interessa davvero è sapere perché cazzo non hai sparato a Ransuu quando potevi farlo. Che ti è preso? Adesso non hai nemmeno le palle di premere un grilletto? Nemmeno per accoppare un Kihara? >>
 
<< Io… io li ho rivisti in quel frangente. Ransuu ha fatto leva sui miei peccati >>
 
<< Ci risiamo con questa storia. Si può sapere… >>
 
<< Te lo racconterò >> disse interrompendo il compagno << Ti racconterò… della sera in cui mi hanno spezzato. Così capirai, finalmente. Capirai perché ho deciso di cambiare vita. Voglio che tu, adesso, ti ponga una domanda: Accelerator, merita di morire? Una volta che avrai ascoltato, dovrai rispondere a questo quesito. E ti assicuro… che non avrai dubbi sulla risposta >>
 
<< Sono tutto orecchi >>
 
<< Molto bene… prima di cominciare, ricordi il Progetto Sisters? >>
 
<< Non lo dimentico mai >>
 
<< Perfetto, perché è da lì che tutto ha inizio. Ascolta la mia storia… >>
 
****
Tutto è iniziato esattamente quarant’anni fa, dopo che la guerra scoppiò e i Kihara avevano iniziato a fare da padroni. Prima delle macchine, delle Sentinelle, Gensei attivò loro… le Sisters. Il panico aveva iniziato a dilagare per le strade non appena il virus omicida entrò in circolo nel Misaka Network, e te lo giuro non avevo mai visto Last Order soffrire così tanto.
Fui costretto a farlo di nuovo, Touma, fui costretto a ucciderle tutte… non ho avuto altra scelta. Il virus era impossibile da disattivare e allora feci quello che era necessario fare. Salvai molte vite quel giorno, ma qualcosa dentro di me si ruppe per sempre.
C’è chi pensa che quel porco di Gensei abbia attivato le Sisters per mettere nel panico Gakuen Toshi… stronzate. Le Sentinelle esistevano già. Lo ha fatto… Lo ha fatto solo per mirare a me. Per colpire me.
 
 
<< Cristo, amico è terribile. Anche io ero legato alle Sisters, ma non puoi lasciare che la loro morte influisca su di te. Non avevi altra scelta se non quella. Adesso staranno riposando finalmente in pace e credimi se ti dico che non ti darebbero mai e poi mai la colpa >>
 
<< La storia non è finita qui, amico. C’è dell’altro. Ora arriva la parte peggiore… >>
 
 
Ritornai a casa devastato. Ero sicuro di trovare conforto in mezzo alla mia famiglia, ma non appena arrivai là… li vidi. Le Sentinelle stavano attaccando la mia casa. Non persi tempo e mi lancia subito all’attacco.
 
<< Estelle, porta via Yoshikawa e Yomikawa. Qui ce ne occupiamo io e Misaka Worst! >> gridai mentre spezzavo quelle diavolerie infernali una ad una. Mi accerchiarono e il loro potere, il Dark Matter, riuscì a mettermi in difficoltà. Questo non bastò a fermarmi, poiché riuscii a liberarmi di loro. Mi sentivo così forte, ed ero sicuro di essere riuscito a portare in salvo tutte.
E sai chi vidi in mezzo a quel campo di battaglia? Amata. Aveva portato lui le Sentinelle, ma non aveva previsto che io mi sarei liberato facilmente di loro. Lottai contro di lui come un leone, quel Kihara conosceva il mio tallone d’Achille, il calcolo inverso per superare la mia Reflection. Alla fine ci riuscii, riuscii ad ucciderlo, tuttavia…
 
<< Accelerator, basta, ti prego… perché ci hai fatto questo? Non eravamo forse… una famiglia? >>
 
Ora ti starai chiedendo che cazzo sta succedendo… era quello che mi chiesi anche io in quel momento. Perché l’ambiente mutò e tra le braccia non reggevo il cadavere di Amata… ma quello di Misaka Worst.
A quel punto la sua voce… quell’orribile voce appartenente a quel fetente di Ransuu riecheggiò per tutto il complesso:
 
<< Oh povero, povero Numero Uno… sul serio ti ritenevi capace di fare tutto questo da solo? Di tenere testa alle Sentinelle, a mio fratello e abbatterli? Avevo saputo che eri un tipo presuntuoso, ma mi stupisci! Tutta un’altra storia quando c’è di mezzo la tua stessa famiglia, vero? Persone che non possono colpirti con la stessa forza con la quale li hai colpiti tu. Kihara Ransuu, al tuo servizio Numero Uno, spero che le mie tossine ti siano piaciute. Non ti preoccupare… questo giro te l’ha offerto la casa. A nome della mia famiglia, grazie per il servizio che hai offerto alla nostra causa >>
 
****
 
 
<< Non posso crederci… mi stai dicendo che li hai uccisi tu? Yoshikawa, Yomikawa, Worst… Estelle… >>
 
<< Li ho uccisi uno ad uno… con le mie mani… ma non sapevo che fossero loro, Touma, le tossine di Ransuu riuscirono a superare la mia Reflection. Ero già emotivamente distrutto per l’assassinio delle Sisters, e allora le tossine riuscirono a fare effetto. >> a quel punto, Akuma si portò una mano sulla fronte e iniziò a piangere lacrime amare. << Giuro su Dio, non ne avevo idea >>
 
<< Dopo cosa hai fatto? >>
 
<< Non lo so… ricordo solo di aver vagato per i boschi circostanti singhiozzando e piangendo. Non so per quanto camminai, ricordo la sensazione delle foglie umide e il sapore del sangue nella mia bocca. E gli animali che fuggivano spaventati da me. La battaglia finale tra Espers e i Kihara era solo un eco lontano per me, mi avevano spezzato al punto che non riuscivo più a pensare a niente. Volevo solo farmi del male. Farmela pagare per quanto avevo fatto, ma… >>
 
<< Ma non esiste niente al mondo che possa ferirti fisicamente >>
 
<< Esatto. E non sai quanto ho maledetto il mio potere, la mia inettitudine nel proteggere le persone a me care e la mia stessa esistenza. Ho gridato quella notte. Ho gridato più forte che potevo, ma sentivo qualcosa… tornai di fretta nel luogo dell’incidente e lì la ritrovai. Last Order era lì in piedi in mezzo a quel lago di sangue. Non so come si salvò, non mi è mai importato saperlo, mi importava solo che fosse viva. Ricordo che mi guardava con quei suoi dolci occhi castani… confusa. Mi chiese cosa fosse successo e io non sapevo che rispondere. Mi limitai solamente ad abbracciarla, la strinsi più forte che potei e la portai lontano da quel luogo infernale. >>
 
Il vecchio Esper alzò allora lo sguardo verso il Level 0. Quest’ultimo poté specchiarsi nelle iridi color sangue del suo compagno, iridi rovinate dalle lacrime che ancora sgorgavano dai suoi dotti lacrimali. L’espressione dell’albino era la rappresentazione del dolore allo stato puro, le labbra gli tremarono, ma riuscì a parlare:
 
<< Ed ora, Touma, rispondi alla domanda che ti ho posto prima di raccontarti tutto. Ma tu la conosci già la risposta, vero? Adesso prova a dirmi che Accelerator non meritava di morire. PROVA ANCHE SOLO A DIRMI… prova anche solo a dirmi che sono stato uno stupido a nascondere i miei poteri per quarant’anni >>
 
<< Non ci provo nemmeno… >>
 
<< Sono un contadino, adesso. Queste mani si limitano solo a lavorare la terra. Perciò non tentare più di chiedermi di tornare a combattere, capito? Non farò più del male a nessun essere vivente… non userò mai più i miei poteri. Mai più… mai più… mai più >>
 
A quel punto, Kamijou estrasse dalla tasca della sua giacca un pacchetto di sigarette e se ne accese una. La offrì al suo compagno. Accettò l’offerta e la prese. Non ricordava nemmeno più l’ultima volta che aveva fumato, e questo pensiero venne interrotto dall’altro:
 
<< Tu hai aperto il tuo cuore a me, raccontandomi il tuo dolore. Ora è giusto che lo faccia pure io. Come hai notato, non mi piace parlare di Mikoto, ma credo che sia giusto farlo adesso. Ascolta la mia storia… >>
 
****
 
Io e Mikoto eravamo sempre stati legati. Ho sempre saputo di piacerle, ma non avevo mai mosso un dito. Più che altro perché mi piaceva molto stuzzicarla. Tutto cambiò il giorno della battaglia contro i Kihara, dopo che perdemmo la guerra, fuggimmo lontano.
Io, BiriBiri e Shirai Kuroko. Tu non la conosci, ma diciamo che era “L’Araldo della Railgun”
 
 
<< Che? >>
 
<< E’ così che si definiva quella svitata >> rispose con un mezzo sorriso.
 
<< Sembra una cosa da svitati… e da una che sta dall’altra sponda del fiume, se capisci che intendo >>
 
<< Capisco benissimo, e ti assicuro che è come dici tu. Ma fammi continuare >>
 
 
Scappammo il più lontano possibile. Non ricordo esattamente in che regione andammo, ricordo solamente che scappammo in montagna. Ti assicuro, amico mio, che il viaggio con quelle due fu un autentico inferno. Sembravano delle fottute boss mafiose. Kuroko era la personificazione del male. Se la prendeva sempre con me.
Abbiamo iniziato una vita pacifica, lontano da tutto e da tutti. Anche se, di tanto in tanto quando scendevamo in città, aiutavamo le persone in difficoltà o oppresse dai soldati dei Kihara.
Fu proprio in questo periodo che io e Mikoto rafforzammo il nostro legame, un legame iniziato anni fa, consolidato durante la guerra e finito quel giorno. Perché durante la battaglia le salvai la vita, sai? Mi ringraziò dal profondo del suo cuore. Ricordo che ci trovavamo in mezzo al bosco, Kuroko era andata in città, e quella fu l’occasione… ci baciammo. Fu… intenso, dico davvero. Quello era il nostro primo bacio, e cazzo non hai idea di quanto mi manchi.
Quel giorno nacque ufficialmente la nostra storia, ma decidemmo di non dirlo a Kuroko… non subito, almeno e per ovvie ragioni. Glielo rivelammo solo due anni più tardi… e non ti dico le scenate che fece. Ancora sono convinto che cercò di uccidermi nel sonno.
BiriBiri… lei era speciale, Akuma, e nonostante stavamo insieme da ben quattro anni, detestava esternare i propri sentimenti.
Era quando stavamo da soli in casa che si trasformava. Iniziava a coccolarmi come una bambina farebbe col suo oracchiotto di peluche e ti assicuro che quei quattro anni non la resero più matura, al contrario. Era sempre una bambina nell’animo. I baci erano rari, per qualche strana ragione che ancora non capisco, lei preferiva di più gli abbracci e le carezze.
 
Un anno dopo… facemmo l’amore per la prima volta. Il ricordo è ancora vivido nella mia mente, fu l’esperienza più bella della mia vita. Lo facemmo nel cuore del bosco. Eravamo entrambi un po’ agitati, ma lei di più. Se ci penso ancora… mi viene da ridere… continuava a imprecare di fare piano o mi avrebbe evirato.
Anche per lei fu l’esperienza più bella della sua vita. Nonostante vivessimo in un mondo così… orribile… riuscivamo ad essere felici. E tanto bastava.
 
Il tempo passò, finché un giorno… il posto venne assaltato dai Kihara. Precisamente da quella laida puttana di Therestina. Sai qual è la cosa peggiore? Quella Kihara… attaccò la città solamente per arrivare a Mikoto. In qualche modo aveva scoperto che si nascondeva lì.
Non mi tirai indietro, combattei per cercare di proteggere lei e gli abitanti del posto, ma quella stupida Level 5 non voleva scappare. Voleva combattere anche lei, e per Dio non riuscii a farla desistere.
Non so cosa successe… ma nello scontro con Therestina… in qualche modo, Mikoto venne avvelenata. Lo ricordo molto bene.
La ragazza era riuscita ad uccidere quella puttana, ma ormai la città era perduta e il bosco stava bruciando. Noi tre scappammo, ma quando fummo lontani…
 
<< Touma… non mi sento bene >> disse lei e crollò a terra. Io e Kuroko le prestammo subito soccorso, ma eravamo lontani da qualsiasi centro abitato. Non… non c’era più niente da fare. La strinsi tra le mie braccia. Ricordo ancora le sue ultime parole:
 
<< Mi… mi hanno avvelenata… i Kihara… >>
 
<< Risparmia le forze, amore mio. Resisti, troveremo un ospedale. Devi solamente stringere i denti, per favore! >> gridai.
 
<< Non… non ce la farete mai in tempo. Touma, tienimi stretta. Voglio… voglio chiederti un ultimo favore. Tu hai fatto tanto per me negli anni, e io ho cercato sempre di ricambiare ogni cosa. Avrei… avrei voluto così tanto sposarti, sai? Ma non eravamo già sposati nel cuore? Non avevamo pagato una dote di sangue, dolore e solitudine? Il voto più sacro non è forse quello che stringiamo in fondo all’anima? >>
 
Lei tossiva piccole gocce di sangue. Sia io che Kuroko non potevamo trattenere le lacrime, e credo che stavamo tutti e due soffrendo allo stesso modo.
 
<< Che cosa vuoi chiedermi, amore mio? >> chiesi.
 
<< Risparmia la mia agonia. Libera la mia anima mentre ancora canta d’amore per te. Uccidimi, mio amato >>
 
<< NO! NON POSSO! >> Urlai. Non potevo e non dovevo.
 
<< Ti prego… >> con le poche forze che le rimanevano, estrasse la pistola dalla mia fondina e me la mise in mano. << Ti prego, voglio morire serenamente e tra le tue braccia. Touma… ti amo dal profondo della mia anima >>
 
<< Ti amo anche io, Mikoto… >>
 
A quel punto il mio corpo si mosse da solo. Sparai, donandole la morte serena che tanto desiderava.
 
****
 
<< Ed ora conosci la mia storia >> concluse il Level 0.
 
<< Vedo che abbiamo una storia simile. Mi dispiace molto, amico, sul serio. Anche io volevo bene a Mikoto, nonostante il male che le feci.
 
<< Non ti ha mai odiato >>
 
<< Come? >>
 
<< Nonostante l’esperimento, nonostante fosse furiosa con te… non ti ha mai odiato. Perciò apprezzo il tuo conforto, Akuma. Dico davvero >>
 
<< Che ne è stato di Kuroko? >>
 
<< Lei era quella più furente. Non ha mai accettato la morte di Mikoto e mi dà la colpa di tutto. Crede che sia morta per causa mia, che non sono stato capace di proteggerla. E non ha tutti i torti. Mi abbandonò… da allora non l’ho più vista. Seppellii il corpo della ragazza che amavo davanti a quello che rimaneva della nostra casa, per poi non fare più ritorno. Qualcosa dentro di me era morto. L’unica cosa che volevo era vendetta… una dolorosa vendetta per quei maledetti Kihara che me l’hanno portata via. Ho iniziato a uccidere i loro uomini e a rubare i loro equipaggiamenti. E’ così che ho preso le armi, la vettura… ed è così che ho perso il braccio sinistro >>
 
<< Come scusa? >>
 
A quel punto si tolse la giacca e la maglietta, mostrando all’albino il fisico scolpito da anni e anni di lotte, pieno di cicatrici, punti e abrasioni ovunque. Poté notare che il braccio sinistro era completamente meccanico. Un corpo competamente martoriato a causa della sua crociata vendicativa. Non c'era un solo punto in cui la pelle non fosse rovinata o squarciata. Un'altra persona, probabilmente, sarebbe rabbrividita nel vedere quelle ferite cicatrizzate.
 
<< Un’esplosione, se te lo stai chiedendo. Me l’ha costruito Seiri, non è brava solo coi motori sai? Ha perfino installato un mini-gun dentro questo braccio. Se tiro questa cordicella che vedi qui… beh, inizia il divertimento >>
 
<< A proposito di Seiri… le tue mogli, immagino… >>
 
<< Dopo Mikoto, sì. Te l’ho detto, ero diventato un uomo alla deriva. Volevo solo annegare i miei problemi nel sangue, nell’alcool… e nelle donne. Incontrai Itsuwa e, dopo la prima notte, la lasciai. Poi con Seiri, con altre donne… e infine con Misaki. Con lei sbagliai tutto. Sai qual è la differenza? Misaki mi amava troppo… anche più di Mikoto, e io non fui in grado di capirlo. Lo capisco solamente ora, che ne parlo con te e guardo il volto di Akira che dorme. Fu lei a venire da me… disse che aveva trovato il modo di ridarmi i ricordi! Ci credi? Ricordo che, quando riacquistai le mie memorie del passato, mi abbracciò e mi baciò. Iniziammo a vivere insieme e te lo giuro… credevo davvero di poter ricominciare. Misaki era fantastica, sapeva cucinare divinamente e adorava “Everything I Do It For You” di Bryan Adams… diceva che era la nostra canzone. La ballavamo spesso. Ce l’ho ancora tra i CD >> Inspirò col naso. << Però non riuscivo a dimenticare Mikoto. E nonostante avessi fatto l’amore con lei, le avessi detto che l’amavo… fuggii. Scappai via. Non sapevo che fosse incinta, ma a quanto pare… >> poi lanciò uno sguardo sul ragazzo.
 
<< Cazzo amico… senza offesa, ma se io fossi stato Misaki ti avrei dato ben di più di un semplice schiaffo >>
 
<< Lo so, non ho giustificazioni. Sono una merda umana. E tu, con Mugino? Non hai mai finito di raccontare quella storia >>
 
****
 
Come ben sai, quella pazza mi pestò a sangue prima di darsi una calmata. Iniziammo a vivere insieme e all’inizio prendevamo bene le distanze. Io ero diventato quello che ero, e lei era sempre la solita Meltdowner fiera ed orgogliosa.
Ricordo che ci ricoprivamo spesso di insulti, ma in qualche modo ci volevamo bene. Ci raccontavamo tutto finché una notte non decisi di dirglielo. Le raccontai la stessa storia che ho raccontato a te.
Non sembrava troppo sconvolta, anzi, disse che mi capiva… e mi raccontò di Frenda, di come aveva cercato di uccidere anche l’intero ITEM. Lei riesce a capirmi, Touma, riuscì a capirmi come nessuno prima di lei. Anche più di Last Order.
 
<< Quello che hai fatto è orribile, lo capisco benissimo ma… >> ricordo che pianse << Cristo, Accelerator, tu sei un uomo fortunato. Molto fortunato! Non ti accorgi di quello che hai? Hai la bambina che nonostante sappia tutto, riesce a sorriderti! Io invece cosa avevo? Un pugno di mosche, ecco cosa. Non ti sto dicendo di dimenticare, ti sto solo dicendo di non osare auto-commiserarti di fronte a me. E’ una mancanza di rispetto verso tutti quelli come me… appesi al baratro, in attesa di cadere >>
 
Quello che successe dopo fu del tutto naturale. La abbracciai. Non so cosa mi prese, ma non riuscii a fare altro. La abbracciai forte e lei ricambiò stringendosi al mio petto. Piangemmo entrambi quella notte, tirando fuori tutto quello che avevamo dentro. Dopo lo sfogo, ci fissammo negli occhi per un tempo che mi pareva interminabile. Non credo di averle mai visto gli occhi così luminosi. Ci baciammo per la prima volta e dopo… facemmo l’amore. La nostra prima volta. Nessuno dei due era in imbarazzo, o agitato… volevamo solo confortarci a vicenda. Fu meraviglioso, davvero.
Alla fine dell’amplesso, la strinsi a me e le dissi:
 
<< Infondo hai ragione, ma su una cosa ti sbagli: Non hai più bisogno di restare attaccata al baratro perché qualcuno la mano te l’ha già tesa >>
 
<< Sì… >> mi baciò << Mi va bene. Quello che abbiamo fatto… leccarci le ferite… a me sta bene >>
 
E il tempo passò, fino a innamorarci completamente. Ci sposammo in una chiesa diroccata, senza un prete, con Last Order come unica testimone. Ma infondo… ci andava bene così. Stare insieme era ciò che contava. E poi ci trasferimmo nel Chugoku… e il resto lo sai.
 
****
 
<< Beh… ti è andata meglio che a me. Sono felice di questa discussione… sono riuscito a tirare fuori quello che da tempo tenevamo dentro. Grazie, amico, di tutto >>
 
A quel punto il fuoco si spense, senza sapere né come né perché. Touma prese in mano l’accendino, ma non funzionava più. Era come se si fosse bloccato del tutto.
 
<< Ma porca puttana… Ohi, Akuma, ce l’hai una scintilla del cazzo? >>
 
Il vecchio Esper incrociò le braccia al petto e assunse una smorfia strana che Touma non poté vedere. Prese un respiro e rispose:
 
<< No… però ho un cazzo che fa scintille, va bene comunque? >>
 
Il Level 0 si girò completamente e lo guardò negli occhi. Rimasero in silenzio qualche secondo e poi… iniziarono a ridere. Si sedettero insieme e risero di gusto, come mai prima d’ora. Una sana, genuina risata fra due migliori amici… per la prima volta dopo tanti anni. Una risata limpida, che si estendeva nel cielo stellato sopra di loro.
   
 
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