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Autore: criceto killer    29/04/2019    0 recensioni
Al principe Death non piaceva essere in balia di altre persone, odiava sentirsi debole e vulnerabile, odiava la presenza di suo padre, odiava il suo nome e persino sè stesso.
Sono più di 10 anni che non mette piede fuori dal castello.
Nelle favole, le principesse vengono rinchiuse per proteggerle da qualcosa di oscuro o semplicemente dal mondo esterno, ma per Death è diverso.
È il mondo esterno che deve essere protetto da lui.
Nessuno gli ha mai insegnato ad amare o a sorridere.
Il suo mondo è costruito con odio e rabbia.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Storico, Sovrannaturale
Capitoli:
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Dylan ritrovò quello strano ragazzino nel tardo pomeriggio, era seduto su un gradino del portico che dava sul giardino.

Un'arietta fresca gli scompigliava i capelli, alcune ciocche gli finivano davanti gli occhi e il fumo della sigaretta volteggiava verso l'alto creando una vista quasi ipnotica.

Era lì, seduto totalmente da solo, mentre gli altri ragazzi giocavano tra loro con delle pezze arrotolate, brandivano bastoni di legno come spade, fischiavano e corteggiavano le ballerine di corte o semplicemente se ne stavano stesi al sole tra i fiori.

Dylan gli si avvicinò, sedendosi al suo fianco su quel gradino di marmo.

-Ti ho fatto male prima?-

Il ragazzino lo guardò sorpreso, alzando un sopracciglio.

-Ok, fa niente, sai, dovresti fare amicizia o qui non sopravvivi-

L'altro sospirò spegnendo la sigaretta.

-Io ignoro loro e loro ignorano me, mi va bene così-

-In guerra non ti salveranno di certo se ti trovi in difficoltà-

-Nemmeno tu sembri avere molti amici-

-Si, ma mi conoscono tutti, non devo trovarmi degli amici io-

-Mh- il ragazzino si strinse nelle spalle portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Mi chiamo Axel- mormorò poi, come se si sentisse in imbarazzo.

Dylan sorrise, forse aveva deciso di fare amicizia con lui.

-Dylan, piacere- rispose colpendolo con un pugno leggero alla spalla.

-Ora ti conviene rientrare, tra poco sarà servita la cena e quelli non sono molto propensi a lasciare agli altri qualcosa di più che qualche briciola-

Axel annuì alzandosi e spolverandosi i pantaloni.

-Tu non vieni?-

-Non ho molta fame-

-Mh, allora ciao-

Dylan lo guardò rientrare, aveva dei sospetti su quel ragazzino ma ancora non ne era del tutto sicuro, per di più il fatto che lo attraesse a quel modo lo confondeva.


Le parole di Jake non facevano altro che rimbalzargli nella testa, possibile che Connor fosse così gentile con lui perché aveva un bisogno disperato di soldi?

Il solo pensiero lo faceva stare male, gli provocava la nausea e l'irresistibile voglia di allontanarlo da sé prima che fosse troppo tardi, prima che anche lui decidesse di ferirlo.

Eppure non ci riusciva, nonostante la grossa possibilità che un giorno Connor, intenzionalmente o non, lo avrebbe fatto soffrire proprio non ce la faceva a rinunciarci, si era aggrappato a lui come se fosse l'ultimo ramoscello in grado di salvarlo da una rovinosa caduta nel baratro.

-Ti va di fare qualcosa?- mormorò accarezzando distrattamente i capelli corvini dell'altro, aveva bisogno di tenersi occupato così da poter smettere di pensare.

-Cosa vorresti fare? Io sono un servo, non possiamo farci vedere così intimi fuori-

-Andiamo in palestra-

Connor annuì alzandosi, girò ad una debita distanza da lui per i corridoi per poi arrivare ad una palestra vuota.

-Vuoi allenarti con me?- gli chiese guardandosi attorno.

-Se vuoi...-

Il ragazzino cercò di leggere tra le righe, era sicuro che Death gli stesse nascondendo qualcosa, era sempre distratto e si era fatto un po' distaccato.

-Ma tu volevi allenarti da solo?- 

Il Principe rimase a fissarlo come a cercare una risposta giusta a quella domanda.

Connor rise di gusto, a volte dimenticava che Death non era abituato ad interagire granché con le persone e che troppe domande rischiavano di mandarlo in confusione.

-E va bene alleniamoci-

I due ragazzi iniziarono a scaldarsi con qualche esercizio leggero, tuttavia la fronte del Principe era corrucciata, non voleva combattere contro di Connor, non sarebbe più riuscito a fare sul serio, non lo avrebbe mai più colpito lo aveva promesso.

-A cosa pensi?-

Death si morse un labbro, odiava il fatto di non riuscire a nascondergli nulla.

-No, niente-

-Vuoi che facciamo solo flessioni ed esercizi di potenziamento?-

-Si, è meglio-

Connor gli fece un sorriso di incoraggiamento, sapeva più che bene che Death stesso non era ancora riuscito a perdonarsi ciò che gli aveva fatto e la sua espressione corrucciata lo aveva tradito fin da subito, tuttavia, c'era ancora qualcosa che non riusciva a tirargli fuori.

Decise di dargli fiducia, se Death aveva avuto qualche ripensamento, se aveva qualche dubbio o paura, avrebbe dovuto affrontare la cosa da solo e dirglielo.

Mentre Death faceva dei piegamenti alla sbarra, Connor non poteva che osservarlo in tutta la sua magnificenza, si stava allenando più duramente del solito e la maglietta era già stata abbandonata da tempo sul pavimento.

Delle gocce di sudore gli imperlavano la fronte e i muscoli ben delineati da anni di duri allenamenti.

Il suo sguardo non poté che ripercorrere per l'ennesima volta il percorso tracciato da tutte quelle cicatrici che segnavano il suo bel corpo altrimenti perfetto, Connor riconobbe quella all'altezza dello stomaco, un taglio netto di 5 centimetri buoni, per qualche secondo la sua mente venne proiettata a quella terribile cena, il sangue sgorgava inesorabile lungo tutto il suo corpo, eppure nessuno aveva mosso un dito, tutte quelle persone si erano semplicemente immobilizzate, nessuno lo stava soccorrendo, rassicurando o difendendo. 

Per questo non era riuscito a fermare le proprie gambe quando aveva visto quel balordo in procinto di lanciare un secondo pugnale.

Le sue gambe si erano letteralmente mosse da sole, lui si era semplicemente ritrovato quei occhi lapislazzuli puntati contro, quei occhi sorpresi dallo sfondamento di quell'aura di solitudine che pareva circondarlo da sempre.

Il tonfo dei piedi del Principe contro il pavimento di pietra scura lo riportarono alla realtà, Death aveva finito i suoi allenamenti, dunque, si affrettò a porgergli un asciugamano e un bicchiere di acqua.

Anche in quel momento, con quell'aria stanca e allo stesso tempo con quei occhi che erano capaci di raggelarti il sangue, Death sembrava totalmente solo.

Senza pensarci troppo, Connor si alzò sulle punte per baciarlo sulla guancia, la quale prese subito un colorito purpureo.

-Connor, se lo scopre mio padre ti farà uccidere-

-Lo so- il ragazzino si morse un labbro -ma a te va bene così? Essere suo?-

-Che significa?-

-Ti sta bene essere controllato in questo modo, e subire tutte quelle punizioni...-

Connor lo vide distogliere lo sguardo ed uscire dalla stanza senza neppure starlo a sentire.

-i-io, Death!- il ragazzino, spaventato dall'idea di aver esagerato prese a seguirlo, il biondo camminava a passo così svelto che Connor doveva quasi correre per stargli dietro, a nulla serviva chiamarlo ripetutamente dunque gli afferrò disperatamente una mano.

-Death-

Il Principe si voltò di scatto verso di lui, un'espressione feroce a distorcere i lineamenti del suo bel viso, e un movimento deciso della mano per liberarsi dalla presa dell'altro.

-Che c'è?!-

-Non mi hai risposto- 

-Questo perché non sono affari tuoi!-

Connor sospirò, ormai era inutile provare a parlare con lui, gli avrebbe urlato solo contro, per questo decise semplicemente di andarsene, avrebbe aspettato che si fosse calmato e poi si sarebbe scusato con lui per avergli chiesto all'improvviso una cosa tanto delicata.

-Sei il mio servo! Dove pensi di andare? Non puoi fare quello che ti pare!-

A quelle parole Connor si bloccò, non poteva averle dette davvero, ormai era indeciso a quale Death dare ascolto, era indeciso tra quali dei due Death scegliere come quello reale.

Quale era il vero Death?

Quello che davanti alla vista della città sospirava e gli confessava che, a parer suo, i servi non erano altro che poveri sfortunati nati nel ceto sbagliato o quello che gli gridava ordini con quell'espressione che faceva paura persino a lui.

I due non si rivolsero neppure uno sguardo, camminarono per i corridoi in silenzio, fino a raggiungere la bella terrazza ornata di piante e fiori.

Death si sedette nel suo solito posticino, l'unico tratto della terrazza a non essere stato inglobato dalla vegetazione, adorava quella terrazza, lì si sentiva al sicuro.

Un tempo apparteneva alla madre, non permetteva ai servi di prendersi cura di quel posto, amava farlo personalmente, innaffiava le piante, strappava le erbacce, si occupava di cambiare i vasi ai fiori, forse fu anche per questo che quando morì nessuno osò toccare neanche una sola foglia di quella terrazza.

Eppure in quel momento la presenza incombente di Connor alle sue spalle non faceva altro che mettergli ansia, quel silenzio lo metteva a disagio, per questo resistette solo pochi minuti prima di correre a chiudersi in camera sua, sbattendo così forte la porta da far saltare il ragazzino dallo spavento.

Connor si sentiva in netto contrasto a quello stupendo paesaggio capace di risvegliare sentimenti anche nel cuore spezzato del Principe. 

Si sentiva arrabbiato, Death aveva davvero un pessimo carattere e per di più gli sembrava sempre fosse lui il cattivo tra i due.

Molte volte aveva delle reazioni parecchio infantili.

Sospirò uscendo dal castello, aveva bisogno di cinque minuti di pausa, poi sarebbe andato a parlarci e avrebbe affrontato la cosa insieme a lui.

Aveva bisogno di sfogarsi, di liberarsi di tutta quella rabbia o la situazione con Death non sarebbe che potuto peggiorare.

Lasciò che i propri poteri scaturissero dalle sue mani, una sfera di energia si materializzò per ciascuna mano, la pelle scaldata dal loro tepore e le orecchie inebriate dal classico sfarfallio che emettevano.

Iniziò a lanciarne a caso contro gli alberi che si ritrovava davanti, urlando e gridando dalla frustrazione.

Forse, fu proprio per questa sua rabbia che non si accorse di un gruppo di banditi che, richiamato da tutto quel potere, gli si stava avvicinando.

Prima che Connor potesse accorgersi di ciò che stava succedendo, rovinò a terra, un dolore lancinante alle costole lo costrinse a rimanere steso contro il terreno fangoso, una mano a stringere disperatamente una zolla d'erba nel tentativo che questo lo aiutasse a strisciare per allontanarsi almeno un po' da lì prima che la vista gli si offuscasse del tutto.

-Guardatelo, sta strisciando via- un uomo rise calpestandogli con tutto il proprio peso la mano.

-Hey, non lo rovinare, questo ci varrà una fortuna al mercato degli schiavi-

Un altro lo preso per i capelli costringendolo a sollevare la testa.

-Avete visto che occhi? Solo con questi siamo sistemati a vita-

Il cuore di Connor stava battendo così forte che il ragazzino aveva paura di sentirlo esplodere, al fianco aveva un dardo dalle piume colorate, forse era per questo che il suo corpo aveva smesso di rispondere ai suoi comandi.

Un uomo aveva appoggiato il proprio piede sopra la sua schiena rendendogli difficile respirare mentre armeggiava con corde e catene per immobilizzargli braccia e gambe.

Nella sua mente, con metà faccia nel fango, non poté che pregare che l'effetto di quel dardo paralizzante svanisse al più presto, cosa avrebbe pensato sua madre nel non vederlo rientrare? 

Lo avrebbe cercato? 

Sicuramente si sarebbe spaventata a morte, la preoccupazione l'avrebbe consumata, e Death?

Cosa avrebbe pensato se fosse sparito in quel modo? 

Si sarebbe sentito nuovamente solo, abbandonato, lo avrebbe odiato e nessuno gli avrebbe mai insegnato a sorridere.

Si concentrò su quest'ultimo, pensare a lui riusciva a portarlo lontano da lì, a non sentire quelle voci, a minimizzare il dolore che gli stavano procurando.
  
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