II
Le strane luci
del
nuovo millennio
Stephane si
svegliò di buon’ora per andare al lavoro. Il suo
primo pensiero, appena aperti
gli occhi, fu chiedersi se in realtà si fosse trattato solo
di un sogno. Realizzò
la verità quando raggiunse la cucina, che formava
un’unica stanza con il
salotto, e trovò Emelrik appollaiato sul divano. Era intento
a fissare il
vuoto, con aria smarrita. Aveva chiuso tutte le tende e rimaneva
immobile.
“Buongiorno”
salutò il padrone di casa.
Il vampiro
girò gli occhi verso chi parlava, rimanendo in quella strana
posa che lo faceva
rassomigliare ad un avvoltoio.
“Buongiorno”
rispose, quasi sussurrando.
L’archeologo
si preparò il caffè, offrendone qualche sorso
alla piccola goccia d’acqua
elementale.
“Non
hai una
bellissima cera” parlò ancora Stephane, inzuppando
un biscotto “Brutta nottata?”.
“Ho
fame”
ammise Emelrik.
“Come
mai
questa notte non sei uscito a nutrirti? Solitamente per questo
quartiere gira
sempre gente mangiabile…”.
“Che
frase
strana da dire…”.
“Io
non ho
sangue in frigo, mi ‘spiace. E non posso andare a comprartelo
al supermercato. Il
cibo è un affare che devi risolvere da
solo…”.
“Lo
so. Anche
se non so cosa sia un frigo ed un supermercato. Ci ho provato, davvero!
Ma ci
sono tante luci. Tante luci fisse e tante luci che si muovono. E tanto
rumore. E
tante cose che non capisco. E…”.
“E…
ho
capito! Probabilmente ti riferisci ai lampioni ad ai fari delle
macchine. Non sono
pericolosi, se non ti ci butti addosso. Magari stasera ti spiego un
po’ di cose
in più. Ma ora devo andare al lavoro, faresti meglio a
dormire, ora che c’è il
sole”.
“Ok…
ma…”.
“Vieni
con
me” sospirò il mortale, accompagnando il vampiro
fino alla camera oscura. “Puoi
dormire qui. Ti porto un sacco a pelo…”.
“Un
sacco a
pelo?”.
“Di
certo
non posso mettermi una bara in casa…”.
Rimasto solo,
infilato nel sacco a pelo, Emelrik fissava il soffitto. Completamente
al buio,
capì che non sarebbe mai riuscito a dormire: la fame lo
tormentava. Inoltre, l’odore
di reagenti e fissanti lo nauseava. Iniziò a ficcanasare per
la camera oscura. Vide
appese alcune foto della propria tomba e di altri reperti. Curioso,
tirò un
filo ed accese la luce, tipicamente rossa. Sobbalzò. Che
cosa strana, si disse,
e che luce magnifica: ricordava così tanto il sangue fresco!
Però che fame…
Lasciò
la
stanza. Gentilmente, Stephane aveva chiuso tutte le serrande e la luce
del sole
non filtrava all’interno della casa. Giunse in cucina, non
sapendo che altro
fare. Cosa mai erano tutti quegli strani oggetti? Aveva capito come si
accendeva la luce, ed evitava di farlo. Aprì e
fissò, perplesso, il forno. A che
serviva? Ed a cosa servivano tanti piatti e bicchieri, vivendo da soli?
Spalancò
la porta del frigo e ci ringhiò contro, quando
l’abbagliante luce dell’interno
lo avvolse. Ma che razza di posto pieno di trappole era mai?! Tutto si
illuminava, tutto ronzava, tutto era così strano…
“Forse
dovreste attendere il ritorno del signor Stephane”
suggerì l’elementale.
“E nel
frattempo che faccio? Mi annoio. E poi ho tanta
fame…”.
“Dubito
che
l’umano abbia qualcosa di commestibile per Voi”.
Emelrik
fissò la goccia con fastidio. Provò ad assaggiare
un biscotto rimasto sul
tavolo e ne fu nauseato. Doveva trovare una soluzione! Possibile che
non ci
fosse nemmeno un topo in quella casa? Guardandosi attorno,
fissò con interesse
una bottiglia. Conteneva un succo di un colore interessante e fu
tentato di
assaggiare. Che strani contenitori… Abituato
com’era alla sua epoca, priva di
plastica, fissava ogni cosa con interesse. Quasi si bruciò
con i fornelli e
scaraventò a terra il tostapane, quando questi
scattò.
Decise di
cambiare zona, e gironzolò per l’angolo adibito a
salotto. Poi trovò la camera
di Stephane e curiosò fra gli armadi.
“Siete
un
impiccione” lo rimproverò l’elementale.
“Cerco
solo
di adattarmi” mentì il vampiro, fissando con un
certo disgusto gli abiti che
abitualmente si indossavano in quel nuovo millennio.
Si
avvicinò
al comodino a giocherellò con la sveglia, fino a farla
suonare. Questo lo
spaventò e per spegnerla la fiondò contro il
muro.
Abbattuto ed
avvilito, comprendendo che in quell’epoca era tutto molto
più complicato e “brutto”,
tornò ad infilarsi nel sacco a pelo. Era il letto
più scomodo che avesse mai
provato, ma non poteva lamentarsi: Stephane era stato fin troppo
gentile!
Riuscì
ad
addormentarsi e fu risvegliato dall’odore del sangue, dal
profumo della vita. Il
padrone di casa era rientrato e, stanco dopo la giornata di lavoro, si
era
buttato sotto la doccia. Emelrik, non conoscendo molto il concetto di
“riservatezza”,
entrò in bagno e salutò.
“Ma
che
diavolo fai?!” urlò Stephane “Non vedi
che sono sotto la doccia?! Esci subito e
chiudi la porta!”.
“Stupefacente!”
mormorò il vampiro, rimanendo immobile con grandi occhi
sognanti.
“Cosa?!”.
“L’acqua!
Esce
da lì! Da sola!”.
“Ovvio!
Da dove
dovrebbe uscire?!”.
“Come
fa?”.
“Ci
sono i
tubi! Esce anche dai lavandini della cucina e della vasca.
Esci!”.
“Straordinario!
Ora capisco perché vivi da solo, senza nemmeno un
servitore!”.
“ESCI!”.
Stupito da
quella reazione, Emelrik lasciò il bagno e chiuse la porta.
Quando era in vita,
e si lavava, era abituato ad avere l’assistenza del proprio
servo personale,
che lo aiutava e gli raccontava aneddoti. E non era consuetudine
lavarsi molto
spesso, come invece quell’umano a quanto pare amava fare.
“Scusa
se ti
ho arrecato disturbo e fastidio” mormorò, non
appena Stephane uscì.
“Fa
niente”
sbottò l’archeologo “Basta che non si
ripeta. In bagno ho bisogno di privacy,
non entrarci mai se ci sono io! Chiaro?”.
“Chiaro…”.
“Bene…”.
“Oggi
ho esplorato
un po’ per casa”.
“Ho
visto. Ho
notato il tostapane rotto, la sveglia a pezzi ed il biscotto
smangiucchiato…”.
“Altro
disturbo ed altro fastidio. Perdono!”.
L’umano
non
rispose. Si stava sfregando i capelli con l’asciugamano,
rivestendosi davanti
al grande specchio che aveva in camera.
“Posso
farti
una domanda?” chiese Emelrik “Come mai vivi qui da
solo?”.
“E con
chi
dovrei vivere?”.
“Con
una
donna. Alla tua età, dovresti avere moglie e
figli!”.
“E tu?
Dove hai
moglie e figli? La tua dinastia è estinta, da quel che mi
risulta. Perciò…”.
“Avevo
una
moglie. Purtroppo ella è perita prima di donarmi un erede.
La febbre me l’ha sottratta”.
“Oh…
perdonami. Non volevo essere indelicato!
“Non
potevi
saperlo. Così come io non potevo sapere che in bagno vuoi
stare da solo”.
“Giusto…”.
Stephane
tornò
in cucina, pensando a cosa fare per cena. Emelrik lo seguì,
non sapendo bene
che altro fare.
“Perché
non
accendi un attimo la tv?” gli suggerì il mortale.
“Tv…?”.
“Sì.
Poi,
appena fa buio, ti accompagno fuori e ti spiego alcune cose.
Così non avrai più
paura e potrai arrangiarti da solo a cercarti da mangiare”.
“Oh…
OK. Grazie…
ma…”.
“Ma
non sai
cos’è la Tv…? Aspetta. Te la accendo
io…”.
Mentre il
padrone di casa si preparava qualcosa di veloce, per assopire la fame,
il
vampiro scopriva la televisione. Era perplesso, non capiva
all’inizio a cosa
servisse, ma quasi subito ne fu visibilmente interessato. Cambiando
canale, si
era imbattuto su un documentario sui leoni dell’Africa ed era
rimasto
affascinato dalla possibilità di vedere il sole splendere,
senza subire
conseguenze. Poi scoprì un canale con molte più
parti femminili in mostra di
quante ne potesse immaginare e rimase alquanto scioccato.
“Guarda
qualcosa di più adatto a te!” gli sottrasse il
telecomando Stephane, tornando
sul documentario.
“Ma
io…”.
“Magari
poi…”
suggerì Stephane “…potresti raccontarmi
la tua storia. Che dici?”.
“Dopo
mangiato, sì”.
Ciao a tutti!
Noto con piacere che
qualcuno già segue questa storia. Grazie :3 Purtroppo ho
qualche problema con
le risposte alle recensioni (a volte me le fa mettere ed a volte no) ma
sappiate che le leggo tutte con gioia! A presto!