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Autore: mari05    30/04/2019    0 recensioni
vasivwibps
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo aveva assunto le tonalità del rosa quando la lady del castello cominciò ad avviarsi, percorrendo a passi lenti il lungo viale alberato che costeggiava la fortezza, verso la zona di ritrovo al di fuori delle mura che era solita frequentare per il solo motivo che, nonostante la sua chiara funzione, era spesso disabitata. Il luogo diveniva così per la nobildonna un posto in cui pensare e mettere alla prova la sua mente tramite gli avvenimenti che coloravano le giornate del castello e i problemi che suo marito, il lord, spesso faticava a risolvere. Un esempio che si presentava spesso erano le liti tra i garzoni, che erano perlopiù ragazzetti poveri che l’armaiolo raccattava dalla strada e che affibbiava ai servi più esperti per insegnar loro il mestiere; succedeva quindi che uno di questi, preso dalla smania di raggiungere un rango più elevato, cominciasse a fare più lavoro del dovuto, cosa che era apprezzata fino a quando il suo stacanovismo non andava ad inglobare anche i compiti dei garzoni suoi compari. A quel punto i ragazzi si esibivano in insulti, risse e minacce che destavano ben poco scalpore nelle donne che abitavano il castello, le quali erano inevitabilmente costrette ad udire parole e versi che forse neppure conoscevano. Si rivolgevano così al lord, raccontandogli rabbiosamente quanto fossero maleducati e insensatamente violenti i suoi garzoni, e di quanto, dunque, meritassero una sbrigliata. Per il lord ciò rappresentava un problema talmente poco rilevante che si limitava a liquidare le dame con un pigro gesto della mano: non era affar suo che i garzoni lavorassero tanto e, soprattutto, che fossero maleducati nel linguaggio e talvolta nei gesti. Mai gli era successo, da uomo ricco e di rilievo tale era, di essere trattato in un simil modo da un garzone, cosa che invece sembravano aver subito le donnette che si precipitavano da lui richiedendo un ammonimento. Quindi la situazione rimaneva statica, invariata. La lady stava pensando proprio a come risolverla per allenare il suo piccolo cervelletto da ricca signora quando, alzando lo sguardo, si trovò a guardare con i suoi occhi smeraldini il posto in cui si trovava. Le era capitato più di una volta di perdere il filo del pensiero tra le fronde un tempo innevate degli alti alberi che la circondavano e che parevano proteggerla da qualsiasi minaccia frusciando al passaggio di qualsiasi animale. Ciò succedeva anche quando si trovava ad osservare dapprima pigramente e poi quasi con ostinazione l’erba alta, mai tagliata, che le solleticava i polpacci scoperti e sembrava quasi legarsi alle sue caviglie per portarla chissà dove, sottoterra, lontano da quel castello brulicante di superbia e finzione. Se le piante si fossero mai prese la briga di farlo, la lady avrebbe accettato senza pensarci due volte; sarebbe scomparsa, ed era sicura che nessuno, a parte quel posto desideroso di ospitarla, avrebbe sentito la sua mancanza. Sapeva, però, che neppure la natura avrebbe fatto una cosa simile alla lady del castello che andava così spesso a fargli visita: per quanto si dimostrasse incurante del resto del popolo, l’ambiente sembrava quasi intimorito dalla sua presenza, tanto da non riuscire a trascinarla da nessuna parte senza essere consapevole dell’insolenza che avrebbe dimostrato. Ma la lady sapeva che quel sentimento sarebbe galleggiato nel piccolo stagno che ora si era ritrovata a fissare, immobile, senza motivo di esistere. Nessuno avrebbe mai preso in mano l’affronto per la perdita della lady, neanche se lei non fosse più tornata indietro. «Noto che non sono l’unico a cui piace pensare in questo posto ormai dimenticato» una voce melliflua, travolgente come un fiume in piena, raggiunse la donna, che immediatamente distolse lo sguardo per rivolgersi alla persona che era appena giunta nel suo nascondiglio. Era un ometto tarchiato e robusto, il cui busto possente era sovrastato da una testolina incorniciata da una cascata di riccioli color del terreno che la lady non poté non notare in quanto erano tipici della famiglia del suo signore nonché marito, il lord. Lo scrutò per un attimo con i suoi occhietti e si ritrovò sorpresa nel costatare che lui fece lo stesso con i suoi: piccoli, ballerini da un lato all’altro del nascondiglio, non ebbero paura di sostenere lo sguardo quasi inquisitorio della lady, che pareva dire: “come hai fatto a scoprire questo posto?” «è un piacere vederla» la donna forzò un sorriso, e con l’odiata eleganza che le era stata insegnata fin da piccola si alzò e rivolse un modesto inchino all’uomo dinanzi a lui. «Non c’è bisogno che si inchini, milady» ridacchiò il figuro, il volto congestionato e gli occhietti follemente venati di ironia «so quanto odi le buone maniere» L’unica cosa che la donna riuscì a fare fu rivolgergli un mesto sorriso e ritornare a sedersi. Ora lo stagno non aveva più alcun effetto su di lei. L’ometto fece un paio di passi attorno alla donna e, quasi fosse stato suo diritto, si sedette alla sua destra, fin troppo vicino secondo il codice che ogni nobile aveva nei confronti degli altri aristocratici. Prese a fissare il laghetto con la stessa assuefazione con cui prima la lady aveva fatto; i suoi occhi si immersero nelle sue acque scure e osservarono attentamente ciò che c’era aldilà dello specchio verdastro recepibile ad una prima occhiata. «So quanto possa essere difficile vivere stritolati in quel posto, gliel’assicuro» sussurrò quindi lui, ancora assorto nell’osservazione del laghetto. La lady finse di non prestare attenzione a ciò che quell’uomo stava dicendo, cercando di distogliere la sua mente e di catapultarla nuovamente sul problema delle liti tra garzoni; forse, se l’avesse risolto, il suo lord nonché marito le avrebbe dato l’opportunità di avere anche un minimo contatto con il comando. «Quando ero piccolo e nostro padre affidava ad ognuno una spada, io venivo qui. Mi riflettevo nelle pozzanghere che la costante pioggia invernale creava nelle piccole depressioni del terreno e guardavo semplicemente un buono a nulla a cui davano un pezzo di metallo addobbandolo a cavaliere.» I riccioli castani gli traboccavano sulla fronte come il contenuto di una cornucopia, quasi coprivano i piccoli occhietti che danzavano sull’acqua dello stagno. Aveva cominciato a farsi buio, e l’acqua del laghetto aveva cominciato a riflettere la luminosa superficie della luna sopra di lui. «Ebbi la sconsideratezza di dirlo a nostro padre. Inizialmente non sembrava così sconcertato nel constatare quanto fossi poco avvezzo ad usare la spada, e quanto la mia mente dilagasse durante gli allenamenti e finisse sempre col pensare ad una sola cosa: le cucine.» La lady non disse nulla e, in preda al disagio, cominciò a giocherellare con l’orlo della tunica che le si era alzato a causa del venticello che aveva cominciato a tirare. Il velluto verde che la copriva cominciò a farsi sempre più leggero mentre la notte giungeva imperterrita e inarrestabile. «è risaputo quanto mi sia sempre piaciuto cucinare; l’odore dell’arrosto appena sfornato, delle verdure abbrustolite e delle paste dolci di cui questo posto è sempre fornito. Dunque lo dissi a nostro padre, e fui felice quando lui senza batter ciglio mi portò nelle cucine del castello, dove abitualmente era vietato entrare a me, allora giovane lord. Tremavo di emozione quando misi piede in quel posto sudicio, caldo e pieno di gente vestita e non alla presa con i grossi pentoloni di stufato che un tempo si servivano il giovedì. Li osservavo con tanta ammirazione che probabilmente mio padre se ne accorse: mi rendevo conto quando mi seguiva con gli occhi quanto fosse segretamente in disaccordo con ciò che stavo facendo, eppure non lo udivo fiatare neanche una volta. Le opzioni erano due: o si era rassegnato alla mia impetuosa passione o stava covando un odio tale dentro di sé che ben presto me ne sarei trovato sommerso» La nobildonna cominciò a sentire freddo, man mano che il venticello si tramutò in una gelida aria notturna che pareva trapassarle il vestito e solcarle la pelle con la sua temibile freddezza. I fili d’erba avevano preso a seguire i ritmi delle correnti aeree e ballavano quasi con gioia, solleticandole ancora di più le caviglie. «Purtroppo si dà il caso fosse la seconda opzione. Mi si avvicinò attraversando le cucine a passi larghi, decisi, le mani dietro la schiena quasi a voler evitare di buttarmele addosso. “Vedo che ti piace” mi disse, forzando un sorriso. Aveva qualcosa di terribile in serbo per me. “Perché non aiuti dato che sei così carico e instancabile? Prendi quella pentola piena d’acqua, su, e portala dalla cuoca che vedi in fondo ché ci deve fare lo stufato per i tuoi fratelli”. Pieno di gioia, afferrai i manici tiepidi della pentola, decisamente troppo grossa per me, e cominciai a correre verso la donna che girava pigramente un cucchiaio di legno in una padella piena di verdure dall’odore invitante. Mi resi conto solo quando la pentola mi cadde addosso che mio padre mi aveva mentito: anziché piena d’acqua, era carica di olio bollente. Il liquido mi si riversò addosso e il mio petto fu travolto da un calore tale da farmi spuntare delle bolle verdognole sul torace; gridai. Nessuno fece niente per aiutarmi, né tantomeno mio padre; lui guardava, gli occhi pieni di soddisfazione, il suo bambino che si contorceva mentre l’olio gli scavava nella pelle e lo rendeva nient’altro che un pezzo di carne abbrustolita. «Guardai le pentole per l’ultima volta prima di chiudere gli occhi e riaprirli nel mio letto, con dinanzi il lord mio fratello e mia madre che mi guardavano preoccupati. Il petto mi doleva, sapevo che non sarei più tornato come prima e che quei solchi che l’olio aveva scavato sarebbero rimasti per sempre.» Con il buio a nascondere il suo pudore, l’ometto alzò la camicia che lo copriva e mostro un corpo sfregiato dalle bruciature, una pelle rossa e indicibilmente repellente, venata di strisce biancastre. La lady represse un singulto e spostò gli occhi verso l’acqua dello stagno. L’ormai ombra abbassò la camicia e quasi sembrò tremare per le lacrime calde che adesso gli rigavano le guance rosee e pasciute. «Non sempre, milady, possiamo essere ciò che vogliamo. Questa vita è stretta ad entrambi come lo è per molti altri, e spesso sentiamo gravare su di noi il peso di tutto ciò che comporta. Ma qui, in questo posto, io posso essere ciò che voglio come puoi esserlo tu.» La nobildonna, oramai in cammino verso il castello, neanche ascoltò cosa quell’uomo stesse dicendole al chiaro della luna di quella notte così buia.
   
 
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