Olimpia -1parte
Non sapeva come si era ritrovato in quella cazzo di situazione. Così
ferito, così vulnerabile.
La gamba gli faceva terribilmente male.
Eppure non era stata la prima volta che si era trovato solo ad affrontare
decine di vaganti, ma quella dannata volta quasi aveva avuto la peggio.
Nell'affrontare i morti aveva quasi rischiato di diventare uno di loro. Si
era ritrovato in un dirupo, atterrato incapace di muovere la gamba sinistra
con gli zombie che ad uno ad uno lo raggiungevano.
Era forse arrivata la fine per lui? Per Daryl Dixon?
No, lui non si arrende, non lo faceva mai.
Per difendersi aveva cominciato a usare tutto quello che aveva a portata di
mano, le frecce della sua balestra, il coltello e dei sassi. Ma i vaganti
erano troppi.
Quando sembrava che non ci fosse più nulla fare, degli spari vennero in suo
soccorso abbattendo uno ad uno gli zombie.
Daryl era sudato e dolorante, alzó lo sguardo in alto per vederne la
provenienza.
Due uomini vestiti da soldati lo avevano salvato. Ma chi diavolo erano?
Sentì uno dei due soldati chiamare rinforzi per tirarlo su.
Lo tirarono fuori da quel burrone di morte e lo caricarono su un mezzo di
trasporto che aveva tutta l'aria di essere un veicolo militare.
Non era riuscito a opporre resistenza, non ne aveva le forze. La vista
cominciava ad annebbiarsi e da li a poco sarebbe svenuto.
“Chi-chi siete”
Era riuscito a sputare appena.
“Sei al sicuro adesso”
Furono le ultime parole che sentì prima di chiudere gli occhi.
“Dottor Edwards, come sta?”
“ È ridotto male, ma se la caverà”
Ancora stordito aveva aperto gli occhi. Aveva cominciato debolmente a
scrutare l'ambiente in cui si trovava. Era sdraiato su uno di quei letti
d’ospedale, con una flebo attaccata al braccio e la gamba fasciata.
Spaesato guardò le due persone che stavano parlando di lui. Uno era il
soldato che lo aveva tratto in salvo, il secondo era chiaramente il dottore
che si era preso cura di lui. C'era però qualcosa di strano in quel uomo,
era un volto che già aveva visto da qualche parte. Ma non se lo ricordava.
“Vedo che hai ripreso conoscenza, sei stato privo di sensi per due giorni”
“Dove mi trovo?”
“Sei nel posto più sicuro che esista, sei ad Olimpia”
“Olimpia?”
“Si”
“Perché mi trovo qua?”
“Ti hanno trovato i nostri soldati, eri disidratato e la tua gamba è
malconcia, devi tenerla a riposo per un po'”
Cazzo la gamba, quasi non riusciva a muoverla dannazione.
“Qual è il tuo nome?”
“Daryl… Daryl Dixon”
Sputò il suo nome cominciando a guardare il soffitto bianco di quella
stanza.
“Piacere signor Dixon, io sono il Dottor Edwards e mi prenderò cura di te”
“Per quanto dovrò restare?”
“Finché non riuscirai a camminare, ma chiaramente puoi restare anche dopo
se lo vorrai”
“No, non lo vorrò”
“Cambierai idea”
Le parole del dottor Edward suonarono troppo sicure. Ma Daryl non sarebbe
rimasto a lungo, non poteva. Doveva al più presto continuare con la
ricerca. Era il motivo per cui si era allontanato così tanto da Alexandria,
non poteva fermarsi finché non avesse trovato quello che stava cercando.
“Più tardi la mia assistente ti porterà da mangiare”
Furono le ultime parole del dottore prima che abbandonasse la stanza,
lasciandolo solo.
Era ancora intontito dal sonno quando la porta si aprì.
“ Scusa non volevo svegliarti, ti ho portato qualcosa da mangiare”
Una voce di donna, leggera e delicata come quella di un angelo gli fece di
scatto aprire gli occhi ancora socchiusi e puntarli contro la provenienza
di quel suono.
Era rimasto senza fiato, quasi gli mancava l’aria.
“Beth…?” aveva pronunciato incredulo quel nome e il cuore quasi se lo sentì
uscire dal petto.
“Si, Beth è il mio nome” sorrise la ragazza.
Daryl non riusciva a emettere un fiato. La guardò dalla testa ai piedi
scrutandone ogni minimo dettaglio. E si, non c'era alcun dubbio era proprio
lei, Beth, la sua Beth.
Che cazzo di antidolorifici gli stavano dando per fargli avere le
allucinazioni. Dovevano essere belli potenti.
“Perché mi guardi così? Ho forse qualcosa sulla faccia?” aveva chiesto la
ragazza imbarazzata da quel contatto visivo. Si perché Daryl non le
staccava gli occhi di dosso.
“Che cosa c’è nella flebo?”
“Eh?”
“Si, che cosa mi state dando?”
Aveva usato un tono aggressivo, ed era certo che lo stavano drogando. Chi
aveva davanti doveva essere per forza frutto della sua immaginazione.
“Non capisco, la flebo serve a reidratarti” affermò confusa la ragazza.
“E allora perché riesco a vederti?”
“È una domanda stupida, non credi?” gli aveva risposto mostrandogli un
piccolo sorriso e a Daryl gli si fermò il cuore.
La sua dannata mente gli stava facendo qualche brutto scherzo, o forse no.
Possibile che Beth fosse ancora viva dopo che glie l'avevano uccisa davanti
a gli occhi? Le avevano sparato in testa e il sangue aveva schizzato un po'
da per tutto, anche sulle sue labbra. Aveva assaporato il suo sangue, quel
sangue che lo tormentava tutt’ora.
Si perché dopo quel giorno in lui, si era rotto qualcosa.
Quindi no, non poteva essere possibile che lei fosse viva.
Ma se davvero lo fosse, sarebbe un po' come rimettere insieme i pezzi.
“Mangia qualcosa” gli disse sorridendo prima di voltarsi per andarsene.
Daryl la blocco prendendola per mano. Al contatto Beth si girò e i loro
sguardi si appiccicarono come due calamite.
Era come se il tempo si fosse fermato e Daryl volle credere che tutto fosse
reale, che lei fosse reale.
Scese una lacrima a rigargli il viso e in quel preciso istante poté giurare
di aver visto Beth irrigidirsi.
La ragazza stacco la presa e cominciò ad indietreggiare senza interrompere
quel loro contatto visivo. Era come se lei avesse sentito qualcosa a cui
non sapeva dare una definizione e Daryl questo lo aveva percepito.
“Beth…” pronunciò ancora il suo nome, suonava più come una supplica che un
richiamo.
“Chi sei tu?” chiese quasi sconvolta.
Daryl spalancò gli occhi ancora bagnati dalle lacrime e cominciò a mordersi
l'interno del labbro.
Quelle parole erano state come una doccia fredda.
“Tu… non ricordi?”
Era più un affermazione verso se stesso che una domanda.
Beth scosse la testa.
“Ti conosco forse?”
Molto probabilmente lo sparo le aveva causato la perdita di memoria visto
che non si ricordava di lui.
Fece un lungo respiro prima di risponderle.
“No, ti ho scambiata per qualcun'altra”
“Oh”
Di nuovo gli manco l'aria.
“Adesso devo proprio andare, torno più tardi a vedere come ti senti” aveva
detto Beth avviandosi fuori dalla stanza.
Daryl guardo la sagoma della ragazza a poco a poco svanire. Tornò a
guardare il soffitto perdendosi nella sua mente.
Avrebbe voluto sputargli tutta la verità su di lui, ma l’aveva vista così
serena che aveva avuto paura di turbarla.
Sapeva che se lui lo avesse fatto, l'avrebbe macchiata con tutta la merda
che avevano passato insieme da quando il mondo era andato a puttane. Per
non parlare di tutte le persone a loro care che erano morte.
Sarebbe stato sicuramente straziante. E lui aveva preferito evitarglielo
almeno per un po'.
“E ora di cambiare la flebo”
La voce di Beth lo fece sobbalzare, ancora non si era abituato a risentire
quel suono, ne tantomeno alla sua presenza.
“ Ieri non ti ho più vista”
“Già, ho avuto parecchie cose da fare… ma è passato il Dottor Edwards a
controllarti è la stessa cosa”
No, non era la stessa cosa.
Mentre maneggiava con il suo braccio fù invaso dal profumo della ragazza,
intontendolo.
“Questa è l’ultima flebo, direi che stai molto meglio”
Aveva accompagnato il tutto con un luminoso sorriso guardandolo in faccia e
Daryl ne fù come ipnotizzato. Come il giorno prima non riusciva a smettere
di guardarla. Beth distolse lo sguardo, era chiaro che le attenzioni visive
di un perfetto sconosciuto la imbarazzavano.
“Che ci facevi la fuori?
“Che intendi?”
“Si bè la fuori, in mezzo ai morti”
“Cercavo qualcuno”
“È l'hai trovato?”
“No, non esattamente”
Aveva trovato lei.
“Io non sono mai stata fuori da Olimpia”
“A no?”
“No, non ci è permesso uscire dalle mura, solo i soldati possono farlo”
“È una cazzata”
Beth era rimasta sbalordita per quell'affermazione.
Ma che diavolo di posto era questa Olimpia, una campana di vetro?
Doveva vederci più chiaro.
“Ragazzina, portami a fare un giro”
Aveva chiesto Daryl, ma la ragazza rimase immobile, quasi pietrificata. Lui
non capì.
“Ragazzina” la richiamò.
“Come… Come mi hai chiamata?”
Aveva balbettato con un filo di voce, e Daryl aveva cominciato a fissarla
pesantemente, come a volerle scavare l’anima. Lei sembrava come assente.
“Ehi, tutto okey?” con preoccupazione le tirò delicatamente la manica del
camice, e Beth aveva strabuzzato gli occhi tornando alla realtà.
“Scusami, e che la mia testa non funziona tanto bene”
“A no?”
Aveva detto con una stretta allo stomaco.
“No, da quando mi hanno sparato alla testa, non ricordo più nulla di quello
che è accaduto prima” aveva sorriso amaramente.
Già, lo aveva capito che non avesse più ricordi. Che non ricordasse più
nulla.
“Come hai fatto a sopravvivere?”
“Il dottor Edward mi ha salvato. Ha detto che sono stata in coma per
diverso tempo e quando poi mi sono svegliata c'era solo il vuoto più
totale”
“Che cosa sai”
Lei scrollò le spalle.
“Solo il mio nome, e che sono sempre stata qua”
Daryl cominciò a mordersi l'interno del labbro. Lo devastava sapere che lei
si fosse risvegliata sola, senza nessuno della sua famiglia che avrebbe
potuto aiutarla a ricordare. Dove cazzo era stato lui? La credeva morta, ma
lei non lo era. L'aveva abbandonata.
Una altra dolorosa morsa allo stomaco.
“Andiamo?”
L'attenzione di Daryl era tornata a Beth che gli si era avvicinata
spingendo con le mani una sedia a rotelle. Inarcò un sopracciglio.
“Che cosa ci dovrei fare con quella?”
“Non volevi vedere Olimpia?” aveva chiesto confusa.
“Non con quella, passami le stampelle”
Beth lo aveva accompagnato in quella visita turistica presso Olimpia.
Quella comunità era davvero enorme. Era cinque volte più grande di
Alexandria. Forse anche di più. Le mura erano alte, con diversi soldati
armati a controllare che tutto filava liscio. Sembrava davvero un posto
sicuro.
“Da quando esiste questo posto?”
“Credo da sempre, io mi sono risvegliata già qui”
“Ti trattano bene?”
“ Si”
“Okey”
“Perché questo interessamento?”
Daryl non le rispose, la ignorò continuando a camminare con quelle
stampelle. Guardandosi intorno.
“Chi era?”
“Mmh?”
“La persona che ti ricordo”
Stavolta non riuscì a ignorarla. Si fermò guardandola intensamente negli
occhi con ancora quel fastidio allo stomaco.
Non riuscì a dire nulla.
“Scusami, doveva essere importante per te”
“Lo era” aveva sputato ricominciando a camminare, Beth fece lo stesso.
Per un po' passeggiarono in silenzio accompagnati dal leggero venticello di
quella giornata.
“Anche tu, mi ricordi qualcuno”
Daryl si era nuovamente fermato, e il cuore aveva cominciato a martellargli
sotto al petto.
“C-chi?”
“L'uomo dei miei sogni” aveva detto arrossendo
“Prego?” era arrossito pure lui.
“No no non fraintendimi, intendevo dire che mi ricordi l'uomo che ogni
tanto mi compare in sogno. Non conosco il suo volto ma, ecco, tu me lo
ricordi” si stava giustificando imbarazzata.
“Cosa sogni esattamente?”
Doveva sapere se in fondo al cuore lei in qualche modo si ricordava di lui.
“Non so definirli, sono più che altro squarci di momenti vissuti o di
parole, come se fossero…”
“Ricordi”
“Già”
Quella era la prova che forse c'era speranza per la sua memoria, che lei si
ricordasse della sua vita, della sua famiglia, di lui.
“Bene Daryl la gamba sta guarendo”
Il dottore Edwards lo stava visitato farfugliando qualcosa sulla sua
salute. Daryl lo stava ignorando, non riusciva a non pensare a quello che
Beth gli aveva detto. Ci aveva rimuginato su tutta la notte. Ed era ancora
confuso su quello da farsi. Avrebbe voluto rivelare alla ragazza la verità
sulla sua vita passata, regalarle quei suoi ricordi svaniti. Ma sapeva
anche che sapere poteva essere sinonimo di dolore.
“So che Beth ti ha fatto vedere Olimpia, come ti è sembrata? Ti piace?”
“È apposto” si era limitato a quel termine, scrollando le spalle.
“Lo è” gli aveva annuito. “Torno più tardi”
“Pensi che lei possa ricordare?”
Il dottor Edward ormai di spalle si era irrigidito. E Daryl lo aveva
notato.
“Dottore”
“Non lo so”
“Che cazzo significa non lo so, sei un dottore dovresti saperlo”
“La mente di ognuno di noi funziona in modo diverso, non so darti una
risposta” gli aveva detto ancora di spalle.
“ E se qualcuno glie lo dicesse invece?”
“Che cosa”
“Se qualcuno gli raccontasse chi fosse, del suo passato. Cosa pensi che
accadrebbe, ricomincerebbe a ricordare?”
Quelle parole sapevano di disperazione e il Dottor Edwards a quelle domande
si voltò scrutandolo attentamente. Aveva spalancato gli occhi.
“Ma certo, ecco perché il tuo volto mi sembrava familiare. Tu sei il tizio
che ha ucciso Dawn!” aveva affermato sconvolto.
“Tu eri là”
Ecco dove lo aveva visto. Lui era la quando quella puttana della poliziotta
aveva sparato a Beth. Ma come avrebbe potuto ricordarlo. Di quel giorno ne
ricordava solo sangue e dolore.
“Adesso mi ricordo bene di te, quel giorno eri distrutto”
Daryl cominciò a mordersi l'interno del labbro ripensando a come si sentiva
spezzato quel giorno e dei pezzi che ancora ad oggi non era tornati a
posto.
“Perché non gli hai detto la verità? Che aveva una famiglia la fuori?”
“E tu perché non l'hai fatto?”
Già, neanche lui le aveva detto nulla.
Di nuovo quella dannata stretta allo stomaco.
“Daryl, è già un miracolo che sia viva. E guardala, è felice qui,
nonostante non sappia niente”
“Ma forse lei vuole sapere, chi siamo noi per tenerglielo nascosto”
Lo stava dicendo più a se stesso che a lui.
“Chi siamo noi mi chiedi?. Chi sei tu per dirglielo. Io mi sono preso cura
di lei da quando le hanno sparato. È grazie a me se lei ancora respira”
Il tono di voce del dottore era alterato e infastidito, ed era facilmente
percepibile del perché.
“Tu non vuoi che lei ricordi” glie lo aveva ringhiato.
“Vuoi davvero che lei ricordi della sua vita prima di quel giorno? Vuoi
davvero che lei ricordi delle persone che ha perso, del dolore che ha
passato?”
Voleva davvero che lei ricordasse tutto?
Lo voleva davvero?