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Autore: NPC_Stories    02/05/2019    4 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1361 DR: Ricordare il futuro


“Fra poco arriveremo a un punto di raccolta dell’acqua. Fermiamoci a fare rifornimento.” Il giovane elfo scattò in avanti con entusiasmo, facendosi strada fra il sottobosco.
“Navar, se continui a bere continuerai a fermarti perché ti scappa. Lo capisci che è un coshee che si morde la coda?” protestò Raerlan, schivando appena in tempo un ramo di rovo che stava per arrivargli in faccia, spinto di lato dal ragazzo disattento.
“Ma che discorsi fai, pensi che abbia cinque anni?” sbottò Navar, offeso. “Dai, il mio otre è vuoto, affrettiamoci.”
Raerlan alzò gli occhi al cielo, ma allungò il passo per non perderlo di vista. Poco dopo sbucarono davvero sulla riva di un fiumiciattolo. Per qualche minuto seguirono il fiume camminando nella stessa direzione della corrente.
“Dov’è che vuoi andare oggi, esattamente?”
“C’è un luogo che ho visto di sfuggita, dove i fiori nascono anche in inverno. Voglio approfondire.”
“Oh, un mistero. Interessante.”
Poi entrambi sentirono finalmente il suono allegro di una cascatella, e l’espressione di Navar si aprì in un sorriso. Raerlan però non riusciva a condividere il suo buon umore. C’era qualcosa fuori posto, qualcosa di sbagliato.
“Navar, non correre. Sento qualcosa.” Provò a frenarlo.
Con un salto e una breve scivolata, il ragazzo superò il dislivello che avevano davanti, trovandosi accanto alla pozza dove si riversava la cascata. Era un luogo chiamato salto delle rane, o anche cascatella delle rane, perché i gorghi della corrente con gli anni avevano scavato alcune pozze laterali nella terra tenera, specchi di acqua quasi ferma in cui piccoli animali del fiume andavano a deporre le uova. D’estate quel luogo era colmo di allegri gracidii e punteggiato dai colori chiari delle ninfee, un tripudio di vita, ma nei mesi freddi sembrava una palude in miniatura. Era un panorama abbastanza desolato, decente solo per merito della cascata e per il verde acceso delle piante che crescevano lungo la riva.
L’acqua degli stagni non era buona da bere, ma Navar sapeva di dover riempire l’otre direttamente dall’acqua fresca della cascata. Aveva già un piede sulla prima roccia bagnata che toccava il fiume, quando Raerlan lo afferrò bruscamente per il mantello e lo tirò indietro.
“Ti ho detto che ho sentito qualcosa!” Sibilò, irritato.
La sua voce suonò più aggressiva di quel che era, perché le sue ultime parole furono sottolineate da un basso ringhio. Navar rimase spiazzato per un momento, prima di accorgersi che non era il ranger a ringhiare. Quel suono minaccioso, che faceva rizzare i capelli sulla nuca, proveniva dai cespugli dall’altra parte del ruscello.
Con passi felpati, ferini, una enorme pantera nera si fece avanti, lenta e silenziosa come la notte. Quando il suo muso zannuto spuntò dalle fronde, Navar si accorse subito che l’animale era sulla difensiva. Poi la bestia si fece avanti, affondando con le zampe nell’acqua bassa, schiacciando e strappando le ninfee sotto i grandi artigli. Solo allora Navar si rese conto che non era affatto un animale naturale.
“Stai indietro” lo chiamò Raerlan, facendogli dei cenni. Con la coda dell’occhio, il giovane druido si accorse che l’alicorn aveva già estratto la spada. La belva distorcente saettava con gli occhi da lui al ranger, come se si aspettasse un attacco.
“No! Aspetta!” Gli fece cenno di fermarsi, cercando di non fare movimenti bruschi. La creatura si era fermata e ora li guardava con sospetto, ma sempre con la stessa aggressività. Eppure, Navar sentiva… qualcosa. Una specie di connessione, come quella che aveva imparato a sentire con gli animali durante l’addestramento da druido. Era un legame sottile come un filo da cucito, ma c’era. Percepiva che in qualche modo lui e quella bestia erano simili, che vibravano alla stessa frequenza. Tese una mano verso il mostro. Se il giovane avesse ragionato con la testa, avrebbe riconosciuto che era un gesto stupido e insensato, le belve distorcenti sono malvagie e solo parzialmente naturali. Ma in quel frangente Navar non era guidato dalla ragione. Era sorpreso di sentire questo collegamento e voleva indagarne la portata, senza rendersi conto che stava giocando con la morte.
E, per un momento, la morte stette al gioco.
Ma solo per un momento.
La belva distorcente non sentiva lo stesso trasporto per il giovane elfo, o forse scelse solo di non curarsene. Era affamata, arrabbiata, aveva perso il suo branco ed era mossa solo dall’odio. Ora questa tenera giovane preda se ne stava lì, in attesa di essere masticata… una tentazione troppo grande.
La bestia colpì, veloce come un gatto.
Raerlan gridò, ma era troppo tardi. Uno dei tentacoli scattò verso l’alto e si abbassò su Navar, che alzò un braccio per parare il colpo, rendendosi conto all’ultimo istante che la sua illusione stava per costargli la vita. Quel braccio sollevato appena in tempo lo salvò da una morte immediata, ma sentì gli spuntoni curvi di quel tentacolo sfregiargli la faccia, scavare nella carne… e poi il braccio venne strattonato in avanti, così forte che dal dolore pensò che gliel’avesse strappato. Il ragazzo cadde a terra, sicuro che sarebbe morto, e perse misericordiosamente i sensi.
La reazione istintiva di Raerlan fu guardare verso il ragazzo, accompagnare con gli occhi la sua caduta, anche se avrebbe dovuto tenere d’occhio la belva. Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quell’orrore. La creatura ritrasse il tentacolo e ringhiò di nuovo, socchiudendo le fauci con aria famelica. L’alicorn si costrinse a focalizzare l’attenzione sul nemico. Non poteva dedicarsi a Navar, non con un simile pericolo davanti a loro, doveva prima uccidere quel mostro e difendere il giovane druido, sempre che fosse ancora vivo…
Oh, devi esserlo. Devi essere vivo! Forza, Navar, quelli come te non muoiono per così poco! Pensò, ma soprattutto per farsi coraggio. Fece un passo avanti per mettersi fra la belva e il ragazzo svenuto, ma prima che uno dei due potesse attaccare, una freccia luminosa passò attraverso al collo del felino. La belva reagì solo con un’espressione stupita, da cui Raerlan comprese che la freccia non l’aveva davvero colpita, l’arciere era stato tratto in inganno dal potere illusorio del mostro.
Vith!” Sibilò infatti qualcuno dietro di lui, e Raerlan si sentì invadere dal sollievo.
Altre frecce piovvero sulla bestia, questa volta con più metodo: qualcuno stava tirando in rapida sequenza tre frecce a poche spanne una dall’altra, in modo da riuscire a colpire la creatura nonostante non si sapesse la sua esatta posizione. Due di quelle frecce andarono a segno. L’alicorn si voltò e scoprì che Daren, un altro elfo ranger e un druido di Myth Dyraalis erano appena arrivati alle loro spalle, chissà come.
Il drow non perse tempo e seguì l’esempio del ranger, cominciando a tirare a casaccio nella generica direzione della bestia, ma nel frattempo quella si stava allontanando a grandi balzi. Fu raggiunta ancora da una freccia e ruggì come un animale ferito.
“Pensa a curare Navar!” Gli gridò Daren, mentre si preparava a scoccare ancora. “Se ne sei capace, imbecille!”
L’alicorn si chinò sul corpo del ragazzo, pregando che non fosse già morto. Cercò di richiamare alla mente le parole di un incantesimo di cura. Ricordava la sensazione di fare appello ai poteri della guarigione, il dolce pulsare dell’energia della vita che scorreva dalle sue mani al corpo ferito di qualcun altro, il sollievo di portare conforto a qualcuno… ma le parole non vennero. Masticò un’imprecazione sottovoce e recuperò dalla scarsella una pozione di cura.
Nel frattempo, il druido aveva deciso di chiudere la questione della belva distorcente in modo rapido e violento. Le nuvole cariche di pioggia si erano addensate sopra la figura saettante del felino in corsa, e contro ogni ragionevolezza (i fulmini cadono solo quando fa caldo) una maestosa scarica elettrica colpì dal cielo, friggendo sul posto quella creatura ostinata. La pantera innaturale cadde a terra in un mucchietto di carne bruciata, e finalmente non si alzò più.

Per un momento fu il silenzio, dopo il rombo del tuono. Poi la quiete venne rotta dal tossire di Navar, che sputò un po’ di sangue mentre Raerlan lo girava sul dorso. L’alicorn avvicinò la boccetta di vetro alle sue labbra e il giovane druido riprese conoscenza quel tanto che bastava per inghiottire la pozione di cura. In pochi secondi le ferite si rimarginarono per magia sotto i suoi occhi e il ragazzo si svegliò del tutto.
Raerlan forse non ricordava come utilizzare la magia di guarigione, ma padroneggiava ancora le nozioni che aveva appreso come guaritore. Studiò bene il viso dell'elfo, scoprendo con sollievo che la cura magica era stata sufficiente per chiudere quelle brutte ferite, rimarginarle perfettamente senza lasciare cicatrici, e che il suo occhio non era in pericolo. In fondo alla pupilla brillò per un attimo una scintilla residua di magia, segno che aveva avuto bisogno di guarigione.
Avrebbe potuto perdere l’occhio, si rese conto, se non fosse stato curato subito…
“Navar, come sta il braccio? Riesci a muoverlo?”
Il druido in erba cercò di stendere il braccio, ma grugnì di dolore.
“Ah! No, qualcosa non va. La ferita è a posto, ma l’osso…”
Raerlan lo tastò con delicatezza, partendo dal polso e risalendo verso la spalla.
“Hai una spalla lussata. Quando la belva ti ha strattonato il braccio in avanti, l’osso del braccio è uscito dalla sua cavità naturale” spiegò, visto che il ragazzo aveva uno sguardo perplesso. “Tranquillo, si può aggiustare.” Cercò di parlargli in tono calmo e rassicurante, come si fa con qualcuno che ha appena subito un trauma.
Il druido si chinò subito accanto a Navar e verificò a sua volta la diagnosi di Raerlan.
“Sì, è come dice lui” confermò, con un sospiro. “Sarebbe meglio rimettere l’osso al suo posto subito, perché più aspettiamo e meno è probabile che torni come prima. Mi dispiace, farà un po’ male.”
“Sì, maestro Herinter. Mi fido. Anche se farà male… poteva andare molto peggio, ho fatto una vera idiozia.” Mormorò il giovane, mortificato.

Mentre Raerlan e il druido rimettevano in sesto Navar, Daren e l’elfo ranger restarono a fare la guardia al gruppetto, perché la morte della belva distorcente non rendeva la foresta meno pericolosa.
Quando finalmente furono pronti a rimettersi in cammino per tornare in città, entrambi tirarono un sospiro di sollievo.
Myth Dyraalis distava circa un’ora. Per molto tempo camminarono in silenzio, di umore tetro. Navar in particolare, guardava per terra vergognandosi del suo comportamento insensato. Solo quando furono circa a metà strada si fece coraggio e parlò.
“Io… mi dispiace per tutto questo. Non volevo scomodare tante persone per me. Avrei dovuto dare retta a Raerlan ed essere prudente.” Mormorò.
“Non avrebbe fatto differenza” Daren aveva parlato prima che chiunque altro potesse farlo, anche se l’etichetta avrebbe voluto che fosse il druido il primo a rispondere. “Sono rimasto colpito dalla totale inettitudine di Raerlan, purtroppo eravate condannati dal momento stesso in cui avete incrociato il cammino di quella bestia.” La voce del drow era amara, grondante di disprezzo e delusione.
Gli elfi dei boschi sussultarono davanti a quest’accusa impietosa.
“Non esagerare, qualunque ranger sarebbe stato messo in difficoltà, dovendo affrontare quella cosa da solo!” Intervenne il druido, cercando di pacificare gli animi.
Daren grugnì un’imprecazione, ma non insistette. Voleva parlare a quattr’occhi con Raerlan, non voleva mettere i suoi segreti in piazza davanti a tutti, ma quell’umiliazione pubblica se l’era proprio meritata.
L’alicorn non rispose nulla. Sapeva che il suo amico drow aveva ragione.

Quando arrivarono in città, Daren si fermò alla porta sud perché doveva fare rapporto. Non capitava tutti i giorni un’emergenza che richiedesse l’intervento di un druido e un trasporto magico, e il ranger capo, il vecchio Tazandil, voleva assicurarsi che non si abusasse di quello strumento. Quindi, piegandosi alle regole, il drow si trattenne qualche minuto per stendere una breve relazione scritta.
Navar invece venne scortato a casa, cioè al pub dove lavorava sua madre.
Amyl era appena rientrata, a breve avrebbe dovuto cominciare il suo turno. Il suo amante l’aveva piantata in asso nel bel mezzo di un appuntamento, correndo via come se avesse tutti i diavoli dei Nove Inferi alle calcagna.
L’elfa immaginava che avesse una buona ragione per farlo… ma non capiva quale, ed era difficile non prenderla sul personale.
Quei pensieri però scivolarono via come acqua fresca, quando la porta si aprì per lasciar entrare suo figlio, con gli abiti coperti di sangue.
“Navar!” La parola le uscì quasi come un grido, anche se il ragazzo era proprio di fronte a lei. Scattò in avanti e fece per abbracciarlo, ma si fermò in tempo, temendo che fosse ferito da qualche parte. “Per gli dèi, Navar, che cosa è successo? Stai bene? Sei ferito?”
“Non abbracciarmi, mamma, mi fa malissimo la spalla… ma a parte questo sto bene. Mi hanno guarito subito.”
“Guarito da cosa?” sibilò l’elfa, guardando con sospetto Raerlan e l’altro ranger che li aveva scortati. “Raerlan? Elendyl?”
“La belva distorcente” raccontò Raerlan, ritrovando la voce. “Quella di cui parlavano gli avvisi in città. L’abbiamo incontrata vicino a un ruscello… ha attaccato Navar.”
Amyl cominciò a tremare incontrollabilmente. “Oh, Navar…”
“Mi dispiace, mamma, non ce lo aspettavamo” si giustificò. “Anzi, per la verità… Raerlan mi aveva detto di stare più attento, avrei dovuto ascoltarlo. Non sono stato abbastanza prudente. Ma… credevo di poter stabilire un legame con quella bestia, mamma, lo credevo davvero!”
L’elfa dei boschi lo guardò con espressione desolata, esausta. Più che arrabbiata, sembrava che si fosse arresa a qualcosa più grande di lei.
“Oh, figliolo. Sono così stanca” sospirò. Navar si sentì terribilmente in colpa. Poteva gestire una madre arrabbiata, che lo sgridava o gli lanciava frecciatine, ma non sapeva come aggiustare le cose se lei reagiva in questo modo, come se fosse ferita. “Sono stanca di vedere che ti metti nei guai, di essere impotente sapendo che ogni volta che ti allontani da me potresti essere in pericolo. Che cosa devo fare? Non posso chiuderti nella tua stanza, non hai dieci anni!”
“Non è tutta colpa sua” l’alicorn si mise accanto a Navar e allungò una mano per prendere quella di Amaryll. “Alcuni druidi sono in grado di stabilire un contatto empatico con le bestie semi-naturali. Le belve distorcenti sono un po’ troppo furbe per farsi irretire, ma Navar non lo sapeva.”
“Oh cielo…” sospirò la donna, per niente rassicurata.
Vista l’aria che tirava, il ranger Elendyl si diede discretamente alla macchia, borbottando qualcosa su un rapporto da scrivere.
Amyl accompagnò Navar a riposare, mentre Raerlan recuperava delle bende per fasciare la spalla del ragazzo. Si ritrovarono poco dopo nella stanza dell’adolescente.
“Amyl, penso sia il momento che parliamo” le disse lui appena fuori dalla porta, con espressione seria. Una rarità, sul suo volto sempre sorridente. “Ci sono cose che non ti ho mai detto… su Navar.”
La locandiera s'irrigidì, colta di sorpresa. “Navar è mio figlio, non mi serve sapere altro.”
“Navar è tuo figlio” concordò l'alicorn “ma io non credo che tu fossi così ubriaca quella notte, da aver dimenticato le circostanze del suo concepimento.”
Fra loro calò un silenzio pregno di disagio e imbarazzo.
Purtroppo o per fortuna, proprio in quel momento un’altra persona imbarazzata aprì l’uscio che separava il pub dall’androne delle scale che portavano alle camere.
“Amyl, sei qui?” chiamò una voce dal timbro maschile. La rossa abbassò lo sguardo e vide Daren ai piedi delle scale.
“Quassù” gli rispose, agitando una mano per farsi vedere. “Scusa ma adesso non ho tempo, mio figlio è appena tornato a casa in condizioni pietose e devo vedere come sta.”
“Sì, lo so” ammise lui, stupendola. Ma poi la donna immaginò che un ragazzo coperto di sangue che attraversa a piedi la città fosse stato notato un po’ da tutti. “Volevo solo dirti… non importa, possiamo parlare dopo. Poi aggiornami sulle condizioni di Navar. Io intanto devo parlare con Raerlan. Sai dove sia?”
Amyl guardò verso il ranger biondo, che intanto si era addossato alla parete come se volesse diventare un arazzo e che le stava facendo cenno di non tradirlo. Lei si sporse di nuovo dalle scale.
“Raerlan è qui” spifferò, raccogliendo un mugugno lamentoso dall’alicorn. “Adesso però deve parlare con me.”
“Bene, avrà il piacere di spiegarti come mai si è offerto di scortare Navar se non è in grado di proteggerlo!” Quell’accusa gli uscì come un ringhio e Amyl si stupì di quanto suonasse sincero ed emotivamente coinvolto.
Quella frecciatina infamante fu accolta dal silenzio, finché straordinariamente fu Amyl a rispondere. “Conosco già il motivo per cui ha voluto accompagnarlo, ma ignoravo che non fosse in grado di difenderlo. Ma come fai a dirlo? Raerlan è un ranger come tutti gli altri, e dopotutto Navar è tornato a casa sano e salvo… o quasi.”
“Non per merito mio” ammise Raerlan, parlando per la prima volta. “Daren, Elendyl e il druido Herinter sono accorsi a salvarci con tempismo perfetto, ma se non fosse stato per loro io non so… onestamente non so cosa sarebbe successo.”
“Sareste morti” sibilò Daren, guardando i due elfi chiari dal basso dell’androne. “È quello che ho visto nella mia premonizione. Amyl, questo è il motivo per cui sono corso via senza dire niente, ti assicuro che era un’emergenza.”
La ragazza lo guardò in silenzio per un lungo momento. Poi guardò Raerlan. Poi di nuovo Daren, e infine la porta della stanza di Navar.
“Oh… maledizione. Ma non posso avere una vita normale?” Sbottò, sollevando le braccia come qualcuno che è arrivato al limite. “Io vado ad occuparmi di mio figlio. Mio, Raerlan. È un frutto di Mezzestate, non puoi avere un ruolo nella sua vita. Mi andava bene che passaste del tempo insieme, ma non mi hai mai detto che non eri in grado di proteggerlo!” Gli gridò in faccia. L’alicorn era più alto di lei di tutta la testa ed era anche più muscoloso, avrebbe potuto sollevarla usando solo un braccio, ma in quel momento sentì chiaramente il brivido della morte lungo la schiena.
Amaryll gli strappò di mano i bendaggi che aveva procurato, entrò nella stanza di Navar e si sbatté la porta alle spalle.
Raerlan rimase lì a guardare la porta chiusa per qualche momento, ancora stordito per la sfuriata. E di sicuro stava per arrivarne un’altra. Si girò verso il drow e cercò di tirar fuori il suo sorriso più affascinante.
“Ah… le donne, eh? Sono tutte pazze.”
Una sola occhiata al volto nero di Daren gli rivelò che non l’avrebbe rabbonito con qualche battuta.
“Adesso che Amyl ovviamente non ti vuole tra i piedi, vogliamo parlare della tua palese incompetenza?” Salì le scale due gradini alla volta, raggiungendo l’alicorn prima che potesse capire come darsi alla fuga. “Raerlan… è solo per rispetto alla tua serietà, che sai tirare fuori in situazioni estreme, che adesso non ti sbatto la testa contro un muro. Quindi dimmi, e sii sincero per una volta. Cosa ricordi?”
La situazione era troppo tesa e cupa perché il ranger potesse fraintendere quella domanda.
Sospirò, sentendosi con le spalle al muro. “Quasi nulla, in realtà. O meglio… tutto, ma nulla nel dettaglio. Ricordo le cose che ho fatto. Le cose che sapevo fare. Ed è così difficile ricordarmi che non le so più fare! Per me è come… improvvisamente non saper più leggere, o non saper più camminare. Sono cose talmente automatiche che la mente non concepisce di non saperle fare, giusto? Non sono cose che si dimenticano. Be’, io mi sento così per tutto! Ricordo alcune delle competenze che avevo… mi sono rimaste alcune nozioni, sarei ancora in grado di svolgere un rituale perché, sai, per quelli basta seguire le istruzioni. Ma non lo farei con la stessa scioltezza di prima. Sono in grado di riconoscere una spalla lussata ma non di lanciare un incantesimo di guarigione, e la cosa drammatica è che faccio questa scoperta sempre quando è troppo tardi!”
La sua espressione era davvero miserabile e Daren capì che era sincero. Sinceramente desolato, smarrito. Tuttavia la visione di Navar che muore dissanguato sull’erba era troppo fresca e recente perché potesse provare pietà per Raerlan.
“Non ti stai impegnando abbastanza” sferzò, senza mostrare alcuna empatia.
“Ora mi sembra di sentire Tazandil.”
“Non cambiare argomento! Non ti impegni abbastanza, Raerlan, è semplicemente questo.”
“Che diavolo ne sai tu di me!” Raerlan si difese attaccando. “Non sai quanto è difficile per me coltivare la mia crescita personale, imparare cose nuove. Quando mio padre cercò di insegnarmi a diventare un buon ranger, mi ci vollero più di duemila anni per apprendere le basi… per ricordare tutto quello che ho scordato, ce ne vorranno anche tremila!”
“Bene, pigro ragazzetto viziato, quanti Navar hai intenzione di uccidere in questi tremila anni in cui ti ricostruirai con calma delle competenze?” Ritorse il drow, perché questo atteggiamento proprio non lo sopportava. “Conosco le difficoltà di dover curare molte doti contemporaneamente, di dover lavorare alla propria crescita personale senza perdersi per strada i pezzi di tutte le altre cose che si sta cercando di apprendere. È una cosa con cui combatto da tutta la vita, insieme alla difficoltà di mantenere un equilibrio mentale mentre vengo tirato da tutte le parti, sento nella testa la voce della mia dea e mi vengono inviate premonizioni per volere di un altro dio. La differenza è che io sono mortale, so di avere una scadenza, quindi non me la prendo comoda come te!”
“Sì, infatti, tu hai così tanta fretta di diventare il migliore, che hai paura di fermarti e vivere più lentamente accanto ad Amyl” sibilò l’alicorn, perché non aveva nient’altro da ribattere. Si sentiva attaccato sul personale e quindi stava rispondendo allo stesso modo.
Daren lo trapassò con uno sguardo così assassino che l’alicorn capì all’istante di essere andato troppo oltre.
“Il migliore in cosa, brutta testa di sterco” il drow lo afferrò per il bavero e lo sbatté contro la parete. Raerlan gli afferrò i polsi e torse, cercando di costringerlo a mollare, ma non aveva fatto i conti con la resistenza al dolore di qualsiasi drow cresciuto in mezzo ai drow. “Cerco di fare al meglio quello che si richiede da me” ringhiò.
“Come un bravo soldatino” lo derise Raerlan, ma solo per frustrazione.
“Come qualcuno che non lascerebbe morire un ragazzo!”
“Pensi che non m’importi di Navar? Non posso dirlo pubblicamente, ma è mio figlio.” Daren spalancò gli occhi e finalmente lasciò andare il colletto dell’altro, troppo stupito per essere ancora arrabbiato. Raerlan gli scoccò un’occhiata velenosa, ma dietro la rabbia il drow vide che c’era dolore, vergogna. “È stato un errore in buona fede. Credimi, la sua è l’ultima vita che vorrei mettere in pericolo. Sono terrorizzato dal rischio che ha corso. Sono terrorizzato dal fatto di non conoscere più i miei limiti.”
Il guerriero accettò la sua spiegazione senza replicare, perché di certo l’alicorn gli aveva dato molto su cui riflettere. Amyl non aveva mai fatto parola del fatto che Navar avesse un padre. Perché? Non era una cosa importante? Era perché Navar era un figlio di Mezzestate? Oppure si erano lasciati in termini burrascosi?
Alla fine allungò un braccio e batté una pacca sulla spalla del biondo. “Stai allegro, ti aiuterò io. Farò in modo che ricordi al più presto, almeno le tue competenze in battaglia. D’ora in avanti verrai sempre in pattuglia con me e ti assicuro che non avrai mai nemmeno un momento per grattarti il culo.”
L’alicorn rimase ammutolito, un po’ per quella strana piega negli eventi, un po’ perché stava iniziando a capire che quella cosa non andava molto a suo vantaggio.
“Ah… sembra proprio di sentire Tazandil” piagnucolò.
“No, Tazandil è molto peggio di me. Tazandil non dovrà mai scoprire che al momento tu sei un ranger ancora più pietoso di cent’anni fa.”
Quelle parole contenevano un’implicita minaccia, e Raerlan era troppo vecchio e smaliziato per non coglierla.

           

   
 
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