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Autore: V4l3    02/05/2019    0 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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1. 
Superato l’ingresso venne investita dall’odore acre di fumo e di chiuso, fece qualche passo all’interno dove di nuovo si fece scivolare di dosso il borsone e stavolta anche lo zaino che portava in spalla. Guardò il salotto piuttosto buio nonostante fuori ancora ci fosse comunque un po’ di luce, ma ogni finestra era coperta da tende scure e l’unica fonte di luce era un lume con un cappello sbilenco accanto al divano marrone addossato ad una parete affiancato da due poltrone dello stesso modello vintage; sul tavolinetto basso vi era una quantità infinita di roba, da riviste a scatole vuote di pizza, alcune lattine di birra e svariate cartacce, mentre sulla parete di fronte vi era un’ampia libreria piena di manuali e libri, un caminetto acceso e un televisore antidiluviano addossato vicino ad un’altra finestra sempre con le tende scure tirate, a completare il tutto c’era una scala in legno che portava al piano superiore. Alex dovette reprime l’impulso di andare ad aprire ogni finestra di quell’ambiente per la mancanza d’aria che quel posto le dava, ma si girò verso l’uomo che ancora stralunato la fissava dalla porta. Vedendo il suo sguardo, evidentemente l’uomo si riscosse perché con un colpo di tosse la superò –Siediti pure, vuoi una birra?- chiese ancora un po’ scosso portandosi una mano a grattarsi la nuca per poi guardarla di nuovo –La puoi bere si?Quanti anni hai?- le chiese in quel modo brusco, Alex sospirò pensando che Francesca era stata fin troppo buona nel descriverlo –Avrò 20 anni fra un paio di mesi, mi va bene un bicchiere d’acqua- rispose. L’uomo si passò una mano sulla guancia poi sparì nel corridoio dove evidentemente si apriva la cucina e lo sentì trafficare, mentre lei per distrarsi si permise di avvicinarsi al divano ed osservare le riviste che ricoprivano il tavolinetto, per lo più di motori, ma spostando un cartone di pizza vuoto rimase basita ad osservare un’inequivocabile rivista porno. Sentì subito accapponarsi la pelle per l’imbarazzo, così rimise tutto come aveva trovato nell’attimo in cui Jason comparve con in mano una birra e un bicchiere di acqua con ghiaccio. Alex si chiese per la miliardesima volta perché la madre aveva deciso di spedirla lì, mentre accettava il bicchiere bevendone un po’. L’uomo  si sedette pesantemente sulla poltrona, bevendo un bel sorso dalla bottiglia, prima di posare di nuovo il suo sguardo su Alex che ora avvertiva prepotente l’imbarazzo per tutta quella situazione. Seguirono attimi di silenzio, scandito dal crepitio del fuoco e dall’orologio
proprio sopra il camino che scandiva i secondi  –Quindi..- esordì ad un certo punto lui appoggiando la bottiglia di birra mezza vuota a terra e posando i gomiti sulle gambe unendo le mani fissandola –Tu saresti la figlia di Emma?- chiese serio e Alex fece un cenno d’assenso con la testa posando il bicchiere su una delle riviste che ricopriva il tavolino –E cosa ci fai qui?- chiese con una nota curiosa nella voce pur mantenendo un’espressione piuttosto seria –Mi ha mandato lei- spiegò Alex, poi vedendo l’espressione sorpresa dell’uomo, si alzò seguita sempre dal suo sguardo, per andare verso lo zaino posato ancora a terra, dal quale estrasse un paio di lettere; le guardò per qualche istante per poi voltarsi e incrociare gli occhi profondi di quel Jason che continuava a fissarla –Sono per te- disse avvicinandosi e lasciando le due lettere sul tavolo davanti a lui che bevve ancora un po’ di birra e spostò il suo sguardo su quelle buste –E questo cosa significa?- chiese indicandole con un rapido gesto della mano, Alex si strinse nelle spalle sedendosi di nuovo sul divano –Le devi leggere- rispose semplicemente –Senti ragazzina- esordì Jason con tono acido
–non mi piacciono gli scherzi né girare intorno alle questioni- aveva un tono spazientito ed era visibilmente nervoso –Perché non mi dici tu quello che devi dirmi e non torni da dove sei venuta?- la guardò duramente –Avanti!- la incitò con un gesto della mano, Alex sgranò gli occhi, il cuore che correva impazzito –Devi leggere le lettere per sapere tutto- disse non riuscendo a celare una certa ansia nella voce –io non saprei da dove iniziare!- e si maledì per quell’icrinazione nella voce –No senti!- Jason alzò la voce –Non so che cavolo di gioco tu stia giocando, ma non mi interessa!- Alex sgranò gli occhi umidi –Non è un gioco!- anche lei aveva alzato la voce –Appunto!- scandì lui alzandosi dal divano e facendo cadere la bottiglia di birra ormai vuota –Non lo è!Non mi interessa perché tu sia venuta fin qui, ma voglio che tu te ne vada!- disse rabbioso –NON POSSO!- urlò Alex sovrastando la voce di Jason che rimase a fissarla severamente –Non posso- ripetè abbassando la testa e tirando su con il naso, non voleva piangere  –Le lettere – riprese dopo un attimo di silenzio –una è di mia madre e l’altra di Francesca, leggile per favore- quasi lo implorò. La tensione che si era creata era percepibile ed entrambi dovettero fare respiri profondi per calmarsi  –Maledizione!- sbraitò esasperato Jason prendendo in mano la prima lettera –Se questo serve a farti andare fuori dai piedi, leggerò queste maledette lettere!- si sedette con un tonfo sulla poltrona e con modi scattosi aprì la busta, fissandola con astio, per poi iniziare finalmente a leggere.
Alex era seduta su quel divano che improvvisamente si era tramutato in un’asse pieno di spini, sentiva il sangue scorrerle nelle vene impazzito, mentre fissava il volto dell’uomo concentrato nella lettura; osservò quel viso attento, i capelli scompigliati a coprirgli gli occhi e Alex notò che ancora non sapeva di che colore fossero, sapeva solo che il suo sguardo era profondo e magnetico, vide la sua mascella ben delineata e ricoperta da una leggera barba, irrigidirsi nel corso della lettura, così come i muscoli del suo corpo e le mani che ora stringevano quel pezzetto di carta in maniera spasmodica, anche il respiro si era fatto più pesante.
 –NON E’ POSSIBILE!- sbottò ad alta voce dopo attimi di rigoroso silenzio, Alex sobbalzò mentre lo vide far cadere a terra la prima lettera, che riconobbe dalla calligrafia tondeggiante essere della madre,  e appropriarsi della seconda busta che aprì con velocità per immergersi di nuovo nella lettura. Anche la postura di Jason nel corso dei minuti si era fatta più rigida, Alex aspettò paziente pregando tutti i Santi in paradiso e soprattutto la madre, che quel tipo non la mandasse via. Sapeva più o meno cosa gli avevano scritto e  immaginava l’assoluta confusione che forse ora stava avvenendo dentro di lui, ma pregava davvero con tutto il cuore che lui capisse e accettasse.
 
-Francesca io ho paura, non credo di farcela- disse con le lacrime che le rigavano il viso, mentre la donna con il suo viso pieno e i suoi occhi dolci le regalarono un sorriso, le prese il viso tra le mani, guardandola
 –Tesoro, so che questo per te è difficile, ma sai bene perché tua madre ha deciso una cosa del genere, non puoi darle torno, ha paura per te e per il tuo futuro- le disse sincera e Alex lo sapeva, ma non voleva lasciare tutto, non si sentiva pronta –Jason Parker è stato un amico di tua  madre, ti aiuterà e ti proteggerà come ha fatto con lei, vedrai, ma devi fare come ti ha chiesto Emma- Alex sentì le lacrime scendere ancora più copiose –Ma lui non sa niente di tutto  questo!Ho paura a piombare in casa sua così, è un estraneo per me e anche la mamma non lo sentiva da una vita!- Francesca aveva riso e l’aveva abbracciata –Ti prego Alex, devi essere coraggiosa adesso più che mai, non puoi rimanere qui, devi andare e vedrai che Jason capirà-
 
Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
–MA STIAMO SCHERZANDO?!- Jason si alzò dalla poltrona come se avesse preso fuoco, iniziando a camminare dentro il salotto avanti e indietro, come un leone in gabbia –MA QUESTO NON è POSSIBILE!MA COME DIAVOLO GLI E’ VENUTO IN MENTE?!- urlò, Alex chiuse gli occhi e una lacrima le rigò il volto, sperava che non accadesse, ma stava succedendo: giustamente Jason voleva tenersi fuori da una situazione del genere
-MA COME POSSONO CHIEDERMI UNA COSA DEL GENERE?- si portò le mani sul viso mentre continuava a muoversi dentro al salotto come un pazzo –MA QUESTO è UN INCUBO!- si girò verso Alex che ora lo guardava con il volto contratto dal dolore –Non mi potete incastrare in questo modo!-cercò di tenere il tono della voce più basso rispetto a prima, ma le parole gli uscirono come un ruggito trattenuto –Non può venirmi a chiedere una cosa del genere e sperare che io accetti!Lo capisci?- il suo viso era una marea di emozioni che Alex si aspettava di vedere, ma ne fu profondamente addolorata, sperava che la scelta della madre di spedirla lì avesse una buona motivazione, ma evidentemente si era sbagliata –E poi che fa?- riprese lui agitando le braccia –Lancia questa bomba dopo anni che non ci sentiamo!- Alex non sapeva cosa  dire, ma incrociando di nuovo i suoi occhi, lui si fermò. Il petto di entrambi si alzava e abbassava freneticamente, Alex non aveva aperto bocca, ma era agitata e impaurita allo stesso tempo, lo vide strofinarsi il viso con entrambi le mani –Lo capisci che è assurda come richiesta? Come può pretendere che io decida di farti vivere qui con me?!- sembrava profondamente a disagio mentre la guardava con aria sbalordita dalle sue stesse parole, dirlo ad alta voce lo aveva colpito ancora di più –Non è un mio problema! Come possono chiedermelo?- sembrava davvero turbato, Alex abbassò lo sguardo sui suoi jeans scuri passando sopra le sue gambe le mani che sentiva leggermente sudate –Lo capisco- disse flebile –non te ne faccio una colpa se non accetterai- aggiunse sentendo un profondo dolore all’altezza del petto –E ci mancherebbe!- sbottò lui –Mi dispiace per tua madre, certo! Ma chiedermi una cosa del genere è fuori luogo! E poi chi ci garantisce che tuo nonno non sospetti nulla?- chiese e Alex fece un cenno d’assenso con il capo –Devo parlare con tua madre!- esordì dopo attimi di silenzio, Alex a quel punto alzò la testa e i suoi occhi lucidi colpirono Jason che si immobilizzò, lei sorrise appena inclinando leggermente la testa –Non sai quanto lo vorrei anche io- disse –ma è morta tre mesi fa- specificò e vide Jason rimanere di sasso, con la bocca aperta a guardarla con gli occhi fuori dalle orbite –Co..Cosa?- chiese con voce strozzata, Alex tirò su con il naso e abbassò di nuovo la testa, i capelli castani a ricaderle davanti
–Era  malata da due anni- disse e la sua voce era bassa e profondamente triste – si è spenta all’ospedale dove era ricoverata-
 Il silenzio divenne assordante, così come i secondi dell’orologio, sembravano delle martellate ora –Ma come…io..non lo sapevo- disse Jason stavolta anche lui profondamente colpito da quella rivelazione, si sedette sulla poltrona a  peso morto –Emma è….-la sua voce uscì pianissimo senza riuscire a finire la frase. Rimasero così per minuti interi, ognuno chiuso nel proprio dolore e silenzio, Alex sentiva la stanchezza di quei giorni assalirla tutta insieme, le forze farsi deboli, avrebbe voluto chiudere gli occhi e non riaprirli mai più, avrebbe voluto non essere mai nata perché almeno così non avrebbe sofferto come stava facendo ormai da tempo. Un tuono lontano spezzò l’aria, la pioggia si fece più scrosciante e Jason improvvisamente si alzò dalla poltrona, come aveva fatto prima e con il viso sconvolto si diresse verso la porta di casa –Ehi?- lo richiamò Alex, ma lui uscì lasciandola a bocca aperta e dopo qualche istante sentì il motore di un auto accendersi e lo sgommare di ruote sull’asfalto bagnato. Di nuovo il silenzio invase tutto intorno a lei, era sbalordita da quel comportamento: se n’era andato. Si guardò nuovamente intorno, fissando poi i suoi occhi sul caminetto che scoppiettava e sul bicchiere ormai privo dei due cubetti di ghiaccio completamente sciolti. Alex avvertì quella stanchezza impadronirsi di tutto il suo corpo, così decise di appoggiare la schiena al divano e aspettare, perdendosi ad osservare le fiamme nel caminetto, mentre la sua mente le riportava un passato dove la madre era ancora viva e rideva felice ed era così bella, con quei suoi capelli scuri con striature ramate, simili ai suoi e quegli occhi: quel blu così intenso da perdersi, era lo stesso che lei rivedeva ogni volta guardandosi allo specchio. Chiuse gli occhi e delle lacrime le scesero a rigarle il volto, ma era troppo stanca, aveva troppo sonno per preoccuparsene.
  
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