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Autore: diphylleia_    02/05/2019    1 recensioni
SPOILER: Quarto caso di Super Danganronpa 2
"- Vorrei che tu restassi qui con me per la notte. -
- ... che cosa? - Chiese sconcertato il ragazzo. Fortunatamente per lui, la semioscurità celava il rossore delle sue guance.
- Te ne prego, Gundham. Non te lo chiederei mai, se non mi sentissi costretta dalle circostanze. - La bionda riprese a guardarlo dritto in faccia con un’espressione che tradiva tutta la sua disperazione. Il suo compagno provò una strana fitta al cuore, un po’ per la sorpresa nel vederla manifestare così apertamente la sua angoscia, un po’ per il dispiacere nel non poterla aiutare. La principessa si passò l’indice affusolato sotto le palpebre inferiori, come per asciugarsi le lacrime, dunque iniziò ad articolare una spiegazione che sembrava più una preghiera..."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gundam Tanaka, Sonia Nevermind
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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“Gundham, perdonami se la mia richiesta ti sembrerà egoista ma… ho un favore da chiederti.”
Erano almeno due ore che il ragazzo si rigirava nel proprio letto alla Strawberry House, piegato sul proprio ventre a causa dei crampi per la fame, ripensando alle parole di Sonia: quella sera, poco prima che i gruppi si dividessero per andare a coricarsi, la principessa gli si era avvicinata con aria guardinga, lo aveva preso in disparte e aveva esordito così. La giovane lo aveva pregato, con i suoi soliti modi delicati, che però tradivano una certa urgenza, di raggiungerla in camera sua durante la notte, facendo attenzione a non svegliare nessuno.
Lì per lì, Gundham aveva acconsentito; ciononostante più ci rimuginava sopra, più si rendeva conto della difficile realizzabilità del desiderio della bionda, un po’ perché temeva che i suoi compagni lo scoprissero durante gli spostamenti da un edificio all’altro, un po’ perché sarebbe stato sconveniente per entrambi se qualcuno li avesse trovati insieme a quell’ora.
Tuttavia non avrebbe avuto senso rinunciare, un po’ per non infrangere la promessa fatta a Sonia, un po’ perché era curioso di sapere di cosa volesse discutere la nobildonna. Aprì lentamente gli occhi e si guardò intorno, come se cercasse un segno nella stanza dove alloggiava.
Il sesto senso di Gundham gli fu insperatamente d’aiuto. Un luccichio vermiglio si fece strada nell’oscurità per osservarlo: prima si sollevarono due punti di luce, poi quattro, sei, otto. I quattro Deva della distruzione, fino a quel momento addormentati sul cuscino accanto alla testa dell’Ultimate Breeder, si levarono, come se avessero percepito che cosa frullasse nella testa del loro allevatore, e iniziarono a strofinare i loro musi contro la sua guancia con fare insistente.
Era molto più semplice persuadere il giovane con i gesti che con le parole: per questo motivo si rivestì velocemente, riaccolse i suoi piccoli amici nella sciarpa e si trascinò con aria stanca verso la porta, che aprì leggermente; controllò il corridoio attraverso lo spiraglio che si era creato attraverso l’anta e la guarnizione, per scoprire che fortunatamente nessuno era in giro. Sollevato, il ragazzo uscì dalla propria stanza, si chiuse la porta alle spalle e corse al piano inferiore, fino all’ascensore, pregando gli abissi dell’inferno che nessuno avesse sentito i suoi passi.
Una preghiera che si protrasse fino a che il giovane non fu arrivato di fronte alla porta della ragazza (gli aveva spiegato quella mattina dove alloggiasse), alla quale bussò in modo impaziente: temeva che le altre ragazze o Hajime lo trovassero.
Mentre aspettava cercando di non tremare, l’ingresso si spalancò e dalla camera emerse una mano che l’afferrò saldamente per la maglietta e lo trascinò dentro, per poi chiudere la porta alle sue spalle. Nella frazione di secondo successiva, Gundham avvolse il corpo della nobildonna con le proprie braccia e lo tenne stretto al proprio petto per qualche momento. Infine, brancolando nel buio, cercò con le dita il volto della ragazza e lo sollevò leggermente, facendo pressione sotto il suo mento, si sporse verso di lei e incontrò le sue labbra con le proprie.
Non era la prima volta che si baciavano: perché la sua bocca aveva un sapore così amaro? Sonia ricambiò l’effusione debolmente, sfinita dalla fame e dalla privazione di sonno. Più l’abbracciava, più Gundham temeva che la principessa crollasse da un momento all’altro; perciò la prese in braccio e, aguzzando la vista nell’oscurità, la riportò a stendersi sul suo letto.
- Allora sei venuto qui... - Sussurrò la bionda mentre si accoccolava al fianco del ragazzo, seduto sul bordo del materasso. Dalla sciarpa dell’Ultimate Breeder emersero i quattro roditori, che zampettarono fino al comodino lì accanto, accesero il lume lì poggiato e si acciambellarono sotto il fioco fascio di luce che emanava. Il chiarore evanescente dipinse una penombra rassicurante, che salvò dalle tenebre il viso di Sonia, le sue labbra ancora arricciate, come se anelassero a un altro bacio; nonostante lo spasmo di passione, la ragazza teneva le palpebre chiuse, con aria arrendevole.
- Certo, mia cara. Me lo avevi chiesto con una certa urgenza. - Rispose con un filo di voce Gundham, mentre si chinava verso di lei con fare timoroso; sollevò la mano destra e iniziò ad accarezzare il suo labbro inferiore con i polpastrelli.
Detestava vederla in quello stato. Non era la Sonia che conosceva: da quando erano arrivati su quell’isola, la Ultimate Princess si era sempre dimostrata una creatura tanto leggiadra e posata quanto piena di energia. La prigionia stava inesorabilmente risucchiando la vita via dai suoi capelli, dai suoi occhi, dal suo volto perfetto. Per questa ragione, quando Gundham la osservava, che fosse di nascosto quando erano con gli altri o in quei preziosi momenti d’intimità, si dimenticava di star soffrendo tanto quanto lei: piuttosto gli sembrava che lei sola potesse provare dolore nell’universo instabile che custodiva le loro esistenze.
La nobildonna schiuse adagio le palpebre e sorrise appena mentre il compagno la coccolava. In quel momento fissò i gomiti in un punto preciso, caricò il peso del corpo sulle giunture e cercò di mettersi seduta, mentre Gundham circondava le sue spalle con il braccio sinistro, borbottando: - Non ti sforzare... -.
- Tu hai fatto lo sforzo di correre da me... - Ribatté la giovane, che fissò lo sguardo nei suoi occhi. Il ragazzo deglutì, come se stesse precipitando nelle sue pupille, voragini infernali in mezzo alle iridi di ghiaccio.
- Avevi... qualcosa di cui parlarmi? - Le domandò in tono smarrito.
- In realtà... non esattamente. - Rispose lei con una debole risata. - Avevo detto di avere un favore da chiederti, se ricordi bene... -
- Giusto, giusto. - Annuì il suo interlocutore con fare concitato. - ... di che si tratta? -
Solo a quel punto il collo della bionda si abbassò, e la ragazza si trascinò fino ad abbracciare il torace del ragazzo. Per farla stare più comoda, quest’ultimo la fece accomodare sulle proprie ginocchia e ricambiò la stretta vezzeggiando la schiena della compagna con entrambe le mani. Per un po’ rimasero così, incastrati l’una nell’altro, finché la faccia di Sonia non affiorò di nuovo nella penombra per avvicinarsi all’orecchio di Gundham.
- Vorrei che tu restassi qui con me per la notte. -
- ... che cosa? - Chiese sconcertato il ragazzo. Fortunatamente per lui, la semioscurità celava il rossore delle sue guance.
- Te ne prego, Gundham. Non te lo chiederei mai, se non mi sentissi costretta dalle circostanze. - La bionda riprese a guardarlo dritto in faccia con un’espressione che tradiva tutta la sua disperazione. Il suo compagno provò una strana fitta al cuore, un po’ per la sorpresa nel vederla manifestare così apertamente la sua angoscia, un po’ per il dispiacere nel non poterla aiutare. La principessa si passò l’indice affusolato sotto le palpebre inferiori, come per asciugarsi le lacrime, dunque iniziò ad articolare una spiegazione che sembrava più una preghiera. - Io... da quando tutto ha avuto inizio, mi sono sempre sentita in pericolo, anche se mi sono sempre impegnata affinché nessuno ne fosse a conoscenza: so bene che, essendo membro di una famiglia reale, la vulnerabilità è un lusso che non posso permettermi. Eppure, nonostante la sensazione di allarme che finora ha dominato su di me, sono riuscita a conservare un braciere di speranza nel mio cuore, che mi ha permesso di condurre una vita relativamente normale... Ma ora non solo provo tanta paura... sento anche di starmi abbandonando all’idea che presto la mia vita potrebbe spegnersi. -
Come se il suo discorso la stesse privando via via del vigore, il volto di Sonia andò a nascondersi nell’angolo tra il collo e le clavicole di Gundham; la giovane respirò profondamente il profumo del ragazzo, come se solo così potesse trovare un po’ di pace, prima di continuare: - Mi sto rassegnando all’idea che potrei lasciare questo mondo presto. La fame ci sta schiacciando tutti... ora non temo neanche più di essere la prossima vittima, anzi preferirei essere uccisa in un solo momento piuttosto che lasciarmi piegare dall’agonia. -
- Sonia, ti prego... -
- E’ così, Gundham, credimi... non lo direi mai se non versassimo in condizioni così disperate. -
L’Ultimate Breeder avvertì una sensazione umida sulla propria pelle, proprio dove lo sguardo di Sonia si era rifugiato.
- Potrebbero essere i nostri ultimi momenti di vita... per questo proverei troppo dolore se non li trascorressi con te. -
Il ragazzo non capì subito cosa fosse successo in lui al sentir pronunciare quella frase: in un primo istante gli sembrò che la camera da letto andasse sfocando attorno a lui, permettendogli di scorgere solo il corpo della principessa. Colta da uno strano sussulto di vita, a dispetto della fame, della stanchezza e della desolazione, la bionda si aggrappò alle sue braccia, si rimise dritta con la schiena e gli rivolse un’occhiata di pura determinazione e desiderio, che fece di nuovo tremare il suo interlocutore. - Dì qualcosa...! - Sussurrò allora.
Gundham schiuse le labbra per rispondere ma si trovò di fronte alla sconvolgente assenza di qualcosa da dire. Allora, come trascinato da un istinto incomprensibile, il ragazzo afferrò il volto della compagna con entrambe le mani e la baciò di nuovo, più volte, le morse anche il labbro, travolto da un impeto indomabile. Sonia non poté fare altro che ricambiare, ma non sapeva se interpretare quel gesto improvviso come una risposta positiva o meno.
- Gund--. -
- Fa silenzio. - Fremette il ragazzo, mentre lambiva ancora le sue labbra e approfondiva i baci che le lasciava.
La confessione di Sonia aveva dato origine a una nuova consapevolezza in Gundham: realizzò, stendendosi e tirando la principessa giù con sé, che anche lui stava gettando la spugna. Si stava lasciando sconfiggere dalla privazione; lasciarsi deperire come topi in trappola non sarebbe significato darla vinta a Monokuma? Le condizioni che il preside della Hope’s Peak Academy aveva posto erano sicuramente delle più difficili: uccidere un fratello o lasciarsi morire.
Mentre il giovane mordeva il collo della nobildonna, si ricordò che aver ricevuto dal destino l’intelletto, la parola e un talento sovraumano non lo rendeva meno animale: aumentava solo il dolore che provava nel comportarsi come tale. Disseminare di succhiotti la pelle di quella ragazza in quel momento, assassinare un amico il giorno dopo, cose di questo genere significavano solo obbedire alla natura che condivideva con le creature che tanto ammirava: per una bestia è meglio ardere che spegnersi lentamente.
- P-per favore, fermati un secondo... - Supplicò in un soffio Sonia, staccatasi dalle labbra del ragazzo per riprendere fiato. Esercitando una leggera pressione con i palmi sul busto del compagno, la giovane si sollevò di poco, per respirare meglio, e in questo modo Gundham poté ammirarla per qualche secondo: i capelli dorati le piovevano disordinatamente sulle spalle e attorno al viso, tempestato di chiazze cremisi; i suoi occhi chiari schizzavano da una parte all’altra della figura del ragazzo, mentre il suo petto pian piano rallentava la sua corsa. Le bastò concentrarsi un secondo sul volto di Gundham, come se la sua eterocromia rispecchiasse l’immagine di un oceano di quiete, per prendere coscienza della situazione in cui si trovavano.
A quel punto l’Ultimate Breeder sollevò la mano sinistra, dalla quale lente scivolavano via le fasce, e carezzò una guancia della giovane con le nocche coperte di graffi. La squadrò per bene mentre si lasciava toccare dalla sua pelle ruvida senza battere ciglio, per poi sibilare con un placido sorriso: - Io e te pensiamo allo stesso modo, Sonia Nevermind. E’ per questo che sei... probabilmente sei sempre stata la mia “signora oscura”. -
Senza bisogno che le fosse ordinato, la bionda scese di nuovo sul torso del ragazzo, permise alle sue braccia di avvolgerla come fossero le spire di un serpente, baciò senza fretta le sue labbra, schiuse nell’articolare: - Resterò con te questa notte. Resterò tutte le volte che vorrai... -.
Per settimane, intrappolato dai vincoli di un incantesimo che non riusciva a contrastare, Gundham si era chiesto che cosa in quella ragazza fosse tanto potente da essere riuscito ad ammaliarlo. Mentre si lasciava mordere e tirava i suoi vestiti come per strapparglieli di dosso, giunse a una risposta al quesito: la scintilla di vita che in lei risplendeva più intensamente che in chiunque altro. L’attaccamento all’esistenza animalesco e puro che Sonia infondeva nell’amore per la conoscenza, per le cose del mondo.
Mentre si univa a lei, la notte prima di uccidere Nekomaru Nidai, Gundham Tanaka capì che avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di impedire che quella scintilla si estinguesse.

(( Ciaoo! Questa os è un po' più vecchia, risale più o meno a fine gennaio/inizio febbraio, cioè quando ho finito dr2 mi sembra. La Sondam è tipo la mia otp di tutto danganronpa quindi ehi, beccatevi sto missing moment con qualche headcanon sul movente di Gundham aka mio figlio prezioso. 
Avrei potuto scriverla meglio? Sì. Frega qualcosa? Nah. ))
 
   
 
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