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Autore: syila    04/05/2019    6 recensioni
"In tutto sono quarantamila Yen piccolo, incluso lo sconto per i minori di undici anni."
"Andata e ritorno?"
"Certo."
"Allora... Prendo solo l'andata."
"Sei sicuro?"
Il bambino con gli occhiali al di là del vetro parve esitare, poi annuì deciso.
"Si."
"Va bene, un biglietto con posto non riservato Fukuoka-Tokyo sola andata." ricapitolò l'addetto alla biglietteria, il quale subito dopo si vide depositare nella cassettiera una cascata di monete e banconote di vario taglio.
Uno spirito più zelante avrebbe avuto degli scrupoli nel vendere un biglietto dello Shinkansen ad un marmocchio di dieci anni senza accompagnatore, ma il signor Nakagawa era in turno dalle cinque del mattino e l'unica cosa che voleva era una caraffa di caffè bollente e la sua agognata pausa di dieci minuti.
Perciò si limitò a contare il denaro e, appurato che si trattava di valuta legale, stampò il tagliando e glielo consegnò.
Il bambino sembrava sapere il fatto suo e avrebbe viaggiato su un treno super veloce, famoso per puntualità e sicurezza; del resto erano in Giappone, uno dei paesi col minor tasso di criminalità al mondo, cosa poteva accadergli di male?
Genere: Avventura, Fluff, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroko Katsuki, Toshiya Katsuki, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chi viaggia senza incontrare l'altro, non viaggia, si sposta.
Alexandra David-Néel


CAPITOLO I°

"In tutto sono quarantamila Yen piccolo, incluso lo sconto per i minori di undici anni."
"Andata e ritorno?"
"Certo."
"Allora... Prendo solo l'andata."
"Sei sicuro?"
Il bambino con gli occhiali al di là del vetro parve esitare, poi annuì deciso.
"Si."
"Va bene, un biglietto con posto non riservato Fukuoka-Tokyo sola andata." ricapitolò l'addetto alla biglietteria, il quale subito dopo si vide depositare nella cassettiera una cascata di monete e banconote di vario taglio.
Uno spirito più zelante avrebbe avuto degli scrupoli nel vendere un biglietto dello Shinkansen ad un marmocchio di dieci anni senza accompagnatore, ma il signor Nakagawa era in turno dalle cinque del mattino e l'unica cosa che voleva era una caraffa di caffè bollente e la sua agognata pausa di dieci minuti.
Perciò si limitò a contare il denaro e, appurato che si trattava di valuta legale, stampò il tagliando e glielo consegnò.
Il bambino con gli occhiali scomparve presto dalla sua vista, inghiottito dal traffico della stazione ferroviaria.
Sembrava sapere il fatto suo e avrebbe viaggiato su un treno super veloce, famoso per puntualità e sicurezza; del resto erano in Giappone, uno dei paesi col minor tasso di criminalità al mondo, cosa poteva accadergli di male?




Un paio di settimane prima...

Era una mattina di Novembre insolitamente tiepida e luminosa; il tempo non si era ancora messo al brutto e regalava agli abitanti di Hasetsu delle splendide giornate autunnali.
Yuuri era impegnato a raccogliere le foglie sul vialetto dell'onsen quando da lontano, oltre la staccionata di legno, vide profilarsi due codini che ondeggiavano seguendo l'andatura frettolosa della loro proprietaria, che di lì a poco oltrepassò il cancelletto e quasi lo travolse nella foga della corsa.
"Yuuri chan!" esclamò Yuko tutta agitata e rossa in viso per l'affanno.
Il bambino interruppe la monotona attività e le prestò la più totale attenzione; dal modo in cui si era precipitata a casa sua doveva essere successo qualcosa di molto importante.
"Yuko chan... Sono le nove del mattino. Di Domenica."
"Non hai ancora visto la televisione o il giornale?"
"Eh?"
Yuuri le restituì un'occhiata confusa dalla quale la ragazzina comprese che era ancora mezzo addormentato.
"Lo immaginavo, per fortuna l'ho portato con me!" rispose mentre al contempo dispiegava un ritaglio di giornale che gli incollò al naso "Leggi! Leggi!"
"U-un attimo è troppo vicino così."
Yuuri prese il foglio e lo mise alla giusta distanza dai suoi occhiali, ma dopo avergli dato una prima scorsa fu costretto a toglierli e poi a inforcarli di nuovo.
Rilesse il contenuto, alzò gli occhi sull'amica, poi li abbassò di nuovo sulla fitta trama dei caratteri tipografici.
"È vero?" domandò infine.
"Lo scrive l'Hochi Shimbun! Secondo te uno dei più grandi quotidiani sportivi del Giappone darebbe delle notizie false?"
Sul viso rotondo del bambino si produsse un drastico cambiamento: impallidì e poi arrossì violentemente tanto che Yuko temette di vederlo collassare a terra.
"L-lui viene qui..." mormorò in un filo di voce.
"Si, beh... Non proprio qui ad Hasetsu..."
"Lui viene in Giappone! Yuko chan questo significa che..."
"Potrai vederlo dal vivo!" completò di slancio la ragazzina.



Durante il resto della giornata Yuuri scomparve dalla circolazione, i signori Katsuki lo videro a malapena a pranzo, mentre a cena, approfittando del fatto che i clienti abituali erano impegnati in un rumoroso torneo di mah jong*, s'intrufolò in cucina, agguantò dei panini al vapore e tornò a barricarsi in camera fino al giorno successivo.
Hiroko provò ad accennare l'argomento a Mari, ma la figlia maggiore rispose con un'alzata di spalle: il fratellino era così, ogni tanto partiva per l'iperspazio, poi, quando la fame si faceva sentire, tornava sempre coi piedi per terra.
Era inutile preoccuparsi.
I genitori dovettero pazientare altri due giorni prima di avere una spiegazione al comportamento evasivo del secondogenito. La sera, dopo aver mangiato e aiutato a rigovernare la cucina, invece di rintanarsi nella sua stanza Yuuri aspettò che l'ultimo cliente lasciasse la locanda e chiese la loro attenzione per un annuncio molto importante.
La madre e il padre non sapeva cosa pensare, l'ultima volta che lo avevano visto tanto preso era stato a causa del pattinaggio.
All'inizio avevano pensato ad una infatuazione passeggera, come spesso accade a quell'età e avevano evitato d'investire il loro denaro in un paio di costosi pattini da competizione, invece Yuuri aveva passato svariate settimane a documentarsi, ritagliando articoli e stampando notizie da internet per costruire un vero e proprio "rapporto" sui danni provocati dall'uso di un'attrezzatura scadente.
Con aria solenne gli aveva presentato il quadernone a quadretti farcito di fogli incollati e il giorno dopo la famiglia era andata a Nagasaki e gli aveva comprato il suo primo paio di pattini.
A onor del vero Yuuri aveva continuato a seguire la strada del pattinaggio su ghiaccio con incredibile costanza e dedizione per un marmocchio e i signori Katsuki non si erano mai pentiti di quel primo acquisto, né di tutti gli altri.
"Allora Yuuri chan cosa volevi dirci di tanto importante?”
Sul viso di Hiroko, stanco e segnato dalla giornata di lavoro, c'era un sorriso dolce e indulgente nei confronti del figlio, il quale assentì risoluto e si preparò ad esporre il progetto.
Perfino Vicchan, il suo barboncino, se ne stava accucciato col naso all'insù e lo fissava attento, con la piccola coda curvata ad arco, a formare un punto interrogativo.
“Come già saprete il Grand Prix di pattinaggio è una competizione internazionale, che prevede diverse tappe in Europa, Asia e America...” il bambino era partito a declamare il pezzo, come se si trattasse del saggio scolastico di fine anno e i genitori si scambiarono un'occhiata d'intesa, ci avevano visto giusto riguardo all'argomento “Ora, si da il caso che uno degli appuntamenti sarà qui in Giappone, a Tokyo.”
“Oh... Wow.” Commentò Mari, che fino a quel momento era stata zitta, appoggiata allo stipite della porta.
Yuuri le chiese di fare silenzio, non aveva ancora concluso il discorso e la sorella alzò gli occhi al cielo; immaginava dove voleva andare a parare il mocciosetto, mentre dall'espressione interessata dei suoi, intuì che ancora non avevano colto il succo della questione.
“Yuko chan ha letto l'Hochi Shimbun e ha scoperto che tra i partecipanti alla tappa di Tokyo ci sarà anche... Victor Nikiforov!”
L'enfasi posta sul nome straniero spinse la madre ad una sollecita risposta “Oh caro, è una bella notizia!”
Il giovane e talentuoso pattinatore russo era di casa presso i Katsuki, anzi ormai era uno di famiglia.
A causa sua Yuuri aveva cominciato a pattinare e non passava giorno in cui non lo menzionasse con ammirazione (“Il costume di Victor alla finale Juniores era un sogno!”, “Ha fatto un triplo Axel! Capisci mamma? Un triplo! Anche se è vietato dal regolamento!”, “Guardate... Questo è Victor con la nazionale russa, è il più giovane atleta di sempre a partecipare ad una gara internazionale!”).
Victor era il suo modello, esattamente come avrebbe potuto esserlo una idol.
E proprio come per una idol collezionava poster, foto, ritagli di giornale, sapeva a memoria tutte le tracce che aveva usato nelle sue competizioni e le utilizzava durante gli allenamenti.
Anche il suo adorato cagnolino veniva dalla passione per Victor; c'era un video in rete in cui il russo giocava insieme ad un cucciolo di barboncino toy e Yuuri aveva dato il tormento ai genitori finché non era arrivato Vicchan.
“Infatti!” il bambino assentì con foga “Potrebbe essere l'unica occasione di vederlo dal vivo!”
L'interesse dei genitori si raffreddò, mutandosi in cautela, Tokyo non era dietro l'angolo, si trattava di un viaggio lungo e piuttosto costoso, ma era pur vero che Yuuri era un figlio modello, si impegnava a scuola, nello sport, nelle faccende domestiche, non gli dava mai problemi e negargli qualcosa diventava molto difficile.
“Quando è prevista questa gara?” chiese Toshiya e bastò la sua domanda ad accendere l'entusiasmo del figlio.
“Il ventitré di questo mese! Abbiamo tutto il tempo di organizzarci!” trillò senza avvedersi della nuova occhiata interlocutoria che si erano scambiati i genitori.
“Oh...”
“Non dovete preoccuparvi degli orari dei treni, ho già pensato a tutto io!” Yuuri prese dalla tasca un foglio ripiegato a fisarmonica e glielo mostrò “Se prenotiamo in anticipo c'è un'offerta speciale, uno sconto sul prezzo del biglietto a cui va aggiunta la riduzione per i bambini!”
“Tesoro...”
La madre provò senza successo a fermare l'onda di piena.
“Inoltre portando il pranzo da casa eviteremo di spendere soldi nei ristoranti di Tokyo, che sono molto costosi!”
“Yuuri chan...”
“Gli Juniores gareggiano nel pomeriggio e terminano alle diciotto e trenta, riusciamo a prendere il treno delle diciannove ed essere a casa attorno a mezzanotte!”
“Yuuri non possiamo.”
Il bambino rimase con la bocca aperta sull'ultima vocale, prolungata dall'incredulo stupore verso quella ferma opposizione.
"Eh?"
"Tesoro il ventitré Novembre è la Festa del Lavoro..." iniziò Hiroko.
"Si, si!" rispose annuendo il figlio "Proprio perché è un giorno festivo negozi, uffici, scuole saranno chiusi e noi..."
"Noi lavoriamo." dichiarò lapidario il capofamiglia "Verranno molti clienti e la locanda sarà piena."
Al secondogenito dei Katsuki, completamente assorbito dalla preparazione del programma di viaggio, era sfuggito proprio l'elemento più importante: il collegamento tra il giorno festivo e l'attività di famiglia.
Non potevano chiudere baracca e burattini e cavarsela con un cartello di scuse!
Era un guadagno assicurato per l'onsen, che in tempi difficili faceva comodo!
" Potrebbe venire solo uno di voi... Potrebbe accompagnarmi Mari, lei è già stata a Tokyo, più volte!"
La madre provò a rabbonirlo, perché scorgeva i segnali di un imminente crollo emotivo.
"Yuuri chan avremo bisogno sia di Mari che di te quel giorno e forse dovremo chiedere a Minako di aiutarci la sera, però tu potrai vederlo in televisione e poi ci saranno sicuramente altre occasioni..."
"Non è giusto!" la interruppe Yuuri, che asciugò stizzito un grosso lacrimone impigliato nelle ciglia "Perché devo essere sempre io rinunciare? Quando Mari voleva andare a Nagasaki a vedere il concerto degli Hotch Potchi l'avete accompagnata!"
L'interpellata alzò le mani in segno di resa "Io vado a dormire, vedetevela un po' voi..."
Il fatto che fosse un'adolescente in piena fase di contestazione dell'autorità genitoriale non aiutava i Katsuki, i quali rimasero da soli a fronteggiare una tremenda crisi di pianto.
Impiegarono un paio d'ore a calmarlo e persuaderlo che alla prima occasione si sarebbero fatti perdonare; quando sulla locanda calò il silenzio i tre quarti della famiglia erano convinti che Yuuri avrebbe capito la situazione, perché era un bambino maturo e giudizioso.
Non potevano nemmeno immaginare quali conseguenze aveva innescato il loro rifiuto e cosa era in grado di escogitare un bambino maturo e giudizioso.



Nei giorni successivi si verificò un assestamento della situazione in cui i genitori (e anche la sorella, minacciata espressamente di non menzionare parole come: pattinaggio, Grand Prix, Tokyo, Victor Nikiforov) sentendosi in colpa circuirono il figlio, lasciandogli più tempo per giocare e dormire e chiudendo un occhio se restava sveglio la sera a guardare la televisione.
Yuko fu la prima a saperlo e si indignò quanto lui del terribile sopruso.

"Se fossi più grande ti accompagnerei io!" aveva esclamato "Non è giusto!"
Yuuri aveva fatto spallucce.
"Lascia stare, ormai è andata così Yuko chan. Ci saranno altre occasioni, inoltre mi impegnerò al massimo per entrare nella categoria Juniores, così incontrerò Victor sulla pista anziché limitarmi ad applaudirlo dalle gradinate!"
La bambina lo aveva guardato ammirata "Questo è lo spirito giusto Yuuri chan! Perché fermarsi alle piccole cose quando si può puntare in alto?"


Quanto in alto aveva fissato il suo obiettivo il piccolo Katsuki teneva ben nascosto sotto la fitta frangetta ribelle e l'atteggiamento schivo.
Nella sua testolina il Piano aveva già preso forma, si trattava solo di mettere a punto alcuni dettagli.
Innanzitutto la logistica.
Yuuri era andato a Tokyo solo una volta, due anni prima, durante una gita scolastica in cui c'era anche Mari. Della capitale conservava un ricordo confuso fatto di traffico, rumori, luci e una generale frenesia di vivere che lo avevano frastornato e intimorito.
Adesso le cose erano diverse: lui era molto più grande, conosceva più cose, aveva studiato la storia e la geografia della metropoli e i suoi quartieri principali. Soprattutto conosceva l'ubicazione del palazzetto del ghiaccio e quali mezzi prendere per arrivarci.
Sfruttò le ricerche già fatte riadattandole alle esigenze di un singolo passeggero: invece di tre posti riservati poteva prenderne uno non riservato e senza prenotazione.
Muoversi all'ultimo momento comportava rischi maggiori, ma destava meno sospetti.
Secondo punto in elenco: il cibo.
Doveva accumulare scorte e garantirsi l'autosufficienza in territorio ostile.
A Tokyo non avrebbe comprato nemmeno una bottiglietta d'acqua; a quanto ne sapeva i prezzi erano esorbitanti e lui aveva un budget molto risicato.
Terzo: il budget, appunto.
Quella era la vera nota dolente, perciò Yuuri l'aveva fatta scivolare in fondo alla lista delle priorità.
Razziando le tasche dei cappotti, il fondo dei cassetti e il portamonete che teneva nella cartella non arrivava ai cinquemila yen.
Restava il suo prezioso Pi-chan, il salvadanaio a forma di porcellino nel quale finivano tutti i regali dei compleanni, delle festività e delle mance guadagnate coi piccoli lavoretti alla locanda.
Pi-chan era pieno soprattutto di sogni; farsi cucire un bellissimo costume su misura per la prima gara importante, comprare un paio di pattini uguali a quelli di Victor e quel videogioco sparatutto che i suoi compagni di classe già avevano e a lui mancava.
Pazienza.
Victor valeva bene un porcellino di ceramica.
Pi chan venne sacrificato sull'altare del pattinaggio con un secco colpo di martello e una volta aperto Yuuri scoprì che conteneva un vero tesoro: una volta divise monete e banconote arrivò a calcolare (era piuttosto bravo in matematica!) ventimila Yen, che sommati ai cinquemila gli avrebbero garantito il biglietto dello Shinkansen.
Col cuore più leggero il bambino trascorse i giorni che lo separavano dalla partenza a perfezionare tempi e modi della fuga.
Essendo un giorno festivo non poteva sfruttare la scusa della scuola, però al mattino c'era sempre poco da fare alla locanda.
Sarebbe andato all'Ice Castle a pattinare contando sul senso di colpa dei suoi genitori, che non gli avrebbero certo negato il permesso.
Secondo i suoi calcoli lo avrebbero aspettato fino all'ora di pranzo, poi, non vedendolo tornare, avrebbero chiamato l'impianto sportivo.
Lì qualcuno gli avrebbe confermato che non lo avevano visto e quel punto avrebbero chiamato a casa di Yuko, ricevendo una risposta analoga.
Nel tira e molla di informazioni si sarebbero fatte le due del pomeriggio.
E a quell'ora lui sarebbe stato in vista della stazione di Tokyo.
Tutto ciò che sarebbe accaduto dopo: le famose "conseguenze delle proprie azioni" a Yuuri semplicemente non importava.
Nessuno gli avrebbe impedito di vedere Victor Nikiforov.



Nonostante la determinazione e i buoni propositi, al momento di uscire di casa la mattina del ventitré, sentì una stretta al cuore vedendo sua madre affacciarsi dalla cucina porgendogli un piccolo bento*, nel caso gli fosse venuta fame durante gli allenamenti.
Per un attimo fu sul punto di rinunciare; poteva prendere la strada dell'Ice Castle e sfinirsi di esercizi, senza essere costretto a mentire.
Per un attimo considerò la follia di quel progetto; il viaggio più lungo che aveva fatto da solo era stato l'estate precedente, quando aveva preso la corriera ed era andato a trovare i nonni in campagna.
Per un attimo pensò alle famose "conseguenze", al salto nel buio, all'incognita del "dopo".
Poi, lungo la strada che portava alla stazione ferroviaria, li vide.
Una sequenza ininterrotta di cartelloni pubblicitari degli eventi sportivi della stagione: baseball, calcio, pallavolo e infine il pattinaggio con la tappa giapponese del Grand Prix.
Per un'incredibile coincidenza a rappresentare questo sport c'era lui: Victor Nikiforov, che campeggiava, bellissimo e angelico, in una foto a figura intera e sembrava sorridergli ammiccando leggermente.
Yuuri concluse che le coincidenze non esistevano; era destino che lui salisse su quel treno e andasse a Tokyo.

Fine Prima Parte


☼ La voce dell'innocenza ☼

Pensavate di esservi liberati di me, vero? ^^
E invece no! ^^
Eccomi a voi con una mini avventura in tre capitoli nuova di zecca, ispirata dal contest "Da quale mio sogno sei uscito fuori?"
promosso da Missredlights, che purtroppo è stata annullato.
La mia storia però era praticamente pronta e volevo comunque condividerla con voi ^^
La palla verde vi avrà già fatto capire che stavolta non ci saranno angst, patimento e sofferenza, ma tanto fluff&ammmmmmore, perché si farà un salto nel passato; nell'infanzia di Yuuri e nell'adolescenza di Victor, oggetto di venerazione maniacale da parte del nostro giapponesino.
Cosa sarà in grado di escogitare quando un imprevisto minaccerà la sua possibilità di vedere il giovane campione russo dal vivo? Restate a bordo di questo viaggio molto avventuroso per scoprirlo *-*


Traduzioni:
Mah Jong= gioco da tavolo nato in Cina e molto diffuso nei paesi asiatici. Da Wikipedia " Si tratta di un gioco di combinazioni (tris, coppie e scale), che presenta alcune analogie con giochi di carte occidentali, come ramino o scala quaranta. Scopo del gioco è, per ogni giocatore, creare combinazioni con tutte le proprie tessere: il primo che ci riesce vince."
Pi-chan= dal giapponese: piccolo maialino (si, è una citazione del Pi Chan di Ranma 1/2 X°D)
Bento= tipico cestino porta-pranzo giapponese.

   
 
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