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Autore: AmeliaRighetti    04/05/2019    1 recensioni
La mia convivenza con Sherlock Holmes.
J. Watson
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 1

 

Mi ero ripromesso di scrivere ogni tre, massimo quattro, giorni.

È così. Ma non avevo considerato le necessità della vita che ti portano spesso a riconsiderare le tue necessità.

Inizio questo diario sotto l'effetto di una sostanza comunemente conosciuta come mescalina.

Una sostanza naturale che provoca ansia, paranoia, euforia, delirio, aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco.

Volevo tenere un diario, certo, e stavo cambiando casa. Beh, che dire. Una sistemazione alla fine l'ho trovata.

 

Conobbi il signor Porridge nelle vicinanze dell'abazia di Westminster, in un piccolo e sudicio locale.

Ci eravamo sentiti per telefono e mi aveva dato appuntamento li dicendomi che mi avrebbe fatto conoscere un mio potenziale coinquilino.

“Una casa a metà strada tra un bellissimo parco ed il centro.”

Non mi aveva detto altro.

Ed ero arrivato li.

C'era aria di chiuso e di fregatura in quell'ufficio.

Mentre aspettavo impazientemente l'arrivo di un mio potenziale coinquilino, il signor Porridge, dall'alto dei suoi centodieci chili abbondanti, giocherellava con i bottoni del suo gilet marrone scuro, che sembrava essere fatto su misura ma decisamente largo.

Il campanello alla porta suonò annunciando a tutti che qualcuno aveva varcato la soglia.

Mi voltai e lo vidi.

Un uomo alto, magro, con il volto affilato mi scrutava con occhi fissi ma in qualche modo rapidi e veloci.

Si fermò davanti a me estraendo la mano dalla tasca dell'impermeabile nero.

-Piacere, sono Sherlock Holmes.

-John Watson, molto piacere. Lei è il mio potenziale futuro coinquilino.

-Ovviamente, John. Posso chiamarla John?

-Si, certo.

Risposi preso alla sprovvista.

-Signor Porridge, sono sicuro che andrà benissimo. - disse Holmes al signor Porridge rivolgendomi un sorriso.

-Molto bene. Lo accompagna lei, signor Holmes?

-Certamente.

Rimasi immobile per qualche secondo, guardando la scena scorrere. Poi decisi di interromperli.

-Scusate signori.

Calò il silenzio.

-Sono venuto qui per vedere una casa. Non conosco il signor Holmes e non conosco tanto meno lei, signor Porridge. Non ho ancora deciso se accetterò l'affitto.

Holmes mi guardò con espressione compiaciuta.

-Lei non mi conosce John ma io conosco lei. Ex militare, probabilmente congedato per una ferita alla spalla destra. Ha servito il paese ma con rimorso, non le piace uccidere innocenti quando non è necessario e sono sicuro che ha dovuto farlo, una. No, più volte. Sta cercando una casa modesta, con l'affitto basso ed un coinquilino che non le rompa le scatole. Ogni tanto fuma ma oggi non ha ancora fumato, è single, sta cercando una fidanzata ma più probabilmente una compagna ma cosa più importante delle altre è stanco, non parlo di stanchezza fisica, parlo di stanchezza mentale. Dopo la ferita, l'ospedale, il congedo ed il rimpatrio, le sue aspettative di trovare un casa lussuosa si sono notevolmente abbassate. Il che la porterà ad accettare la casa in questione con il sottoscritto come coinquilino.

Holmes vomitò un fiume di parole. Un fiume in piena che mi travolse completamente. Rimasi immobile, completamente ammutolito di fronte a così tanta verità.

-Non si preoccupi signor Watson. Holmes è un brav'uomo, fa così con tutti.

-Come sapeva...? - dissi rivolgendomi ad Holmes

-Venga signor Watson, glielo spiego mentre andiamo. Da questa parte.

Così mi lasciai convincere.

Chiamammo un taxi e dopo aver caricato le valigie mi sedetti di fianco ad Holmes, che mi aspettava impaziente.

-Come sapeva tutte quelle cose?

-Ci pensi John, ci pensi bene.

-Ci ho pensato signor Holmes. Posso capire il fatto di cercare una compagna. Tutti la cercano, ma il resto? Sono informazioni personali. Ci siamo già incontrati per caso?

-No, John, non ci siamo mai visti prima di oggi ma la differenza tra me e lei è che lei guarda soltanto mentre io osservo anche.

-Cosa vorrebbe dire?

-Lei è un ex militare. I suoi vestiti sono bene stirati, perfetti, troppo. Il suo abbigliamento è moderno ma ricorda pur sempre una divisa, mi scusi John, ma è così.

Ha una ferita alla spalla destra, quando mi ha dato la mano ha abbassato leggermente il labbro, segno che probabilmente il braccio le fa male, ma quando le ho stretto la mano l'ho fatta oscillare leggermente verso di lei e non c'è stata reazione, allora ho capito che era la spalla.

-Mi scusi. Disse il tassista interrompendo la spiegazione.

Capii subito che a Sherlock Holmes non piaceva essere interrotto.

-221B di Baker Street. - disse al tassista.

-Subito signori. - rispose il tassista mettendo in moto il veicolo.

-Per quanto riguarda il resto? -chiesi ad Holmes.

-Molto bene Watson, è anche una persona curiosa, molto bene. Per quanto riguarda il resto è sempre tutto li, su di lei. A quasi nessuno piace uccidere innocenti e quando l'ho detto lei ha abbassato lo sguardo e quando ho detto che ha dovuto farlo una sola volta non ha mosso un muscolo, così ho alzato la posta ed ho ottenuto una reazione. Ha dovuto farlo più volte. Cerca una compagna, vista la sua età, non più una fidanzata. Cerca di vestirsi bene, è rasato di fresco, profuma e i suoi abiti sono perfetti. In più è ben pettinato. La stanchezza mentale è ovvia così come il bisogno di rimettersi in gioco. E lei fuma, oggi no perché altrimenti l'odore si sentirebbe ma si deduce dai suoi denti.

-Sono sbalordito, complimenti signor Holmes. Lei cosa fa?

-Sono un detective, ovviamente. Lei è un medico, John?

-Si, sono chirurgo.

-Eccellente. -disse Holmes sorridendo come un bambino.

-Perché me lo chiede.

-Io aiuto la polizia, i privati e anche le aziende se le cose si fanno interessanti, John. Ma spesso ci sono dei cadaveri. E dio solo sa quanto sono incompetenti i medici della polizia. E i detective e tutti gli altri.

-Mi sta ingaggiando per un lavoro?

-Oh no, no, no. Qui non si tratta di soldi. Si tratta di ricchezza mentale, di sapere.

-Si, beh. Ma l'affitto?

-È proprio quello che otterremo oggi da Scotland Yard. Un affitto permanente.

-Se lo dice lei signor Holmes.

-Ci può scommettere, John, ci può scommettere!

-Sarà meglio di no.

-Brutta cosa quella del gioco. Almeno non le costerà l'affitto, si rallegri.

 

Il viaggio durò una ventina di minuti e dopo questa breve conversazione il signor Holmes mi chiese cortesemente se potevo rimanere in silenzio, poiché doveva pensare.

Uscimmo dal taxi ed il signor Holmes si avviò verso l'ingresso del numero 221B, lasciandomi il dovere di pagare il tassista.

Il nostro numero era alto e stretto, leggermente più piccolo in larghezze dei numeri vicini al nostro.

Sherlock bussò tre volte alla porta che subito si aprì rivelando una signora sulla settantina col volto sorridente.

-Buongiorno signora Hudson, costui è John Watson, il nostro nuovo coinquilino.

-Molto piacere signor Watson, molto piacere! -disse la signora stringendomi in un abbraccio invadente.

-Finalmente, così mi aiuterà con il signor Holmes.

-Aiutarla per cosa? -chiesi alla signora Hudson, non capendo a cosa si riferisse

-Vedrà John, ma non si preoccupi. Santo cielo, è sempre così turbabile lei?

Non risposi, cercando di decidere se entrare davvero oppure andarmene di corsa, quando Holmes mi spinse leggermente, facendomi varcare la soglia di casa.

L'interno era magnifico.

Vi erano poltrone, tavolini e divani un po' ovunque. Quasi senza senso.

Superammo i primi piani, che non erano di nostra competenza ed arrivammo all'ultimo.

Anche questo era come gli altri, stessi arredamenti, stesso caos piacevole ma vi erano due cucine.

Ed è li, che avremmo abitato.

 

Da quel giorno è passata esattamente una settimana. Solo una settimana ed all'inizio di questo scritto vi ho detto che sono sotto l'effetto di una sostanza dagli effetti pericolosi.

Posso dirvi che Sherlock Holmes ha stravolto la mia vita in una settimana più di quanto non abbia fatto la guerra. In modo diverso, certo, ma l'ha fatto. E lo fa sempre. Ogni giorno.

Ma torniamo a noi.

 

Mi accomodai nella nuova abitazione cercando di gestire gli spazi al meglio.

Se non altro avrei avuto una stanza privata in cui dormire e mi ero già assicurato che la porta si chiudesse a chiave, ricevendo in risposta da Holmes un gran sorriso.

Mi buttai sul divano ed una nube di polvere si levò in aria passando davanti alla finestra dalla quale traspariva un pallido raggio di sole.

-Non trova che in queste stanze ci sia un po' odore di chiuso, signor Holmes?

-E polvere. -aggiunse lui.

-Si, e polvere.

-Non si ripeta John, può assumere una domestica o mettersi a pulire. Io di certo non pulirò ma cosa assolutamente certa è che lamentarsi è tempo perso.

-La signora Hudson non è...?

-No, non è una domestica, come vi ripeterà lei stessa più volte, non appena la vedrà comparire con il suo tè di benvenuto.

-Con cosa?

E proprio in quel momento la signor Hudson bussò alla porta chiedendo di entrare per offrirmi il suo tè di benvenuto.

Lo accettai volentieri scoprendo che era il miglior tè che avessi mai bevuto.

Mi complimentai con lei e proprio in quel momento accadde ciò che Holmes aveva preventivato.

-Mi fa molto piacere che le piaccia, John, ma voglio essere chiara fin da subito. Lei mi sembra una persona più ragionevole del signor Holmes. Io il tè ve lo faccio volentieri, a tutti e due, ma non sono una domestica ne una cameriera. Che sia chiarissimo.

-Signora Hudson la ringrazio ed è chiarissimo, anche Holmes me lo stava riferendo giusto prima che lei bussasse.

La signora non rispose offrendomi un sorriso.

Radunò il servizio da tè e si incamminò verso l'uscita, ci augurò una buona giornata e chiuse la porta.

-Finalmente silenzio. -disse Holmes che era seduto silenzioso su una poltrona.

-Allora John, oggi pomeriggio, alle cinque, dobbiamo andare a Scotland Yard.

-Va bene Holmes, accetto di lavorare con lei, ma accetto io, perché lo voglio io.

-Certo che lo vuole lei, ma che discorsi fa? Non ne staremmo parlando se non fosse un interesse comune.

-Benissimo. -risposi secco.

-Dicevamo, mi hanno chiamato stamattina ma ho detto che avevo da fare e che sarei passato nel pomeriggio. Non farà differenza se saremo in due.

Terminai di sistemare i miei effetti personali e ben presto ci ritrovammo in un freddo obitorio, nel sotterraneo di Scotland Yard.

Dopo pochi minuti di attesa passata ad osservare le sagome dei cadaveri coperti dai lenzuoli bianchi, fummo raggiunti da un uomo vestito con jeans usurati, una camicia ed una giacca larga.

-Ispettore Lestrad, buonasera, costui è il mio nuovo collaboratore, John Watson, un eccellente medico chirurgo che mi aiuterà nelle indagini. Di cosa avete bisogno?

-Piacere signor Watson -disse Lestrad stringendomi la mano

-Forza, non perdiamo tempo. -ci ammonì Holmes.

-Questo caso è complesso signor Holmes. -disse Lestrad mentre si accingeva a scoprire il cadavere di una donna.

-Sarà complesso per lei, Lestrad, non di certo per me. -rispose Holmes

-Donna, quarantasette anni, settantotto chili. Sono stati sparati due colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata, con una Browning 6,35 che l'hanno colpita alla testa. La vittima però è morta per soffocamento causato da un sacchetto di plastica. L'esame balistico ha suggerito la presenza di un cuscino usato come silenziatore e sulla scena abbiamo trovato il corpo con un sacchetto in testa, chiuso in un armadio sigillato con del silicone. E qui c'è il fatto strano. Durante il primo sopralluogo, ieri, nessuno si è accorto del cadavere nell'armadio né del silicone. Stamattina invece, durante la raccolta delle prove, abbiamo sentito l'odore.

-La donna era struccata al momento del ritrovamento? -chiese Holmes

-Si, era struccata ed aveva una vestaglia da notte.

-La scena è ancora intatta?

-Abbiamo rimosso solo il corpo.

-John, andiamo, qui abbiamo finito.

La mia presenza non si rivelò utile in quel momento e mi limitai a seguire Holmes e a salire sul taxi con lui.

-Qual'è l'indirizzo, Lestrad?

-Bloomfield Terrace, numero 29.

-Lei prenda un altro taxi, oppure un'auto della polizia, devo parlare con il signor Watson.

E chiuse la portiera.

Conoscevo abbastanza bene quel quartiere e sapevo che da Scotland Yard sarebbero bastati una quindicina di minuti.

-Interessante, non trova? - mi chiese Holmes guardando fuori dal finestrino.

-Non molto, fin'ora.

-Si lamenta del suo scarso coinvolgimento nella faccenda? La sto coinvolgendo ora, ne sto parlando con lei.

-Chi può aver sopraffatto una signora così? L'ha vista? Io non credo ci sarei riuscito.

-Interessante punto di vista, John. La signora deve necessariamente aver aperto alla sua vittima. Struccata ed in vestaglia da notte non avrebbe mai accolto uno sconosciuto. E parliamo di un uomo poiché spostare un cadavere di quella stazza non è cosa semplice.

-Possiamo ipotizzare quindi che sia una persona vicina alla vittima.

-Eccellente, John. Magari una frequentazione. Anche se non ha affatto l'aria di un omicidio passionale, non c'è violenza ma neanche metodo. Due colpi alla testa ed il soffocamento indicano inesperienza.

-Una pistola di piccolo calibro è anche più facile da reperire.

-Esatto John.

Arrivammo a destinazione in un attimo ed entrammo nella casa.

Holmes si diresse verso il centro del locale quadrato ed iniziò ad ispezionare ogni dettaglio, senza battere ciglio.

-C'è disordine, John, ma non ci sono segni evidenti di colluttazione. Ai bordi dell'armadio c'è una trapunta, suppongo ci fosse avvolto il cadavere. Indica pudore. Non voglio farlo ma sono costretto, dopo però non ti maltratto.

-Quindi un regolamento di conti, magari.

-Perspicace, John. Può essere.

-Come sono andate le cose, Lestrad?

-Ci ha chiamati la figlia, preoccupata perché la madre non rispondeva alle sue chiamate. In un primo momento siamo entrati e la casa era solo un po' in disordine ed abbiamo pensato che fosse uscita di fretta. Solo stamattina c'è stato il ritrovamento.

Holmes si diresse verso la cucina, aprì l'anta di un pensile sopra al lavandino ed ispezionò i bicchieri.

-Come sapeva in che anta sarebbero stati i bicchieri, signor Holmes? -chiesi, noncurante della situazione.

-Non abbiamo tempo per queste sciocchezze. -disse sorridendomi.

-Lestrad, venga qui, prenda questo bicchiere, è stato lavato di recente ma non è stato asciugato. Probabilmente l'assassino l'ha usato per bere con la vittima alla quale ha somministrato un sonnifero. Completate l'autopsia e vedrete che ci saranno tracce di sedativi. Controllate le frequentazioni della vittima, dovrebbero essere due uomini, uno dei due mente. Probabilmente uno aveva un debito che non poteva estinguere. L'altro non c'entra nulla. Non si faccia fregare, Lestrad.

-Bene ma...? cercò di rispondere l'ispettore.

-Qui abbiamo finito, John. Andiamo.

E Holmes si incamminò lasciando Lestrad senza ulteriori risposte.

Lo seguii e ci dirigemmo di nuovo verso casa.

-Come faceva a sapere che erano in due?

-Deve osservare meglio, John, piuttosto le chiedo, perché sigillare l'armadio con il silicone?

-Me lo stavo chiedendo poco fa. Il cadavere sarebbe comunque stato scoperto.

-A volte le persone fanno cose poco sensate quando perdono la testa.

 

   
 
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