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Autore: poisontequila    23/07/2009    6 recensioni
Eleanor è sempre stata invisibile per tutti, ma nell'ultimo anno di Hogwarts le cose sono destinate a cambiare. Infatti Eleanor si ritrova improvvisamente immersa in un oceano di dramma e sfortuna e costretta a dover passare un sacco di tempo con Sirius Black...cosa succederà tra i due? Sirius/Oc, James/Lily, Remus/Oc
Genere: Romantico, Comico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Altra nuova storia, stavolta incentrata sui malandrini e in particolar modo Sirius, ma anche James/Lily e Remus/OC. Spero che vi piaccia!
Anche in questa in ogni capitolo metto la foto di un personaggio come me lo immagino
.

LA LUCE CHE ACCECA



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Quando sei invisibile la gente non realizza che in realtà sei una persona con un udito perfettamente funzionante, almeno nella maggior parte dei casi, e che hai anche un cervello. Perciò puoi sentire tutto quello che dicono e registrarlo in memoria.

Nonostante io non sia una gossip girl, ho sviluppato un talento particolare nell'origliare, visto che nessuno sembra notare che io mi trovo solo ad alcuni metri di distanza con orecchie funzionanti e una mente acuta. Quando cammino dietro le persone nei corridoi o studio per conto mio nella biblioteca o faccio altre cose che non attirano attenzione inutilmente sento sempre cose che non dovrei sentire. Negli ultimi sei anni ho sentito cose che le drogate di gossip, come Rita Skeeter e Berta Jorkins, morirebbero pur di sentire.

Ma visto che sono invisibile, in senso figurato ovviamente, non letteralmente (nessuna pozione mi è stata versata addosso da piccola e mio padre non era un mantello dell'invisibilità) nessuno si è mai avvicinato per chiedermi se avevo sentito l'ultima sulle relazioni più chiaccherate. Non è perchè io non abbia amici, ne ho un po', solo che non sono, beh, intimi, suppongo. Si tratta più che altro di conoscenze amichevoli e la maggior parte di essi è tranquilla come me o ancora di più. Sono quel genere di persone che non vogliono attirare l'attenzione, proprio come me. In breve, sono coloro con cui sto ogni tanto.

Comunque, torniamo al punto. Non partecipai mai a quel genere di conversazioni e non desiderai mai farlo. Benchè potevo non conoscere tutti gli scheletri negli armadi di questa o quella persona, sapevo alcune cose che avrebbero chiarito tutti i dubbi, come ad esempio perchè Benjy Fenwick si lasciò con la sua ragazza con la quale stava da due anni, Addison MCDonald's. Ovviamente, non ascoltai intenzionalmente la loro conversazione, ma ebbero una litigata violenta presso il lago, dove io sedevo all'ombra di un grande faggio, leggendo un libro. Sono sicura che se fossi stata chiunque altro avrebbero realizzato che mi trovavo a pochi passi da loro, ma visto che non sono nessuno, si sono staccati la testa di fronte a me. E così sono la prima che può affermare che lei non è così casta e innocente come si dice in giro.

Basicamente, quello che sto cercando di dire è che la gente non si rende conto che sono un essere umano a tutti gli effetti, magari non sono invisibile in senso letterale, ma di sicuro mi ci sento. E' praticamente come attraversare la vita sotto un mantello dell'invisibilità e sotto l'effetto di un Incantesimo Silenziatore per assicurarmi che se anche  cogliessi qualche rara opportunità e parlassi, nessuno potrebbe sentirmi.

Essere invisibile non mi preoccupava, infatti ero abbastanza soddisfatta. Non sono mai stata trascinata in drammi inutili  e, non avendo amici vicini, eccetto il mio fratellone ventenne, Kevin, non sono mai stata conosciuta per associazione. Invece ero solo sconosciuta e perfettamente a mio agio così... per un po', almeno. Finchè non realizzai che forse non era così male avere degli amici. Forse non era così atroce emergere solo un po'. E forse, solo forse, non mi avrebbe ucciso se avessi aperto bocca una volta ogni tanto durante le lezioni. Questo genere di pensieri iniziarono verso la fine del mio sesto anno, quando il mio fratellastro si sposò con la sua fidanzata dai tempi dell'asilo, Gwen. Fu allora che, mentre lo guardavo baciare la sposa appena annunciati marito e moglie, volli improvviamente che a qualcun altro oltre la mia famiglia importasse qualcosa di me, che mi notasse e che mi conoscesse per come effettivamente sono.

Inaspettatamente, realizzai davvero la mia speranza, il mio desiderio di essere notata. Vorrei solo che si fosse trattato di una situazione positiva al posto di quella nella quale fui scaraventata senza tante cerimonie il 2 di ottobre.

Era un pomeriggio di pioggia. Il cielo fuori era scuro, di un grigio monotono e di tanto un tanto un lampo di luce illuminava il cielo e le finestre, che poi venivano scosse dal rombo di fulmine che seguiva. Mentre la pioggia batteva rumorosamente sulle finestre appannate, io ero seduta al mio solito tavolo nella biblioteca polverosa, umida e fredda, piegata su un rotolo di pergamena aperto di fronte a me, con in mano una penna pronta a scrivere: storia della magia era una materia terribile.

Mi stavo facendo gli affari miei, i miei occhi stretti mentre sistemavo gli occhiali da lettura che cadevano sulla punta del naso, per vedere le parole sbiadite e minuscole sulla pagina ingiallita quando un fulmine particolarmente forte ruppe il cielo e mi spaventò a morte. Nella paura avevo preso contro l'inchiostro che si era rovesciato tutto sul mio tema appena finito.  Imprecai sottovoce mentre, irata, afferravo la bacchetta da sotto la divisa e facevo del mio meglio per pulire il casino.

Una volta terminato il mio lavoro di pulizia con un incantesimo semplice, mi allungai per prendere la penna, solo per realizzare che non era più sul tavolo. Cercai sottto le carte e alla fine mi misi a quattro zampe per cerarlo. Non era sotto il tavolo, così cominciai a gattonare per la biblioteca, pregando Merlino affinchè nessuno inciampasse su di me e dopo qualche secondo di ricerca disperata vidi la punta della penna che sporgeva da sotto uno scaffale.

Con un sospiro pesante gattonai fino alla penna. Sarei tornata subito al mio tavolo, ma sentii delle voci basse e sommesse e non potei resistere alla tentazione. Davvero, dopo parecchi anni di origliamento, era diventato normale smettere di fare quello che stavo facendo per ascoltare. Quindi, aconra a quattro zampe, ascoltai la conversazione che si teneva dall'altra parte dello scaffale pieno di libri.

"Non possiamo continuare," la prima voce, femminile, disse.

"Perchè no?" chiese la seconda. Questa apparteneva a un uomo.

"Perchè no e basta, ok?" rispose la ragazza, la voce che bruciava per la disperazione.  Sospirò fortemente. "Non è perchè non voglia, è solo che...beh, sta diventando sospettoso. Incredibilmente sospettoso, a dire il vero. Sta sempre a lanciarmi occhiate sospettose quando attraverso il ritratto con i capelli non perfetti."

"Chi è sospettoso? Sir-?"

"Shhhhh!" soffiò la ragazza attaverso i denti serrati. "Vuoi che ti sentano tutti? Merlino, impara a spegnere quel megafono per una buona volta nella tua vita."

"Scusa," borbottò il ragazzo.

Ci fu un momento di silenzio teso prima che la ragazza parlasse di nuovo. "Certo che sto parlando di lui. Non è così idiota come tutti sembrano pensare, Amos."

"Quindi cosa facciamo?" il ragazzo, Amos, chiese.

"Noi non facciamo un bel niente," rispose la ragazza in un tono di sfida. "Se qualcuno farà qualcosa, quella sono io. Mi rifiuto di trascinarti in questo casino."

"Non puoi semplicemente rompere con lui, Lucy?" chiese Amos.

"No che non posso," lo aggredì con rabbia Lucy. "Non ora, in ogni caso. Sarebbe la conferma ai suoi dubbi e poi direbbe a tutti che fidanzata orribile sono; sarei rovinata!"

"E' così quindi? Continueremo a vederci di nascosto e a sentirci in colpa perchè se si sapesse una cosa del genere la tua reputazione sarebbe rovinata?"

"Sì! Esattamente per questo motivo dovremmo aspettare fino a che lui non commette un qualche errore, Amos," ringhio lei. "Così avrò una scusa per rompere con lui, ma dobbiamo aspettare fino a che ciò accada. Sembra quasi che pensi che non ne valga la pena."

"Non è questo, Lucy," sussurrò Amos. "Non voglio nascondere il fatto che ti amo."

Uno dei due si soffiò il naso e la ragazza, Lucy, gemette dolcemente. Dopo mi sembrò come se si stessero abbracciando.

"Ti amo anche io Amos, ma è troppo rischioso per me lasciarlo ora," disse Lucy. "Già non gli piaci ora come ora, non voglio peggiorare le cose per te. E, se scopre che sono mesi che ci vediamo, vorrà strapparci la testa a entrambi. Soprattutto se informa Potter dell'accaduto e io ho bisogno di Potter dalla mia parte."

"Pensi davvero che farebbe una cosa del genere?"

"Non lo so, Amos, ma preferisco essere sicura." Lucy sospirò ancora. "Non ti dispiace vero?"

"Certo che no, fintanto che ti avrò alla fine di tutto."

Resistetti alla voglia di vomitare mentre sentivo Lucy sorridere. "Vedrai." Lo baciò sulla guancia. "Te lo prometto."

Visto che sembrava essere la fine della loro conversazione, mi alzai velocemente in piedi per correre verso il mio tavolo. Nella fretta, comunque, inciampai sui miei stessi piedi e cadetti faccia a terra. Il mento sbattè per terra e per poco non persi i denti. Gemendo mentre ondate di dolore mi attraversavano feci per alzarmi quando i due girarono attorno allo scaffale per vedere cosa aveva causato tanto rumore.

Entrambi boccheggiarono mentre mi rialzavo in piedi in fretta. Sentivo le mie guance diventare sempre più calde mentre cercavo di ignorare il dolore che sorgeva dalla mascella e tenevo gli occhi fissi a terra.

Presa. Ero stata stra beccata nell'atto di origliare.

"Quanto hai sentito?" investigò Lucy, i suoi occhi brillanti scintillavano di rabbia e paura.

Mi leccai le labbra e fissai Amos che aveva preso posto di fianco a Lucy. Torcendomi le mani nervosamente, masticai l'interno della mia guancia prima di rispondere piano, facendo una smorfia mentre parlavo. "Tutto?"

"Tutto?" squittì Amos, mentre Lucy emetteva un ringhio minaccioso, "Ti ha mandato lui per spiarmi?!"

"No! Io non volevo!" dissi velocemnte, lanciando un'occhiata veloce al banco della bibliotecaria. Non sembrava aver notato niente. Hm, chissà perchè la cosa non mi stupiva. Aprii la bocca per dire qualcos altro quando le parole di Lucy mi colpirono come dei mattoni. "Aspetta...cosa?"

"Ti. Ha. Mandata. Lui. A. Spiarmi?" chiese Lucy con i denti serrati.

"N-no." balbettai, deglutendo e sudando come non mai. Lei mi fissò con aria aristocratica mentre io scuotevo la testa freneticamente. "Davvero! Stavo finendo il mio tema e il tuono mi ha spaventata. Ho fatto cadere l'inchiostro e perso la penna, che stai pestando, a proposito." Sia Amos che Lucy abbassarono lo sguardo verso i loro piedi e, sotto le scarpe nere di Amos, c'era la mia nuovissima penna d'Aquila, distrutta e inutilizzabile; diamine, era costata 16 falci e 7 zellini. Sollevò velocemente il piede e mi porse la mia penna, scrollando le sue spalle larghe come per scusarsi; era davvero un bel ragazzo.

"Quidi non ti ha mandata lui'" si assicurò Lucy.

"Non so nemmeno di chi parli," dissi sinceramente.

"Sirius."

"Sirius come in Sirius Black?" le chiesi dubbiosa - mi ero scordata che usciva con Black.

"Sì! Chi altro sennò?!" sibilò arrabbiata, con l'aria di chi potrebbe uccidere. "Ti ha mandata lui?" aggiunse brevemente.

Ancora una volta scossi la testa con vigore. "N-no. No. Non ci parliamo nemmeno; infatti non gli ho mai parlato in vita mia. Non sapevo nemmeno che voi due foste....insieme....beh...sai." Le mie spalle si abbassarono per la rassegnazione.

Lucy mi esaminò attentamente, come se il mio aspetto le potesse permettere di sapere se stavo mentendo o no. A meno che lei no fosse  un abile Legimens, e ciò era altamente improbabile, non l'avrebbe capito solo squadrandomi. Gliel'avrei fatto notare, ma dubitavo che l'avrebbe apprezzato.

"Chi sei? chiese dopo alcuni minuti di silenzio incredibilmente denso.

"C- cosa?

"Chi cazzo sei?" ripetè Lucy irritabile. "Cercavo di ricordarmi il tuo nome, ma non penso di averti mai vista prima."

Ahi! Questa fa male. Frequentavo la scuola solo da sei anni. Ma suppongo che fosse colpa mia se lei non poteva definire precisamente chi ero dopo alcuni minut di concentrazione.

"Eleanor Briggs." risposi, scostando i miei capelli marroni dagli occhi.

I suoi occhi balenarono sulla tasca della mia divisa, dove c'era uno stemma della casa alla quale appartenevo. "Di Grifondoro?"

"Esattamente."

"Hmm, mai vista nè sentita prima." scrollò le sue spalle perfettamente disegnate.

"Beh, sono sicura che tu saprai già chi sono io."

Lo sapevo infatti. Era Lucina Matthews, solo la ragazza più bella e popolare che avesse mai attraversato con passo leggero di danza le porte di Hogwarts per essere sorteggiata in Corvonero da...beh, sempre, immagino. Era conosciuta per essere innegabilmente affascinante, la sua famiglia era schifosamete ricca e alcune voci dicevano che era in parte Veela, visto quanto era incredibilmente stupenda, con una lunga cascata di capelli d'argento, occhi blu, glaciali e penetranti e gambe lunghe due metri. E c'era il piccolo fatto che ovunque andasse, i ragazzi sembravano perdere la testa appena lei gli passava accanto, con la testa alta e il naso aristocratico per aria. Naturalmente, lei sapeva di essere indicibilmente bella e questo la rendeva estremamente arrogante e orgogliosa, ma personalmente, penso che i suoi geni francesi possano aver contribuito alla sua altezzosità. Non era esattamente la persona più amichevole che avesse mai messo piede sulla terra.

Comunque, diversamente dalla piccola signorina Matthews, Amos non si presentò, nonostante le sue buone maniere e la sua educazione fossero ben conosciute a Hogwarts. Infatti non aveva aperto bocca dopo avermi chiesto quanto avevo sentito. Ma sapevo già chi fosse, quindi non sembrava così importante per lui presentarsi, anche se sarebbe stato carino.

"E," disse Lucinda, la voce acuta catturò la mia attenzione. "Sono sicura che sai anche quanto io odi le spie. Detto questo, se dovessi scoprire che ti sei lasciata sfuggire una sola parola su -"

"Non ti preoccupare," la interruppi. Chiuse la sua bocca stretta, mordicchiandosi le labbra e guardandomi, gli occhi ardenti. "Non lo dirò a Sirius. O a nessun altro se è per questo." aggiunsi, sperando di accontentarla così che mi lasciasse andare.

"Lo giuri?" calcò Lucinda.

Annuii. "Promesso."

"Davvero? Non dobbiamo fare niente per te?" chiese Amos come se non credesse a ciò che sentiva. Lucinda gli diede una gomitata nelle costole.

"Assolutamente niente."

Sembrò rimuginare su questo per alcuni momenti. "Se ne sei sicura..."

"Al cento per cento."

Lucina si lasciò scappare una risatina e incrociò le braccia sul suo seno formoso, evidentemente non volendo credermi così facilmente. Non avevo mai mentito in vita mia - beh, eccetto quando mia zia mi trovò con la mano nella scatola dei biscotti prima di cena e io le dissi che il nostro elfo, Gingy, mi aveva lanciato una maledizione imperius per farmi andare lì al suo posto e in altre occasioni del genere quando cercavo di tirarmi fuori da situazioni particolarmente difficili. Mi ritrovai in guai seri per quella piccola bugia, ma insomma, avevo nove anni!

"Non pensare che non ti terrò d'occhio, Bronze."

"E' Briggs. Eleanor Briggs."

"Cosa ti fa credere che mi importi?" mi aggredì impaziente, "Se solo ti vedo parlare con Sirius, o qualcuno dei suoi amici se per questo, dovrai risponderne a me, capito?"

"Sì," mormorai.

Lucy si scostò i riccioli platino dietro la spalla. "Ricordati, Brockner -."

"E' Briggs."

"Non mi importa!" esclamò , sbuffando per l'irritazione. "Ricordati solo che io sono praticamente sangue reale in questa scuola e se pensi di non mantenere la tua parola, ti farò desiderare di non essere mai nata."

Con questo girò sui tacchi e marciò fuori dalla libreria, i suoi lunghi capelli si gonfiavano con grazia come onde dietro di lei, sbattè la porta uscendo. Guardai Amos e lui mi sorrise imbarazzato. Era un ragazzo carino, Amos Diggory, quindi il motivo per cui era finito con una come Lucinda Matthews era un mistero per me. Quasi mi dispiaceva per lui mentre lo salutavo con un gesto e fuggivo-

Un flash di luce balenò nel cielo, illuminando temporaneamente i terreni del castello prima che un minaccioso fulmine lo seguisse. Saltai ancora e tornai velocemente al mio tavolo, raccogliendo tutti i miei effetti. Mentre arrotolavo il mio tema quasi completato e lo ficcavo nella mia borsa, mi meravigliai della mia intelligenza - o mancanza di essa.  Facendomi scivolare la borsa sulle spalle, feci per uscire, sperando sinceramente che il vecchio proverbio non dosse vero  e che la mia curiosità non mi uccidesse, come a quella gatta sfortunata .











Fine del primo capitolo, molto introduttivo, non c'è molta azione ne humor qui, cosa che ci saà nei prossimi. Ci ho messo un po' a scriverlo quindi fatemi sapere cosa ne pensate!



  
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