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Autore: Alley    05/05/2019    1 recensioni
[SPOILER AVENGERS: ENDGAME]
Si sfila l’anello e glielo porge. Bucky asseconda l’invito implicito nel gesto e lo afferra; lo inclina appena per avere accesso alla parte interna e la sua espressione si trasforma di colpo, trasfigurata da un’emozione che gli esplode sul viso come una mina seppellita sotto una zolla di terra calpestata tutt’a un tratto.
“Erano gli anni ’40, non potevamo davvero sposarci, ma -
sono un romantico del cazzo, per citare le tue parole.”
[Stucky]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Bucky gli scivola accanto con la naturalezza di chi ha trascorso lontano appena qualche secondo. Per lui è così, in effetti, ma Steve sa che, allo stesso tempo, non lo è: il bianco che gli tinge i capelli pesa su entrambi.

“Ciao, Buck.”

Steve lo accoglie con quell’unico saluto: non c’è bisogno di fornire spiegazioni. Non ce n’è stato nemmeno quando gli ha comunicato la sua scelta, prima di partire per quel viaggio che ha avuto un’intera esistenza tra andata e ritorno.

Bucky lo ha ascoltato, attento, e poi ha detto soltanto: “Sii felice.”

Nessuna domanda; niente recriminazioni.

“Capitan America è bello anche con le rughe.”

Ha l’aspetto di una battuta di spirito, ma Steve lo conosce troppo a fondo per non sapere che è molto più di quello. Bucky ricorre all’uso dell’ironia ogniqualvolta intende essere mortalmente serio (“Se non ti trovi una ragazza, sarò costretto a sposarti”): è uno stratagemma di cui l’onestà immacolata di Steve non ha mai avuto bisogno, ma capisce che possa essere più semplice appellarsi a una scorciatoia, in certi casi, e mai come in quella circostanza comprende la necessità di semplificare le cose.

“Allora, com’è andata la tua vita?” Steve vede Bucky inclinare il capo e indirizzare lo sguardo verso la fede che porta al dito; nel momento esatto in cui la intercetta, un velo di malinconia cala a ricoprirglielo. “Bene, suppongo.”

“Anche meglio, in realtà.”

“Peggy era troppo per te, ma l’hai avuta comunque: bastardo fortunato.”

“Su una cosa hai ragione: era troppo per me. Sul resto…” Bucky aggrotta la fronte, confuso. Il sole inonda il parco e sparge sul suo viso bagliori di luce dorata, illuminandone i tratti. Anche lui è bello: Steve si limita a pensarlo, perché dicendolo a voce alta otterrebbe solo di alimentare il pugno di rimpianti che gli lascerà in eredità quando se ne sarà andato. “…c’è una cosa che dovresti sapere.”

Si sfila l’anello e glielo porge. Bucky asseconda l’invito implicito nel gesto e lo afferra; lo inclina appena per avere accesso alla parte interna e la sua espressione si trasforma di colpo, trasfigurata da un’emozione che gli esplode sul viso come una mina seppellita sotto una zolla di terra calpestata tutt’a un tratto.

“Erano gli anni ’40, non potevamo davvero sposarci, ma - sono un romantico del cazzo, per citare le tue parole.”

Bucky continua a fissare il cerchio di metallo e le lettere incise nell’oro, senza elargire commenti né altro tipo di reazioni. A giudicare dalla sua applicazione, si direbbe che non esista null’altro al mondo al di fuori di quell’oggetto.

Dovevo chiederti di sposarmi per lasciarti senza parole.” Steve sente la sua stessa voce scandire quelle parole dentro ai suoi ricordi: il Bucky con cui ha condiviso la vita è ammutolito alla stessa identica maniera, quando si è ritrovato sotto il naso l’astuccio contenente le fedi, e gli ha infilato la sua ancora immerso in quel silenzio commosso.

“Peggy?” domanda Bucky, sollevando finalmente lo sguardo.

“Abbiamo avuto il nostro ballo, ma è finita lì.” Forse un sogno che hai sognato tanto a lungo non può diventare realtà. O forse, semplicemente, se ne porti nel cuore uno più grande non puoi far altro che convogliare tutte le tue forze nel tentativo di realizzarlo. “Sono andato a cercarti. Non potevo permettere che l’Hydra ti facesse quello che sapevo ti avrebbe fatto.”

“Sei tornato indietro per vivere la tua vita, non per salvare la mia.”

“L’ho fatto: si trattava solo di scegliere con chi passarla.”

Bucky torna a riporre la sua attenzione sull'anello; pare che eserciti su di lui la stessa attrazione che la luce ha sulle falene.

Mentre lo osserva resta stranamente impassibile; il Soldato d’Inverno ha cucito sul suo viso una maschera di marmo che annientava qualsiasi espressione, ma, dopo che Steve gliel’ha strappata via, Bucky è tornato ad essere quello che parla con il viso prim’ancora che con le parole.

Adesso no.

Adesso, per qualche motivo, non lascia che il subbuglio che ha dentro fluisca all’esterno.

Il silenzio si addensa attorno a loro come una spessa coltre di nebbia, gravido di non detti. Steve non crede che sia il momento di dissiparli. Non sa nemmeno se sarà il caso di farlo, prima o poi, o se sia più giusto lasciare le tracce della vita che ha vissuto sigillate in un cassetto di quella memoria così ricca di passati che si ritrova ad avere.

Lascerà che sia Bucky a decidere; se avrà domande da porgli, non gli negherà le risposte.

“Siamo stati felici?”

“Sì” dice Steve, la sicurezza di chi enuncia una certezza acquisita. “Lo siamo stati.”

Passa qualche altro momento prima che Bucky gli prenda la mano e risistemi la fede al suo posto: la sensazione di déjà-vu è così forte che Steve ha bisogno di chiudere gli occhi per riprendere il controllo.

Le dita di Bucky indugiano sulla pelle segnata da piaghe e macchie qualche attimo più del necessario; nell’allontanarsi, tracciano quella che Steve riconosce come una carezza malamente camuffata.

“È un miracolo che non abbia pianto.”

Steve impiega qualche istante ad afferrare il riferimento. Si volta, e uno scorcio dell’immagine di Sam in piedi a qualche metro di distanza rientra nel suo campo visivo. Tiene lo scudo ancora stretto tra le mani, come se si trattasse di qualcosa che non può permettersi di perdere d’occhio o di lasciare andare.

“Prenditi cura di lui.”

Bucky guarda Sam, e poi Steve. Adocchia la fede un'ultima volta prima di annuire.

“Lo farò.” 
  
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