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Autore: Hesper    05/05/2019    2 recensioni
Si sa, il tempo cambia le persone, così come le loro emozioni e aspirazioni. Ma può esso lenire anche la delusione di un tradimento subito, o i sensi di colpa per le ferite provocate a una persona cara?
Accarezzati dalla brezza marina e dall'accogliente sole di Alola, Rosa e Acromio si troveranno a dover sciogliere un nodo dolente del loro passato.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Mei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Può il tempo placare anche il mare?
 
 

Il mondo vorticava attorno a lei come una folle e incolore centrifuga.
 
Le sue gambe erano deboli e molli, ma non riusciva a cadere. La sua gola era bloccata da uno sgradevole, pesante nodo, ma non riusciva a urlare. I suoi occhi erano gonfi e brucianti, ma non riusciva a piangere.
 
Quando scorse, nella sala di comando della Fregata, quel lungo e immacolato camice e quel bizzarro ciuffo di capelli, le sembrò di star vivendo un eccentrico, tremendo incubo. Nel momento in cui i suoi grandi occhi celesti incontrarono quelli placidi e calcolatori di lui, però, capì che ciò che aveva davanti era la dura e cruda realtà.
 
“Non pensavo di trovarti qui così presto, Rosa. Ti faccio i miei complimenti! Riesci sempre a stupirmi”.
 
La sua voce, che aveva sempre trovato rassicurante, quasi suadente, riuscì a irritarla. Il giovane uomo scese, gradino per gradino, le scale che lo separavano dal timone al centro della sala: se non ci fosse stato quest’ultimo a dividerli ulteriormente, probabilmente Rosa non avrebbe resistito all’impulso di aggredirlo.
 
Perché aveva deciso di collaborare con quei terroristi? Perché aveva prestato i suoi servizi a un uomo prepotente e avido come Ghecis? Tra tutte le vie proficue e pulite che aveva per procedere con la sua ricerca… perché scegliere proprio quella più scorretta?
 
Quelle domande invadevano la testa dell’allenatrice come fastidiose orde di Zubat, eppure nessuna di loro fu pronunciata sensatamente.
 
“A—Acro—mio…” riuscì ad articolare, sgomenta e irata, un piede che arretrò senza che lei lo volesse. “…Come… Perché…”
 
I suoi occhi gialli la studiavano con perplessità e un altro, ignoto sentimento. Era forse così inconcepibile per lui l’esito che quell’inaspettata rivelazione aveva sortito nella giovane?
 
“Un mio conoscente mi aveva chiesto di aiutarlo nelle sue ricerche” spiegò, serio. “Per comprendere la migliore modalità con cui risvegliare il massimo potenziale di un Pokémon necessitavo anche di un approccio più scientifico, in modo da poterlo confrontare con la mia esperienza con allenatori come te. Il Team Plasma era l’unico che avrebbe accettato i miei disegni di ricerca, conducendomi quindi alla risposta che tuttora cerco”.
 
Rosa serrò i pugni così saldamente che per poco le unghie non le penetrarono i palmi delle mani. Ormai era evidente: di Acromio, di quello scienziato un po’ logorroico e forse troppo zelante, lei non sapeva nulla. Non importava quante volte si fossero incontrati e sfidati, né in quante occasioni avessero chiacchierato e riso amabilmente: non c’era stato un momento in cui lei, tra i tanti termini tecnici che costituivano le sue speculazioni, fosse riuscita a cogliere il vero intento delle sue comunicazioni.
 
Ma allora perché, se non lo conosceva davvero, venire a sapere del suo ruolo nel Team Plasma le stava facendo così male?
 
“E cosa mi dici di Kyurem, che soffre abusato da voi?” domandò, gridando il suo disappunto. “Per colpa vostra sta soffrendo! Gliel’ho visto negli occhi! E anche tutti gli abitanti di Boreduopoli morti di freddo o chiusi nelle loro case, quelli li avevi considerati?”
 
Qualcosa di umido bruciava i suoi occhi e le serrava la gola, ma doveva proseguire e affrontare lo sguardo dello scienziato.
 
“Ma tanto a te non importa, vero? Perché quelle erano tutte cavie dei tuoi orrendi esperimenti!”
 
E lo sono sempre state, probabilmente, compresa—
 
Un po’ per il suo stato d’animo, un po’ per realtà oggettiva, i sentimenti sul volto di Acromio le parvero indecifrabili.
 
Per interminabili attimi, il silenzio regnò nella sala di comando della Fregata, un silenzio che lasciava spazio al solo ansimare di Rosa, impegnata a riprendersi da quella tempesta di emozioni.
 
“Non è una questione di cavie, Rosa”. Ancora quell’ignoto stato d’animo. “Purtroppo ogni esperimento ha i suoi effetti collaterali. Se però è questo il prezzo da pagare per ottenere la risposta a un fondamentale quesito… io sono disposto a procedere per la mia strada”.
 
E fu in quel momento che le orecchie di Rosa decretarono che non avrebbero accolto più alcuna parola da lui pronunciata.
 
Dall’istante in cui la mano di lei afferrò la Poké Ball di Chandelure, solo confuse e offuscate immagini di un’avvincente lotta si stagliarono davanti ai suoi occhi, lotta che la vide uscire vittoriosa.
 
E in quella pellicola muta che era la sua realtà, le parole d’augurio di Acromio rimasero scritte su un fotogramma tagliato dalla regia.
 
 
***
 
 
Splash, splash, splash, splash.
 
Due graziosi piedi incontrarono ripetutamente la fresca sabbia del bagnasciuga.
 
Come il mare cristallino s’increspava in piccole e deboli onde, così il pareo e le ciocche castane di Rosa si piegavano al vento in un delicato panneggio. Gli occhi celesti si posarono istintivamente su Serperior, l’unico a star percorrendo la spiaggia assieme a lei.
 
Quella quiete così stabile e al contempo così fragile era uno spettacolo tanto unico quanto splendido in una località così frequentata come la spiaggia Hanu Hanu: fu proprio per questa ragione che la giovane allenatrice di Alisopoli decise di recarvisi sul sorgere del sole, quando anche gli abitanti di Kantai erano ancora addormentati. Da ragazza nata e cresciuta in una tranquilla cittadina immersa nella natura non aveva mai sopportato il frenetico chiasso dei resort vacanza, e forse non ci avrebbe mai fatto l’abitudine nonostante i numerosi viaggi.
 
Le appuntite foglie sulla testa di Serperior si drizzarono di colpo, attirando l’attenzione di Rosa: un indistinto rumore si stava amalgamando al frusciare delle onde con l’intento di fratturare quell’agognata tranquillità. Non era lontano come il rombo dei motori delle automobili, né fastidioso come il vociare dei bagnanti – erano perlopiù suoni di diversa natura che si alternavano a ritmo irregolare, aumentando d’intensità a ogni passo dell’allenatrice e del suo Pokémon verso la zona nord della spiaggia.
 
Un sguardo d’intesa, e il curioso duo si affrettò a raggiungere il punto di provenienza di quella bizzarra cacofonia di rumori.
 
Lo trovarono a pochi metri dalla scogliera. Una lunga giacca grigia che richiamava un camice e una peculiare ciocca di capelli celeste, appartenenti a un alto e longilineo uomo girato di spalle.
 
Le pupille di Rosa si dilatarono come a catturare quella familiare figura. Sempre e comunque, nel bene e nel male, avrebbe riconosciuto quella persona tra una folla indefinita di gente – ma francamente, tra tutti coloro che si aspettava di incontrare lì ad Alola, lui era nel fondo della lista.
 
Serperior fece subito per attorcigliarsi sul grazioso corpo della sua allenatrice nel tentativo di proteggerla, ma fu bloccato con un cenno da quest’ultima. Anche lei ricordava che erano stati avversari, anche lei aveva notato il Pokémon – un raro Porygon-Z – che levitava al livello del suo petto: qualcosa però le diceva che in quel frangente, dopo tutti quegli anni trascorsi, non c’era alcun bisogno di stare all’erta.
 
“Acromio”.
 
Perché aveva pronunciato il suo nome senza alcuna esitazione? Nel sentirsi quasi sussultò più lei che lui, tanto trovò assurdo il suo stesso atteggiamento. Dal canto suo il giovane uomo si voltò, seguito dal suo Pokémon: una forte sorpresa dall’ignota natura fu l’unica sensazione che i suoi occhi ambrati fecero trasparire.
 
“Rosa? Sei tu?” domandò lui, quasi spiazzato dall’incontro inaspettato. “Cosa ti ha portato qui ad Alola?”
 
Quello scenario fu talmente ironico che quasi a Rosa non scappò una risata: un tempo era lui che, con i suoi occasionali interventi, la coglieva impreparata e la faceva sobbalzare dallo stupore. Poteva quasi considerarla una piccola, lieve vendetta per tutte le volte che l’aveva spaventata con le sue comparse improvvise.
 
“Potrei farti la stessa domanda”, replicò lei con atono interesse. “Non pensavo di trovarti qui ad Alola, in questa spiaggia, e oltretutto a quest’ora”.
 
Un dubbio legittimo nonché assolutamente autentico, quello della giovane allenatrice. L’ultima volta in cui si erano incontrati, ben tre anni prima, Acromio stava aiutando le reclute dell’ormai sciolto Team Plasma a trovare una nuova occupazione. Quel giorno le aveva anche confessato, con una certa schiettezza, di non sapere cosa fare lui stesso nella propria vita… Era forse lì ad Alola per voltare pagina? Stava proseguendo con la sua carriera di scienziato o si stava dedicando a tutt’altro? Avrebbe continuato a inseguire il suo sogno di risvegliare il massimo potenziale dei Pokémon o era un altro l’obiettivo che stava perseguendo? Acromio era sempre stato una persona risoluta e vogliosa di scoprire cose nuove: per quanto la riguardava, ad Alola poteva star facendo realmente qualsiasi cosa. E a lei stava bene, purché avesse imparato a fermarsi se le sue aspirazioni rischiavano di essere pericolose per sé e per il prossimo.
 
“Non pensavi?” disse lui con un accennato sorriso. Sembrava contento di aver colto alla sprovvista la ragazza di fronte a lui: gli ricordava gli improvvisi sobbalzi di lei nel sentire la sua voce che la chiamava o le esponeva le sue ultime scoperte. “Allora lascia che ti mostri ciò che si trova alle mie spalle”.
 
Lo scienziato si spostò dunque alla propria sinistra, permettendo a Rosa di vedere a cosa si stesse riferendo poco prima. Quest’ultima spalancò gli occhi, piacevolmente sorpresa: sdraiato sulla spiaggia vi era un piccolo Pokémon dal corpo tondeggiante e marrone, decorato da sei appendici rosa posizionati sul dorso e due occhietti dello stesso colore. La sua bocca consisteva in una fessura a forma di asterisco, e l’unico arto di cui disponeva era una soffice e bianca coda a batuffolo.
 
Nonostante i numerosi viaggi non si era mai imbattuta in una simile creatura: fu quasi impossibile per lei resistere alla tentazione di inginocchiarsi di fronte al Pokémon e accarezzarlo, neanche quando gli occhi severi e attenti di Serperior scrutavano quest’ultimo con spiccato scetticismo. Le sue attenzioni furono subito apprezzate dal bizzarro mostriciattolo, che chiuse gli occhi ed emise degli allegri e buffi suoni con la bocca. Rosa sorrise, trovando quella reazione da parte sua a dir poco adorabile.
 
“Quello che vedi è Pyukumuku, un Pokémon di tipo Acqua molto comune nelle spiagge di Alola” esordì Acromio catturando l’attenzione della ragazza. “Pare abbiano un’indole territoriale e piuttosto passiva: in situazioni di pericolo si limitano a contrattaccare, permettendo dunque all’eventuale avversario di ferirlo per primo in qualche maniera. Considerato che solo i bagnanti che lo calpestano erroneamente o che toccano le punte sul suo dorso vengono attaccati da lui, ho pensato necessitasse di un qualche tipo di contatto fisico per poter risvegliare il suo potere offensivo. Sono venuto qui per capire il motivo di questo suo comportamento, e se questo si sarebbe manifestato anche in caso di attacchi a distanza”.
 
Fece una pausa. “Quanto all’ora… semplicemente non ho molta scelta, dato che per il motivo a cui accennavo prima i Pyukumuku vengono rimossi dalle spiagge durante le ore di maggior affluenza”.
 
Le spiegazioni dello scienziato affascinarono molto Rosa che, non volendo essere troppo invadente nei confronti del Pokémon, si alzò nuovamente in piedi, stiracchiandosi un attimo e rivolgendo lo sguardo verso le iridi ambrate del suo interlocutore.
 
“È un Pokémon davvero particolare… Capisco perché lo vogliano rimuovere dalle spiagge, anche se non condivido: in fondo è il loro habitat, non puoi semplicemente cacciarli via e pretendere che non ritornino” asserì lei con serietà. “Piuttosto, che cosa hai scoperto? Con quello che dicevi prima, ovviamente”.
 
“Mi fa piacere vederti così interessata, Rosa!” esclamò lui, gli occhi che brillavano di puro entusiasmo. “Poco fa io e il mio Porygon-Z abbiamo chiesto a questo Pyukumuku di lottare contro di noi, cosa che ha accettato di buon grado. Osservando le sue mosse, sembra che la forza dei suoi attacchi sia proporzionale a quella dell’attacco subito: se gli sferri una mossa potente il suo contrattacco ti danneggerà parecchio, altrimenti riporterai pochi danni. Credo che questo dipenda dalla pressione che si esercita sulla membrana marrone che protegge la sostanza bianca all’interno del suo corpo: un attacco forte produce tanta pressione, che conferisce potenza e gittata più lunga al contrattacco di Pyukumuku. Ciò sembra valere anche per gli attacchi a distanza, ma in questo caso è più difficile per lui mandare a segno le sue mosse se l’avversario si trova a troppi metri di distanza”.
 
Non importava quanto tempo fosse trascorso dall’ultima volta: con le sue conoscenze dettagliate e la sua quasi ipnotica voce, Acromio riusciva sempre a far pendere Rosa dalle sue labbra. Fu forse proprio per questa ragione che la ragazza non poté più trattenere il suo stupore, sorridendo e spalancando i grandi occhi celesti al limite della loro capacità.
 
“Non pensavo esistessero Pokémon dal funzionamento così sofisticato…” considerò meravigliata. “È raro che ci sia un Pokémon che anche in situazioni di pericolo attacchi solo se ha subito un danno: molti agiscono per primi proprio per evitare di essere feriti… Che io sappia, solo Wobbuffet agisce in questo modo oltre a lui, ma anche quel Pokémon è avvolto da un sacco di misteri…”
 
“Concordo con te” replicò lui, annuendo. “Alola è sorprendentemente piena di Pokémon dal comportamento e dalle abilità più insoliti: di sicuro mi daranno molti spunti per arricchire le mie ricerche sul massimo potenziale che un Pokémon può raggiungere!”
 
Ah. Quindi non aveva mai rinunciato al suo ambizioso obiettivo.
 
Normalmente sarebbe rimasta profondamente scossa da una simile rivelazione, ma in quell’occasione tutto ciò che poté accusare fu un’insolita neutralità. C’era qualcosa in lui in quel momento… qualcosa che la induceva a essere assolutamente tranquilla. Era forse la convinzione che in seguito alla sua esperienza nel Team Plasma fosse cambiato in meglio? O tutto ciò altro non era che una mera illusione, una speranza che mai si sarebbe realizzata?
 
C’era solo un modo per risolvere questo suo dubbio: indagare.
 
“Quindi ti stai dedicando ancora a quell’argomento?” chiese per conferma. “È per questo che sei ad Alola?”
 
“Esattamente” rispose lo scienziato con un sorriso. “E c’è una ragione particolare per cui ho deciso di approfondire proprio qui i miei studi”. Un’altra, interminabile pausa. “Rosa, per caso hai mai sentito parlare dei Cristalli Z?”
 
L’interessata inarcò un sopracciglio, pensierosa. Il nome le suonava familiare, ma non aveva mai visto tale oggetto in vita sua. Scosse quindi la testa, aggiungendo: “Prova a spiegarmelo, magari mi torna in mente”.
 
“Con molto piacere”. Con le dita si sistemò gli occhiali, come a prendersi il tempo necessario a trovare le parole corrette. “I Cristalli Z sono delle pietre capaci di potenziare notevolmente una mossa conosciuta dal Pokémon a cui li si affida. Ne esiste uno per tipo, ma pare ve ne siano di esclusivi per alcune specie di Pokémon. Si dice che possano essere utilizzati solo in presenza di un legame molto forte tra il Pokémon e il suo allenatore… Ed è proprio questo che vorrei indagare con le mie ricerche. Vorrei sapere di più su questi strumenti, la loro origine, e il miglior utilizzo che di essi si può fare”.
 
Rosa spalancò nuovamente le palpebre per l’interesse. Alola era così affascinante… non pensava che dietro l’apparenza da paradiso tropicale potesse celare simili misteri.
 
“Quindi sono un po’ come i Bijou che vendono ad Unima?” domandò quindi, notando un parallelo con degli strumenti da lei largamente utilizzati nelle lotte.
 
“Un’ottima osservazione, Rosa: sei sempre stata una ragazza sveglia!” replicò prontamente Acromio, e qualcosa nello stomaco dell’interessata la fece sussultare. “A ogni modo, sì, da quello che so dovrebbero funzionare alla stessa maniera. L’unica differenza è che i Bijou possono essere utilizzati da chiunque, indipendentemente dal legame che si è stretto con il proprio Pokémon, mentre per i Cristalli Z la fiducia reciproca con questi ultimi sembra essere un requisito fondamentale, assieme al possesso di uno strumento detto Cerchio Z. Inoltre, il Cristallo Z dovrebbe essere più potente di un Bijou, ma è solo un’ipotesi. Se però questa si rivelasse corretta, sarebbe un ulteriore supporto alla mia tesi secondo la quale è il legame con il proprio allenatore a permettere a un Pokémon di oltrepassare i suoi limiti”.
 
Il legame con il proprio allenatore è ciò che fa diventare i Pokémon più forti… Aveva sentito bene? Era questo ciò in cui Acromio credeva?
 
Se così fosse stato… allora forse non era stata una cattiva idea attirare la sua attenzione.
 
Rosa si ritrovò a sorridere senza un motivo apparente, gli occhi che cercavano di incontrare quelli gialli dell’altro alla ricerca di chissà quale stato d’animo. L’atteggiamento sembrò essere da lui reciprocato per un lasso di tempo così indefinito da suscitare in entrambi lo stesso sentore di imbarazzo, a cui reagirono volgendo le iridi verso la soffice sabbia.
 
“Ma ora basta parlare di me” riprese a quel punto lo scienziato, tornando a guardare gli enormi zaffiri dell’allenatrice. “Che cosa ti ha spinto a venire ad Alola?”
 
“Ehm…”
 
Le mani di lei presero ad avvinghiarsi l’una sull’altra come a imitare un Serperior che utilizzava Arrotola. Non che la cosa dispiacesse ad Acromio: per qualche strana ragione gli faceva piacere vederla comportarsi in maniera così genuina anche davanti a lui.
 
“Niente di speciale, in realtà… solo una breve vacanza. Vuoi per stress, vuoi per monotonia, avevo bisogno di staccare un po’ la spina dai miei doveri di Campionessa di Unima. Lo so che potevo andare a Spiraria, ma ad Unima mi sento sotto gli occhi di tutti, non so se mi spiego… E poi, Alola non l’avevo mai vista, quindi ne ho approfittato”.
 
Lo scienziato annuì alle parole di lei, comprensivo e interessato. “Che ti piaccia o no, avere talento ti porterà sicuramente fama e attenzione, specie se è spiccato come il tuo”.
 
A quello che sembrava il secondo complimento da parte dell’altro in soli dieci minuti di chiacchierata, Rosa strinse le spalle, una sensazione di leggerezza a pervaderle il corpo. Acromio non aveva mai nascosto quella sorta di ammirazione che nutriva nei suoi confronti, e a lei non aveva mai infastidito; ciononostante, le sue lusinghe le lasciarono un sapore dolceamaro in bocca. E avrebbe anche indagato la causa dei suoi sentimenti se non fosse stato per la certezza che la risposta le avrebbe fatto molto male.
 
“Se non sono invadente…”
 
Le parole di lui, così incalzanti e al contempo caute, la distolsero da quei pensieri.
 
“In questi anni ti sei dedicata ad accettare sfidanti? O hai preferito viaggiare, un po’ come l’ex-campione Nardo?”
 
“Più la seconda” replicò la giovane, grattandosi la nuca. “Preferisco viaggiare, un po’ per scappare dai media, un po’ per imparare nuovi stili di lotta dagli allenatori delle altre regioni. Penso mi sia tornato molto utile per crescere sia come persona che come allenatrice, e penso valga lo stesso anche per i miei Pokémon”.
 
Dicendo ciò allungò una mano per accarezzare la liscia pelle del suo Serperior, che emise un elegante sibilo d’assenso. A quella reazione da parte del tipo Erba le scappò un felice ghigno. “I-In ogni caso ho accolto un bel po’ di sfidanti nell’ultimo periodo, non è che sia così svogliata… È una questione della visibilità che odio avere, tutto qui”.
 
Il suo intento di non apparire una scansafatiche fu così evidente nelle sue parole che Acromio non poté trattenere una breve risata. La cosa non entusiasmò molto Rosa, che gonfiò le guance per il disappunto.
 
“Puoi stare tranquilla, so bene che ti impegni sempre al massimo in quello che fai” cercò di rimediare, le sue iridi ambrate intente a guardarla con fare rassicurante.
 
E in effetti lo scienziato non stava simulando nulla, giacché la risposta da lei ricevuta lo fece sentire profondamente sollevato. Rosa non aveva rinunciato al suo talento, bensì lo aveva coltivato e nutrito al meglio delle sue capacità – e il fatto che anche a seguito degli incidenti causati dal Team Plasma e di quei tre lunghi anni fosse rimasta una Campionessa imbattuta ne era la prova. Chissà come era cambiato ed evoluto il suo stile di lotta…
 
Ma forse quello poteva aspettare.
 
“Se era quella la tua volontà hai fatto bene a seguirla: d’altronde, le attività in cui ci si impegna di più sono quelle che ci piacciono” proseguì, squadrando un punto indefinito sull’orizzonte. “Se ci si sente costretti da forze esterne dubito che si riesca a dare il proprio meglio: è così nella scienza come nelle lotte Pokémon. È sempre meglio fare ciò per cui ci sentiamo chiamati”.
 
Quelle parole così sincere lasciarono Rosa… spiazzata. Spiazzata, ma felice.
 
Scavando a fondo nelle loro precedenti interazioni, quello era sempre stato il messaggio che più o meno direttamente lo scienziato le aveva trasmesso – nella vita devi fare ciò che più ami. Eppure, aveva la sensazione che se fosse stato ancora l’uomo senza scrupoli di un tempo, probabilmente quel pensiero non avrebbe mai lasciato le sue labbra, né la sua consapevolezza.
 
Quell’impressione di familiarità… forse era proprio per quel non detto tra loro che era così pregnante, così potente. Erano quelle le parole che aveva usato per convincere i membri del Team Plasma a ricominciare daccapo? Se quel giorno che si erano rivisti nella Fregata Plasma avesse ascoltato con più attenzione ciò che aveva da dirle anziché cogliere solo il senso generale dei suoi discorsi… avrebbe forse notato prima che colui che aveva davanti era un Acromio diverso?
 
Forse erano solo la speranza e un po’ di nostalgia a farla sentire così… ma era bello riuscire ad aprirsi a lui come una volta. Come quando poteva ancora considerarlo un prezioso alleato e amico. Come quando al PWT avevano disputato la finale l’una contro l’altro. Come quando avevano avvistato Terrakion assieme sul Percorso 22.
 
Emettendo dei mugolii d’assenso, Rosa fece un passo verso di lui. Un altro, più esitante. Da Acromio si sarebbe aspettata un passo indietro per mantenere le distanze – non poteva di certo essersi dimenticato della sfuriata che gli aveva fatto nella Fregata –, ma ciò non accadde mai.
 
Quindi a lui andava bene se… cercava di avvicinarsi ancora un po’? Non sarebbe scappato, né l’avrebbe considerata una pazza? Le sue teorie furono confermate non appena fece altri due passi celeri, posizionandosi esattamente al fianco dello scienziato. A quel punto i due avevano già fatto ritornare Serperior e Porygon-Z nelle rispettive Poké Ball, cosicché fossero loro gli unici a occupare le sabbie della spiaggia Hanu Hanu – escludendo il piccolo Pyukumuku con cui poco prima avevano interagito, ormai impegnato a schiacciare un leggero pisolino.
 
Ispirata dalla leggera brezza che le scompigliava le ciocche castane e minacciava di sciogliere gli chignon sopra le sue orecchie, la giovane decise che era ora di togliersi un pensiero dal groppone.
 
“Sai, Acromio…” esordì, alzando la testa a sufficienza per incontrare lo sguardo dell’altro. L’interessato non parve né a disagio, né generalmente disturbato: forse non dispiaceva nemmeno a lui quell’atmosfera tra loro. Sembrava quasi… tranquillo. Anche contento, per certi versi.
 
“…Forse è solo una supposizione, ma… sembri diverso dall’ultima volta che ti ho visto. Non nel senso che sembri un’altra persona… diverso in generale. Ecco, sembri più… tranquillo. Come se fossi più libero, o qualcosa del genere”.
 
Probabilmente Acromio non aveva neanche capito il suo discorso, confuso com’era. Come se non bastasse, la stava pure guardando con la fronte corrugata. Aveva forse esagerato? Si era dimenticata che il loro rapporto non sarebbe mai più tornato come prima?
 
L’agitazione si sarebbe anche radicata in Rosa se non fosse stato per il sorrisetto saccente e soddisfatto che lo scienziato sfoggiò a discorso terminato.
 
“Perché, si vede così tanto?” chiese genuinamente lui, piacevolmente colpito. La giovane annuì con convinzione.
 
“Forse è solo una sensazione… ma quando eri col Team Plasma sembravi più… non so… serioso, forse?”
 
Il giovane uomo sorrise a quell’affermazione. Quella ragazza così radiosa riusciva sempre a coglierlo in contropiede con la sua astuzia e perspicacia. E lui che aveva pensato che le sue omissioni lo avrebbero tutelato da tutto ciò… Non era stata una mossa molto furba da parte sua. Rosa era imbattibile anche sotto questo aspetto.
 
“Non sbagli” replicò, placido. Non avrebbe mai pensato di pronunciare quelle parole davanti a lei dopo l’accaduto alla Fregata Plasma, eppure eccolo lì, pronto a esporsi nuovamente alla stessa ragazza che aveva confrontato con le lacrime agli occhi il suo… schieramento con il nemico?
 
“Anni fa ero… molto combattuto sul da farsi. Perché se da una parte credevo che solo un approccio scientifico avrebbe risvegliato il potenziale latente di un Pokémon, dall’altra… tu mi stavi dimostrando che ciò era possibile anche crescendo i propri compagni con fiducia e amore. E quando cominciavo a convincermi che fosse il legame con l’allenatore a rendere forte un Pokémon, ecco che incontravo altri allenatori che, pur volendo bene ai propri compagni, non riuscivano a valorizzarli al meglio. E tornavo a credere in un approccio senza sentimento”.
 
Il suo sguardo ambrato tornò su di lei. “Ora che ho lasciato il Team Plasma e ho le idee chiare su cosa voglio fare, forse sì, mi sento più libero di prima… E credo che il merito sia anche tuo, Rosa”.
 
Rosa spalancò gli occhi, sconcertata: la mascella stava per crollarle a terra all’ultima frase di lui. Voleva parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono dotato di senso.
 
“Se quel giorno alla Fregata non mi avessi mostrato la tua verità opponendoti al Team Plasma a quest’ora non sarei qui. Forse te l’ho già detto, ma sono lieto che sia stata tu a vincere quel giorno”.
 
Era possibile che la paralisi che aveva colpito la sua lingua si fosse diffusa in tutto il corpo? Perché fu così che si sentì la giovane allenatrice in quel momento. Ma cosa voleva quello scienziato, farla impazzire?
 
Si sentì avvampare, ma non seppe se imputare quella risposta all’imbarazzo o a un sentore di irritazione. Se Acromio diceva quelle parole, con quello sguardo così genuino poi… la faceva sentire in colpa. Non tanto per la sfuriata che gli aveva fatto quando si erano sfidati nella Fregata Plasma – in fondo quella se l’era meritata –, ma piuttosto per averlo ignorato quella volta in cui aveva cercato di dialogare con lei vicino ai Laboratori P&P.
 
Ma come poteva biasimarsi per una cosa del genere? Con il suo comportamento, lui l’aveva—
 
…Ma allora perché, lì e in quel momento, non riusciva a essere arrabbiata con lui come una volta? Perché, al contrario, tutto ciò che stava facendo sembrava un tentativo di riavvicinarsi a lui?
 
D’un tratto Acromio fece dei passi verso la riva del mare, voltandole le spalle e allontanandosi da lei.
 
“A questo proposito…” proseguì lui, serioso. “C’è una cosa che mi sento in dovere di dirti, Rosa”.
 
La ragazza tentò di chiamare il nome di lui, ma solo un sordo vocalizzo uscì dalla sua bocca. Aveva forse… paura della piega che quella situazione stava prendendo?
 
Poté solo assistere quando lo scienziato si voltò verso di lei, incrociando nuovamente il placido sguardo con il suo. C’era qualcosa però negli occhi di lui… un sentimento indecifrabile.
 
Proprio come quando—
 
“So che è troppo tardi per dirlo, e mi dispiace se risveglierò in te delle brutte memorie, ma…”
 
La pausa fu realmente interminabile. Era forse anche lui in imbarazzo?
 
“…Ti chiedo scusa per averti omesso la mia appartenenza al Team Plasma. Non mi ero reso conto di quanto ti avrebbe potuta ferire”.
 
Nemmeno Acromio sapeva perché le stava dicendo tutto questo: di certo il passato non sarebbe magicamente cambiato con le sue parole. Avrebbe potuto ignorare l’infelice accaduto e continuare a dialogare tranquillamente con lei come ai bei vecchi tempi…
 
Ma ciò altro non sarebbe stato che una disgustosa illusione.
 
Lo sapevano sia lui che Rosa che i momenti di ingenua complicità tra di loro se n’erano andati via con il vento: se voleva davvero ricostruire un rapporto di disinteressata amicizia con lei doveva affrontare il passato e lasciarselo alle spalle. Contrariamente a quanto si era convinto al loro secondo incontro presso l’ormai abbandonata fregata, non era stato, né sarebbe mai stato sufficiente assicurarle di non avere più nulla a che fare con Ghecis e la sua organizzazione terroristica – il primo, vero passo necessario a riappacificarsi con lei era il renderla consapevole di quei sentimenti che tanto si era sforzato di non dare a vedere in quel fatidico giorno alla Fregata Plasma. Di quel peso che aveva gravato sul suo stomaco e che aveva osato dissimulare con la sua solita fierezza quando si era confrontato con la rabbia e la tristezza di lei. E di quando, con profonda amarezza, aveva realizzato di essere stato lui ad averla ridotta al pianto che le ruppe la voce persino durante la loro lotta.
 
“Non è mia intenzione influenzare il tuo giudizio con le mie parole, né indurti a dimenticare ciò che è accaduto… Mi stavo semplicemente premurando che tu fossi al corrente di questo”.
 
Per l’ennesima volta, Rosa rimase spiazzata dalle sue parole.
 
Come rispondere a un discorso del genere? Non aveva dubbi sulla sincerità di Acromio: se c’era una cosa che non rientrava nei suoi interessi, questa era mentire. Se diceva di essere dispiaciuto era senz’altro la verità, e questo dimostrava che, se non altro, voleva riparare i rapporti con lei. D’altra parte, ciò che aveva fatto tre anni prima non era così facile da dimenticare, inoltre non aveva mai mostrato pentimento per aver lavorato per il Team Plasma…
 
Dal profondo del suo cuore, però, Rosa non voleva odiarlo: per quanto si sforzasse di farlo, non riusciva a non vedere in lui il suo vecchio amico dall’indole generalmente benigna.
 
Si sarebbe pentita di ciò che avrebbe fatto di lì a poco? Forse sì, forse no, ma non le importava: nel mondo non c’era spazio per rimorsi o rimpianti.
 
“Apprezzo il fatto che tu abbia deciso di dirmelo, Acromio” replicò dunque, cercando di non farsi sopraffare dalle emozioni. “Accetterò le tue scuse, ma mi devi prima promettere una cosa”.
 
Combattendo l’esitazione, la Campionessa di Unima fece dei passi in avanti fino a trovarsi a una manciata di centimetri da Acromio. Avrebbe voluto avvicinarsi ancora, ma captò in lui un sentore di curioso disagio. Non riuscì a dissimulare il sorriso che irruppe sul suo volto: era raro vedere quel giovane uomo così sicuro di sé in quello stato, e il fatto di essere stata proprio lei a ridurlo in quel modo le diede una malsana soddisfazione.
 
“Ora che sei una nuova persona e sai qual è il modo migliore per portare avanti le tue ricerche… promettimi che non farai mai più del male ad alcun Pokémon o essere umano solo per il bene della scienza. Se lo farai accetterò i tuoi sentimenti”.
 
Ciò detto si portò una mano al livello degli occhi, e alzando il mignolo la offrì allo scienziato. Quest’ultimo le scambiò un’occhiata tra il perplesso e il divertito, ma inizialmente Rosa non ci fece caso.
 
“Allora? Ti va bene come proposta?” domandò infine, non perdendo il sorriso.
 
Acromio non poté far altro che sospirare, le labbra che s’incurvavano all’insù sull’elegante viso. Rosa era più radiosa quando era felice e sicura di sé, non se la sentiva di rovinare il suo stato d’animo. E poi, lui non era di certo una persona propensa a incorrere negli stessi errori del passato, no?
 
“Non credo ci sia alcun vantaggio nello sfruttamento spietato quando puoi ottenere risultati migliori con un atteggiamento benevolo: l’ho sperimentato sulla mia pelle tanti anni fa” si espose dunque con tono cordiale. “Non sono solito fare promesse perché non so se sarò capace di mantenerle… ma credo che questa qui sia alla mia portata. In conclusione, sì, accetto la tua proposta”.
 
A quelle parole Rosa non poteva che essere felice… eppure, tutto ciò che circondò i due fu un’atmosfera estremamente imbarazzante. Il mignolo di lei era ancora sporto verso Acromio, che la guardava con fare interrogativo.
 
Scommetto che non ha capito.
 
Gonfiando le guance come una bambina irritata, la giovane cominciò ad agitare la mano con il dito alzato nella speranza che l’altro cogliesse il segnale.
 
“Rosa, ma cosa stai facendo?” le domandò innocentemente il giovane uomo, la fronte corrugata per la perplessità e l’ilarità del momento.
 
“Come cosa sto facendo?” L’allenatrice era ancora più scettica di lui. “Non sai della cosa del mignolino, quella che si fa quando ci si promette qualcosa? Non l’hai mai fatta con qualche tuo amico?”
 
“In realtà no…”
 
“Allora faccio prima a fartelo vedere… Alza il mignolo della mano destra”.
 
L’altro, seppur con incertezza, fece come richiesto. A quel punto Rosa avvolse con cautela il mignolo su quello di lui, scuotendo la mano verso il basso abbastanza forte da trascinare con sé anche quella che teneva.
 
Le sue dita sembravano così delicate… Chissà com’erano fatte sotto quegli opprimenti guanti… Che poi perché li portava in un luogo caldo come Alola? Aveva paura di scottarsi?
 
“Ecco qui, ora abbiamo promesso! Così hai anche imparato una cosa nuova” asserì lei, lasciando andare la mano dell’altro.
 
Acromio scoppiò in una breve risata. “Sei veramente imprevedibile, Rosa… non finisci mai di stupirmi”.
 
Cos’era, un altro complimento? Qualcuno doveva dirgli di smetterla, altrimenti la ragazza sarebbe realmente andata in autocombustione per l’imbarazzo. Nonostante ciò, optò per un silenzioso sorriso che lo scienziato ricambiò quasi subito.
 
Le tinte rosa che coloravano il limpido cielo cominciarono a dissolversi in un omogeneo azzurro, mentre il sole parve ergersi più alto rispetto all’orizzonte. In risposta al cambiamento meteorologico appena notato, Acromio diede un’occhiata all’orologio digitale sul suo camice. Di lì a poco avrebbe dovuto incontrare dei bizzarri individui in un’altra zona di Akala – dicevano di aver bisogno di lui per una questione importante.
 
…Ma per altri cinque minuti avrebbero potuto aspettare. C’era ancora una proposta che doveva rivolgere a Rosa. Quasi gli dispiacque distoglierla da quella pace interiore, radicatasi in lei mentre era intenta ad assaporare l’aria salmastra a occhi chiusi e un delicato sorriso sulle labbra… ma era certo che se non le avesse parlato se ne sarebbe pentito.
 
“Cambiando argomento, Rosa…” la chiamò, facendola sobbalzare. Ancora era un mistero per lui la causa delle reazioni così improvvise di lei al suono della sua voce – per il momento l’importante era che lo stesse ascoltando. “Prima mi accennavi alla tua abitudine di viaggiare per studiare nuovi stili di lotta. In merito a questo, avevi intenzione di visitare l’Albero della Lotta a Poni?”
 
La ragazza chinò la testa su un lato. “L’Albero della Lotta? Cos’è, qualcosa come la Metrò Lotta o l’Antro dell’Albero Bianco?”
 
“Assomiglia più al primo che al secondo, ma la tua intuizione è corretta” replicò lui con un sorriso. “Si tratta di una struttura all’estremo nord di Poni – l’isola più occidentale di Alola – in cui si radunano allenatori da tutto il mondo per confrontarsi l’uno con l’altro. Credo potresti fare degli incontri interessanti lì…”
 
Rosa ponderò seriamente la proposta dello scienziato. Aveva prenotato per due settimane ad Alola, e comunque era già interessata a visitare tutte le isole, Aether Paradise compreso… di certo una destinazione in più non avrebbe sconvolto i suoi piani.
 
“Quasi quasi ci andrei anche… Grazie del suggerimento!” rispose alla fine, entusiasta. Quelle parole piacquero molto ad Acromio, che ne rimase soddisfatto, forse un po’ troppo.
 
“Credo ti divertirai e imparerai molto lì!” aggiunse dunque lui, felice. E dopo una breve pausa: “Perdonami, Rosa, ma ora devo lasciarti: devo incontrarmi con dei bizzarri individui che, dicono loro, mi devono parlare di una questione importante”.
 
La giovane inarcò un sopracciglio. “Come, ti sei già fatto notare?”
 
“A quanto sembra…” Il suo sguardo, prima rivolto su un lato, tornò sulla sua interlocutrice. “Tu hai intenzione di rimanere qui ancora un po’?”
 
“In realtà me ne sarei andata fra poco: poi qui si riempie di gente e non mi piace…” confessò la ragazza, muovendo la caviglia. “Ma credo che tornerò qui prima di andare a letto. Ci sarai anche tu per caso?”
 
Aspetta, da quando aveva cominciato ad avanzargli questo genere di proposte? A volte Rosa faceva fatica a comprendersi da sola. Non seppe mai se la risposta che Acromio le avrebbe lasciato di lì a poco l’avesse fatta sentire delusa o sollevata.
 
“Purtroppo no, mi trovi molto impegnato in questi giorni…” replicò apologetico. “Qualora dovessi esserlo ti metterò al corrente”.
 
Rosa arricciò le labbra, pur non essendo pensierosa. “Va bene. Grazie della compagnia”.
 
“Figurati, dovrei essere io a ringraziarti per la chiacchierata” asserì lo scienziato con contentezza. Poi, voltandosi come per lasciare la spiaggia: “Almeno abbiamo avuto la possibilità di chiarirci su alcune questioni”.
 
La Campionessa di Unima fece per salutarlo con la mano, ma un pensiero balenò inaspettatamente nella sua testa.
 
Un pensiero tanto inutile quanto snervante.
 
“Aspetta!” lo chiamò, rapida. Lui si arrestò, lo sguardo che esternava curiosità.
 
“Scusa se la domanda suona un po’ stupida, ma me lo stavo chiedendo da un po’…” Esitò prima di continuare. Se ne sarebbe pentita?
 
Probabilmente sì.
 
“…Ma non sudi vestito così? Sto morendo di caldo solo a guardarti…”
 
Il sorrisetto fiero e saccente di Acromio non le piacque affatto. Per un attimo le sembrò di aver visto persino un bagliore nelle sue iridi gialle… o era nei suoi occhiali?
 
“Da come mi guardavi mi aspettavo questa domanda, Rosa. Devi sapere che…”
 
E prima che Acromio la lasciasse sola in quella spiaggia, Rosa dovette ascoltare una dettagliata spiegazione di come il suo camice da laboratorio – di sua invenzione – lo tenesse sempre al fresco grazie a un meccanismo ad acqua installato al suo interno.
 
Certo che vestirsi leggeri era così difficile?
 
 
***
 
 
“La vittoria va a Rosa!”
 
Alle parole dell’arbitro, Rosa tirò un sospiro di sollievo e, complimentandosi con la sua Lopunny, la fece ritornare nella sua Poké Ball.
 
Il suo periodo di permanenza ad Alola era quasi terminato; ciononostante, entro tre giorni prima della sua partenza era riuscita a visitare almeno un paio di località per isola: da Hau’oli a Malie, dall’Isola Exeggutor all’Aether Paradise… Essendo nei paraggi e volendo far fede al consiglio di Acromio, quel giorno la giovane decise di trascorrere il pomeriggio all’Albero della Lotta, curiosa di sapere da che tipo di allenatori venisse frequentato.
 
Su questo aspetto non poteva di certo dire di essere rimasta delusa: i Pokémon che aveva affrontato erano stati addestrati con accortezza e maestria, e disponevano di un assetto di mosse piuttosto peculiare. Con il giusto impegno e fatica, però, Rosa e i suoi compagni riuscirono comunque a guadagnarsi ben nove vittorie consecutive.
 
La signorina che faceva da arbitro rimise in sesto la sua squadra, accreditandole poi due Punti Lotta per la vittoria ottenuta.
 
“La prossima lotta sarà la numero dieci” la informò cordialmente. “Vuoi proseguire o preferisci fare una pausa?”
 
“Vorrei proseguire” replicò la Campionessa di Unima con un sorriso.
 
La giovane donna la accompagnò dunque al piano successivo in cui si trovava un altro spazioso terreno di lotta identico al primo. L’altezza che avevano raggiunto doveva essere vertiginosa, giacché entrambe furono accolte da rapide soffiate di vento, ma nessuna di loro vi diede molto peso – si limitarono a prendere le rispettive posizioni e ad aspettare l’arrivo dello sfidante.
 
Sfidante che Rosa, stranamente, non aveva messo in conto di poter incontrare.
 
“Mi fa davvero piacere rivederti qui, Rosa!”
 
Quella melodiosa e accattivante voce non le lasciò più alcun dubbio: era lui.
 
La ragazza spalancò gli enormi zaffiri, sconcertata. A sentirlo così entusiasta non sembrava nemmeno così sorpreso della sua visita… Non è che, quel giorno alla spiaggia Hanu Hanu, le aveva elargito l’invito apposta per scontrarsi con lei?
 
“Acromio?!” esclamò, esternando il suo stato d’animo. “Anche tu sei qui?”
 
In realtà nemmeno lei sarebbe dovuta essere così stupita: d’altronde, lui era solito partecipare ai tornei per studiare gli stili di lotta degli altri allenatori…
 
Lo scienziato, dal canto suo, le offrì un fiero ma gentile sorriso. “Quando il tempo me lo permette, mi diverto a disputare qualche lotta in questa struttura: ritengo possa dare un ottimo contributo alle mie ricerche” replicò con naturalezza. “Inoltre, è una buona occasione per sviluppare il potenziale dei miei Pokémon”.
 
Fece una pausa, non perdendo la lieta espressione facciale nemmeno per un secondo.
 
“Sono molto felice di avere te come avversaria, Rosa: sono curioso di sapere quanto sei migliorata dall’ultima volta. E poi, indipendentemente da questo, è sempre un piacere lottare con te”.
 
A quelle parole Rosa non poté che ricambiare lo sfidante con un sorriso soddisfatto. Era certa che in quanto a lotte Pokémon fosse migliorato molto anche lui, ma si sarebbe potuto dire lo stesso del legame con i suoi Pokémon? In cuor suo sperava di sì: se lo scienziato aveva realmente imparato che le chiavi per risvegliare il potenziale latente dei suoi compagni erano la fiducia e l’affetto che provava per loro, dal suo stile di lotta questo sarebbe sicuramente trasparito… A quel punto l’allenatrice si sarebbe potuta definitivamente convincere del cambiamento a cui l’altro era andato incontro in quei tre anni.
 
“Anch’io sono curiosa di vederti di nuovo in azione” gli rispose, risoluta. Quella situazione scatenò in lei un lampo di nostalgia: per un attimo le sembrò di essere tornata alla finale del PWT. “Sei pronto?”
 
“Quando vuoi”.
 
E constatata la prontezza dei due allenatori, l’arbitro segnalò l’inizio della sfida.
 
Se ci fossero stati degli spettatori, nemmeno il più esperto di loro in materia sarebbe riuscito a stabilire con chiarezza chi dei due sfidanti stesse avendo la meglio: quello che si stava verificando era uno scontro totalmente alla pari tra due formidabili allenatori. Se inizialmente parvero essere Rosa e la sua Mega Lopunny quelle in vantaggio, ecco che Acromio sopperiva alla sconfitta del suo Muk Alola grazie all’aiuto del suo Mega Metagross; e quando la lotta sembrava star andando a favore di quest’ultimo, ecco che il Chandelure della Campionessa di Unima metteva fuori gioco il Pokémon Ferrato.
 
Il tempo scorreva celere e inesorabile e la sfida diventava sempre più concitata – ma nel momento in cui Rosa fu costretta a far scendere in campo Serperior per sconfiggere il Porygon-Z dello scienziato, risultò chiaro che quello scontro sarebbe stato decisivo.
 
Il Pokémon Regale tentò inizialmente di creare un fantoccio per proteggersi dai potenti attacchi dell’avversario, ma fu intercettato con eccessiva rapidità: il Sostituto fu prontamente distrutto dal Tripletta del Pokémon Virtuale che, con la dovuta distanza, si preparò a scagliare ancora un’altra offensiva.
 
Rosa schioccò la lingua, stizzita: doveva inventarsi una strategia differente per liberarsi dell’avversario. Con la coda dell’occhio notò Acromio assumere una posa particolare – dov’è che aveva già visto compiere dei simili movimenti?
 
Non dirmi che—
 
“Porygon-Z, Carica Travolgente”.
 
Rosa sussultò sgomenta. “Serperior, fa’ attenzione!”
 
Investito da una potente energia, Porygon-Z caricò l’avversario con indomabile frenesia – quest’ultimo riuscì a malapena a schivarlo, veloce com’era, e dovette incassare un duro colpo sul fianco sinistro.
 
Quell’attacco… era forse una delle famose Mosse Z di cui aveva tanto sentito parlare da quando era giunta ad Alola e di cui lo stesso Acromio le aveva fatto menzione qualche settimana prima?
 
Qualsiasi cosa fosse non doveva perdere la calma, ma concentrarsi invece sul Pokémon dall’altra parte del campo. Sembrava molto provato dalla mossa sferrata: con meccanici spasmi, tentava di riacquisire la precedente distanza da Serperior.
 
Un’ottima occasione: doveva solo sperare che il compagno riuscisse nell’offensiva nonostante gli ingenti danni subiti.
 
“Bagliore!”
 
Una sola parola, e il Pokémon Regale lanciò un terrificante sguardo che paralizzò il nemico dalla paura. Quest’ultimo si sforzò di allontanarsi dalla critica posizione, ma senza alcun risultato soddisfacente: nemmeno gli incoraggiamenti di Acromio riuscirono a lenire i distruttivi effetti della mossa subita.
 
“Ora!” gridò Rosa, e Serperior investì l’avversario con un potente Verdebufera. Il Pokémon Virtuale fu scaraventato ben oltre la postazione dello scienziato, che si voltò verso di esso sconcertato e meravigliato allo stesso momento.
 
“Porygon-Z, puoi ancora lottare?”
 
Sentendo la voce del suo allenatore il tipo Normale riprese a levitare con vitalità, avvolto da un’aura color germoglio.
 
Un bruttissimo segno per la coppia nemica.
 
“Non lasciarlo curare, Serperior!”
 
All’ordine della ragazza il Pokémon Regale sferrò un altro Verdebufera – se Porygon-Z avesse riacquisito del tutto le forze con Ripresa avrebbero sicuramente perso, nonostante il continuo incremento di potenza delle mosse di Serperior conferitogli dall’abilità Contrario.
 
Porygon-Z schivò rapido l’offensiva, rispondendo con un Tripletta. Il tipo Erba era molto provato dallo scontro, ma riuscì a scagliare un altro Verdebufera, che annullò la mossa dell’avversario in una densa nuvola di fumo accompagnata a un violento flusso d’aria.
 
Un esito tanto sollevante quanto terribilmente pericoloso per ambo le parti.
 
“Porygon-Z, arretra: devi uscire dalla coltre di fumo!”
 
Per quanto il Pokémon Virtuale avesse apprezzato l’aiuto del suo allenatore, faceva ancora fatica a muoversi per via della paralisi. A rilento arretrò dal polverone ormai sul punto di dissiparsi: ciò di cui non si accorse fu che il vero pericolo incombeva proprio sotto di sé.
 
Il Serperior di Rosa, approfittando della vista e mobilità ridotte dell’avversario, riuscì a posizionarsi a pochi centimetri da quest’ultimo. E, con una velocità impressionante, lo mise definitivamente al tappeto.
 
Alla vista del tipo Erba che usciva vittorioso da quel durissimo scontro Rosa esultò come una bambina, saltellando e correndo ad abbracciare il Pokémon ormai sul punto di collassare. Dal canto suo, Acromio si avvicinò al suo di compagno, inginocchiandosi davanti a esso e rivolgendogli un sorriso soddisfatto.
 
“Non preoccuparti per la sconfitta”, lo consolò con fierezza, “vedendoti lottare posso confermare che hai dato il meglio di te stesso”.
 
Porygon-Z replicò con un meccanico verso di gratitudine prima di venire ritirato all’interno della sua Poké Ball.
 
La giovane Campionessa, che aveva già consegnato la sua squadra all’arbitro per permetterle di rimetterla in sesto, assistette meravigliata alla scena. Acromio era stato capace di utilizzare il potere della Megaevoluzione e quello di una Mossa Z, e adesso eccolo lì, disposto a complimentarsi con il suo Pokémon per l’ottimo lavoro svolto.
 
Una persona del genere… avrebbe potuto ferire nuovamente dei Pokémon per il bene della scienza? Sarebbe stato capace di ricorrere a mezzi spietati per raggiungere i suoi scopi, quando il legame con i suoi Pokémon era diventato così forte da mettere all’angolo una Campionessa? La risposta fu ovvia: no. Quella consapevolezza la rese persino più felice della vittoria appena guadagnata: quel giorno aveva avuto la conferma che di Acromio, quello scienziato cordiale e forse un po’ troppo zelante ed eccentrico, si poteva fidare.
 
Quando lo vide alzarsi in piedi e incedere verso di lei non poté far altro che mimare il soddisfatto, fiero sorriso stampato sull’affascinante viso di lui, le guance imporporate per l’emozione.
 
“Sei stata impeccabile, Rosa” si complimentò Acromio con sincerità. “Sei riuscita a sconfiggermi nonostante avessi tentato in tutti i modi di metterti in difficoltà”.
 
“Sapevo già che eri forte”, replicò la ragazza, la voce più acuta del solito, “ma non pensavo fossi migliorato così tanto… Per dirlo con le tue parole, sei riuscito a risvegliare il massimo potenziale dei tuoi Pokémon! Dovresti esserne solo orgoglioso!”
 
La lieve risata dello scienziato pareva a metà tra il nervoso e il compiaciuto. “Allora questo significa che le mie ricerche hanno dato i loro frutti… ne sono onorato”.
 
Un po’ per gratitudine, un po’ per rendere ancor più memorabile quell’emozionante incontro, nella mente del giovane uomo balenò un insolito pensiero. Quasi istintivamente infilò una mano all’interno del suo camice, come fosse alla ricerca di qualcosa: quando trovò lo strumento desiderato lo afferrò saldamente, senza però estrarlo dalla tasca in cui era custodito.
 
“Rosa, se non ti dispiace…”
 
Con la mano libera Acromio prese quella della giovane e, sotto lo sguardo interrogativo e imbarazzato di lei, vi ci poggiò sopra ciò che con l’altra aveva recuperato. Nel momento in cui le mani di lui la indussero con delicatezza a chiudere le dita, Rosa sentì che l’oggetto affidatole era qualcosa di appuntito e dalla forma geometrica.
 
“Questo è un regalo da parte mia”, si espose con gentilezza, “spero lo accetterai”.
 
La Campionessa si limitò a guardarlo, le gote ancora infiammate e un’ignota espressione sul volto: lo scienziato lo prese come un permesso per continuare.
 
“È un Herbium Z, il Cristallo Z che ti permetterà di potenziare una mossa di tipo Erba a tua scelta” spiegò con contentezza. “Io non ho Pokémon che possono usufruirne, forse tu ne farai un uso migliore”.
 
Le sue iridi ambrate, prima bloccate sul pavimento in legno, incontrarono quelle celesti di Rosa. “Tu sei l’allenatrice più promettente che io abbia mai incontrato, e vorrei che continuassi a tirare fuori solo il meglio dai tuoi Pokémon. Mi auguro che continuerai su questa strada”.
 
La Campionessa di Unima riuscì a malapena a guardarlo negli occhi. Prima le prende la mano, poi le fa un regalo e mille complimenti…! Voleva davvero farla impazzire? E dire che era al corrente della sua generale timidezza… A volte era convinta che lo scienziato si comportasse così di proposito, quasi con l’intento di metterla all’angolo più che poteva.
 
Cercò di scartare quei pensieri, dedicandosi piuttosto a dare un’occhiata al regalo ricevuto. Un cristallo romboidale dalla spiccata bellezza, che splendeva come le foglie degli alberi sotto la tenue luce del tramonto… Nel guardarlo rimase profondamente incantata, anche se quel sentimento fu subito rimpiazzato da una genuina gratitudine nei confronti di chi le aveva affidato quel prezioso oggetto.
 
“…Grazie, Acromio. Lo accetto volentieri” riuscì ad articolare, le labbra che si incurvavano progressivamente all’insù.
 
Si sarebbe anche accorta di aver contagiato lo scienziato con il suo sorriso se non fosse stato per l’arbitro che, gentile e cordiale, richiamò entrambi per render loro le rispettive squadre di Pokémon.
 
“Signorina Rosa”, cominciò la giovane donna con disponibilità. “Poiché ti sei aggiudicata la decima lotta puoi ancora proseguire. Il prossimo sarebbe l’undicesimo scontro: vuoi andare avanti o preferisci fare una pausa?”
 
Per qualche strana ragione Rosa non ponderò neanche per un secondo le alternative offertele dalla donna. Con un saccente sorriso stampato sul volto ripose subito nella borsa l’Herbium Z appena regalatole, afferrando poi saldamente il polso coperto di Acromio. Di colpo quest’ultimo sobbalzò sotto la sua presa: probabilmente si stava chiedendo cosa diamine l’altra avesse in mente. Nel vedere l’espressione quasi straniata di lui, la ragazza si fece scappare un ghigno al limite del malizioso.
 
“Se non le dispiace, vorrei fare una pausa”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Salve! ^o^
 
Stavolta cambio parzialmente generazione e vi porto una sorta di fanfic Moonring. Ho scritto questa storia non solo per ribellarmi, come mio solito, alla carenza di fic sui miei personaggi preferiti, ma anche perché volevo approfondire, alla mia maniera, il rapporto che intercorre tra la nostra protagonista giocabile (qui chiamata con il nome inglese, Rosa) e Acromio. Le vicende di B2/W2 fanno pensare (o meglio, mi hanno fatto pensare) che tra loro ci sia una relazione particolare, di amicizia, di rivalità e forse anche di ammirazione reciproca, ma non sapendo cosa pensa realmente la protag è difficile comprendere in che modo lo scienziato venga ricambiato. Ciò che ho fatto è stato proporre la mia idea di come le cose possano essere andate, narrando il momento in cui i due riescono a chiarirsi sul passato (in questo caso la scoperta che Acromio era un membro del Team Plasma) e riappacificarsi. Spero che la storia sia stata di vostro gradimento, e che i personaggi vi siano sembrati credibili. Non dico IC perché varrebbe solo per Acromio; di Rosa gameverse non sappiamo nulla visto che la impersoniamo noi giocatori. Il vostro parere mi sarebbe molto utile e gradito, quindi se avete qualcosa da dire su questa one-shot non esitate a inviarmi una recensione ^///^
 
Sia che decidiate di farvi sentire, sia che vogliate rimanere silenziosi, vi ringrazio molto per essere arrivati fin qui e per aver letto la mia fanfiction. Un grazie lo rivolgo in particolare a Barbra, che è stata così gentile da betare questa storia. ^///^
 
A presto!
 
Hesper
  
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