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Autore: milly92    05/05/2019    1 recensioni
“Io sono Alice, piacere. La mediatrice culturale”.
“La che?”.
Offesa, feci una smorfia: il mio era un mestiere come tanti, non di certo uno di quelli super fighi con il titolo tradotto in inglese giusto per sembrare ancora più irraggiungibili.
“La me-dia-tri-ce culturale” rispiegai pazientemente.
“Ah, mediatrice! A causa del viaggio sto così fuso che avevo capito meretrice, ecco perché ero confuso” ridacchiò, con un palese accento romano. “Salvatore, comunque. Piacere. Faccio questo mestiere da cinque anni e non ho mai sentito parlare di una mediatrice nel team!”.
“E’ un’eccezione, oltre agli inglesi ci sono gli spagnoli e l’azienda aveva bisogno di una traduttrice. Diciamo che è un esperimento... Scusami comunque, mi sono bloccata nel bel mezzo della strada perché ho appena ricordato di aver dimenticato l’adattore e il mio cellulare è appena morto”.
“Azzò, sei perspicace, Alice la Mediatrice. Spero non dimentichi le traduzioni delle parole così come dimentichi le cose essenziali”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Days 27-28: Goodbye
Capitolo 15
Days 27-28: Goodbye
Aprii gli occhi a causa della mia ormai sveglia "Naturale" e del verso dei gabbiani che proveniva da fuori la mia finestra, ormai mio fedele compagno di disavventura.
Alzai lo sguardo e vidi che me ne stavo appoggiata sul petto di Maurizio, il quale si stringeva a me e respirava profondamente, sempre più tranquillo e beato.
Ricordai gli avvenimenti della sera prima in cui dopo la riunione io e lui ci eravamo presi un'ora di calma in cui avevamo chiacchierato, scherzato con dei ragazzi in corridoio, aiutato una ragazza con la lavatrice da fare e mi sentii rinata, non ero ansiosa per l'imminente addio e sentivo di essermi imbarcata in qualcosa più grande di me ma che ne valeva la pena.
Sospirai dolcemente e, senza riuscire a trattenermi, accarezzai il petto di Maurizio, svegliandolo.
"Ehi, buondì" biascicò, con un solo occhio aperto.
"Buondì" risposi, stringendolo a me. "Scusa se ti ho svegliato... Ho anticipato di poco la sveglia, mi perdoni?".
Lui sbadigliò e poi mi fissò, falsamente pensieroso. "No" sentenziò, prima di ricoprire il volto con le lenzuola e provare a nascondersi. "Sono stanco!".
"Nemmeno se ti faccio il caffè?".
"No. Capo, oggi me la prendo di festa" ironizzò, prima di mettersi a sedere e imprigionarmi sotto di sé, stampandomi un bacio in una zona indefinita tra il naso e la guancia.
"Ti licenzio!".
"Non potresti mai!".
"Oh, sì!".
"Quello di solito me lo dici in separata sede...".
"Coglione!".
La magia fu interrotta da quella fastidiosa sveglia di cui odiavo ormai la suoneria falsamente dolce, ormai lo associavo al tono passivo aggressivo di Jimena quando voleva dire qualcosa di cattivo senza fare effettivamente la parte della cattiva di turno.
"Oggi ultima riunione, ce la possiamo fare" sussurrai, più che per incoraggiare me che lui.
"Se iniziamo bene la giornata, sì".
Non ebbi nemmeno il tempo di replicare che Maurizio mi stava lasciando una scia di baci dalla fronte al naso, fino alla bocca, poi giù fino al collo... E ancora più giù, fino a guardarmi con aria furba come per chiedermi il permesso di proseguire.
"No, dai...".
"Se non ti va è un conto, ma se lo fai per la nostra assurda routine ti rassicuro: ieri ho parlato con Saverio e ha detto che gli bastava vederci in ufficio alle nove".
"Hai calcolato tutto?" chiesi incredula, alzandomi di scatto, tanto da farlo separare da me e imbarazzarlo un po' per quel mio improvviso cambio di tono. Il fatto che non me ne fregassi di un certo dettaglio – lui che chiede al nostro coordinatore il permesso di saltare la colazione per stare con me – mi fece capire l'avanzamento del mio livello di maturazione nei confronti della nostra situazione lavorativa.
Scrollò le spalle e annuì.
"Sì. Volevo stare più tempo con te, ti dispiace?" si scusò, abbassando lo sguardo senza sapere cosa fare di preciso.
Mi resi conto di risultare esagerata così scossi il capo e lo attirai a me per fargli capire che era tutto ok e che mi fidavo della sua parola e fu un sogno vederlo reagire subito, baciandomi con slancio e facendomi ristendere con gentilezza sul materasso, per poi togliermi gentilmente la canotta e i pantaloncini.
"Se salto la colazione per te deve essere indimenticabile" ghignai con gli occhi chiusi, sospirando già perché avvertivo le sue dolci labbra sul mio ventre che già fremeva ad ogni tocco.
"Fino ad ora mi sei sembrata sempre fin troppo soddisfatta, signorina" mi ricordò, compiaciuto.
Eravamo già così in confindenza, possibile? In quell'istante mi sembrò di conoscerlo da molto più di un mese, la familiarità con cui mi guardava in maniera rassicurante era sbalorditiva, mi sembrava di aver già superato la parte iniziale in cui si fa di tutto per risultare impeccabili agli occhi dell'altro e si finge di essere diversi.
Eravamo veri, ognuno aveva visto l'altro morto di sonno, con i capelli improponibili, affamato come non mai per il cibo scadente della mensa e ciò ci rendeva il compito più semplice: forse, al contrario, una volta usciti di lì ognuno avrebbe avuto l'occasione di vedere l'altro in maniera più formale e curata dopo aver visto la parte vera, cruda, della personalità in tutte le condizioni stressanti possibili.
Mi avvicinai a lui e lo strinsi forte contro di me, sentendo l'urgenza di sentire il suo cuore battere contro il mio ancor prima di pensare alla bellezza di ciò che stava per succedere.


"Vale, creo que es todo. Nos vemos después, pero para mi no tenemos otras cosas que establecer. Gracias a todos".
Con queste parole, alle dieci, Jimena ci congedò dopo averci riassunto in maniera dettagliata e noiosa tutti i feedback ricevuti tramite i social e l'app della sua azienda durante quel lungo mese.
Per una volta, sembrava stravolta anche lei: i capelli scuri, solitamente piastrati e ordinati, erano raccolti in una coda e indossava pantaloni comodi al posto delle solite gonne accompagnate da scarpe col tacco.
Mi avvicinai, la salutai, strinsi la mano anche a Sandy, feci un cenno a Javier che in quelle settimane si era limitato a esistere parlando il meno possibile e uscii dalla sala riunioni il prima possibile, seguita da Maurizio.
Avevo iniziato quell'esperienza con una preparazione minuziosa, ero sempre attenta a tutti i dettagli, ero stata in ansia a tal punto da indossare una camicetta alla prima riunione!
Risi ripensando a quel dettaglio che mi aveva anche fatto discutere con il coordinatore e abbassai lo sguardo sulla maglietta arancio molto basica e anonima che avevo indossato a quell'ultimo incontro.
"Io devo dare una mano a Mario, ci vediamo dopo?" chiese il mediatore quando ci trovammo a pochi passi dall'ufficio dei group leader.
Annuii e lo guardai allontanarsi, perdendomi nella contemplazione della sua figura alta e slanciata che da lontano lo faceva passare ancora per un ragazzino cresciuto troppo in fretta.
"Caffé" dissi tra me e me e mi avviai al bar, sentendo il bisogno di riprendermi un po' e ricaricarmi in vista dell'ultimo giorno.
Era davvero quasi finito tutto e non me ne rendevo conto, non ero in lacrime, non ero nostalgica... Ero solo tanto, tanto stanca e provata sotto molti punti di vista.
Possibile che fossi maturata in quei trenta giorni?
Ero pronta per continuare a fare questo lavoro con professionalità senza lasciare che le questioni personali intaccassero il mio operato?
Esitai, incerta. Certo, questa volta lo staff era davvero penoso e non me ne fregava dei nuovi arrivati – non vedevo l'ora di mangiare cibo fritto senza lo sguardo della dottoressa fisso su di me – ma anche con quello precedente ero stata brava a distaccarmi.
"Sì, magari per l'anno prossimo riesco a non portarmi a letto qualche collaboratore" ironizzai, sentendomi senza speranza.
Ordinai un cappuccino e presi posto per poi sentirmi qualcuno alle spalle che mi tirava una ciocca di capelli.
"Ehiii!".
"Alice, ci sei mancata a colazione!".
Alzai gli occhi al cielo mentre Saverio prendeva posto di fronte a me e mi guardava con l'aria di chi vuole prenderti in giro ma in realtà se ne frega di te in senso positivo.
"Voi no" ribattei con una smorfia.
"E ci credo! Questo mediatore deve essere proprio un amante di serie A...".
"Saverio, che vuoi?" tagliai corto, conoscendo ormai i suoi modi di fare come le mie tasche.
Il capo cambiò espressione e mi fissò con serietà, accarezzandomi un braccio.
"L'ultimo giorno di solito non te la cavi molto bene e volevo sapere come stavi" ammise, serio come poche volte nella sua vita.
In un istante rividi davanti a me l'incidente di Luca, le mie lacrime, il rientro in college in taxi...
"Sto bene, Saverio. Non ci crederai ma sto imparando a scindere le cose, non sono emotiva come lo ero un tempo, riesco a essere razionale, anche se mi fa paura. Mi sento meno umana!" mi confidai,dando voce a un pensiero che mi affliggeva da un po'.
Lentamente, Saverio avvicinò la sedia a me e mi abbracciò con calore, arrivando ad appoggiare la testa sulla mia con fare paterno.
"Sei pronta, Alice. Ti vedo e noto una professionista che ha imparato tante lezioni e da cui non voglio separarmi, farò il possibile per averti di nuovo con me, l'anno prossimo. Hai coordinato tutto in maniera impeccabile anche se ho notato la stanchezza finale, è normale".
Sentii il cuore allargarsi per la gioia e ricambiai la stretta, incredula.
"Io non te lo dimostro mai ma davvero ci tengo alla tua opinione, ti stimo troppo e sei un esempio formidabile per me" ammisi di cuore, sforzandomi di non singhiozzare.
"E io ci tengo alla tua. Mi ricordi sempre che devo pensare a lasciarmi andare e a godermi le mie emozioni... Ci compensiamo".
Alzai lo sguardo, ci sorridemmo e pensai che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato in positivo, almeno professionalmente.
"Per quanto riguarda l'altra questione... Dimmi tutto, se vuoi. Come vanno le cose?" s'informò, cauto più del solito.
Era così, se si trattava di faccende personali mi lasciava i miei tempi e i miei spazi, non era ficcanaso e ci teneva a farmi capire che potevo sfogarmi con lui anche senza averlo costantemente alle costole.
Bevvi un sorso di cappuccino e feci spallucce, vaga. "Va bene, solo che credo di aver capito come stanno le cose e non mi danno l'anima per l'addio. Lui per me è un'incognita che nel presente mi ha aiutato a dimenticare il mio ex, ma per il futuro chi può saperlo. Ne sono cosciente e ciò mi fa quasi paura, non è da me reagire così" ragionai, dando voce a un pensiero che mi affliggeva da un po'.
Saverio era sorpreso, forse si aspettava un mio monologo su quanto mi sentivo male al pensiero di dire addio a Maurizio per almeno sei mesi, eppure mi sorrise e sostenne il mio sguardo.
"Per le cose belle ci vuole tempo" dichiarò.
"Senti chi parla! Mister-ti-compro-un-anello-dopo-un-anno!" lo scimmiottai, gesticolando in maniera poco educata.
"Ma di che parli? Ho impiegato trentatré anni per avere una cosa bella nella mia vita come Nadia, più tempo di così!".
"Non dovevi fare il coordinatore, Saverio, dovevi fare l'avvocato... Del diavolo!".
"Tu saresti stata la mia praticante perfetta, allora, Miss-non-mi-metterò-mai-più-con-uno-dello staff!".
"E infatti non mi sono messa con Maurizio" obiettai con aria furba.
Ci guardammo, interdetti, per poi scoppiare a ridere come due scemi, beccandoci mille occhiatacce da parte degli altri presenti che stavano approfitttando di una pausa per bere un caffè o leggere un libro.
In quel momento prendemmo davvero coscienza del nostro feeling e del nostro essere in sintonia, seppur su due pianeti diversi e opposti, tanto da trovarci bene tutto l'inverno successivo, quando ci trovammo a lavorare fianco a fianco per l'ennesima volta anche se con mansioni diverse.


Aiutai Mario con le ultime mansioni finali e fu un bel momento per riconnetterci un po' dopo tutti i momenti che avevamo passato separati, presi dai nostri drammi personali e professionali.
Gli mancava la canzone del video di addio e lo convinsi a scegliere "Alive" di James Graeme, una canzone che sentivo molto vicina a me sia per la bellezza della melodia sia per il testo che sentivo un po' mio e che volevo condividere con tutti visto che nessuno la conosceva.
"E' bellissima, Ali! La metterò stasera alla serata di addio, dopo cena!" disse entusiasta l'activity leader, rendendomi felice per quel suo modo di reagire alle cose sempre entusiasmante, come se fosse un bambino che vede la neve o il mare per la prima volta.
"Bene. Ci credi che siamo alla fine?" sussurrai,sentendo un brivido lungo la schiena.
Personalmente, la discussione che avevamo avuto quattro settimane prima mi sembrava lontana anni luce e , cosa importante, ripensando all'Alice che ero stata, gli diedi ragione per la strigliata nei miei confronti.
Mario annuì e si lasciò scappare uno sbadiglio. "Sì e onestamente ne sono felice, odio lavorare con degli stupidi" sbottò, indicando con il mento i group leader che si rubavano a vicenda delle patatine rubate a loro volta in cucina e risalenti ai pacchetti del pranzo di una delle ultime escursioni.
"Ci credo..." gli diedi man forte.
"Ho avuto novità da Milano, comunque. Ho due colloqui presso delle agenzia di eventi, vado a stare da Saverio visto che casa sua sarà libera fino a settembre" mormorò, con un tono di voce molto più basso del solito , quasi come se avesse paura che il solo pronunciare quelle parole potesse cancellare la realtà dei fatti.
Sgranai gli occhi per la sorpresa e per la felicità, davvero incredula per la rapidità con cui si stavano sviluppando le cose per il mio amico.
"Ma è bellissimo!" esclamai, abbracciandolo con calore.
"Ali, non è detto che vada tutto bene e soprattutto mi fa paura tutto, il cambiamento, lasciare Napoli, cambiare stile di vita... Come hai fatto a mollare tutto a Roma per uno stage che non ti assicurava nulla?" domandò, serissimo.
Improvvisamente, il caos scomparve dalla stanza nonostante il chiasso infantile degli altri ed io scrollai le spalle, comprensiva al massimo verso i dubbi dell'activity leader.
Rividi davanti a me l'ultimo anno e trovai la forza di dare una risposta sincera, autentica e degna di chi mi stava di fronte, pieno di paure e dubbi.
"L'ho fatto, Mario, come lo farai tu. Non ci sono garanzie, è tutto un salto nel vuoto, mi dispiace dirtelo ma è così. Cambia tutto ma tu no, posso assicurartelo, semplicemente scropri mille lati della tua personalità che non hai mai avuto modo di conoscere fino ad ora. Tutto ti sembra difficile all'inizio, ti perdi per le strade, pensi all'accento delle persone della tua città che ti manca insieme al cibo con cui sei cresciuto, solo che poi un giorno ti svegli, cammini per strada, vedi quella persona che hai incontrato in un negozio qualche giorno prima, ricordi il volto della signora dell'edicola e capisci che in fondo non sei più un passante, sei parte attiva di tutto ciò... E tornare a casa sarà bello, apprezzerai i tuoi familiari ancora di più, solo che avrai un cuore più grande perché sarà in grado di contenere due case, due famiglie, quella vera e quella fatta di tutti coloro che ti supportano nella nuova città, passo dopo passo".
Mario sembrava colpito da quel discorso, tanto da sorridermi con affetto e accarezzarmi un braccio.
"Non dimenticare che io e gli altri ci siamo, insieme sarà tutto più semplice" aggiunsi, provando a rassicurarlo perché capivo il suo stato d'animo ed empatizzavo molto con lui, in quel momento più che mai.
"Grazie. Speriamo bene".
In un solo istante fui presa dalla consapevolezza di aver tenuto discorsi importanti con lui e Saverio nel giro di una mattinata e mi sentii improvvisamente colta da un sano senso di benessere e tranquillità.


Quando presi posto a cena nel ristorante che avevamo prenotato mi sentii improvvisamente libera, consapevole di aver fatto tutto ciò che c'era da fare e che il mio ruolo di mediatrice era ormai giunto alla fine.
Sospirai, sorrisi senza motivo e, voltandomi verso Maurizio, provai un senso di pace mai provato prima. Gli feci cenno di seguirmi e lui obbedì, preoccupato, fino a raggiungermi nel piccolo cortile del locale.
"Tutto bene?" chiese premurosamente, cingendomi la vita con un braccio.
"Sì".
Mi fermai, appoggiandomi contro un muretto e lo attirai a me, appoggiandomi sul suo petto; il modo in cui lui rispose prontamente al mio gesto accarezzandomi la schiena mi fece sentire protetta come non mai e fu in quell'istante che mi dissi che tutti i problemi di quei ventotto giorni erano serviti a molto e, soprattutto, a regalarmi un'esperienza indimenticabile che aveva risanato il mio status di persona perennemente triste e ansiosa.
"Alice, che hai?".
"Niente. Ho appena realizzato che non abbiamo ancora più nulla da fare e mi sento... Libera. Volevo condividere questo momento con te" sussurrai, alzando la testa e accarezzandogli quei ricci ribelli che tanto mi piacevano.
Come risposta ci ritrovammo persi in un bacio lento e lungo, un bacio che stava a significare che ora avevamo tutto il tempo per noi.
In quel momento pensai che la cosa a cui avrei più pensato con nostalgia di quel ragazzo erano la dolcezza e le attenzioni che mi dimostrava, anche con un gesto semplice con un bacio.
"Ali, voglio tu sappia che... Insomma, se potessi fermerei il tempo, resterei qui con te, partire mi sembra insensato" mi disse Maurizio, triste.
Mi stringeva a sé con decisione come per non farmi andare via e io facevo lo stesso, aggrappata a lui.
"Ho paura di proporti di vederci a Roma prima della tua partenza" confessai. La nostra città di origine era la stessa eppure non aveva mai menzionato un eventuale incontro lì.
"Sarò a Milano, sai, per le ultime cose da sbrigare con l'Università...".
Avrei voluto dire tante cose ma evitai, pensando che un gesto potesse aiutarmi meglio delle parole, così aprii il mio zainetto e ne estrassi un quadernino che gli porsi.
"Cos'è?" chiese, incredulo.
"Un regalo di arrivederci" sussurrai, provando a non commuovermi. "Io non so come andrà, Maurizio, ma tu mi hai fatto sentire apprezzata e importante come non mai, ti sarò per sempre grata, hai illuminato il momento più buio della mia vita" confessai, decisa a non tenermi tutto dentro come al solito.
"Ali... E tu? Sai cosa significa dover partire e... Oh!".
Aveva aperto il quaderno e aveva visto che ai lati di ogni pagina c'era una frase che si riferiva a qualcosa che avevamo vissuto o a qualche citazione in particolare.
"Ricorda: meriti solo cose belle!, Ricorda che ogni azione ha un suo perché e nessuna è banale, dopotutto sono successe cose belle anche quando abbiamo comprato uno spazzolino e del dentifricio di notte..., Qualsiasi sia il problema, non c'è nulla che un caffé non possa risolvere, Se bevi del vino non sederti sul lavandino del bagno, per ora non ci sono io ad aiutarti a scendere" lesse, incredulo tra risate e facce buffe. "Ma non ho parole! E' un pensiero....".
Si bloccò, deglutì, prese fiato e poi mi ritrinse a sé. "Io tornerò e tu mi porterai a cena come promesso, intesi?"chiese, deciso.
"Certo" lo rassicurai, felice del fatto che ricordasse ancora quella promessa fatta in un momento intimo e di frenesia in cui si direbbe di sì a tutto.
"Io per te ho questo" aggiunse, spostandosi per frugare nello zainetto ed estraendone un portachiavi con una bottiglia di vino. "Mi ricorda il tuo compleanno, il momento in cui ci siamo confessati un po' l'interesse reciproco" spiegò lentamente. "Mi sembra passata una vita, davvero".
Annuii, gli occhi lucidi come non mai e lo riabbracciai, dicendomi di farmi forza e beandomi della sua stretta decisa.
Quando ci decidemmo a tornare a cenare per fortuna gli altri stavano ancora mangiando,così ci affrettammo a darci una mossa e a finire il nostro cibo tra sorrisini e occhiate fugaci salvo poi prendere parte al momento musicale della serata, quello in cui il locale si trasformava in una sorta di discoteca e i ragazzi si scatenavano per un'oretta.
Me ne fregai del giudizio altrui e non opposi resistenza quando Maurizio mi prese per mano e mi trascinò in mezzo alla pista per ballare in mezzo al caos fatto di ragazzi, group leader e parte dei vari staff.
Per quei gloriosi minuti mi sentii un'altra, libera dal peso del lavoro svolto in quelle settimane e delle incombenze che mi mettevano ansia. Ero soddisfatta, stando alle parole di Saverio avevo coordinato il dipartimento di mediazione in maniera più che soddisfacente e in più avevo affrontato vari uragani come quello di Amanda.
Quando partì "Alive" mi lasciai trasportare dal ritmo incalzante della canzone e la ballai con più trasporto del dovuto, sentendo il testo parte della mia identità.
Ad un certo punto io e Maurizio ci ritrovammo a girare intorno come nella famosa scena del Titanic e probabilmente quello fu uno dei momenti più felici del mio 2018.
Il mio corpo si muoveva liberamente senza imposizioni e sentivo che anche il mio spirito era decisamente più leggero, come uno di quei palloncini che si vendono alle fiere.
Ovviamente, Mario riprendeva tutto tramite diretta e finì tutto sul grande schermo del locale, in modo da farci leggere i commenti super felici dei genitori che a breve avrebbero rivisto i loro pargoli dopo due settimane di lontananza.
"Inoltre, vi annuncio che la nostra pagina Facebook ha vinto il concorso come "Pagina più curata ed aggiornata" tra tutte quelle dei vari college, l'ho appena saputo!" urlò Mario, prendendo il telefono e interrompendo le danze con i suoi soliti modi affrettati e smaniosi quando si trattava di dire qualcosa che lo appassionava. "Vediamo qualche scatto!".
Io e il mediatore ci avvicinammo a Saverio e a Salvatore comprendendo l'importanza del momento e osservammo le foto proiettate dall'activity leader con grande orgoglio. Ne erano molte, tutte ben curate nei dettagli, spontanee ma di ottima qualità: dei ragazzi che correvano verso i tipici palazzi rossi di Temple Bar, alcuni che posavano al fianco della statua di Oscar Wilde con un bellissimo arcobaleno alle loro spalle, i group leader dello scorso turno che facevano una piramide umana come se fossero delle cheerleader, addirittura una, di cui non conoscevo l'esistenza, in cui io e Maurizio ce ne stavamo su un prato e controllavamo il nostro odiatissimo planner e un'altra del mio compleanno.
"Aspettati una cosa simile per il tuo matrimonio" ironizzai, facendo ridacchiare Saverio.
"Sempre se Nadia dice di sì".
"Sempre se ti decidi a farle la proposta".
"Pensa agli affari tuoi".
"No, penso dovremmo tutti pensare a Mario e ad aiutarlo se viene a stare a Milano" cambiai argomento, seria come non mai.
Saverio mi guardò, sorpreso del fatto che sapessi già tutto ed annuii con decisione. "E' scontato, gli ho detto che ha noi e che deve star tranquillo, anche se è tutta colpa tua".
"In che senso?".
"Ci hai fatto capire che cambiare è possibile, che non è giusto accontentarsi e dopo di te Nadia, io, ora Mario, abbiamo iniziato a credere in una vita migliore...".
"E' una bella colpa, no?".
"Sì. E' la stessa colpa per cui sto per andare in Argentina, ma giuro che torno" s'intromise Maurizio, guardando prima me poi il coordinatore.
Quel gesto mi sembrò strano – c'era forse più intesa di quel che credevo tra loro? - ma scrollai le spalle e continuai a vedere piccoli ricordi di quell'avventura sullo schermo, optando per zero nostalgia e rimpianti anche perché, onestamente, non ne avevo.


Dormimmo molto, più del dovuto, in effetti.
In tarda serata salutai i ragazzi a cui mi ero più affezionata, partecipaii alla riunione di addio con i group leader e mi premurai di fare il caffè a tutti ma visto che l'aereo dello "staff superiore" era previsto per le sedici del giorno dopo mi dissi che avevo fatto fin troppo avendo auitato con i verbali e i documenti finali al posto di Toni e salutai tutti prima di andare a dormire, verso l'una.
Fu un addio semplice, strette di mano, abbracci freddi, addirittura salutai l'antipatica dottoressa con un cenno della mano, anzi, di fronte ai suoi occhi mi premurai di rubacchiare dalla dispensa della cucina gli ultimi residui di junk food visto che non intendevo svegliarmi presto per fare colazione.
Mi sorprese vedere che Alba voleva parlarmi e vidi il tutto come una punizione divina ma, sperando di non doverci più lavorare insieme in futuro, mi fermai con aria interrogativa.
Aveva i ricci capelli avvolti in una coda disordinata ed evidenti occhiaie bluastre che non le donavano ma era comprensibile, anzi, io ero messa anche peggio a dirla tutta.
"Dimmi" la esortai, tra il curioso e il seccato.
Lei mi squadrò attentamente, come se mi vedesse per la prima volta, poi disse tutto d'un fiato: "Ma posso sapere cosa c'è tra te e Luca Antonini? Mi riempie di messaggi e in un modo o nell'altro vuole sapere di te, cosa fai... Ultimamente addirittura mi chiede che rapporto hai con Maurizio". Sembrava seccata, forse pensava di avere le attenzioni del bel group leader tutte per sé e che i messaggi avessero uno scopo ben diverso.
"E tu che gli hai risposto?" domandai, senza parole.
"Quello che credo, che avete una storia, vedo sempre che lui esce dalla tua camera ultimamente" mi rispose a tono, senza fregarsene della mia reazione.
Sorprendendo me stessa risi ed annuii vigorosamente senza farmi problemi. "Credi bene. Magari avessi incontrato uno come Maurizio al posto di Luca... E' il mio ex, dopo nove mesi mi ha lasciato perché mi ha tradito".
"Che stronzo!" esclamò Alba, sboccata ma onesta come al solito, portandosi le mani alla bocca.
"Eh sì. E deficiente pure, pensa di spiarmi attraverso di te?".
Era tardi, ero stanca, non avevo le energie sufficienti per indignarmi o arrabbiarmi con il mio ex, così mi limitai a guardare la group leader con una scrollata di spalle e lei, all'improvviso, mi abbracciò.
"Mi sei sempre sembrata una tosta, Alì, e mi dispiace non aver fatto amicizia. Antonini è uno stronzo, non gi rispondo più".
Questo è l'ultimo ricordo che ho di Alba. Non ci dicemmo altro, non raccontai a nessuno di quella rivelazione – quasi come se credessi che fosse frutto del troppo sonno arretrato – e me ne andai in camera, seguita da un Maurizio sempre più silenzioso che provò a comunicare con me attraverso i gesti, baciandomi con ardore, spogliandomi, possedendomi per la prima volta contro il muro, con ancora metà vestiti addosso e in modo più selvaggio del dovuto, come per farmi capire tutta la passione che si portava dentro dal nostro momento romantico ad ora di cena.
In quel momento lo vidi davvero per com'era, senza maschere, senza imposizioni, senza filtri e mi piacque da morire perché mi faceva sentire me stessa oltre che apprezzata e desiderata.
"Voglio che pensi a questa notte se andrai con qualcuna in Argentina" biascicai tra le sue spinte e il piacere che mi annebbiava il cervello. "Ne varrà la pena solo se sarà più eccitante di questo... Noi, sudati, tu che mi sbatti senza pietà e io che te lo lascio fare perché finalmente vedo il vero Maurizio, quello che potrebbe amarmi così sempre, tutti i giorni".
Usai il verbo "amare" imprudentemente, dettatata dalla passione del momento, ma Maurizio non si ritrasse, anzi, mi rispose in maniera ancora più concitatata della mia per farmi capire quanto lo eccitassero le mie parole.
Ci addormentammo così, poco dopo, ancora inebriati dal profumo dell'altro e dormimmo fino alle dieci del mattino, mangiammo le schifezze rubate in cucina ignorando i messaggi dei group leader che ci informavano dell'andazzo dei loro viaggi.
"Oggi deve essere un punto di inizio, non di fine" ruppe il silenzio Maurizio mentre bevevo un succo di frutta con fare svogliato.
"Lo spero" risposi.
Ci scambiammo uno sguardo triste ma consapevole e finimmo di mangiare, prima di separarci per fare i bagagli.
Non mi ci volle molto per mettere nel mio trolley i vari pantaloni e le magliette ormai sgualcite e pronte da essere usate solo in casa, riposi con un po' più di attenzione la camicetta bianca che avevo messo con entusiasmo il primo giorno e sorrisi pensando a quanto ero stata felice nel vedere il mio ruolo cambiato, migliorato insieme a tutte le nuove responsabilità del caso.
Non piansi, nemmeno quando andai nella cucina della zona comune per farmi un ultimo caffè in compagnia del coordinatore, per dare degna fine a quella tradizione.
Era tutto silenzioso, non c'era più il caos causato dalle urla degli adolescenti, mi sembrava di non sentire più nemmeno il verso dei gabbiani.
"Caffè a mezzogiorno, quanto siamo ribelli" osservò il coordinatore sorridendo in un modo sincero, autentico, che non gli avevo mai visto stampato in faccia in quell'occasione.
"Spero mi aiuti a svegliarmi, non riesco a parlare molto da stamattina" ammisi, guardando l'orologio per fare qualcosa.
"Ali, sei strana".
Annuii, consapevole di quell'osservazione perché io stessa non mi sentivo me stessa, memore della mia reazione alle parole di Alba e per la notte particolarmente erotica che avevo passato con Maurizio, era tutto troppo estremo e strano per i miei gusti.
"Sto facendo passi avanti, è l'ultimo giorno e non c'è stato nessun incidente e non sto facendo passi più lunghi della gamba" gli ricordai.
"Ma che brava".
Ci sedemmo, bevemmo il caffè in silenzio senza sapere bene cosa dirci finchè Saverio non si decise a prendere parola.
"A fine agosto lavoreremo insieme, no?" azzardò, pensieroso.
"Sì, per la prima volta" lo presi in giro.
"Scema! Voglio fare un discorso serio!".
Alzai le mani e lo lasciai parlare, curiosa di sapere cosa aveva da dirmi.
"Dicevo, lavoreremo gomito a gomito, spesso viaggeremo insieme per sponsorizzare le vacanze studio, contribuiremo alla realizzazione dei pacchetti viaggi, sarai sempre la mia mediatrice... Avremo il nostro ufficio e sappiamo che siamo una bella squadra. Inoltre, sarà un anno importante, io farò la fatidica domanda a Nadia e tu proverai a continuare la storia con Maurizio. Supportiamoci ancora, manteniamo questa tradizione del caffè prima di lavorare, sarà il nostro momento per confidarci e lavorare con la testa più serena" propose Saverio, cauto come se stesse davvero parlando di un affare di Stato.
Udendo ciò sorrisi in maniera quasi infantile ed annuii, allettata dalla proposta ma soprattutto dal valore che aveva attribuito a quella nostra tradizione dell'ultimo mese.
"Ci sto" asserii e, senza riuscire a trattenermi, mi avvicinai e lo strinsi a me con affetto. "Sei il migliore amico che non ho mai avuto" constatai, senza pensarci due volte.
"Sei la mia migliore amica da quando grazie a te ho passato l'anniversario con Nadia" disse, ricambiando la stretta con fare quasi paterno. "Nessuno avrebbe fatto ciò che hai fatto tu per noi, hai sostenuto Nadia prima del mio trasferimento e sei stata davvero un'amica nel farci ritrovare in un giorno così importante".
Dublino 2018 ci aveva regalato molte emozioni ma quel legame fu la conferma più sorprendente di tutte.
Un'ora dopo salutai il college con un nodo alla gola, memore di tutti i bei ricordi vissuti lì, e sperai vivamente di rivivere un'avventura altrettanto magica l'anno successivo.


Avendo lo stomaco annodato non pranzai ed essendo l'unica donna del gruppo fui costretta a ricoprire per la prima ed unica volta il ruolo di "madre" protettiva che assiste tutti e fa mille raccomandazioni, li aiuta con la valigia più pesante del dovuto e cose simili.
L'unico a non darmi problemi fu il silenzioso Toni – di cui ormai non ricordavamo nemmeno il cognome – mentre anche Salvatore, stanco, sembrava più chiacchierone ed insofferente del solito, tanto da lasciare la confezione di shampoo nel bagaglio a mano.
"Per una vorta so' io che ti rimprovero, Salvatò" gli dissi in romano, usando il dialetto per la primissima volta.
"Sto messo male, regà" si lamentò lui, facendo ridere tutti.
Ci imbarcammo con calma essendo in anticipo e aspettammo tutti lo stesso aereo: tutti atterravamo a Roma, poi da lì ognuno avrebbe fatto scalo o preso il treno per giungere a destinazione.
Salutai Salvatore e Mario con tanti abbracci e promesse – "Quando vengo a Roma ti scrivo" e "Fammi sapere come va a Milano"- e Saverio con il cipiglio della classica amica che vuole che tu ti sbrighi a fare una certa cosa.
"La vacanza è un ottimo modo per fare la proposta a Nadia" dissi, pedante come al solito perché volevo che la mia amica sapesse tutto al più presto.
"E' banale".
Ci salutammo con abbracci e la promessa di tenerci aggiornati mentre lui usciva dall'aeroporto e, come previsto, restammo solo io e Maurizio da soli, l'uno al fianco dell'altra, senza sapere come rapportarci nella realtà dei fatti di Roma, così lontani dalle terre irlandesi e da tutte le nostre promesse.
Come ogni volta che si trattava di dire addio, non riuscivo a non essere pacata e razionale, mi lasciavo sempre andare con frasi strappalacrime o ridevo per il nervosismo.
Avevo salutato tutti, solo Maurizio era l'unico rimasto al mio fianco perché avremmo preso la stessa navetta per tornare a Termini e poi ognuno si sarebbe diretto a casa propria.
"Andiamo?" mi chiese, un po' incerto.
Esitai, guardando l'aeroporto di Fiumicino per l'ultima volta, con un'enorme carica positiva visto che ogni avventura iniziava sempre da lì e in un modo o in un altro ogni volta che ci tornavo ero una persona diversa.
"Aspetta" susurrai. "Quando usciremo da qui saremo presi da telefonate, orari delle navette, mille pensieri... Voglio approfittarne per dirti ora che ti ringrazio perché mi hai dimostrato di essere una persona meravigliosa e non so come avrei fatto senza di te".
Maurizio sgranò gli occhi, quasi incredulo per quella mia ammissione e, un po' goffamente, fece un movimento strano che gli fece cadere la valigia.
Ridemmo e non so come ci ritrovammo stretti in un abbraccio dolce, che probabilmente voleva dire tante cose, più di quelle che ci eravamo già detti.
Non me ne ero ancora resa conto, ma a pochi passi da noi c'era Luca con la sua squadra che ci guardava.*
Il suo secondo turno come group leader era finito a sua volta quel giorno e il destino me lo fece trovare proprio lì, anche se io non avevo occhi che per il coordinatore.
Infischiandomene del nostro essere in un luogo pubblico guardai Maurizio negli occhi e lo baciai, consapevole che fosse l'ultima volta per il momento.
Anche lui sembrava esserne consapevole perché lasciò stare definitivamente la valigia e mi strinse a sé, con slancio, baciandomi con una passione eccitante e travolgente.
"Riguardo quello che hai detto ieri sera, non ci sarà nessuna Argentina, fidati. Ti aspetto" sussurrò , stringendo le mie mani tra le sue e baciandole con devozione.
Non riuscii a non trattenere le lacrime e mi fiondai tra le sue braccia.
"Ti aspetto anche io. Saranno sei lunghi mesi...".
"L'invito a cena è ancora valido?".
"Ma certo, stupido!".
Abbracciati, commossi, pieni di promesse, ci salutammo una volta giunti alla stazione di Termini, con il cuore un po' più leggero ma pieno di promesse.


3 agosto 2018
Faceva caldo in un modo assurdo, ero da sola a casa perché i miei erano via per l'anniversario ed io ne stavo approfittando per riposarmi un po' e godermi Roma senza l'ansia di dover far tutto in poco tempo visto che sarei tornata a Milano dopo tre settimane.
Ero in procinto di uscire e raggiungere le mie amiche per un pomeriggio in piscina quando bussarono alla porta, corsi ad aprire convinta che fosse la mia amica Bianca, sempre puntuale come al solito mentre io ero in ritardo perché avevo cambiato costume mille volte e non trovavo il mio prendisole preferito.
Aprii la porta della mia villetta di periferia con uno scatto e dissi: "Bianca, scusami, sono..." ma mi ammutolii vedendo la figura del ragazzo che avevo di fronte.
Mi sentii mancare la terra sotto ai piedi quando vidi che non si trattava di Bianca, bensì di Luca.
Cos'era successo? Eravamo indietro di un anno e non me ne ero accorta?
Volevo dire qualcosa di intelligente ma non riuscii a sputare altro che: "E tu che vuoi?".
Luca era diverso, più maturo da come lo ricordavo, i tratti da ragazzo che lo avevano caratterizzato l'anno prima ed avevano lasciato spazio a quelli da uomo con un po' di barba incolta.
"Alice, scusami, lo so che è tutto improvvisato, ma è da quando eri a Dublino che volevo vederti".
Cosa? Mi tradiva, mi lasciava, scompariva dalla mia vita e poi pretendeva di tornare così, farsi trovare a casa mia e uscirsene con scuse insensate?
"Camilla sa che sei qui?" chiesi subito, sforzandomi di non iniziare ad urlare cose insensate e cattive.
"Lo sai, Ali".
"Prego? Io non so niente, so che ci siamo lasciati e non capisco...".
"Per tutto luglio ti ho pensato, mi sei mancata... Non so che mi succede Ali, aiutami a capirlo" disse, con una faccia di bronzo che avrei schiaffeggiato allegramente senza farmi alcuno scrupolo.
Sgranai gli occhi, convinta davvero di star sognando.
"Per questo chiedevi di me ad Alba?" sbottai, disgustata.
"Sì! Insomma, lei è così chiacchierona e credevo che....".
"Che cosa, Luca, che cosa? Senti, smettila, non so che ti passa per la testa ma io sono andata avanti e un deficiente come te non mi fa bene".
Speravo con tutto il cuore che la signora della villetta di fronte non si affacciasse e non mi sentisse urlare perché mi era bastato fare una figuraccia con i miei vicini a Milano, dove nessuno per fortuna mi conosceva.
Luca si passò una mano tra i capelli come suo solito e poi si appoggiò allo stipite della porta, obbligandomi ad indietreggiare.
"Sono stato geloso di quel mediatore, vi ho visto all'aeroporto, lo sai? Stai con lui ora?" domandò, insistente.
"Tu sei fuori! Ma come osi! Mi molli e pretendi di controllarmi e sapere cosa faccio?" strillai, spingendolo via con la forza ma senza riuscirci.
"No, solo che so che era il tuo modo di farmi ingelosire, mi hai visto e....".
"Cosa? Io non ne so niente, il mondo non gira intorno a te....!".
"No, ma il tuo sì, ne sono sicuro".
Senza darmi il tempo di fare nulla mi strinse a sé, deciso, e mi piantò le sue labbra sulle mie, baciandomi dopo circa cinque mesi.
Attorno a noi gli uccellini cinguettavano, il sole si ergeva fiero, illuminandoci, dando vita a delle ombre che avrei fatto di tutto per tenere nascoste con me mentre me ne stavo lì, pietrificata e combattuta sul da farsi.
Nel frattempo, il mio cellulare squillava rivelando vari messaggi.
"Mi manchi un casino, Ali. Quasi quasi mollo Milano e torno a casa per il weekend, che dici?".
Ma io non potevo sentirlo, presa com'ero dal rumore assurdo di tutte le mie convinzioni che traballavano e rischiavano di crollare con un tonfo pesante.


*parte che si ricollega alla prima parte del primo capitolo


*°*°*°*
Ultimo capitolo con un finale diverso dal previsto.
Cosa farà Alice? Cosa sceglierà?
Mi duole davvero dire addio definitivamente a questa storia e so che postare l'Epilogo sarà difficile, ma pazienza.
Cosa succederà secondo voi? Si accettano scommesse!
Per l'epilogo nessuna anticipazione, sarà più lungo del solito e sapremo cosa succederà fino al 2020, quindi faremo un salto nel futuro ;)
Un bacio, a presto!
Milly.
  
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