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Autore: fusion    06/05/2019    4 recensioni
Potrebbe essere una giornata assolutamente normale, se non fosse per quegli strani avvenimenti, ma per quelli... deve esserci una spiegazione.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Un animale indomabile


Di tutti gli universi possibili, e dio solo sapeva quanti ce ne fossero, quello in cui gli era capitato di nascere doveva essere stato per forza generato dal caos. Non poteva esserci altra spiegazione.
Era una vera e propria assurdità che si potessero percorrere distanze interstellari in pochi secondi, che si potesse addirittura viaggiare nel tempo e cambiare il destino del cosmo con un solo gesto; quando un individuo che aveva bramato conquistarlo, quell'universo, non riusciva ad allontanarsi da un piccolo, insignificante pianeta ai confini del mondo conosciuto nel corso di un'intera vita. Pazzesco che si potesse desiderare l'immortalità, ottenerla; e mettere in gioco la propria esistenza mortale per qualcosa di completamente diverso. Eppure era possibile morire e tornare in vita con la stessa facilità, in quell'universo... Interi pianeti venivano distrutti e rigenerati con la stessa arbitrarietà, e intere civiltà morivano e rinascevano per un singolo capriccio; perché l'imposizione di un solo dito era in grado di estinguere un popolo le cui origini si perdevano in tempi remotissimi, mentre l'energia di miliardi di creature poteva a malapena essere sufficiente ad estinguere un singolo essere.
E queste erano solo alcune delle cose illogiche che poteva capitarti di vedere in una vita, o due... o magari tre. Tutto e il contrario di tutto sembrava possibile. In quell'universo ogni leggenda poteva divenire realtà... al pari di ogni incubo. E un membro di rango nobiliare poteva sedersi e banchettare al fianco di una terza classe senza esserne disgustato; perché alla fine quello era un universo dove un guerriero di sangue reale, il discendente privilegiato di una stirpe di combattenti le cui origini si perdevano in tempi remotissimi, poteva essere più... debole di un guerriero di terza classe.
Quell'ultima considerazione produsse una smorfia sprezzante sul suo volto, mentre schivava con un movimento fluido e rapidissimo un raggio di energia, che gli sfiorò pericolosamente una guancia.
In fin dei conti c'era qualcosa di rassicurante nel pensare che quella che un tempo aveva considerato una maledizione poteva essere adesso ciò che lo rendeva più forte. E come a dare dimostrazione di quella forza, neutralizzò con un ki blast un altro fascio di energia che si scagliò dritto contro di lui ad una velocità impressionante. L'esplosione fulminea con cui sprigionò quel ki e lo diresse con precisione, il modo in cui lo dosò accuratamente per non danneggiare il drone e l'estrema rapidità con cui rispose al colpo schivando gli altri attacchi denotavano una concentrazione che contrastava palesemente con l'espressione impassibile, quasi rilassata, con cui eseguiva invece ogni movimento, e ancor di più con la pacatezza con cui quei pensieri si avvicendavano senza meta nella sua mente, seguendo un vago, contorto ragionamento. Persino lui dovette impiegare un certo lasso di tempo per rendersi conto che continuava ad allenarsi ormai da un po' con movimenti fin troppo automatici. Si mosse ad una velocità a stento percepibile e, con un evidente moto di stizza, diede un lieve colpetto sul retro di ognuno dei droni, che continuavano a roteare intorno a lui sparando proiettili energetici. Quasi all'unisono, i piccoli robot si fermarono a mezz'aria e planarono lentamente sul pavimento laccato di bianco. Così fece anche Vegeta.

Proprio in quel momento, mentre raccoglieva da terra un asciugamano e se lo passava svogliatamente sul volto, la luce sul soffitto della gravity room cominciò a lampeggiare, la gravità si abbassò fino a raggiungere quella terrestre e una donna sulla trentina, pettinata accuratamente e vestita con un completo scuro, fece il suo ingresso con passo spedito, reggendo una cartellina fra le mani.
“Buongiorno Signor Vegeta” salutò candidamente. “La signora Bulma mi manda a chiederle se è così gentile da unirsi a lei per la cena, questa sera.”
Benché pronunciata col più formale dei toni, la domanda dissimulò malamente il sarcasmo con cui la diretta interessata l'aveva formulata in origine, e l'espressione seccata del saiyan lasciò intuire che ne aveva colto ogni sfumatura. “No!” sentenziò brusco.
No, non è così gentile o No, non si unirà a sua moglie?” insistette la donna.
Vegeta fremette impercettibilmente. “Fuori di qui!” inveì con aria minacciosa.
“Bene, informerò la Signora Bulma.”
La donna girò i tacchi guadagnando la porta, prendendo l'uscita poco cortese del saiyan come una risposta implicita alla sua ultima domanda, e lui si ritrovò spiazzato per un istante, nel tentativo di riguadagnare un contegno. La seguì con lo sguardo mentre si chiudeva la porta alle spalle e finì per deglutire sonoramente al pensiero che quella maledetta, efficientissima assistente l'avrebbe informata di certo, sua moglie. Era ovvio che Bulma doveva aver condotto personalmente una selezione impareggiabile per scovare una tale scocciatrice. In certi momenti aveva l'impressione che fosse solo un altro dei suoi innumerevoli robot tuttofare; ma provare a disintegrarla, come aveva fatto con l'ultimo che si era infilato in bagno, finora non gli era sembrata un'idea brillante.
Mentre cercava di ritrovare a fatica un briciolo di concentrazione per riprendere l'allenamento, cominciò a rendersi conto di avere una certa fame. Il riferimento alla cena probabilmente aveva risvegliato in lui quell'unica caratteristica che non si era mai preoccupato di avere in comune con Kakaroth; il suo formidabile appetito. E pregustando già quello che avrebbe potuto trovare nel frigo a misura saiyan di cui era dotata la Capsule, gettò l'asciugamano a terra e uscì con passo deciso dalla gravity room, dirigendosi verso la cucina.


Non era passato molto tempo da che aveva imboccato il corridoio con un incedere a dir poco marziale, quando si accorse con serio disappunto che il suo imperturbabile cipiglio era riflesso su ogni superficie metallica tutto intorno e lo scrutava bieco. Quel posto era talmente pulito che poteva specchiarsi sulle pareti... letteralmente. Un'altra assurdità. Per un saiyan cresciuto impastandosi le mani con terra bruciata e sangue, a imbrattarsi gli stivali di fango nelle paludi più putride della galassia, l'ultima mania di sua moglie di ottimizzare l'efficienza dei robot delle pulizie, sparpagliandone a frotte in ogni dove, non poteva che essere tanto fuori luogo quanto irritante.
A distrarlo di nuovo, o quantomeno a provarci, il dott. Brief spuntò in quell'istante dal fondo del corridoio, un po' troppo allegramente. Aveva svoltato ad una notevole velocità e spingeva, o meglio si faceva trascinare alla cieca da un enorme carrello pieno di bottiglie e contenitori vari che sembrava molto pesante e senza controllo. Vegeta lo schivò con un gesto naturale e rapidissimo che riuscì a malapena ad interrompere i suoi pensieri e, prima che lo scienziato e il suo voluminoso equipaggiamento si schiantassero contro il muro opposto da dove erano sbucati, aggiustò la traiettoria del trabiccolo con un calcetto ben assestato sulla ruota anteriore destra.
Il carrello rallentò considerevolmente e il vecchio scienziato riguadagnò in un attimo una posizione più stabile. “Oh, ciao Vegeta!” lo salutò allegramente fermandosi del tutto. Il gatto nero sulla sua spalla riservò al saiyan uno sguardo altrettanto eloquente, ma nessuno dei due venne ricambiato. Il grugnito che si udì a malapena, emesso già da una certa distanza, sembrò tuttavia una risposta soddisfacente e il baffuto ometto tornò ad ignorare l'uomo che gli aveva appena raddrizzato la giornata. Si chinò a raccogliere alcune bottiglie di plastica colorata finite in terra e ne studiò per un momento il contenuto, poi si aggiustò il camice e proseguì per la sua strada, quando il principe dei saiyan era oramai a un paio di corridoi di distanza.

Entrando in cucina, Vegeta pareva averne avuto abbastanza di convenevoli terrestri e si sforzò di ignorare del tutto l'ennesimo robot che si occupava di ordinare il piano di lavoro accanto ai fornelli. Si diresse senza indugi verso il frigorifero, spalancò l'enorme sportello e cominciò a studiarne l'interno. Afferrò subito dopo il gigantesco cosciotto arrostito di un qualche volatile e una bottiglia di plastica verde che era finita sul fondo del ripiano, dopo averla individuata con la coda dell'occhio in mezzo agli intrugli dimagranti di Bulma. Addentò l'animale senza troppe formalità, mentre faceva saltare il tappo della bottiglia sul pavimento e richiudeva il frigorifero, accompagnando gentilmente lo sportello con una pedata. Mandò giù il primo, succulento boccone assieme ad una lunga sorsata e la sua espressione corrucciata sembrò per un momento distendersi notevolmente.

Sentendosi rinfrancato dalla bibita fredda, pensò con un certo sollievo che forse, dopo essersi riempito a sufficienza lo stomaco, tornare a concentrarsi sull'allenamento non sarebbe stato poi così difficile. Riprese quindi ad azzannare il povero animale con rinnovato appetito, ma non poté fare a meno di notare che il robot si era voltato a scrutare il pavimento con un movimento inequivocabile.
La macchina soffermò a lungo lo sguardo digitale sul tappo che continuava a rotolare e che, essendo di un bel verde brillante, non faceva che spiccare di più sulle mattonelle chiare. Sembrò paralizzarsi per un momento, poi alcuni circuiti cominciarono a ronzare all'interno del corpo metallico, che iniziò a muoversi. Vegeta si affrettò a mandare giù il boccone con l'aiuto di un altro sorso, mentre la bevanda cominciava già pericolosamente a scaldarsi nella sua mano. Ma prima che il contenuto della bottiglia finisse per andare in ebollizione, il principe convenne saggiamente che fosse il caso di controllarsi e si limitò a gettare uno sguardo seccato all'intero pianeta Terra.
“Maledetta ferraglia!” mormorò a denti stretti.
Il robot attraversò lentamente la cucina dirigendosi verso il tappo, poco lontano da Vegeta, che non poté fare a meno di rilevare che quella specie di servitore metallico emetteva un ronzio del tutto simile a quello dei computer nei laboratori al piano interrato. Il perché avesse notato questo particolare fu qualcosa di cui non si preoccupò minimamente; sembrò preoccuparsi invece di decidere se farlo saltare in aria con un ki blast oppure distruggerlo semplicemente sbattendolo al muro con un calcio. Finì tuttavia per posare il cosciotto e la bottiglia sul tavolo, nel mezzo della stanza. Incrociò le braccia al petto e si fermò curioso ad osservare il robot che si bloccava a metà strada, analizzava attentamente il tavolo accanto a lui e tornava indietro, nella sua direzione.
Certo era strano; il criterio con cui agivano queste macchine sembrava sfuggirgli. Perché a quel maledetto robot ora non importava più del tappo per terra? Forse aveva trovato un modo per confonderlo? Forse invece erano i suoi pensieri che si erano fatti davvero strani... e confusi, sembrò comunicare l'espressione attonita che si impresse sul suo volto per pochi secondi. Continuò a seguire il robot che era intento a riordinare per qualche altro lunghissimo istante, poi convenne con se stesso che era lui che si sentiva decisamente in modo strano, e con la coda dell'occhio scorse un'ombra scura sfrecciargli di fianco.

***

Il pavimento della stanza era disseminato di indumenti di varie fogge e colori, alcune borse vuote e un numero imprecisato di scarpe, di cui almeno quattro apparivano spaiate. Un certo numero di asciugamani bagnati invece era buttato senza ritegno sul letto, rigorosamente disfatto. I cuscini erano disposti casualmente lungo un lato del suddetto letto, quello sbagliato, ma uno di essi faceva bella mostra di sé sotto la finestra, impegnato a ribadire la propria indipendenza. Sul tavolino da tè erano ammassati un discreto numero di fogli, sparpagliati con un criterio che sfuggiva ad ogni interpretazione; e un computer portatile semi aperto, abbandonato su una delle sedie, dava l'impressione di aver bisogno urgentemente di essere collegato alla corrente. Dell'altra sedia, oltretutto, non c'era traccia. L'armadio era aperto per due terzi e da esso, nel bel mezzo di un traboccante ammasso di stoffa e altri materiali non meglio identificabili, faceva capolino un lungo vestito scuro, elegante abbastanza per spiccare in mezzo a tutto quel caos, assicurato ad un'anta da una stampella in velluto.
Dalla vicina stanza da bagno, nel frattempo, proveniva il frastuono di un asciugacapelli a massima potenza, che sembrava stesse per soccombere da un momento all'altro ed esalare letteralmente il suo ultimo respiro. Quando il rumore cessò, tuttavia, fu Bulma ad esalare un profondo sospiro scocciato, facendo il suo ingresso nella camera da letto con un completo intimo grigio scuro. Il suo sguardo febbrile passò in rassegna l'eccidio dei suoi indumenti dispersi per la stanza, in cerca di qualcosa da mettersi, mentre l'espressione insofferente che aveva stampata in volto si incupiva di minuto in minuto in preda a certe riflessioni.
Vegeta come al solito aveva trovato molto più divertente mandare al diavolo la sua segretaria piuttosto che sforzarsi di mettere in fila due parole e formulare una semplice risposta. Era chiaro che doveva trovarci qualcosa di spassoso, nel farle saltare i nervi. Perché lui poteva passare la mattinata nella gravity room ad allenarsi e non doveva essere disturbato, certo. Invece lei, che aveva passato la notte e la mattina in laboratorio a perfezionare i suoi maledetti droni, non aveva il diritto di andare a cena fuori con suo marito, nemmeno dopo aver appena comprato un vestito stupendo che le stava stra-maledettamente bene.
Dopo aver gettato un'occhiata compiaciuta al vestito in questione, si affrettò ad indossare qualcosa di comodo e soppesò, subito dopo, uno sguardo altrettanto compiaciuto alla sua immagine riflessa nello specchio, beatamente incurante delle scarpe spaiate, dei vestiti sgualciti, lenzuola, asciugamani e borsette ricolme di trucchi e gioielli che facevano da cornice e da sfondo a tanta grazia.
In quella stanza, era tassativo, i robot delle pulizie entravano soltanto una volta a settimana, anche se normalmente Bulma impiegava poco più di mezza giornata per ridurre i loro sforzi ad un nulla di fatto, se proprio si fosse voluto badare ai dettagli. La realtà era che, per quanto potesse sembrare assurdo, di certo un saiyan, soprattutto uno di sua conoscenza, sarebbe stato molto più ordinato di lei, se solo non fosse stato anche l'ultimo essere nell'universo ad avere un qualche interesse nelle faccende domestiche.
Il pensiero di quel particolare saiyan, per l'appunto, che le era tornato alla mente quasi a tradimento, sembrò ricordarle con rinnovato entusiasmo per quale motivo fosse tanto arrabbiata e, mentre guadagnava l'uscita con passo risoluto, una scarpa particolarmente sfortunata si trovò a farne le spese e finì contro il muro a una velocità supersonica. Ormai era decisa a cercare Vegeta nella gravity room e a costringerlo ad accettare un invito a cena, pena la morte. E certo quelle minacce non erano state formulate a vuoto, nei suoi pensieri, perché l'espressione che sfoderava come un'arma mentre procedeva lungo il corridoio era abbastanza eloquente da meritarsi il rispetto del più bieco degli assassini.

Quella espressione irremovibile e il suo incedere militaresco contrastavano piuttosto visibilmente con il caos che si era lasciata alle spalle, ma a dirla tutta, una volta abbandonata la stanza da letto padronale, un certo contrasto con quel caos lo si sarebbe notato anche dal pianeta dei Kaioh, data l'estrema pulizia e l'estremo rigore di ogni altro altro ambiente della Capsule Corporation. Dovette notarlo ben presto anche Bulma, accorgendosi che poteva ammirare chiaramente la sua graziosa figura persino sulle pareti metalliche del corridoio contiguo alla gravity room. Non ebbe tempo di compiacersi anche per quest'ultimo successo, tuttavia, perché trovando la stanza gravitazionale desolatamente vuota rimase piuttosto sconcertata.
Era strano che Vegeta non fosse lì ad allenarsi a quell'ora, soprattutto dopo aver liquidato la sua segretaria così in fretta; cosa che, nel linguaggio dei saiyan, significava che doveva completare la sessione di allenamento e che nessuno, nemmeno Kaiohshin il Sommo venuto ad annunciare la fine dell'universo, aveva il diritto di disturbarlo. Di sicuro però, se Vegeta non si stava allenando, molto probabilmente c'era solo un altro posto dove poteva andarlo a cercare in quel momento; e l'andatura con cui tornò sui suoi passi e si diresse verso quel luogo fu la conferma definitiva che Bulma non avrebbe mai rinunciato alla sua cena, nemmeno se Kaiohshin il Sommo fosse venuto ad annunciare la fine dell'universo. Ormai era diventata una questione di principio.

Vegeta aveva torto su tutta la linea, tanto per cambiare. Non era affatto vero che i suoi robot delle pulizie fossero invadenti! Aveva attraversato due interi corridoi, su due piani diversi, e non ne aveva incontrato nemmeno uno! L'indignazione sembrò fare di nuovo capolino sul suo volto e si produsse nell'ennesimo sbuffo scocciato. Quel saiyan ne aveva addirittura fatto esplodere uno la settimana prima, perché quel poveretto aveva osato entrare in bagno e porgergli un asciugamano. Che cosa aveva detto? Già, che erano troppo efficienti... come se l'essere efficienti fosse un difetto! E guarda caso, aveva detto che pure la sua segretaria era troppo efficiente...
La smorfia sarcastica con cui aveva sottolineato quell'ultimo pensiero l'aveva accompagnata per diversi passi, assieme ad uno sguardo omicida, finché non giunse a pochi metri dalla cucina. Notò con piacere, però, a quel punto della giornata e dei suoi ragionamenti, che uno dei suoi robot stava effettivamente svolgendo il proprio lavoro con un contegno invidiabile, appena fuori dalla stanza verso cui era diretta. Il piccolo domestico metallico era tutto intento a spazzare qualcosa, ma da dove si era soffermata ad osservare non riusciva a scorgere cosa fosse. Solo quando fu abbastanza vicina e si chinò ad esaminare con attenzione l'ammasso di ferraglia, spinta dalla curiosità e da uno spaventoso, terribile dubbio, ebbe l'atroce certezza: quello che veniva raccolto e gettato in un contenitore per il riciclo dei componenti meccanici era proprio un altro dei suoi robot, o ciò che ne rimaneva.
Dopo un secondo di sgomento e di incredulità, le sue emozioni si attestarono prevalentemente sulla furia cieca. Raggiunse la cucina in appena due falcate sicura ormai di trovare lì suo marito, mentre passava in rassegna più volte, nel giro di pochi millesimi di secondo, alcuni metodi efficaci per riuscire a disintegrarlo; e oltrepassò la soglia della porta con la fermezza di un intero esercito saiyan, assumendo una posa intimidatoria che avrebbe fatto tremare perfino Freezer.
Dopo appena una frazione di secondo si bloccò. Tutta la sua determinazione svanì in una bolla di sapone e si tramutò in un'espressione esitante e vagamente confusa. Strizzò gli occhi un paio di volte, come a sincerarsi di aver visto esattamente ciò che aveva visto, ma questo sembrò paradossalmente confonderla ancora di più.
“Vegeta?” mormorò con un tono incredulo e quasi intimorito. La sua voce tradì un'evidente incertezza. “Che stai facendo?”

Il principe dei saiyan sedeva su una delle sedie accanto al tavolo, davanti a sé un cosciotto ora ridotto all'osso e una bottiglietta di plastica verde, il cui contenuto era stato svuotato della metà. Lo sguardo era fisso al suolo, dove un tappo dello stesso colore della bottiglia giaceva al momento immobile. Non era il solo a studiare l'oggetto, una palla di pelo dal manto nero lo stava fissando con altrettanta concentrazione.
Tama, il gatto di casa, allungò una zampa e toccò il tappo, per osservarlo muoversi. Gli diede poi un altro piccolo colpetto, facendolo scivolare accanto al piede di Vegeta. Questi osservò la scena in silenzio e con un piccolo gesto fece slittare il tappo verso il felino, che lo seguì con i suoi grandi occhi vispi. Come aveva fatto la prima volta, Tama allungò la zampina per verificare le capacità motorie dell'oggetto. “Non lo vedi da sola?” disse il principe rivolto alla moglie, senza guardarla. Il tappo tornò accanto alla punta della sua scarpa appena un secondo dopo e Vegeta gli diede un nuovo colpetto, osservando per l'ennesima volta la reazione del gatto.
La reazione di Bulma fu, per certi versi, simile a quella del gatto. Restò ammutolita qualche momento osservando la scena e, dopo aver appurato quello che stava realmente guardando, la sua mente brillante cominciò a passare in rassegna ogni possibile scenario in cui Vegeta, il principe dei guerrieri saiyan, avrebbe potuto intrattenere un animale domestico senza che questo preannunciasse come minimo la fine del mondo o una disgrazia peggiore. Non ne trovò alcuno.
“Ehm...” si schiarì la voce prendendo tempo e cercando di scegliere le parole con cura. “Scusami... ma stai...” non poteva credere che gli stesse davvero facendo quella domanda. “giocando con Tama?”


Il gatto, sentendo il proprio nome e interpretando la cosa come un invito ad unirsi alla conversazione, miagolò convinto delle sue idee e colpì il tappo con una zampata più vigorosa, mandandolo a finire sotto il tavolo. Il principe ne seguì la traiettoria con lo sguardo, chinando il capo per osservare il punto esatto in cui era finito. Tama miagolò una seconda volta, come fosse un invito a rimediare al problema, e Vegeta studiò ancora una volta il felino, per poi tornare a concentrarsi sul tappo. “È ovvio” rispose vago, dando un ennesimo calcio al giocattolo, che slittò sul pavimento fin troppo lucido e raggiunse e superò l'ingresso della cucina. Saiyan e gatto non distolsero mai lo sguardo, mentre Bulma cominciò a chiedersi dove e quando aveva sbattuto la testa così violentemente da aver perso i sensi. Perché non poteva esserci altra spiegazione.



CONTINUA…



Storia scritta a quattro mani in anni di lavoro (sì... anni!) e finalmente abbiamo deciso di pubblicarla. Nel ringraziarvi per aver letto il primo capitolo ci auguriamo che vogliate seguire anche i prossimi. (non temete saranno pochi, non ci vorranno anni per leggerli! XD)




  
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