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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    06/05/2019    0 recensioni
[Fic per il compleanno di Rufy][Polyship][Modern!AU]
Certo, l'aveva incontrato un paio di volte, la prima quando Ace stesso aveva accompagnato Rufy a casa loro per una cena informale e un film, ed era rimasto colpito dal suo sguardo assassino – a metà tra Hannibal Lecter e Billy, la marionetta di Saw – che gli aveva riservato non appena Rufy, sceso di volata dall'auto, gli si era gettato addosso rischiando di soffocarlo; Sanji, che a qualunque richiamo a una possibile famiglia biologica scappava a gambe levate imprecando in tutte le lingue che conosceva, aveva provato una strana gelosia nel vedere quello sguardo, che identificava come dettato dalla preoccupazione e dal desiderio di sapere che una persona a cui si tiene stia bene.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nico Robin, Portuguese D. Ace, Sanji
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fandom: One Piece
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Mugiwara no Ichimi, Portgas D. Ace
Tipologia:
Flash-fic
Genere:
Slice of Life, Sentimentale
Avvertimenti: Polyship, Modern!AU, menzione di omofobia
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Scritta per il compleanno di Monkey D. Rufy (5/5)

 

A HEART BIG ENOUGH TO LOVE YOU ALL

 

Quando Sanji aprì la porta dell'appartamento che divideva da anni con i suoi amici di sempre, si aspettava di vedere il brutto muso di Zoro, arrabbiato perché ci aveva messo troppo a uscire dalla cucina per accoglierlo a casa; quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere era il viso livido di rabbia di Ace.

Sanji non conosceva bene Ace, sapeva che era il fratello maggiore di Rufy – quel piccolo, dannato fulmine iperattivo che si era rubato il suo cuore e quello di tutti gli altri e che non voleva lasciarli andare neppure sotto tortura -, l'iperprotettivo e ossessionato fratello dell'ultima aggiunta al loro piccolo cluster.

Certo, l'aveva incontrato un paio di volte, la prima quando Ace stesso aveva accompagnato Rufy a casa loro per una cena informale e un film, ed era rimasto colpito dal suo sguardo assassino – a metà tra Hannibal Lecter e Billy, la marionetta di Saw – che gli aveva riservato non appena Rufy, sceso di volata dall'auto, gli si era gettato addosso rischiando di soffocarlo; Sanji, che a qualunque richiamo a una possibile famiglia biologica scappava a gambe levate imprecando in tutte le lingue che conosceva, aveva provato una strana gelosia nel vedere quello sguardo, che identificava come dettato dalla preoccupazione e dal desiderio di sapere che una persona a cui si tiene stia bene.

L'aveva incontrato una seconda volta, all'uscita dall'università, quando lui e Nami erano andati a trovare Rufy per invitarlo a venire da loro quella sera, ma già a quel punto i rapporti si erano distesi al punto che Ace aveva perfino scambiato due parole con loro, parole che – fortunatamente – non erano minacce di morte.

Tuttavia, trovarselo sulla porta di casa non era qualcosa che si sarebbe aspettato e già la sua mente era partita in quarta, elaborando possibili scenari catastrofici che riguardavano Rufy: altrimenti perché Ace si sarebbe scomodato a venire fin lì?

Sanji lo osservò meglio, notandolo bagnato per la pioggia e visibilmente ansimante.

Mosso un passo di lato, gli fece cenno di entrare e, senza dire una parola, sparì in bagno per procurarsi degli asciugamani puliti da offrirgli; una volta radunati, ritornò nell'ampio open space che formava parte della zona giorno della loro casa e lo trovò in piedi davanti alla porta, chiusa alle sue spalle, ma altrimenti immobile.

«Tieni, rischi di prenderti un raffreddore altrimenti. Metto su una tazza di tè intanto.»

«Non è necessario.»

«Decido io cos'è necessario e comunque Rufy mi ucciderebbe se sapesse che non ti ho accolto a dovere.»

«Allora grazie.»

La preparazione durò pochissimi minuti, complice anche l'acqua ancora calda dentro il bollitore, e in breve era di nuovo nell'open space, con in mano un vassoio che portava due tazze, una teiera e alcuni biscotti; Ace si era seduto sul divano e continuava a sfregarsi i capelli nel tentativo di asciugarli il più possibile. Accettò di buon grado la tazza di Sanji e, seppur tremando – se di freddo o altro Sanji non riusciva a capirlo del tutto -, ne buttò giù un sorso cauto.

La sensazione di calore gli arrivò fino alla punta dei piedi, rilassandolo un poco.

«Che è successo, Ace? Non per passare come maleducato ma è raro vederti qui e sembri sconvolto. Cos'è Rufy ha dimenticato a casa il cellulare e non sapevi come raggiungerlo?» forse era stato un po' brusco ma Sanji cominciava seriamente a preoccuparsi per la situazione.

«No, cioè… L'ho sentito poco fa e speravo fosse già arrivato qui, mi ha detto che ha chiamato Robin-san… Ah, che situazione.»

Robin?

«Hai detto Robin-chan? Ma Robin-chan oggi è…»

«Sì, è in università mentre Rufy dovrebbe essere al lavoro. Ma deve essere successo qualcosa e Robin-san ha detto che sarebbe uscita prima per andare a prenderlo. Ma visto che ho cercato più volte di contattare entrambi senza successo, sono venuto qui di corsa.»

Sanji non ebbe neppure il tempo di riorganizzare i propri pensieri che, in quel momento, la porta di casa si aprì con uno schiocco della serratura e, nella luce del pianerottolo, apparvero le ombre di Robin, più alta, e di Rufy, più minuta e stretta a quella della donna più anziana.

In un attimo, Sanji e Ace furono in piedi e davanti a loro: sotto il loro sguardo preoccupato, Rufy teneva lo sguardo basso mentre Robin gli cingeva le spalle con fare protettivo e l'aria assassina di Mata Hari in missione.

«Ace-san, potresti accompagnare Rufy nella stanza di Zoro e fargli indossare un pigiama pulito? Rufy sa la strada.»

Gettatosi sul fratello, Ace strinse a sé il più giovane prima di sparire entrambi nel corridoio buio che portava alle camere da letto, lasciando i due amici in mezzo alla stanza a fissarsi, comunicando silenziosamente con lo sguardo.

Senza dire nulla, Robin prese Sanji per il polso con delicatezza e lo guidò al divano; si sedette per prima, facendo cenno al biondo di imitarla subito dopo. Lui obbedì e, con la schiena contro il bracciolo, la guardò negli occhi, chiedendole, quasi supplicandola, di dargli una spiegazione.

«Rufy-kun mi ha chiamata.» iniziò lei mentre intrecciava le mani in grembo: «Sembrava strano, mi ha chiesto cosa significasse una certa parola, no, non la ripeterò, non se riferita a Rufy-kun, e alla mia richiesta di spiegazioni mi ha chiesto di andare a prenderlo al lavoro e portarlo qui, non voleva vedere Ace-san. Da quel poco che sono riuscita a capire, un suo kohai all'università è andato a trovarlo al lavoro e ha visto la nostra foto a Disneyland sul suo cellulare, ha visto… la foto con te e Zoro-kun.»

Ora tutto cominciava ad avere un senso ma ciò non significava che la rabbia di Sanji diminuisse.

Anzi, se possibile, era soltanto aumentata.

Dopo aver tirato fuori dalla tasca il proprio cellulare, con un vago sorriso a illuminargli il viso nel vedere la stessa foto di cui parlava poco prima Robin-chan ammiccargli dallo schermo del dispositivo – ricordava la sensazione delle proprie labbra sulla guancia di Rufy e lo sguardo di sfida che si era scambiato con Zoro, che gli stava di fronte, a imitare il suo stesso gesto sull'altra guancia del ragazzo più giovane.

Una delle giornate più belle che Sanji avesse mai vissuto, doveva ammetterlo, insieme senza dover nascondere neppure un gesto d'amore tra i numerosi che avevano condiviso tra loro in quella giornata.

Dopo aver aperto la finestra di una chat privata di gruppo, scrisse soltanto «Tornate a casa. Problemi con Rufy.»

In pochi secondi, i sei assenti risposero con un lapidario e univoco «Arriviamo.»

Fu in quel momento che Ace ritornò, senza Rufy: «Si è addormentato, mi ha raccontato tutto. E ho una voglia enorme di spaccare la faccia a quel bastardo che ha osato chiamare «checca» il mio fratellino.» disse lui con voce strozzata e l'espressione di chi desiderava vendetta.

Robin guardò Sanji, che era impallidito, e scoccò un'occhiataccia a Ace, il quale tuttavia non ci diede alcun peso, impegnato com'era a dare pugni violenti e furibondi al cuscino più vicino.

«Gli altri stanno tornando a casa, appena saranno qui ne parleremo e troveremo una soluzione tutti insieme. Ace-san, noi abbiamo a cuore il benessere di Rufy-kun e questo evento non resterà impunito, è una promessa.» Robin posò una mano sul polso di Ace nel tentativo di calmarlo; tuttavia, questi la respinse, continuando la propria aggressione al cuscino: «Oh, ma non la passerà liscia. Nessuno può insultare Rufy e chiunque lui abbia deciso sia degno del suo affetto.»

«Pensavo non ti piacessimo, Ace.»

«Non ho mai detto nulla di tutto questo, Sanji-san. Siete meglio di tanti altri, e comunque l'unica cosa che mi preme è che nessuno gli faccia del male, per il resto le sue relazioni sono affare suo e di nessun altro, e di sicuro non mio.»

A quelle parole, la tensione nello stomaco di Sanji si attenuò un poco mentre Robin sorrideva gentile all'indirizzo di Ace; ben presto gli altri sarebbero tornati, avrebbero parlato e trovato la maniera più adeguata per punire il responsabile.

Ma prima, Sanji aveva una cosa da fare.

Alzatosi dal divano, il giovane cuoco si stiracchiò prima di dirigersi verso la zona notte dell'appartamento: «Chiamatemi quando arrivano gli altri, io vado da lui.»

   
 
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