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Autore: EcateC    07/05/2019    3 recensioni
Erano trascorsi quattro mesi. Quattro mesi da quando Grindelwald aveva rivelato a Credence di essere un Silente e quattro mesi da quando Queenie aveva iniziato a vivere con loro nell'austero castello di Nurmengard. Molte cose erano cambiate, ma l'indecifrabilità di Grindelwald era sempre la stessa: Queenie non riusciva a carpirgli nemmeno l'eco di un pensiero. Ma se la mente del mago oscuro era inespugnabile, i suoi occhi ne tradivano i segreti.
Ipotetico proseguo dei "Crimini di Grindelwald" (tra i personaggi ci sono anche: Queenie Goldstein, Vinda Rosier e Credence/Aurelius).
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Castello di Nurmengard, 1927

 

 

-È un grande piacere e un grande onore con lei, signor Grindelwald-

-Dammi del tu- lo corresse Gellert -Come ti chiami?-

-Michael-

-Ti fidi di me, Michael?-

-Certo, signore- gli sorrise dolcemente. Gellert allora gli puntò la bacchetta di Sambuco e, in un attimo, il ragazzo cambiò fisionomia. I suoi capelli castani si colorarono di rosso scuro, gli occhi acquisirono un vivace color celeste e la sua carnagione si fece più pallida, la figura più mingherlina.

Il marchettaro si guardò allo specchio, curioso. I suoi connotati infatti erano completamente mutati, anche se restavano quelli di un giovanotto della sua età.

-Carino- giudicò, accarezzandosi i capelli -Spero che sia almeno maggiorenne- scherzò.

-Non parlare, vieni qui- gli ordinò il mago oscuro -Subito-

Quel finto e giovane Albus gli si avvicinò con un sorriso lascivo e si sedette a cavalcioni su di lui, pronto a soddisfarlo. Ma il mago oscuro esitò. Lo guardò e gli accarezzò entrambe le guance, con una tale dolcezza da farlo arrossire.

-Chi è costui, signor Grindelwald?- si lasciò sfuggire il giovane, intenerito.

-Ti ho detto di non parlare- lo confutò e poi lo baciò

 

 

Pochi minuti dopo, Queenie Goldstein uscì dal maniero e si rifugiò in cortile, per non essere costretta ad ascoltare i pensieri sconci e gli ansiti di gioia del nuovo ospite.

Si sedette su una panchina, incurante del pungente freddo austriaco e degli uccelli rapaci appollaiati sugli alberi. Si era portata un blocco da disegno e una matita per distrarsi, ma a stento riusciva a stringerla tra le dita.

Il castello dei Grindelwald infatti era isolato e si trovava proprio in cima a un monte, sopra a un dirupo scosceso, e senza dubbio soddisfaceva la sete di silenzio e l’insolita voglia di solitudine della Legilimens.

Ella era molto cambiata durante quei pochi mesi passati a Nurmengard. I suoi capelli, un tempo arricciati a boccolo, erano mosci e sbiaditi, bizzarramente più scuri come se riflettessero il suo stato d’animo. Da quando si era unita a Grindelwald, infatti, Queenie non sorrideva più. Viveva in quell’enorme e isolato maniero con lui e Credence… o meglio, Aurelius, e passava le giornate a leggere i pensieri degli alleati o di chi si professava tale, informando Grindelwald delle loro reali intenzioni.

Quest’ultimo la trattava con gentilezza e pareva cordiale, ma Queenie sapeva che sorte le sarebbe toccata se l’avesse tradito o sfidato, lo sapeva bene e ne era terrorizzata.

Credence invece non sembrava particolarmente preoccupato a causa di Gellert. Da quando aveva la bacchetta non faceva altro che sfogare i suoi poteri ed esercitarsi in duelli amatoriali contro Vinda Rosier.

Migliorava giorno dopo giorno e ormai aveva imparato a maneggiare la sua nuova bacchetta con più padronanza e perizia di lei. E d’altronde Grindelwald aveva molto a cuore l’istruzione e la maturazione magica di Credence, ma non certo perché si era affezionato a lui. Solo Queenie, nella sua completa disillusione, era consapevole di essere una semplice pedina, un’arma, un burattino nelle mani del mago oscuro. Vinda e Aurelius non avevano ben colto questo aspetto, abbagliati com’erano dalla gentilezza e dal fascino amichevole Gellert.

Eppure, a Queenie era tutto perfettamente chiaro: egli voleva semplicemente addestrarli per poterli usare contro il suo nemico giurato.

“Devi essere pronto, Aurelius, coraggioso nell’attaccare e scattante nel difenderti. Il nostro nemico è potente, più di quanto puoi immaginare”

Il nemico, Albus Silente.

Gellert lo temeva, parlava di lui come se fosse il male incarnato in una persona e aveva fatto talmente tanto di quel terrorismo che Credence e Vinda Rosier si erano preparati per fronteggiare un mostro, non uno stimato e benvoluto professore di Hogwarts.

Però Queenie aveva una domanda, che le ronzava in testa da molto, troppo tempo. Lei era abituata a conoscere subito i segreti delle persone, a soddisfare ogni sua curiosità, e per questo restare all’oscuro di qualcosa la metteva a disagio, non le dava pace. Ciò accadeva ogni giorno con Grindelwald, perché con lui i suoi poteri da Legilimens non funzionavano. Il mago oscuro era una fortezza inespugnabile, un Occlumante provetto che non lasciava trasparire nemmeno un’emozione. Solo sorrisi freddi e sguardi indecifrabili… Ma era, o meglio, fingeva di essere gentile. Forse Credence e Vinda si erano affezionati a lui proprio perché non avevano la predisposizione di Queenie nel leggere le persone e nel comprenderle. Soprattutto Vinda, che non perdeva d’occhio il mago oscuro nemmeno un istante. Queenie si era pigramente domandata se dietro quella loro complicità ci fosse del tenero, ma non trovò risposte soddisfacenti né nella strega, né tanto meno nel mago. E poi, a dire il vero, non è che gliene importasse poi tanto.

C’era un’altra cosa che voleva sapere, ben più importante…

-Perché ti occorre Aurelius per sfidare Albus Silente?- gli domandò, un pomeriggio che rimasero soli -Tu sei più potente di lui, perché non te ne occupi tu stesso?-

A quella domanda, Gellert rimase un momento immobile, ma poi sollevò lo sguardo, irritato. A Queenie si gelò il sangue nelle vene.

-Certe domande eccedono la curiosità e rasentano la sfrontatezza, signorina Goldstein- le sibilò, ostile.

-Chiedo scusa, io… Non volevo risultare sfacciata- si giustificò, arrossendo -Volevo solo capire-

-Meglio per te restare all’oscuro- le rispose criptico e poi si massaggiò la testa -Ti aspetto a cena-

Queenie lo guardò incamminarsi, senza l’ardire di aggiungere altro. Ma le era chiaro, Grindelwald nascondeva qualcosa…

-Ah, un’altra cosa- aggiunse il mago -Riferisci a Vinda di passare in camera mia. È piuttosto urgente-

-Certo- rispose a suo malgrado, osservandolo uscire dalla porta.

“Urgente…” si ritrovò a pensare, scettica.
 


 

Vinda Rosier era tanto bella quanto odiosa.

Bellissima senza dubbio, elegante ancor di più, ma falsa come una moneta da tre galeoni.

Queenie non la sopportava. Odiava il suo modo di fare, così altero e supponente, odiava il suo accento francese, che sembrava celare sempre una nota di disprezzo verso gli altri, e in generale odiava lei e i suoi atteggiamenti. Si dava arie da gran duchessa e stava seduta a tavola come se fosse una regina e, se anche fingeva di essere gentile, non risultava comunque credibile.

Senza contare che era un’assassina a servizio di Grindelwald, ma un’etichetta di siffatta gravità passava quasi in secondo piano dentro quel bellissimo maniero, dove erano tutti assassini eccetto lei e Credence.

Queenie comunque obbedì a Gellert e si incamminò verso la sala principale, che era stata sgombrata e resa una sorta di piattaforma per i duelli di magia. Credence e Vinda dovevano trovarsi lì, suppose, e infatti già dalle scale iniziò a sentire i pensieri battaglieri di Credence e quelli competitivi della strega. Aprì le ampie porte e si fece coraggio.

-Scusate- esordì imbarazzata, interrompendo i due duellanti -Vinda, lui ti aspetta in camera sua- la informò Queenie con voce atona, senza inflessioni. La Rosier sorrise, Credence abbassò lo sguardo.

-Tres bien- le rispose in francese, sciogliendosi la coda da cavallo -Cosa ha detto?-

-Questo- fece Queenie con ovvietà, guardandola come se fosse stupida -Che ti aspetta in camera sua-

-E non ha aggiunto altro?- la imboccò, ricambiando il suo sguardo insolente.

-Urgentemente-

-Ecco- le rispose Vinda, piccata -Direi che è un dettaglio importante da dire-

Queenie alzò gli occhi al cielo. Fece per andarsene via, ma la strega oscura la fermò con un’ultima domanda.

-Ti è parso nervoso?- le sussurrò, con una punta di agitazione. La Legilimens si voltò, stupita.

-No… Non mi è sembrato- le rispose, attenta -Perché? Va tutto bene?-

-Certo- rispose subito la mora, forzando un sorriso.

“Non si direbbe…” pensò Queenie, osservandola mentre raccattava la sua roba con la magia.

-Ti costringe a fare cose che non vuoi?- le chiese Queenie, spinta da un’improvvisa quanto inutile premura. La bella Rosier rimase turbata solo un istante, perchè subito dopo scoppiò a ridere.

-Non c’è niente da ridere- esclamò subito Queenie, imbarazzata.

-Fai la stessa domanda ad Aurelius e vedrai che riderà anche lui- ribatté Vinda, indicando il ragazzo con uno sguardo malizioso.

Queenie si sentì arrossire e la osservò andare via con i pugni chiusi.

Quanto la odiava.

-Per… Per cosa dovrei ridere, scusa?- balbettò timidamente Credence, guardando Queenie di sottecchi.

 


 

Credence Barebone aveva seri problemi a relazionarsi con gli altri, a Gellert era più che chiaro. Il ragazzo viveva in uno stato di ansia costante, era patologicamente timido e timoroso di sbagliare, e questo naturalmente si riversava negativamente nelle sue doti magiche. Senza contare che aveva un bisogno d’affetto che rasentava il patetico. Gli ricordava quei cani randagi che, se accarezzati una volta, cominciavano a pedinare il benefattore senza più mollarlo.

Credence ora era proprio così, appiccicoso e bisognoso. Grindelwald avrebbe tanto voluto scrollarselo di dosso proprio come aveva fatto con Antonio, il povero Chupacabra che aveva defenestrato dalla carrozza in volo il giorno della sua evasione, ma non poteva, Credence gli serviva.

Ma acquistare la sua fiducia e abbattere la barriera della sua insicurezza non era facile, anche perché il ragazzo celava una palese vena omosessuale, di cui era probabilmente incosciente e che rendeva le cose ancora più complicate. Perciò la pazienza, i gesti affettuosi e l’empatia erano tutto con uno come lui. Gellert doveva giocarselo bene, plasmarlo come creta per fare di lui l’arma che avrebbe sconfitto e magari ucciso il traditore.

Quest’ultimo non avrebbe potuto competere col potere atomico che gli Obscuriali, creature speciali e maledette, racchiudevano in se stesse. Il suo nemico non avrebbe avuto scampo, si sarebbe chinato ai suoi piedi e gli avrebbe baciato gli stivali, implorandogli pietà.

Grindelwald fremette al solo pensiero. La sola idea di prostrare il suo potente nemico in modo sia fisico che spirituale bastava per eccitarlo di voglia e trionfo.

Ma prima di trionfare, doveva fare in modo che tutto andasse secondo i piani. Prima di tutto doveva soggiogare Credence, rendersi indispensabile, mentirgli, ingannarlo, fare qualsiasi cosa pur di tramutarlo in un servo fedele e devoto, a costo di calarsi -ma soprattutto calargli- i pantaloni. E a conti fatti non sarebbe stato neanche così terribile, preferiva impalare Aurelius che infilare la testa tra le gambe di Vinda, ma per la gloria e il potere era disposto a fare questo e altro, perfino… Perfino

Senza volerlo Grindelwald interruppe il flusso dei propri crudeli pensieri.

No, non riusciva nemmeno a pensarlo.

E odiava questo suo lato di sé, così fragile e debole, perché giunto a questo punto non doveva più provare pietà per Albus. Passino il desiderio fisico e la voglia di possederlo, ma non poteva rammaricarsi al pensiero di ucciderlo o all'idea che fosse lui a detenere il pendente del loro patto di sangue. Non doveva temere che… “Lo avrebbe distrutto? Sarebbe arrivato a tanto?”

Timori di varia natura presero ad agitare il mago oscuro. Alcuni erano comprensibili, altri davvero stupidi e molli, degni di una donnetta. Ma l’idea che Albus distruggesse quel ciondolo, che lui aveva amato e custodito come una reliquia, era paragonabile a un’impietosa stilettata nel cuore. Una delusione cocente, dolorosa come un tradimento e umiliante come un rifiuto, che avrebbe posto definitivamente la parola “fine” a ciò che erano stati.

Distruggere il loro ciondolo sarebbe stato come un disconoscimento, una ritrattazione del passato e dei suoi dolorosi, meravigliosi ricordi.

No, Albus non avrebbe avuto il coraggio di farlo. Gellert lo conosceva, Albus era un sentimentale, un romantico, non avrebbe mai annientato un pegno d’amore come quello. Naturalmente, Gellert cercava di auto convincersi che la  preoccupazione per la sorte del ciondolo fosse data dal timore che, una volta distrutto, loro avrebbero dovuto affrontarsi come due comuni nemici e non come due nemici legati da una magia d’amore, e come tali impossibilitati a uccidersi.

Non lo rattristava l’idea di non essergli più legato dal patto, cercava di ripetersi. Quella era una romanticheria degna di Albus e meno male che lui, Gellert, era sempre stato superiore a queste sciocchezze…

Proprio in quel momento Vinda bussò delicatamente alla sua porta, elettrizzata. Sentì un flebile “prego” provenire dall’interno, perciò aprì e avanzò. Grindelwald aveva un’espressione incupita e lo sguardo fisso nel vuoto, con il fidato narghilè a forma di teschio sul tavolo.

-Ciao, Gellert- lo salutò in modo informale, avida di confidenza -Queenie mi ha detto che mi cercavi-

-È così- soggiunse il mago, alzando lo sguardo su di lei -Come va il ragazzo?-

La strega alzò leggermente le spalle e gli si avvicinò -Hm, fa progressi, ma è ancora… Come dire…-

-Bloccato?- l’anticipò lui.

-Sì, non riesce a lasciarsi andare. Ma sta migliorando, e comunque devo darti ragione, ha un grande potenziale-

-Certo che ce l’ha- le disse, più sgarbato del solito -Forse sei tu che non riesci a metterlo a suo agio-

Vinda gli sorrise e ancheggiò verso di lui con andatura felina. Si guardò intorno e poi si piegò sul suo orecchio.

-Credo- gli sussurrò, compiaciuta di tanta intimità -Credo che lui sia… Gay-  

-Non mi dire!- la beffeggiò, fingendosi sconvolto -Ma che indecenza!-

Lei ridacchiò -Davvero, mi vergogno io per lui-

Gellert le afferrò saldamente la vita e la fece sedere su di sé -Mi chiedo come farei se non ci fossi tu-

-Je t’aime- ansimò Vinda, baciandolo con passione, senza sapere che lui odiava il francese quasi quanto odiava Parigi.

 

 


 


Il tavolo era lungo e stretto, finemente imbandito per la cena. Queenie e Credence si sedevano sempre vicini durante i pasti, si spalleggiavano silenziosamente e si cercavano con lo sguardo, come due anime buone finite per sbaglio negli inferi.

-Guarda, Gellert, siamo ancora sulle prime pagine di tutti i giornali- esordì Vinda Rosier con l’erre moscia e il tipico accento francese -Non fanno altro che parlare di noi-

Grindelwald le sorrise -Uno dei tanti prezzi da pagare, la notorietà-

Non che a lui dispiacesse poi tanto essere in prima pagina.

-Oh, che notizia bizzarra- continuò Vinda, col giornale alla mano -Pare che un babbano sia stato sotto l’influsso della pozione Filtroamore per quasi un anno-

Gellert alzò le sopracciglia, mentre Queenie e Credence si scambiarono uno sguardo, sconvolti. La Legilimens si vergognò subito per quel breve incanto amoroso che aveva lanciato a Jacob.

-Dove è successo, cara?-

-Vicino a Londra, Gellert- cinguettò Vinda

-Ah, questi londinesi!- esclamò il mago oscuro, divertito -Sanno essere davvero spassosi-

-Sì, e pensa che è nato anche un bambino- 

-Povera creatura- pronosticò lui -Avrà una vita complicata…-

-Si-Signor Grindelwald?- lo interruppe timidamente Credence, sempre ricurvo nelle spalle e sempre sulle spine.

Sia Gellert che Vinda si voltarono verso di lui, ma con due espressioni diverse: Gellert aveva uno sguardo quasi paterno, quello di Vinda era palesemente infastidito.

-Dimmi, Aurelius- lo invitò a parlare, sorridendogli incoraggiante.

Credence deglutì -C’è… C’è una mia amica che avrebbe bisogno del tuo aiuto-

-Ah, sì?- domandò Girndelwald, fintamente interessato

-Sì, in realtà l'hai già conosciuta, si chiama Nagini e… Ecco, c’è una maledizione che la opprime dalla nascita- continuò Credence, a disagio come al solito -E lei crede… Noi crediamo che tu abbia le capacità per spezzarla-

Grindelwald annuì, freddo -La fiducia che mi riponete, mi lusinga- disse mellifluo -Portala da me-

Credence, forse per la prima volta nella sua vita, fece un sorriso -Grazie, signor Grindelwald-

Gellert ricambiò il suo sorriso e poi si voltò verso Queenie, che lo stava fissando con un’espressione indecifrabile.

-Come mai non mangi, signorina Goldstein?- le si rivolse gentilmente.

-Non ho appetito- rispose lei, piatta.

Lui la guardò negli occhi e lei ricambiò il suo sguardo, dando inizio al duello.

La Legilimens rabbrividì. Silenzio totale, non sentiva nemmeno un suono nella mente schermata di Grindelwald, neanche una vaga, lontana forma di pensiero. Si sforzò a tal punto da stringere i pugni sotto il tavolo. Non le era mai successo di non riuscire a leggere il pensiero di una persona nemmeno sotto sforzo. Queenie non resistette più e spezzò il contatto visivo, arrendendosi implicitamente.  Gellert sorrise e si rilassò.

-Sentito niente?- le domandò, pur sapendo già la risposta.

-Non un fiato- ammise Queenie, con gli occhi fissi nel piatto.

-Ottimo- rispose lui, pago di compiacimento, e Vinda si congratulò.

-Gellert, prima o poi mi dovrai insegnare come riuscirci!- civettò col suo accento francese, appoggiando il mento sulla mano.

-Certe abilità non si possono insegnare, o le hai o non le hai. Queenie le ha- ammiccò, alzando il calice verso la strega bionda, che gli accennò un sorriso.

Vinda avvampò e fulminò Queenie con lo sguardo.

-Oh, come si è fatto tardi, cara Vinda…- continuò Gellert, guardando il suo conta ore magico -Non voglio privare il signor Rosier della sua dolce consorte troppo a lungo-

Vinda forzò un sorriso e si alzò in piedi, rigida -Certo, suppongo sia meglio tornare da mio marito- gli diede ragione, malvolentieri -Ci vediamo domani, Gellert?-

-Mi trovi qui- le disse semplicemente.

-Ciao, Vinda..- la salutò Queenie, beccandosi un sorriso velenoso come risposta.

A Queenie non sfuggì il modo in cui Vinda si accarezzava e copriva il grembo con un braccio: era incinta.

-Mi congedo anche io- esclamò Gellert, alzandosi elegantemente in piedi. Credence lo imitò subito -Voi potete anche restare, se gradite-

-No, no, grazie. Vado- ne approfittò subito Queenie -Sono molto stanca-

-Allora riposati, mia cara. E anche tu- si rivolse dolcemente a Credence, sfiorandogli il viso -Mio prezioso amico-
Il giovane naturalmente arrossì e sorrise, talmente lusingato che non gli sovvenne neppure di rispondergli. Queenie invece scosse la testa e roteò gli occhi. Grindelwald era proprio un furbacchione.


 


 

“NO! ARIANA!”

Queenie si svegliò di soprassalto. L’urlo straziante di un giovane l’aveva destata in malo modo.

-Lumus- pronunciò tremante, scattando a sedere sul letto con le orecchie tese. Il cuore le batteva forsennatamente, la mano che impugnava la bacchetta quasi le tremava.

Cercò di calmarsi e di trovare una spiegazione rassicurante, le doleva infatti pensare che fossero i lamenti e le grida dei prigionieri di Grindelwald. Che fosse Credence che stava facendo un incubo…? A volte le era capitato di svegliarsi in piena notte a causa dei sogni di Tina o dei pensieri preoccupati di sua madre, ma mai in modo così brusco e doloroso.

Ma poi chi era quest’Ariana?

“NON MI TOCCARE! VATTENE VIA!” gridò di nuovo la stessa voce di ragazzo, squartandole i timpanila giovane Legilimens strinse i denti e si tappò le orecchie con le mani “TI ODIO!”

-BASTA- implorò pietà, quelle grida che sembravano volerle trapanare il cervello -Basta, vi prego, basta!-

Queenie iniziò a singhiozzare, disperata.

Fortunatamente, il silenziò tornò e ammantò di calma ma anche di inquietudine la sua camera. Tese le orecchie, ma non riuscì a cogliere nessun’altra voce. Evidentemente, era stato davvero un incubo di Credence, o magari di un altro ospite.

Queenie fece un bel respiro e spense la punta della bacchetta; si sdraiò di malavoglia, cercando di riprendere sonno.

Ma come chiuse gli occhi, la voce giovanile di prima spezzò la quiete, ma questa volta lo fece dolcemente, senza urlare o disperarsi.

“Muffa e pesce avariato. Grazie mille, Gell” lo sentì esclamare in modo ovattato, ma anche rimbombante, come se fosse dentro a una caverna “Come al solito mi lasci sempre i gusti migliori”

Queenie si alzò a sedere, confusa e spaventata, senza capire. Non era la voce di Credence, quella. Ma chi diavolo era entrato nel castello di Grindelwald, per Merlino? Intirizzita dal freddo, si alzò e socchiuse la porta. Quella voce di ragazzo divenne subito più acuta e alta.

“…Oh, Gell, lascia che ti presenti Elphias Doge, un mio vecchio amico nonché compagno di scorribande notturne a Hogwarts”

-Elphias Doge?- si ripeté la giovane Legilimens. Lo aveva già sentito prima d'ora, era un illustre avvocato. Ma cosa...

“…Ti amo, ti amo da stare male”

Queenie smise subito di pensare e dischiuse le labbra, ascoltando involontariamente quei gemiti equivoci.

“…Gell! Oh, Gellert…”

La ragazza si alzò dal letto e, scalza, uscì dalla sua camera e scese i gelidi gradini di marmo del castello. E poi, dalla tromba delle scale vide Grindelwald, inginocchiato di fronte a uno strano oggetto, simile a un piccolo lavabo di pietra decorato con rune e altri simboli strani. Esso era pieno di una sostanza argentata e viscosa che ricordava vagamente gelatina liquida, la stessa sostanza che Gellert si prelevava dalle tempie con la Bacchetta di Sambuco. Queenie rimase sbalordita, erano quei pensieri argentati che gridavano, e c’erano anche delle immagini. Intravide solo un istante il sorriso di un giovane dai capelli rossicci, perché Grindelwald si voltò verso di lei e le puntò contro i suoi occhi eterocromi.

Queenie trattenne il fiato dalla paura e corse subito via, più veloce che poté. Si fiondò subito in camera sua, entrò col cuore in gola e fece una fattura per chiudere la porta a chiave. Era conscia che non sarebbe servito a nulla, che ci voleva ben altro che una stupida fattura per fermare un mago come Gellert Grindelwald, solo che non le era occorso niente di meglio. Abbassò la bacchetta ma come si voltò, si trovò il volto di Gellert a un palmo dal suo naso, proprio come in un brutto incubo.

La ragazza urlò, indietreggiando fino a sbattere sulla porta.

-Signorina Goldstein- esclamò il mago, avanzando verso di lei con le mani dietro alla schiena -Non ti ha mai detto nessuno che è da villani origliare i pensieri altrui?-

-In verità me l’hanno detto tante volte- gli rispose lei con le spalle al muro, spaventata a morte.

-Cosa hai sentito?- le domandò, severo.

-Niente di importante, una serie di frasi disconnesse- gli rispose subito Queenie, sinceramente -Su caramelle, e…-

-…E?-

-Niente di importante, sul serio. Stavo dormendo e le voci mi hanno svegliato-

Gellert la fissò con astio e freddezza, ma poi abbassò lo sguardo.

-Va bene- accondiscese, oltrepassandola e aprendo semplicemente la porta, come se non ci fosse stato alcun incantesimo di clausura -Parlane con qualcuno e io ti ucciderò. Una serena notte-

-Perché?- lo fermò Queenie -Chi era quel ragazzo?-

Il mago si bloccò sulla soglia e la ragazza temette di aver compiuto un altro errore. Ma quando lo vide, rimase stupita. Sembrava addolorato.

-Lui?- chiese -Niente di che-

 

 

 

Qualche ora più tardi, a Hogwarts.

 

 

Stava diventando un’ossessione, una droga. 

Albus non poteva più farne a meno, ne era diventato dipendente, doveva vederlo. E più passavano i giorni, più lui si avvicinava di un passo, fino a quando non arrivò ad aderire alla superficie riflettente con tutto il corpo. Voleva immergersi in quello Specchio, sparirci dentro e non tornare mai più.

Le sue lacrime calde cozzarono contro quella superficie di cristallo, le sue mani strette a pugno la colpirono disperatamente, mentre dall’altra parte del riflesso, Grindelwald lo fissava con la fronte premuta contro il vetro e lo sguardo dolcemente pentito.

Dolce, bianco e d’oro come un angelo.

Il ciondolo a due punte, che stava stringendo, gli ferì la mano e macchiò di sangue la lettera poc'anzi ricevuta, ma egli non se ne curò.

Nel momento in cui baciò la superficie fredda e liscia, toccò il fondo e rinsavì. L’incanto maledetto si spezzò quasi all’improvviso, Albus si allontanò con angoscia dall’influsso oscuro dello Specchio delle Brame, con una mano sulla bocca per la vergogna e la disperazione.

Si allontanò, bruciando con la magia la lettera che aveva ricevuto la mattina stessa:

 

Unisciti a me.

Io sarò la mente, ma tu sii il mio cuore e la mia anima, la mia coscienza, il mio lato migliore.

Ti amo e ti venero,
G.

 

Il finto riflesso di Gellert intanto lo osservava andare via, dispiaciuto, triste, come se fosse stato davvero lì.

Stava diventando un’ossessione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note
Ehi, ciao a tutti :)
Questa storiella vorrebbe essere un seguito ai “Crimini di Grindelwald” visto che l’uscita del terzo film è stato rimandata di circa un secolo… Vorrei solo farvi notare la differenza tra il rapporto che c’è tra Vinda e Gellert e quello che c’è tra Bellatrix e Voldemort. Gellert considera Vinda meno di zero ma la tratta gentilmente e le dà tante soddisfazioni, Voldemort al contrario tiene tanto in considerazione Bella ma la tratta con estrema freddezza (anche se noi sappiamo che alla fine riceve qualche soddisfazioncina pure Bella😏). Trovo sia un parallelismo interessante, sono due situazioni opposte ma speculari. 
Naturalmente, il babbano incantato con la Filtroamore è Tom Riddle Senior e Queenie riesce a sentire i pensieri di Gellert nel momento in cui egli se ne separa, scoprendoli dalla protezione della sua occlumanzia.
So che avrei dovuto pubblicarla nel fandom di Animali Fantastici, ma quel fandom è davvero poco frequentato... Per cui la faccio passare prima qui e poi magari la sposto. Il titolo, infine, è preso da una citazione di Alfred Douglas (Bosie), amante storico di Oscar Wilde.
Credo di avere detto tutto. A presto,

Ecate

   
 
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