69
Risvegli
Il
boato
era stato fortissimo, così come la luce. Ary, che si stava
azzuffando in un
gruppetto di demoni relativamente distanti dal punto
d’impatto del fulmine con
il corpo del re, fu sbalzato all’indietro. Per qualche
istante, udì solo un
fortissimo fischio alle orecchie e intravide diavoli che correvano a
caso.
“Keros!”
gridò, preoccupato.
Non
aveva
capito che cosa fosse successo, cosa stesse succedendo. Gli aggressori
si disperdevano,
qualcuno gridava. Ricominciò ad udire altri suoni, oltre a
quel fischio
fastidioso. Udiva le sirene, della polizia o forse
dell’ambulanza. O erano i
vigili del fuoco? Erano fiamme? Era forse esploso qualcosa?
“Riesci
ad alzarti?” si sentì chiedere, probabilmente da
qualcuno che aveva ripetuto
quella frase un sacco di volte prima che Ary lo sentisse.
“Cosa
è
successo?” chiese l’anima speciale, scuotendo la
testa e rialzandosi
lentamente.
“Un
fulmine ha colpito Lucifero”.
“Che…?”.
“Devi
tornare a casa, di corsa. Presto qui sarà pieno di umani e
dovrai giustificare
sangue, segni di lotta e le fiamme. Io me la svigno. Vieni con
me?”.
Arikien
capì
solo in quel momento di avere davanti a sé Alukah.
“Non
posso andare all’Inferno” rispose “Devo
tornare a casa mia. Ci sono i bambini
là e non posso lasciarli da soli”.
“Capisco.
Vieni con me allora. In fretta!”.
Ancora
confuso,
Ary seguì Alukah lungo le scale antincendio. I demoni
stavano tutti fuggendo,
gli angeli si erano già ritirati in Cielo.
“Dov’è
Keros?” gridò l’uomo, continuando a
correre.
“Non
preoccuparti per lui” lo rassicurò Alukah
“Lui è il principe. Di sicuro Asmodeo
o altri alti ufficiali e generali lo hanno già riportato a
casa senza dargli
modo di protestare. È la procedura in caso di
emergenza”.
“Capisco…
Ma sai se sta bene? E Lucifero?”.
“Non
so
nulla. So solo che devi muoverti. Arrivano gli umani!”.
“Sì,
ma…”.
“Cristo,
muoviti! Non vorrai mica farti arrestare?!”.
Arikien
chiuse
la bocca ed accelerò il passo, lungo i vicoli. Albeggiava, e
molti mortali
stavano accorrendo sul posto. Elicotteri, poliziotti,
volanti… E molte luci si
stavano accendendo nelle stanze dei grattacieli che circondavano
quell’edificio
in fiamme.
“Salite!”
ordinò qualcuno.
Girandosi,
videro Mefistofele a bordo di un’auto
sportiva con aerografato sul cofano il logo del locale che gestiva il
demone.
“Grazie,
fratello” ghignò Alukah “La strada la
conosci”.
Insieme,
si allontanarono in fretta da quel
luogo e raggiunsero la casa di Arikien, dove i vari bambini
mezzodemoniaci lo
attendevano con apprensione.
“Che
casino abbiamo fatto” ridacchiò
Mefistofele “Queste sì che sono belle
serate!”.
“Ogni
tanto ci sta anche bene…” ammise Alukah
“Ma
non tanto spesso. Sono vecchio per certe cose!”.
“No,
non sei vecchio. Abbiamo la stessa età! È che
stai diventando ciccione e sedentario, non riesci più a
correre come un tempo,
ammettilo. Ma non perché sei vecchio, ma perché
ti sei pappato troppi umani!”.
“Stronzo”
rise il vampiro, salutando Ary e
congedandosi.
Rimasto
solo, il padrone di casa ci mise un po’
per calmarsi. Non era abituato a simili botte di adrenalina e corse
improvvise!
Tentò invano di contattare Keros per buona parte della
giornata, senza ottenere
risposta. Poi, la sera seguente, un giovane messaggero bussò
alla sua porta.
“Vostra
altezza vi attende” si limitò a dire
“Seguitemi,
voi ed i piccoli”.
L’urlo
di
Lucifero era stato udito distintamente per tutto l’Inferno.
La rabbia, il
dolore e lo strazio avevano fatto vibrare le pareti degli Inferi e
tremare i
suoi occupanti. L’oscuro signore delle tenebre si era
ritrovato fra le mura del
proprio palazzo, avvolto dalle spine delle rose nere. La luce accecante
del
fulmine aveva, per pochi secondi illuminato quel mondo solitamente
buio. Il sangue
colò sui fiori, donando loro un’inquietante
sfumatura. Gli altri demoni, dopo i
momenti di panico ed immobilità, accorsero appresso al
proprio sovrano. Questi lanciò
un altro grido, provando un fortissimo dolore, e si agitò
per liberarsi dalle
spine che lo avvolgevano. Provocandosi ulteriore dolore e ferite,
illuminò lo
sguardo per la rabbia e nessuno dei presenti riuscì in alcun
modo a porre fine
a quell’agitazione. Fortunatamente, Leonore corse lungo le
scale e raggiunse il
giardino. Con i capelli biondi lasciati lunghi sulle spalle,
l’abito bianco che
terminava con un lunghissimo strascico e gli occhi lucidi per
l’apprensione, fu
in pochi minuti accanto al suo amato.
“Amor
mio!” lo chiamò.
L’udire
quella voce, nel buio della cecità momentanea provocata
dalla folgore, calmò
immediatamente il re. Si trascinò fuori dai rovi e
accasciò fra le braccia di
lei, inginocchiata e di cui ora la veste si tingeva di rosso sangue.
Keros
si
risvegliò piuttosto stordito. Le orecchie gli dolevano e
fischiavano, per via
del forte rumore provocato dal tuono. Inoltre, la testa gli pulsava e
faticava
a capire quanto successo. Steso, iniziò a comprendere dove
si trovasse: era
nella propria camera all'Inferno. Ed era da solo. Allungò la
mano per azionare
il dispositivo che richiamava i servi. Dovette attendere solo qualche
minuto
prima che comparisse Simadè sulla porta.
“Siete
sveglio. Buongiorno!” salutò il servitore, con
sollievo.
“Sai
fornirmi una spiegazione riguardo alla mia condizione
attuale?” biascicò Keros,
rimanendo disteso.
“Avete
perso i sensi e siete stato riportato qui".
“Perso
i
sensi? Perché?”.
“Suppongo
per il forte rumore provocato dalla saetta".
Il
principe alzò un sopracciglio.
“Non
ricordate?” suppose Simadè.
“Non
proprio. Che ho fatto ieri sera?”.
“Da
quel
che mi hanno detto, avete sparato ad un demone, vi siete ubriacato e
poi siete
svenuto dopo che un fulmine ha colpito Lucifero".
“È
tutto
molto vago…”.
“Probabilmente
perché eravate sbronzo, altezza".
“Già…”.
Il
mezzodemone si alzò a sedere, passandosi una mano sul viso.
“Vi
porto
qualcosa per farvi stare meglio?” propose il servo.
“Ma…
che
è successo dopo? Come sta il re? Ed Ary
dov'è?”.
“L'arconte
Arikien è stato riportato a casa propria, come da sua
richiesta. Doveva
occuparsi dei bambini, a quanto pare. Riguardo al sovrano, non so dirvi
molto. Il
guaritore Furcas voleva parlare con Voi, una volta sveglio”.
Keros
mugugnò qualcosa. La testa gli doleva e si sentiva ancora
intontito. Si fece
aiutare per vestirsi e fece cercare Furcas. Il dottore era lieto di
vedere il
principe in piedi, anche se con una faccia non molto sveglia.
“Ho
un
ottimo antidoto per il doposbornia, altezza” propose il
guaritore e Keros mugugnò
qualcosa di incomprensibile.
“Dimmi
come sta il re. E non alzare troppo la voce, ho mal di testa”.
“Vostra
maestà
Lucifero è momentaneamente a riposo forzato. Anche se brama
uccidere, sbudellare
e via discorrendo, è meglio che eviti lo stress. Gli ho
somministrato una
pozione per farlo dormire, dormire parecchio. Per dare modo al cuore di
riprendersi dalla scossa, comprendete?”.
“Comprendo.
Ma non è grave, quindi?”.
“Non
può
alzarsi ed andare a ballare una giga, se è questo che volete
sapere. Anche se
lui vorrebbe. L’ho sedato, e per un po’
dovrà stare tranquillo. Mi pare quindi
d’obbligo suggerire un momentaneo cambio di sovrano, onde
evitare lo stress ed
il nervosismo eccessivi”.
“In
poche
parole, passi a me la palla. L’avevo intuito.
L’anello con il sigillo lo ha
Azazel?”.
“Sì,
altezza. Permettetemi però di offrirvi qualcosa per rendervi
più…”.
“Presentabile?
Fa niente. Un po’ di trucco e sembrerò una
superstar. Mi rassicura sapere che
il re sta bene”.
“E
voi? Ci
sentite bene? La vista? Il fulmine non ha provocato danni?”.
“Mi
fischiano un po’ le orecchie. Ma passerà,
suppongo. La vista mi sembra normale.
In caso, ti farò sapere. Grazie…”.
Dopo
aver
recuperato il sigillo regale da Azazel, Keros chiamò a
sé Simadè e Lilith. Grazie
alle loro mani, ne era certo, il proprio aspetto principesco e
scomposto
diventasse degno del sovrano degli Inferi.
“Mandate
a chiamare Arikien” ordinò poi “Con
tutti i bambini”.
Non
sapeva dire per quanto tempo era rimasto privo di sensi. Quando
aprì gli occhi,
Lucifero fu davvero felice di udire la voce di Leonore che cantava. La
vista
offuscata, la mente confusa, sovrapposero la figura di lei e quella di
Sophia.
“Sophia…”
mormorò e lei sorrise.
“Che
bello vederti di nuovo sveglio” rispose la donna.
Toccandosi
il petto, il sovrano percepì bende e dolore. In un momento,
alla mente gli balenò
quanto successo e scattò, ritrovandosi seduto e con il
respiro affannato. In un
ringhio sommesso, si sentì di nuovo bruciare di rabbia e
sofferenza.
“Calmati.
Sei tornato a casa. Sei tornato da me” mormorò
Leonore, avvicinandosi e
sfiorandone la mano.
“Cos’è
questo
rumore?” domandò lui, con voce roca
“Sento delle voci. Molte voci”.
“È
il tuo
popolo che ti acclama” sorrise ancora lei “La voce
della folgore divina si è
sparsa per l’intero regno. E tutti sono pronti ad adorarti,
unico e degno
sovrano in grado di sfidare e provocare Dio, senza temere la sua
punizione. L’unico
in grado di strappare il figlio di Mihael e l’angelo
prediletto dal Paradiso”.
“Angelo
prediletto… un tempo ero io, dicevano…”.
“Chissà.
Magari
lo sei ancora. Io credo che Dio ti ami tantissimo”.
Lucifero
alzò un sopracciglio, perplesso e lievemente irritato.
“Bevi”
offrì lei, porgendo una ciotola “Furcas ha detto
che dovevo fartelo mandar giù
tu, appena ti svegliavi”.
“Dall’odore,
fa schifo”.
“Serve
ad
attenuare il dolore”.
Il
re obbedì,
riluttante. Fece una smorfia, disgustato.
“Perdonami.
Ti ho chiamata di nuovo Sophia” sospirò poi,
tornando ad appoggiarsi sul cuscino.
“Puoi
chiamarmi come preferisci. I nomi sono solo lettere, cambiano nel
tempo…”.
“Sì,
ma…”.
“Sciocco.
Sciocco fratello che ancora non capisce” rise Leonore e
Lucifero si chiese se
per caso stava impazzendo.
“Che
cosa
non capisco?”.
“Non
capisci
proprio? Oppure la sai, la verità. Secondo me lo sai. Tu
sai… sai chi sono. Sai
chi siamo. Eppure a volte la tua mente non ha dubbi”.
“A
volte…”.
“Sempre.
Io
sono qui e ci sarò sempre, amor mio. Gli angeli non muoiono.
Gli angeli
ritornano. Ed io sono qui, per te. Avevo timore, timore che Dio potesse
portarti via. Ma ora ho capito che non c’è nulla
che possa fare. Io sono nata
per te, io sono stata creata per te ed assieme a te. E tu sei nato per
me,
creato assieme a me. Lucifero, fratello mio…”.
“Tu…
tu
sei veramente Sophia?! Ma come…?!”.
“All’inizio
non lo sapevo. Ma durante la gravidanza ho acquisito lentamente sempre
più coscienza.
E quel fulmine mi ha risvegliata definitivamente”.
Il
re
aprì la bocca, come a voler dire qualcosa, senza trovare le
parole.
“Mi
prendi in giro?” disse poi “Sto
sognando?”.
“No.
Per questo
dico che Dio ti ama molto. Perché sei qui. Ti ha riportato
da me. Il tuo posto
è qui, accanto a me. Assieme a nostro figlio”.
“Sei
tu
sei qui, sei veramente qui, allora Dio dev’essere davvero
molto geloso. Ecco il
motivo del fulmine nel petto. Spera forse di distruggere il mio cuore.
Ma il
mio cuore… non mi appartiene più”.
Leonore
dedicò
un bacio al re, sfiorando le ferite con le dita. Questo donò
un immediato
sollievo a Lucifero, che ricambiò il bacio.
“Questo,
allora, appartiene a te…” commentò il
sovrano, infilando l’anello di Sophia al
dito di Leonore “Che tu sia davvero la mia amata sorella
tornata in vita, o un’umana
divenuta demone per generare mio figlio, vorrei che lo
indossassi”.
“Io
sono
entrambe le cose, mio signore!” sorrise lei, con una
scintilla dorata negli
occhi.
Preparatevi
a qualche altro piccolo cambiamento! Ringrazio per tutte le recensioni ai capitoli precedenti. Purtroppo ho qualche problema con le risposte (il sito non mi carica le risposte dal cel). Cercherò di risolvere presto. Grazie a tutti :3
A presto!!