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Autore: Abby_da_Edoras    07/05/2019    6 recensioni
Con questa long fic vado a infastidire anche la prima stagione della serie TV "I Medici", ma per un buon motivo: come sempre, salvare la vita ai personaggi che mi sono piaciuti e, anche in questo caso, uso la tecnica della leggerezza, della parodia, e inserisco un personaggio originale, Giovanni Uberti, il cui prestavolto è l'attore che interpreta Jeremy Gilbert in The Vampire Diaries (non c'entra niente, ma mi piaceva!). Dunque, Giovanni arriva a Firenze per motivi tutti suoi, personali e familiari, e si troverà suo malgrado proprio nel bel mezzo delle lotte intestine tra Medici e Albizzi. Nonostante all'inizio non voglia assolutamente farsi coinvolgere, poi si troverà fin troppo coinvolto! E sarà lieto fine per tutti, perché io scrivo per questo.
Voglio mettere in chiaro che in questa storia mi ispiro esclusivamente alla serie TV e che non voglio minimamente arrecare offesa a qualunque personaggio storico venga nominato. Per le parti relative agli Uberti e alla loro storia, mi ispiro al romanzo "Il Cavaliere del giglio" di Carla Maria Russo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I
Genere: Angst, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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NON MI AVETE FATTO NIENTE

Capitolo primo

 

Non mi avete fatto niente
Non mi avete tolto niente
Questa è la mia vita che va avanti
Oltre tutto, oltre la gente
Non mi avete fatto niente
Non avete avuto niente
Perché tutto va oltre le vostre inutili guerre
Ma contro ogni terrore che ostacola il cammino
Il mondo si rialza col sorriso di un bambino…

(“Non mi avete fatto niente” – Ermal Meta, Fabrizio Moro)

 

Il ragazzo era giunto a Firenze il giorno prima e adesso si trovava davanti alla Cattedrale incompiuta di Santa Maria del Fiore. Era incantato dalle dimensioni di quella chiesa, dalla sua bellezza ed eleganza e… si chiedeva perché accidenti non l’avessero finita di costruire! Senza la cupola, di sicuro non era agibile, a meno che non la usassero d’estate per fare le celebrazioni religiose al fresco!

Tuttavia non era per ammirare la Cattedrale che era venuto a Firenze, bensì per incontrare Cosimo de’ Medici. Sarebbe dovuto pur passare da quelle parti e lui ne avrebbe approfittato per parlargli.

Il problema, caso mai, era un altro: lui conosceva il Medici di fama, certo, ma non lo aveva mai visto in vita sua, come avrebbe fatto a riconoscerlo, se pure gli fosse passato davanti? A questo non aveva pensato, quando era partito da casa sua, a Siena… Beh, pensò, era l’uomo più importante di Firenze, in qualche modo si sarebbe fatto notare più degli altri, no?

Il giovane aveva visto giusto, o magari fu solo questione di fortuna. Qualche minuto più tardi vide passare proprio davanti alla Cattedrale un uomo elegante, dall’aspetto austero, accompagnato da un ragazzo. L’uomo si fermò e indicò al giovane che lo accompagnava qualcosa in alto, dove ci sarebbe dovuta essere la cupola, dicendo qualcosa che il nostro protagonista non riuscì a udire. Poi un altro uomo passò accanto ai due e li salutò.

“Buongiorno, Messer Medici, buongiorno, Messer Piero” disse il passante, con un sorriso, e i due ricambiarono cortesemente il saluto.

Il cuore balzò nel petto del giovane: eccolo, era quello Cosimo de’ Medici, e il ragazzo doveva essere suo figlio… Sorrise. Piero doveva avere più o meno la sua età.

Il ragazzo si fece ardito e si incamminò deciso verso Cosimo.

“Buongiorno, Messer Medici. Potrei scambiare una parola con voi, per favore?” gli domandò.

Cosimo, sorpreso, si fermò a guardare il giovane sconosciuto che gli aveva parlato. Era davvero molto giovane, un ragazzo di non più di sedici o diciassette anni, vestito con abiti semplici ma ordinati e puliti. Occhi e capelli castani e un volto aperto, che ispirava fiducia. Il rapido esame di Cosimo promosse il giovane interlocutore e il Medici si mostrò disponibile ad ascoltarlo.

“Vorrei sapere prima il tuo nome, ragazzo, poi potremo parlare” rispose.

“Mi chiamo Giovanni, Messere, Giovanni...” e qui ci fu una rapida esitazione, che però non sfuggì a Cosimo. Insomma, non stava conquistando il potere a Firenze facendo la figura del fesso! “Giovanni Ranieri. Sono giunto a Firenze proprio ieri da Siena e desideravo molto incontrarvi.”

Da come Cosimo lo fissava, Giovanni si rese conto di non essere credibile proprio per niente e quindi cercò di rimediare, finendo per incartarsi ancora di più.

“Mio padre mi parlava molto bene di voi, nutriva una grande stima nei vostri confronti, Messer Medici, diceva sempre che avreste fatto grandi cose per Firenze e… beh, io ho pensato che sarebbe stato bello poter lavorare per voi, per questo sono venuto” proseguì il ragazzo, intuendo vagamente che la sua posizione era sempre meno solida. “Lui è morto due mesi fa e io non avevo ragione di rimanere a Siena.”

“Non hai nessun altro della tua famiglia?” gli chiese il Medici, continuando a scrutarlo.

“Mia madre è andata a vivere con il mio fratello maggiore, Lapo, che a Mantova è capitano delle guardie, e gli altri miei due fratelli seguono la carriera militare a Verona” rispose Giovanni, “ma io volevo venire a Firenze. Ho sognato di Firenze per tutta la vita, grazie ai racconti di mio padre e di mio nonno e…”

S’interruppe, a un tratto timoroso di aver detto fin troppo.

“Tuo padre e tuo nonno erano di Firenze, quindi” riprese Cosimo che sì, gli stava facendo il terzo grado, ma aveva ben ragione di sospettare in quel clima di tensioni e intrighi e anche un ragazzino apparentemente innocente come quello poteva essere inviato da qualche nemico.

“Tutti noi siamo di Firenze” replicò il ragazzo, con un lampo fiero nello sguardo, che subito cercò di nascondere. “Cioè, i nostri antenati erano di Firenze e…”

Quelle parole inaspettate incuriosirono Cosimo che decise di scoprire di più su quello strano ragazzo, però prima preferì allontanare il figlio e mandarlo a casa, al sicuro. Insomma, non si poteva mai dire, magari era un attentatore in erba!

“Piero, aspettami a palazzo, io ti raggiungerò presto” disse. Il giovane avrebbe voluto protestare, si era incuriosito anche lui e voleva capirci di più sulla storia di quello sconosciuto che aveva rimorchiato suo padre davanti alla Cattedrale, ma dovette obbedire.

“Dunque tu sei venuto a Firenze perché i tuoi antenati erano di qui” ricapitolò Cosimo, “e adesso vorresti metterti al servizio della famiglia Medici?”

Di nuovo quel lampo fiero negli occhi del ragazzo, che proprio non ce la faceva a dissimulare più di tanto quando venivano toccati certi argomenti…

“Io non sono al servizio di nessuno! Vorrei lavorare per voi, come un impiegato della vostra Banca, ad esempio, perché ammiro quello che state facendo per Firenze e…”

“Va bene, ragazzo, cerchiamo di parlarci chiaro. Questo non è un buon momento per Firenze, il lavoro manca per tutti, la gente finisce per strada a causa delle tasse imposte per la guerra contro Lucca” spiegò Cosimo. “Non capisco perché dovrei dare lavoro a uno sconosciuto che non mi dice nemmeno la verità.”

Beh, era vero che i Medici aiutavano il popolo e che Cosimo stesso, quasi vent’anni prima, aveva raccolto dalla strada Marco Bello facendone poi il suo uomo di fiducia, ma a tutto c’era un limite!

Giovanni trasse un lungo sospiro e chinò il capo.

“Io non vi ho mentito, Messer Medici” disse, “è vero che la mia famiglia è originaria di Firenze e che mio padre e mio nonno ammiravano tutto ciò che voi e vostro padre avete fatto per la città. E’ vero che i miei fratelli e mia madre sono andati a vivere a Mantova e a Verona e che io, invece, ho inseguito il sogno che ho sempre avuto e sono venuto a Firenze. Spero che voi mi possiate aiutare, Messer Medici.”

“Potremmo cominciare da una cosa molto semplice: il tuo nome è veramente Giovanni Ranieri?” lo incalzò Cosimo. Da un lato era ancora sospettoso, dall’altro, però, il coraggio del ragazzo lo aveva colpito: rimasto solo, era venuto a Firenze per inseguire il suo sogno, cosa che lui non aveva avuto modo di fare alla sua età.

“Io… non proprio” ammise il giovane. “Io mi chiamo Giovanni, sì, ma Ranieri era il nome di mio padre. Si chiamava come un suo antenato, un valoroso capitano delle milizie fiorentine. Non ero sicuro di poter dire il nome della mia famiglia perché per tanto tempo è stato un nome che a Firenze non si poteva nemmeno pronunciare, ma adesso io sono sicuro che, con voi, le cose potranno cambiare!”

Ora il Medici sembrava più confuso che sospettoso.

“Un capitano delle milizie fiorentine? Ranieri? Non è un nome che conosco…”

“Perché è più noto come Neri” riprese Giovanni, e c’era di nuovo quella luce di orgoglio nei suoi occhi. “Neri degli Uberti, il fratello del grande condottiero Farinata… e da Farinata degli Uberti discende la mia famiglia, ecco.”

Questa rivelazione scombussolò non poco Cosimo. Era vero, la famiglia Uberti era stata una delle più antiche e nobili famiglie fiorentine del Duecento, ma poi era stata sconfitta dai suoi avversari politici (tra cui c’erano anche i Pazzi, quelli ci sono sempre, alla fine!), i possedimenti confiscati e distrutti, i discendenti perseguitati e costretti all’esilio, perfino le spoglie mortali di Farinata e di sua moglie Adaleta erano state profanate e i guelfi vincitori si erano impegnati a distruggere la loro memoria. Non c’era da stupirsi che, anche dopo tanti anni, il ragazzo temesse una reazione negativa.

Oddio, a quanto pareva non è che a Firenze i bei tempi antichi fossero poi tanto diversi da quelli in cui si trovava a vivere Cosimo con la sua famiglia!

Tuttavia, almeno per quanto riguardava gli Uberti, le cose erano cambiate: non c’erano più le divisioni tra guelfi e ghibellini (in compenso c’erano tante altre cospirazioni e trame non meno torbide, ma vabbè…) e negli ultimi anni a Firenze il nome di Farinata degli Uberti, la sua nobiltà d’animo e il suo impegno al concilio di Empoli per la salvezza della sua città, che i rivali volevano radere al suolo, erano state riconosciute e onorate. E lui stesso, Cosimo de’ Medici, ammirava quella figura e spesso si ispirava a lui nel suo impegno per evitare altre guerre civili a Firenze. *

“Tu dunque sei un Uberti” commentò, comprendendo adesso perché il giovane apparisse così dignitoso pur in abiti semplici e la motivazione della fierezza che spesso illuminava il suo sguardo. “Ma perché volevi parlare con me? Come potrei aiutarti?”

“Messer Medici, la vostra famiglia è in ascesa a Firenze e il vostro prestigio e potere crescono ogni giorno” replicò Giovanni, con veemenza. “Sono convinto che, se voi parlaste in favore della mia famiglia e dei miei antenati, gli Uberti tornerebbero ad essere rispettati nella nostra città.”

“Credo che tu mi stia attribuendo un potere che non possiedo, ragazzo” disse Cosimo, adesso intenerito da Giovanni e dal suo zelo per il nome della sua famiglia, “tuttavia cercherò di accontentarti, sebbene questo non sia davvero un momento favorevole per Firenze. Ma penseremo a una cosa per volta. Hai un posto dove alloggiare?”

“Potrei dormire in una locanda, come ho fatto stanotte. Per il resto… sapete che i palazzi degli Uberti sono stati rasi al suolo e sulle rovine ci hanno costruito il vostro Palazzo dei Priori, no?”

Giovanni aveva pronunciato quelle parole con una punta di ironia, ma Cosimo poté scorgere la malinconia nei suoi occhi.

“Molto bene, Giovanni, allora sarai ospite a Palazzo Medici!” concluse Cosimo.

Ecco, come avevo detto, a lui piaceva raccattare la gente dalla strada… era fatto così!

Ma la collaborazione tra Medici e Uberti avrebbe portato vantaggi a entrambi, anche se ancora non potevano saperlo… e, in un periodo di grande crisi a Firenze, il giovane discendente degli Uberti si sarebbe adoperato per smorzare le faide che ancora una volta infiammavano la città, proprio come aveva tentato di fare il suo illustre antenato circa centocinquant’anni prima!

Fine capitolo primo

 

 

 

* Questa è una mia “licenza poetica”, non ho idea di cosa Cosimo de’ Medici pensasse di Farinata degli Uberti. So comunque che il granduca Cosimo, suo discendente, aveva a palazzo un suo ritratto e per questo ho pensato che la famiglia Medici avesse stima e ammirazione per la figura del nobile fiorentino.

 

 

 

 

 

 

   
 
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