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Autore: Cromatic Angel    08/05/2019    0 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1

 

Tutti noi abbiamo un passato, un trascorso, qualcosa su cui riflettere e pensare ‘e se avessi fatto cosi?’, ma sappiamo bene che con i se e con i ma non è andato avanti mai nessuno. Ma sento la necessità di dover trascrivere quei pensieri che mi attanagliano la mente, come se una morsa tenesse intrappolato il mio cervello e questo non riuscisse a pensare ad altro che a quella cosa, così intensamente da ritenere ogni altro svago inutile e logorante, perché l’unica cosa che la mia anima vuole è risolvere i nodi che pervadono la mia mente e riportarmi lì dove tutto ebbe inizio per trovare una soluzione a questa orrenda sensazione. 

Ma forse è meglio iniziare dal principio.

 

 

 

Un anno prima

 

Riffer è una cittadina che non ha grandi attrazioni, ma il suo asso nella manica è la festa medievale di ottobre, organizzata ai piedi del castello che rende particolare questo posto dimenticato da Dio nel cuore dell’Inghilterra. Ricordo ancora il primo giorno che vi misi piede, avevo solo ventitré anni e volevo soltanto rintanarmi in quella cittadina per scrivere il mio libro. A Londra non riuscivo a concentrarmi, troppe distrazioni, troppe amicizie e forse anche sbagliate. Quindi feci bagagli e con il benestare di papà mi rifugiai nella nostra casa disastrata di Riffer. A distanza di sei mesi ancora la puzza di chiuso non è del tutto svanita, ma è forse la cosa più familiare che io abbia qui oltre al mio computer perennemente in carica che aspetta che io continui a scrivere quel maledetto libro, se avessi saputo quanto sarebbe stato difficile trasformare le mie fantasie in parole non avrei mai comunicato al mondo intero di questa mia decisione «Ho deciso» gridai scendendo le scale di casa e dirigendomi in cucina dai miei genitori «voglio diventare una scrittrice». Ricordo lo sguardo dubbioso di mio padre mentre versava il vino rosso nei calici « Ne sei certa?» mi rispose lui riponendo il tappo di sughero all’interno della cavità della bottiglia di vetro « Si papà. » abbozzai un sorriso; lui sollevò lo sguardo e puntò i suoi occhi prima su mia mamma e poi li spostò su di me e sorridendomi alzò il calice « Alla tua! Che possa essere la tua strada».

Mio padre mi ha sempre spronata ad essere me stessa in ogni cosa, senza pensare ai giudizi altrui, lui che era stato sempre giudicato dalla sua famiglia, lui che aveva sfidato tutto e tutti per realizzare ciò che aveva sempre sognato, ma questa è un’altra storia.

Torniamo alla mia fantastica idea di vivere in un luogo che faceva mille anime in croce.

Ogni mattina, dopo aver preso il caffè, indossavo la mia tenuta da corsa, legavo i capelli in una stretta coda e con le cuffie incastonate alle orecchie andavo a correre nel bosco vicino casa, liberavo la mente da ogni inutile pensiero, così tornata nella mia momentanea dimora mi sarei catapultata a scrivere qualcosa. Magari fosse mai successo una volta.

Nonostante quella routine mattutina non funzionasse a nulla, ero solita a ripercorrerla ogni giorno, come se ci fosse qualcosa in quei movimenti che mi facesse sentire me stessa, come se l’odore di umidità che si legava all’erba e alle chiome degli alberi mi connettesse a qualcosa che non riesco ancora a spiegare, ma ero certa che quella sensazione, quella corsa mi servisse per andare avanti. Lo so, sembra sciocco, ma forse una connessione c’era e forse solo adesso riesco a capirla.

 

 

 

 

Oggi

 

Il suono del campanello interrompe la mia scrittura, mi alzo quasi scocciata e porto con me la tazza di latte e caffè e sbuffo al pensiero che possa essere ancora Milly, la vicina che ha perso per l’ennesima volta Fò il suo gatto ultracentenario. Non guardo nemmeno dallo spioncino e non chiedo chi sia, certa che si tratti di quella strana nonnina della porta accanto. Tolgo il gancio e apro « Buongiorno!» mi saluta un signore bassino vestito di giallo che ha con sé un pacco « Buongiorno…» rispondo incerta inarcando un sopracciglio « Rebekka Khan?» mi chiede ed io annuisco incapace di proferire parola, mi cede il pacco chiedendomi di firmare una ricevuta, mi saluta ed io chiudo la porta con un gesto automatico, fissando quel pacco come se non ne avessi mai visto uno. Corro al tavolo e sposto il computer, poso il pacco e lo apro « Non è possibile» sussurrò tirando fuori una confezione di rose secche profumate. La mia mente si ferma, si atrofizza quasi. Giro il pacco e cerco la conferma ai miei pensieri e la trovo lì, nel mittente ed è in quell’istante che una lacrima riga il mio viso.

 

 

Un anno prima

 

Ero stufa di stare sempre a casa senza scrivere. Mi alzai dalla sedia e abbandonai il computer al suo destino, quello di continuare ad impolverarsi lì sul tavolo. Presi le chiavi di casa e mi avviai verso il centro di Riffer. Mi ero resa conto che in sei mesi non avevo visitato quella città, che sembrava più un paesino gigante. Forse così mi sarebbe venuta qualche idea. Mi accorsi di quante locande e negozietti particolari esistessero lì, poi l’occhio mi cadde in una piccola bottega che produceva roba artigianale. Aveva una vetrina allettante, piena di candele, saponi di ogni colore, dall’interno si vedeva una luce fioca che rendeva suggestivo ancora di più il posto, ed inoltre la porta in legno mi fece pensare a quelle osterie medievali che ormai si vedono solo nei film. Mi decisi ad entrare, una campanella suonò non appena aprì la porta ed un mix di odori delicati colpirono il mio olfatto, che ci mise un paio di secondi ad abituarsi a quei profumi. Il negozio era vuoto, quasi mi venne il dubbio che fosse chiuso, ma la porta era aperta quindi mi tranquillizzai subito. «Buongiorno» quasi urlai, sperando che sbucasse fuori qualcuno, ma nulla. Bene, ero sola. Decisi di dare un’occhiata ugualmente, l’errore non era mio, avrebbero dovuto chiudere la porta qualora si fossero allontanati, ma alla fine pensai che in una città così piccola si conoscessero tutti e che non vi era alcun motivo di essere così preoccupati, oppure il proprietario era solo nascosto da qualche parte. «Posso aiutarla?» chiese qualcuno alle mie spalle facendomi sussultare e di scatto feci cadere la candela che avevo in mano. Mi voltai impaurita e due occhi verdi mi fissavano, senza alcuna espressione « Oddio, perdonami!» mi chinai per raccogliere la candela «Pensavo fossi sola, non rispondeva nessuno» spiegai nervosamente e forse diventai pure rossa in viso « Ero nel retro a sistemare delle cose » sorrise ed una fossetta segnò la sua guancia sinistra; gli porsi la candela « Devi acquistarla ?» mi chiese corrugando la fronte « Oh» non sapevo cosa rispondere ero ancora scossa « No no, stavo solo annusando le candele, c’è un profumo così delicato che non riesco a capire da dove arrivi, pensavo fosse quella candela lì» dissi come a giustificarmi, ma poi per cosa? Non stavo rubando « È forse questo?» Si voltò per prendere qualcosa dietro di lui per poi porgermi un piccolo pacchetto trasparente e fui catturata di nuovo da quel profumo « Si!» risposi sorridendo e lui ricambiò « Le faccio io, le coltivo, le faccio seccare e poi » mi fissò scrutando nei miei occhi scuri « il resto è un segreto » sorrise. 

« Vorrei acquistarle» dissi prendendogli il pacchetto dalle mani «Perfetto allora» mi rispose e andò dietro il bancone dove vi era la cassa. Pagai e feci per andarmene «Se può interessarti domani c’è la fiera qui in piazza, metterò altri campioni…se vuoi passare » I suoi occhi verdi avevano uno strano colore alla luce che filtrava dalle vetrine e solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse alto « Oh, fantastico allora» sorrisi senza riuscire a guardarlo dritto negli occhi. «A domani allora» mi aprì la porta ed io uscì senza voltarmi stringendo al petto quel pacchetto di rose profumate e dirigendomi a casa con passo svelto senza capire quel senso di vuoto allo stomaco.

  
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