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Autore: MissAdler    08/05/2019    12 recensioni
Benedict e Martin hanno avuto una storia d'amore diversi anni fa, finita poco prima del matrimonio con Sophie. Dopo liti, parole pesanti e silenzi interminabili, un'intervista di Martin smuove definitivamente qualcosa nel cuore di Ben.
Perché, in fondo, loro quel filo non l'hanno mai reciso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Martin Freeman
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere o dell'orientamento sessuale di Cumberbatch e Freeman, nè tantomeno offenderli in alcun modo.  

 

Rating del capitolo: verde

   

We've been through this such a long long time
Just tryin' to kill the pain
But lovers always come and lovers always go
And no one's really sure who's lettin' go today
Walking away 
   
 

If we could take the time to lay it on the line
I could rest my head
Just knowin' that you were mine
All mine


Guns N' Roses

Londra, aprile 2019


 

La sua voce è tranquilla, chiara e pulita, non trema, né esita minimamente.

La chimica tra voi, gli hanno chiesto proprio questo. E per un istante sei stato tu a tremare, sotto quel maglione troppo largo, che ti arriva a metà coscia.

“Alquanto rara”.

La sua risposta ti ha costretto ad abbassare lo sguardo e a prenderti la testa tra le mani, nascondendo una smorfia che ti deforma il volto scarno riducendoti ad una maschera di cartapesta.

Ti scivolano le cuffiette sulle ginocchia e alzi lo sguardo quel tanto da scorgere Sophie al tavolo della cucina, intenta a spizzicare un sandwich di tofu e carote.

Non si è accorta dei tuoi occhi lucidi e arrossati, non ti sta guardando, nemmeno ora che recupera borsa e soprabito ed esce frettolosamente, senza una parola, lasciandoti solo ad ascoltare il ticchettio dei suoi tacchi risuonare sul pianerottolo e sulle scale, farsi più lieve sul marciapiede e svanire del tutto all'interno di un taxi.

Inspiri come se potessi immagazzinare ogni molecola d'ossigeno nella stanza, perché ne hai bisogno, perché quando c'è lei non riesci a respirare, non come vorresti. Come se ti sentissi in colpa ad occupare il suo spazio vitale con quei tuoi miseri sessantadue chili, come se le rubassi vita in comune che non ti appartiene. *

E sai che non è colpa sua, lei ci ha provato, tu ti sei costretto, eppure non c'è stato verso, non esiste una strada che potete percorrere entrambi, non più.

Forse non c'è mai stata.

Ti infili di nuovo le cuffie e riavvii l'intervista radiofonica.

Dio, quella voce!

È una coperta calda che ti avvolge delicatamente, puoi quasi vederne il colore, percepirne il profumo e la morbidezza, in un folle delirio sinestetico che ti costringe ad abbandonarti sullo schienale del divano, mentre qualche goccia salata ti accarezza le guance scavate.

Parla di Sherlock, della delusione dei fan, del finale che doveva esserci e non c'è mai stato, senza accennare al fatto che sia andata così per via dei diritti, della BBC, del fan-service, di una serie di motivi che non hai mai condiviso e dietro i quali, tuttavia, ti sei nascosto come un vigliacco, temendo per la tua immagine, per la tua carriera e per il tuo matrimonio.

Senza svelare che effettivamente, quel bacio, voi l'avete girato.

Senza sottolineare quanto quella scena mai montata, scartata senza un motivo valido, vi abbia devastati, costringendovi ad offrire qualcosa di tanto intimo, profondo e privato ad un pubblico che non poteva sapere quanto fosse dannatamente reale. O, almeno, quanto lo fosse fino a pochi mesi prima: un gesto così naturale, ripetuto un miliardo di volte.

Eppure, in quel frangente, sfiorarvi le labbra dopo tanto tempo vi era sembrato grottesco. L'avrebbero visto tutti, vi avrebbe visto Sophie e avrebbe capito, se già non l'aveva fatto, quello che c'era stato tra voi.

Perciò la tua codardia ha preso il sopravvento e ti ha portato ad allontanarlo del tutto, a perdere anche la sua precaria amicizia.

 

***

 

Ti rigiri nel letto, vedi la schiena bianca di tua moglie illuminata da un raggio di luna che filtra dalle persiane socchiuse. La guardi e hai voglia di abbracciarla, o forse vorresti soltanto sentirne il desiderio.

Vorresti amarla, hai pregato per questo ogni giorno, ma la verità è che non puoi costringere il tuo cuore a battere per qualcuno, nemmeno se ti sforzi, nemmeno se con quel qualcuno ci fai dei figli, nemmeno se gli vuoi bene sul serio.

Il cuore è un muscolo involontario e non obbedisce a nessuno, men che meno al suo proprietario.

Non sei più nemmeno certo che il tuo ti appartenga ancora.

Ti giri di nuovo, osservando le tende in organza muoversi lentamente, sospinte dalla brezza notturna.

Il cuore l'hai lasciato a lui, senza neanche saperlo, mentre consapevolmente spezzavi il suo.

Chiudi gli occhi e torni al 2015, a quella panchina di Hyde Park. Rivedi i suoi capelli biondi spettinati dal vento, le guance arrossate per il freddo, le labbra sottili piegate in un sorriso incredulo.

'Perché lo fai, Ben?'

La sua fronte corrugata era prova di un'ingenuità che ti lacerava il petto.

'Non ci credo che sei davvero innamorato di lei.'

Avevi aperto la bocca solo per richiuderla subito dopo.

'Noi due insieme siamo perfetti, prova a negarlo-'

'Marty-'

'Abbiamo una chimica incredibile, se n'è accorto chiunque!'

'Martin, ti prego-'

'Se deciderai di andare fino in fondo lo rimpiangerai per tutta la vita!'

'E cosa ti aspetti che faccia? Che mandi a puttane il matrimonio a meno di tre settimane? Tu e Amanda non avete nemmeno rotto ufficialmente!'

'Sai che lo faremo, stiamo solo aspettando il momento giusto', si era stretto nel Woolrich reprimendo un brivido, 'e forse quel momento è arrivato.'

'No, non se ne parla, non posso lasciartelo fare.'

'Perché no?'

'Ho preso un impegno!'

'Ma di che parli? E allora noi due? Il nostro impegno? Razza di idiota, io ti amo! Noi ci amiamo-'

'Evidentemente non più!'

E un silenzio pesante come un masso di tre tonnellate vi era piombato addosso.

Tacque per un tempo che parve infinito.

Ti fissava negli occhi e tu fissavi le sue scarpe marroni.

'Come hai detto?'

'Mart-'

'Ripetilo se ne hai il coraggio.'

Parlava a denti stretti, abbassando il tono della voce come faceva quando era furioso.

E tu avresti solo voluto dirgli che stavi straparlando, che eri terrorizzato, che proprio per questo avevi deciso di mentire, di correre ai ripari, dietro quella scura coltre di menzogne, a cui Martin non avrebbe mai creduto se solo fosse stato abbastanza lucido da vedere la paura e l'incertezza nei tuoi occhi.

Ma proprio perché gli stavi spezzando il cuore, la sua mente era totalmente annebbiata e la perspicacia che di solito lo contraddistingueva era evaporata insieme all'ultimo residuo di speranza.

'Ripetilo, ho detto.'

'Marty, andiamo, io-'

'Dillo, Benedict, per dio!'

'Io...non ti amo...'

La tua voce era un pigolio appena percettibile ma la sua la sentirono tutti nel raggio di cinquanta metri.

'Va' a farti fottere, Ben! Sposati! Metti su famiglia! Vinci il tuo Oscar e rovinati la vita come solo tu sai fare! Ne ho abbastanza di queste stronzate!'

Si era alzato di scatto, gli occhi lucidi e sconvolti che per te erano una pugnalata al cuore.

'Sei solo un povero stronzo.'

 

***

 

Quando riapri gli occhi è ormai giorno fatto, il ticchettio della pioggia sui vetri della finestra e il profumo di terra bagnata ti cullano per altri interminabili minuti. Ignori la sveglia e te ne resti sotto le lenzuola color tortora, ad ascoltare il rombo dei tuoni che paiono scuotere l'intero palazzo, o forse l'intera città, sotto la potenza di quel fugace temporale primaverile.

Sei solo in casa. I bambini sono a scuola, Sophie aveva in programma una colazione tra amiche e sei certo che resterà fuori fino all'ora di cena, pur di non vedere la tua faccia grigia e imbambolata.

Ti perdi ad osservare il soffitto, tenendo le mani sul petto e concentrandoti sul movimento lento e continuo del tuo torace che si alza e si abbassa al ritmo del tuo respiro.

 

'Un'ultima domanda mister Freeman. Qual è la cosa peggiore che qualcuno le abbia mai detto?'

 

 

'Io non ti amo.'

 

Ripensi a quell'intervista, ben diversa da quella che hai ascoltato ieri, come se, non nominandoti, la sua frecciata ti fosse arrivata ancora più tagliente.

Sai che era per te, sai che gli hai spezzato il cuore, che sei stato un vigliacco e un bugiardo.

Ora stai scontando la tua pena.

Per tua moglie sei ormai un estraneo, i tuoi figli sono la ragione che ti tiene ancora lì. Ma sai che anche questa è solo l'ennesima scusa.

Non te ne vai perché senza Sophie, senza la tua famiglia, senza quell'esistenza apparentemente perfetta, che è come un'impalcatura abusiva, scolorita e pericolante che hai eretto sul nulla, non sapresti più dove nasconderti.

Il tuo status di uomo impeccabile, irreprensibile e devoto, non è altro che una menzogna. La verità è che non sarai mai soddisfatto, non ti sentirai mai al posto giusto, perché l'unico posto dove ti sei sentito giusto è accanto a lui. E non puoi tornarci.

Esci dal letto con uno scatto nervoso, ti dirigi in bagno sfilandoti il pigiama e dopo pochi minuti sei di nuovo in camera, davanti allo specchio ad aggiustarti sui fianchi un maglione palesemente troppo largo.

Sei dimagrito ancora, forse tra poco raggiungerai il peso giusto per interpretare quel ruolo.

Non ti dispiace vederti così esile, come se sentissi, con un pizzico di sollievo, di occupare meno spazio in questo mondo fittizio che non t'appartiene.

Scompariresti del tutto, se potessi, ma restare è l'unica scelta possibile, sebbene tu non sia davvero presente a te stesso, sebbene non sia più tu ma una lancetta bloccata tra passato e futuro, senza sapere minimamente come andare avanti.

Sei un guscio vuoto, un'ombra inconsistente, una pellicola inceppata che proietta a ripetizione la stessa scena.

Apri il frigo, ne osservi imbambolato il contenuto per un paio di minuti, sospiri rumorosamente e lo richiudi.

Infili il cappotto ed esci senza portare l'ombrello.

 

***

 

Cammini a passo svelto verso la fermata dei taxi, la testa bassa, gli occhiali scuri schiacciati sul naso, le mani in tasca a stritolare chiavi e telefono, come se non possedessi altro nella vita.

Ha smesso di tuonare ma la pioggia cade più fitta ora, bagnandoti la nuca e facendoti rabbrividire.

Cammini più veloce e continui a sentire la sua voce nella testa, mentre una goccia gelida e dispettosa si insinua nello scollo del giaccone e ti scivola sul collo.

 

'Patetico'.

 

Ti torna in mente quella tua ridicola sfuriata e un sorriso sarcastico ti increspa le labbra.

È quello che sei tu.

Un uomo di quarantadue anni che ad ogni incrocio della vita continua ad imboccare la direzione sbagliata, infilandosi in stradine sempre più strette che sai per certo ti condurranno inesorabilmente ad una via senza uscita.

Ti rendi conto che stai correndo. La fermata dei taxi l'hai passata da un pezzo, stai congelando, non senti più le dita delle mani, ancora chiuse a pugno nelle tasche.

Patetico.

Come il tuo orgoglio, come la tua ostinazione, come il tuo bisogno di essere assorbito da qualcosa che ti faccia in qualche modo dimenticare chi sei davvero. E devi riconoscere che ti sei scelto la giusta professione.

Maschere. Sempre e solo maschere sulla tua faccia pallida e smunta.

Corri con i pantaloni bagnati fino alle caviglie, non badando alle pozzanghere, ignorando il peso di quelle nuvole grige e quella pioggia insistente che ti inzuppa il cappotto.

Ti ritrovi in North Gower Street, senza nemmeno sapere come, fissando quella porta che conosci fin troppo bene, che hai varcato insieme a lui un migliaio di volte, senza mai renderti davvero conto di quanto fossi felice. **

Ti sembra di vederlo lì, appoggiato al legno scuro, con i capelli fradici attaccati alla fronte e le labbra arricciate in un sorriso sarcastico.

Quel suo modo di guardarti, di toccarti con gesti apparentemente distratti, di farti sorridere con una battuta idiota, quel suo modo di amarti, di rendersi ridicolo solo per strapparti un sorriso...ti manca così tanto che per un attimo temi di non riuscire a reggerti più sulle ginocchia.

Ora non importa più ad anima viva. Che tu rida o pianga, non è rilevante per gli altri.

Nessuno si preoccupa se non hai mangiato, se hai freddo, se non riesci a dormire la notte, se non ricordi più come si fa a sorridere. Nessuno ti guarda davvero, nessuno riesce a vederti, il che è paradossale se si considera la tua fama.

E se riuscissi a sparire solo un altro po', sotto tutti gli strati di pelle, stoffa e rassegnazione, forse anche tu smetteresti di percepire una volta per tutte la tua stessa, odiosa, presenza.

Ti riscuoti da quelle elucubrazioni non appena senti il telefono vibrare sotto le dita intorpidite, lo tiri fuori dalla tasca e leggi il nome su display, rabbrividendo all'istante.

 

 

 

* non ho idea del peso attuale di Benedict, so che pesava 77 chili, normalmente, ma con questo dimagrimento strategico dovrebbe essere calato parecchio

** l'indirizzo dove sono state girate le esterne di Sherlock, essendo la vera Baker Street troppo trafficata e impraticabile

ANGOLINO DELL'AUTRICE

Prima Freebatch per me, spero vi piaccia questo primo capitolo!

L'avevo iniziata per un evento di Pasqua, poi ho perso completamente l'ispirazione e l'ho abbandonata quasi subito, riprendendola non appena ho visto le foto del Met Gala, perché sì, perché dovevo. XD

Ogni capitolo verrà ambientato in una giornata piovosa e riporterà una citazione adatta.

Se ci sono imprecisioni cronologiche o di qualsiasi natura, fatemelo presente. Non sono ferratissima in materia di gossip ma vorrei comunque attenermi il più possibile ai fatti reali.

Grazie per essere arrivat* fin qui, se vi va lasciatemi qualche riga, ne sarei davvero felice.

Al prossimo aggiornamento!

   
 
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