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Autore: Harriet    10/05/2019    1 recensioni
Se potessi incontrare le persone più importanti per te da piccole, cosa diresti loro? Come affronteresti i loro drammi e le loro ferite?
I pro hero Deku, Bakugou e Todoroki, per colpa di un quirk dal funzionamento complesso, si ritrovano imprigionati in un mondo mentale creato dai loro ricordi. L'unica via d'uscita è interagire con un frammento delle personalità degli altri, una versione bambina cristallizzata in un momento drammatico...
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia è nata da un desiderio di Flatwhat: leggere qualcosa dove i personaggi incontrassero la versione bambina del loro partner, non con il classico cliché del ringiovanimento, ma qualcosa di più "metafisico" - o così ho capito io, e spero di aver capito bene e di aver fatto un lavoro decente! Lei shippa il TodoBakuDeku, io non sono capace di scriverlo e quindi le regalo del TodoDeku + una dose di Bakugou cresciuto e con un rapporto decente con gli altri due (Mari, se poi vuoi vedere questa storia come un preludio al TodoBakuDeku, non sarò io a fermarti. Lo stesso vale per tutti gli altri lettori.)
Il titolo del capitolo è rubato a una canzone dei Red Hot Chili Peppers. La storia si comporrà di 7 brevi capitoli, 6 incontri e un epilogo. Spero possa essere per voi un'esperienza di lettura piacevole. La storia è già scritta, quindi penso che sarò abbastanza regolare e serrata negli aggiornamenti.
Ovviamente è dedicata a Mari e alle mie due beta impagabili, che ringrazio di cuore: Lillabulleryu e Wren.



 
Il tuo cuore nel buio
 
I
Otherside
 
 Correva lungo la strada, le grida della gente sovrastate dal battito furioso del suo cuore. L’aveva vista in mezzo al caos dell’incidente, oltre il bus rovesciato e l’auto in fiamme. La causa di tutto. La persona che avrebbe dovuto salvare. Intravista per un istante, poi perduta di nuovo, ma non per questo poteva rinunciare a cercare di raggiungerla. Il suo potere, il suo allenamento e la sua disperazione erano sempre un ottimo propellente per correre.
 «Deku, ma che cazzo fai? Non lo vedi dove stai andando?» La voce di Kacchan lo raggiunse, distraendolo per un attimo dal suo obiettivo. Perché gli diceva così?
 «No, aspetta, non…» Questo era Shouto, ma il suo grido si spezzò all’improvviso. Si voltò per individuarlo e capire cosa stesse succedendo, ma non lo vide.
 Non vide più niente, se non un buio denso e profondissimo.
 
 
Due giorni prima
 
 «Non siamo sicuri della reale entità del suo quirk, ma quello che è certo è che qualcuno ha sperimentato su di lei, aumentando la portata del suo potere.» Yaoyorozu mostrò loro alcuni video che la sua agenzia aveva raccolto. «So che sembra impossibile che una ragazzina da sola abbia creato tutto questo scompiglio, eppure è così. Non riusciamo a capire se qualcuno la stia portando in giro per creare caos o se sia soltanto in fuga e disperata.»
 «Abbiamo visto cosa sta succedendo» disse Shouto. «Un’unione di agenzie è l’unica soluzione. Spiegaci che cosa avete scoperto sul suo quirk.»
 «Crediamo che sia in grado di entrare nei ricordi delle persone e di proiettarli all’esterno, in qualche modo. Nei recenti attacchi sembra che sia stata addirittura in grado di creare un vero e proprio mondo a partire dalla mente delle sue vittime. Chi è stato colpito dal suo quirk racconta di essersi ritrovato immerso nel proprio passato o in quello di qualcun altro. L’unico modo per ritornare in sé è trovare una via d’uscita da questo mondo, superando gli ostacoli senza mai fermarsi. Chi si lascia sopraffare sviene e riporta traumi fisici e mentali, oppure nei casi peggiori perde totalmente il controllo di sé.»
 «Ha provocato incidenti di tutti i tipi» continuò Shouto. «Com’è possibile?»
 «Il suo potere si aziona all’improvviso e colpisce la mente di persone ignare. Quelle che perdono il controllo spesso compiono azioni distruttive, arrivando persino a fare del male agli altri o a se stessi. Più persone rimangono impigliate nei suoi mondi, più complesso è uscirne. L’ultima volta ha bloccato una famiglia di tre persone, e quando sono stati soccorsi avevano completamente devastato la casa.»
 «Si può sapere perché cazzo serviamo noi tre, invece che qualcuno con un quirk legato alla mente?» sbottò Kacchan.
 «Ci saranno altri hero con voi. Io, Kendou, Shinso e Hagakure. Se sarà tornata da un’altra missione, dovrebbe unirsi perfino Midnight. Ma voi siete in grado di gestire le crisi come nessun altro.» Tacque per qualche istante, fissando lo schermo su quale era ferma l’immagine dell’ultimo incidente provocato dalla ragazzina. «Non è del tutto consapevole di cosa sta facendo e non sa come fermarsi. Chi riuscirà a trovarla per primo, dovrà cercare di parlarle.»
 «Allora sarà bene che la trovi Deku.»
 
 L’oscurità iniziò a dissolversi lentamente. I brandelli di buio si ricomponevano, creando forme riconoscibili attorno a lui. Alberi. Fronde scure si intrecciavano sulla sua testa. Un cielo d’argento liquido gocciolava sopra quel mondo pervaso da una caligine che sfocava il panorama.
 Izuku si guardò attorno: la vista era disturbata dalla sensazione che tutto stesse leggermente ondeggiando. Aveva la sensazione di essere solo al centro di un universo infinito. Un terrore sottile e tagliente gli stringeva il petto.
Se non mi faccio prendere dal panico, posso sperimentare questo quirk e scoprire qualcosa di utile.
 Gli alberi tutt’intorno avevano forme distorte e scintillavano di una luminescenza argentea. Izuku proseguiva e gli sembrava che lo scenario cambiasse costantemente.
Non c’è alcun motivo di avere paura. È un’illusione temporanea. Presto ne sarò uscito.
 Eppure aveva la tentazione di gettarsi a terra e mettersi a chiedere aiuto finché avesse avuto voce. Più girava in tondo senza orientamento, più era sicuro che sarebbe rimasto intrappolato lì per sempre.
Deve essere l’effetto del quirk. Non devo perdere il controllo.
 Ma le fronde degli alberi su di lui sembravano volersi serrare sempre di più, togliendogli luce e respiro. Contro la sua volontà, sentì le gambe che aumentavano la velocità.
 «Ti sei perso, eh?»
 Si voltò, cercando la voce infantile che gli aveva detto quella frase. Il mondo ebbe uno scossone e tutto mutò. Non sapeva più dove fosse né che cos’avesse attorno. Ma lì, in mezzo al caos di ombre e colori, c’era un bambino.
 «Ehi! Tutto bene? Come sei finito qui?» Gli corse incontro e gli si inginocchiò davanti. Quando lo vide bene, però, gli mancò il respiro per un istante.
 «Che cosa vuoi da me?» Il bambino incrociò le braccia sul petto. «Vai via.»
Questo quirk crea un mondo mentale a partire dai ricordi di chi viene colpito, ricordò a se stesso. Non è così strano che lui sia qui, no?
 «Vai via!» insisté il bambino.
 «Senti, Kacchan, non vuoi trovare insieme a me una strada per uscire da qui?»
 «Non mi chiamare in quel modo!»
 Il piccolo Kacchan avrà avuto forse quattro o cinque anni ed era in tutto e per tutto come Izuku lo ricordava. I capelli scompigliati in maniera impossibile, la posa di sfida, l’espressione di chi è pronto a farti esplodere se solo lo contrari.
 Insomma, non troppo diverso da come era sempre stato. Izuku sorrise e si sentì invadere da un’ondata di tenerezza. (Gli dicevano spesso che era l’unica persona al mondo a provare tenerezza al pensiero di Kacchan.)
 «Che hai da sorridere in quel modo stupido?» gli gridò il bambino, riportandolo alla realtà (se così si poteva dire): era imprigionato in un mondo mentale creato dai suoi ricordi e… Probabilmente da quelli di Kacchan e di Shouto, a giudicare dal fatto che erano vicini a lui, quando erano stati inglobati dal formidabile quirk della ragazzina. Chi sa se c’erano anche frammenti di qualcun altro, in quell’universo distorto in cui si ritrovavano.
 «Tu sai dove siamo?» domandò al bambino. Lui incrociò le braccia e lo guardò con disprezzo.
 «Certo che lo so!»
 «Puoi aiutarmi a trovare una strada per uscire da qui?»
 «No, perché sei stupido!»
 «D’accordo. Io vado, eh, Kacchan?» Si alzò e mosse qualche passo, chiedendosi come ci si doveva comportare con gli incontri che si facevano dentro quel mondo. Il bimbo non era che una proiezione – sua o di Kacchan stesso? Non lo sapeva. Ma non era reale, per quanto fosse immensamente carino.
 Si era allontanato di poco quando all’improvviso se lo ritrovò davanti. Non solo il bambino, ma tutto il panorama di prima: gli alberi soffocanti e il triangolo di cielo argenteo che filtrava tra le loro fronde minacciose. Izuku provò a correre in un’altra direzione e di nuovo tutto il mondo girò insieme a lui, e Kacchan era sempre davanti ai suoi occhi.
 Yaoyorozu ha detto che per non perdere il controllo bisogna trovare una via d’uscita a tutti i costi. Ma che senso ha, che io continui a incontrarlo?
 Si fermò a guardare il bambino, che per tutta risposta gli mostrò la lingua, e subito dopo gli fece un gesto volgare. Izuku rimase sconcertato: davvero aveva imparato a fare gestacci così piccolo? Ripescò nella sua mente il Kacchan di una ventina d’anni prima: i ricordi erano confusi e ricoperti di quella patina di dolcezza che Shouto lo accusava sempre di versare sul passato.
 Non è il momento di perdermi in questi pensieri! Ci sono persone in pericolo, là fuori, e probabilmente ci sono Shouto e Kacchan qui dentro, e potrebbero essere nei guai. Devo rimanere concentrato.
 «Senti, piccolo, mi dispiace, ma io devo andare.»
 «Ma chi ti vuole? Vattene via! Io me la cavo da solo!»
 A malincuore Izuku si voltò di nuovo e cercò di andarsene da lì. Il panico che aveva minacciato di invaderlo poco prima stava ritornando. Non poteva fermarsi. Eppure, non appena si fu allontanato, ecco che tutto cambiò di nuovo. Kacchan era lì davanti a lui, con il faccino infuriato e i pugni stretti.
 «Vuoi andartene o no?»
 Izuku sorrise e si chinò di fronte a lui.
 «Forse il mio ostacolo da superare sei tu.»
 «Ma che cavolo dici, deficiente?»
 «Se non ti porto con me, non ne uscirò mai. Va bene, Kacchan, troviamo insieme una strada.»
 Cercò di prenderlo in braccio e quello gli rispose strillando e scalciando. Izuku però non si lasciò intimidire e seppe cogliere il momento giusto per raccoglierlo e tirarlo su.
 «Lasciami andare! Non ho bisogno d’aiuto!»
 «Certo, certo. Come sempre, eh, Kacchan? Dai, stai tranquillo.»
 No, non stava tranquillo per niente. Era un’esplosione di energia rabbiosa e continuava a cercare di saltare giù dalle sue braccia. Poi cominciò a tirargli i capelli e a dargli pizzicotti. Izuku lo ignorò e cercò di orientarsi. Adesso che aveva il piccolo tra le braccia il mondo aveva smesso di girare, e lui aveva l’impressione di avanzare, anche se la foresta intorno a loro si infittiva. A un certo punto si accorse che stava avanzando nell’acqua.
 «Non ho ancora capito se questi sono i miei ricordi o i tuoi» momorò. Si rese conto che il bambino si era calmato. Izuku gli passò una mano tra i capelli scompigliati. «Non ti preoccupare. Ne usciremo presto.»
 «Io non sono preoccupato, scemo!»
 Strinse più forte il bimbo e corse, mentre l’acqua si faceva turbinosa e gelida. A testa bassa, con gli occhi semichiusi per evitare gli schizzi che si sollevavano tutt’intorno, corse fino a raggiungere l’altra riva. Lì si fermò, ansimante.
 «Sei davvero cresciuto, Kacchan. Questa volta ti sei fatto aiutare.»
 Il bambino non disse nulla. Era sempre imbronciato, ma c’era qualcosa di diverso nella sua espressione. Izuku gli sorrise e lo posò a terra.
 In quel momento il mondo scomparve, e anche il piccolo Kacchan.
 «Ce l’ho fatta! Sono…»
 I colori e le ombre si ricomposero, formando uno scenario completamente diverso. Bianco. Questa volta era tutto bianco.
   
 
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