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Autore: historiae    11/05/2019    0 recensioni
La tua percezione dello spazio è completamente alterata. Il mondo si è capovolto all'improvviso; la gravità non è mai stata così potente.
La testa ti gira, i suoni sono ovattati, e ti senti più pesante del solito.
Le tue braccia sono diventate le tue gambe, e le tue mani sono diventate i tuoi piedi.
____________
Storia del 2015
Genere: Romantico, Sportivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney, Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Non era la prima volta che la squadra disputava una gara in tarda sera. Il tempo di un pranzo veloce e le ragazze erano state catapultate in tutta fretta all'aereoporto di Ottawa, su un aereo diretto a Saint Louis, nel Missouri.
Nonostante avesse un braccio infortunato, Izzie le aveva accompagnate in quell'avventura. Non voleva perdersi lo svolgersi della competizione. Dato che non avrebbe potuto offrire il suo aiuto alle compagne in campo gara le avrebbe sostenute dagli spalti, facendo gioco di squadra solamente con la sua presenza.
Una gara alle 19.00 in punto per le nazionali maschili e una alle 20.30 per le nazionali femminili. Orari davvero bizzarri e scomodi.
In compagnia dei ragazzi, le due ore di viaggio stavano passando velocissime. Tyler, Lightning, Cody, DJ, Mike e Alejandro avevano superato il test e avevano ottenuto dal giudice McLean il permesso di partire per la competizione nazionale più importante dell'anno.
Ginnasti e ginnaste ridevano e scherzavano sforzandosi il più possibile di mantenere un tono di voce consono per non svegliare i due coach che dormivano saporitamente.
-Davvero ci sarà anche la tivù?- chiedeva DJ, entusiasta. -Verremo ripresi durante la gara? Vorrei tanto che mamma mi vedesse.-
-Scommetto che ha già acceso la televisione. A fine gara potrai portarle i tuoi saluti.- gli rispose Mike, ammiccando. Non vedeva l'ora di entrare all'arena ed esibirsi.

-Scommetto che verrai benissimo nel replay.- diceva Alejandro, dando fondo al suo lato poetico cercando, con le più belle parole che riusciva a trovare, di attirare l'attenzione di una Heather a metà tra l'indifferente e il distratto. -E oggi hai dei capelli meravigliosi.- Proseguiva, adocchiando la sua coda di cavallo lievemente ondulata e la piccola treccia appena sopra la tempia che ornava il tutto.
Al ragazzo non sfuggiva mai niente, e la vide arrossire lievemente per poi mormorare un -Grazie...- e tornare a osservare il paesaggio dal finestrino.
Heather non aveva tempo per i salamelecchi, e nemmeno per rivolgere la parola a quel Casanova dei poveri che, ne era sicura, stava facendo di tutto per farle perdere la concentrazione. Era intenta a percorrere mentalmente i suoi esercizi quando se l'era ritrovato alle spalle, sollevatosi dal sedile appena dietro il suo. La ragazza non ci aveva pensato due volte prima di infilarsi le cuffie e ignorare le sue provocazioni. Avrebbe avuto tutto il tempo per dirle quanto fosse bella e dotata, ma non prima della fine della competizione. Come riusciva, lui, a non essere in ansia? Egli stesso avrebbe dovuto gareggiare. All'arena. Davanti a centinaia di spettatori.
Facile: lui aveva troppa stima di sé per temere una sconfitta.


Cody si alzò svelto e corse a prendere posto nel sedile vuoto accanto a Gwen. La ragazza trasalì nel momento in cui lo vide avvicinarsi sprizzando vitalità da tutti i pori e con un'espressione da ganzo stampata in volto.
-Allora, principessa, come ti senti in vista di questa gara?- le chiese d'un tratto, facendole l'occhiolino e dandole un colpetto sul braccio con il gomito.
Fino a quel momento, Gwen aveva sperato che nessuno le ponesse quella domanda, poiché non avrebbe avuto la più pallida idea di come rispondere.

Il viaggio in aereo le dava il mal d'aria, e ad esso si aggiungeva il pensiero di dover gareggiare quella stessa sera.
Facendo salti mortali su una trave di legno larga quanto un tronchetto.
E alle parallele. A testa in giù. A tre metri da terra.
E qualcosa non andava, qualcosa turbava la sua apparente tranquillità. Si sentiva stanca, assonnata, debole. Tanto debole da temere di non reggersi in piedi. Forse era colpa della tensione. Il fatto di farsi prendere dall'ansia tanto facilmente era uno dei suoi più grandi difetti.

-Abbastanza bene.- mentì, forzando un sorriso per non lasciar trasparire la paura.
-Trent verrà a vederti questa volta?- chiese di nuovo Cody. A quella domanda Gwen si ridestò dai suoi pensieri. Ricordò che Trent le aveva scritto per SMS che avrebbe provato a convincere i suoi genitori a permettergli di recarsi fino a Saint Louis, e che le avrebbe fatto sapere quel pomeriggio.
-Lo spero tanto.- disse Gwen. Sapere che il suo ragazzo sarebbe stato presente, anche se probabilmente non avrebbe potuto notarlo tra il pubblico, sarebbe stata una grande consolazione in quel brutto momento.
-Anche a me farebbe piacere rivederlo. Non ci si becca da un sacco di tempo. Certamente sarà impegnato con la scuola e naturalmente anche con la sua... band.- continuò Cody, cercando di distrarre la ragazza. A Gwen sfuggì un sorriso immaginandosi Trent intento a suonare la sua chitarra dall'alto di un palco. Le mancava terribilmente. In quel momento nessuno, se non lui, avrebbe saputo come farla sentire meglio.


Ginnasti, ginnaste e allenatori scesero dall'aereo alle 17.30 precise. Intorpidite e annebbiate per la stanchezza, non si accorsero che il coach Hatchet si era allontanato per un momento, per poi tornare da loro in compagnia di una ragazza dai capelli rossicci, tutta spalle e addominali, col nasino all'insù, gli occhi celesti e una piccola fossetta nel mento.
-Voglio presentarvi Alyssa. Questa sera gareggerà in squadra con voi come sesta componente. Si allena a Edmonton, probabilmente vi siete già incontrate.- disse Hatchet mentre la ragazzina sorrideva cordialmente accennando un saluto con la mano.
Un'altra componente della squadra di Alberta! Uno scherzo del destino, non c'era dubbio.
-Tu sei Alyssa Brown, non mi sbaglio, vero?- chiese Courtney. -Ma certo, eravamo in squadra assieme ai campionati di Halifax, abbiamo lottato insieme per l'oro alle finali, che non abbiamo ottenuto per colpa di quella presuntuosa della nostra vecchia compagna, Sky. Tu hai gareggiato alle Olimpiadi di Pechino, ti ho vista alla televisione.- sorrise, infine, la caposquadra. -Sono una tua ammiratrice!-
-E' bello rivederti,  vecchia compagna di squadra.- sorrise Alyssa, e strinse la mano a tutte e sei le componenti della nazionale canadesa, Izzie compresa, la ginnasta che avrebbe dovuto sostituire per quella sera.

L'ora di cena arrivò in un batter d'occhio. La Chaifetz Arena stava cominciando a riempirsi. Gli amanti della ginnastica accorrevano a fiumi mentre le ragazze della Ottawa Academy prendevano posto in una delle prime file degli spalti assieme alla nuova componente e ad alcuni dei loro compagni di classe, gli stessi che non erano mancati alla gara regionale. A sorpresa, il simpatico Duncan li aveva raggiunti e aveva portato con sé un paio di amici.
Intanto, in campo gara, Hatchet stava dando le ultime dritte ai ragazzi della squadra maschile.

-Aprite le orecchie: la differenza tra il campione e il mollaccione è la seguente: al primo non importa di vincere, ma cerca di metterci sé stesso fino in fondo; mentre il secondo si arrende alla prima difficoltà senza nemmeno riprovarci.- diceva, squadrando dall'alto in basso i sei ginnasti. -Voi siete mollaccioni... oppure campioni?-
-Campioni, naturalmente, allenatore Hatchet.- rispose timidamente Mike.
-Vedo che avete capito l'antifona. Ora si comincia a ragionare. Mettetevi in riga, si comincia, soldati!-

Gli amici di Duncan avevano portato da mangiare per tutti. Durante la presentazione delle squadre maschili le ginnaste e i loro compagni consumavano la loro cena composta da hamburger, Cola e patatine. Dell'autentico veleno, considerata la gara che le atlete avrebbero dovuto disputare di lì a un'ora e mezza. Tutto sommato per quell'ora avrebbero già bell'e digerito e non ci sarebbero stati problemi. Avrebbero avuto bisogno di energia per affrontare l'esibizione.

I ragazzi avevano cominciato a gareggiare agli anelli, e dopo due atleti americani era venuto il turno di Tyler. I suoi amici presero subito a tifare per lui, ma il suo esercizio non fu brillante come previsto: a metà di un'evoluzione aerea successe l'impensabile. Mentre avrebbe dovuto issarsi in verticale rimase impigliato nella corda che sosteneva uno dei due anelli. Riuscì a liberarsi con non poca difficoltà ma nulla gli impedì di concludere la performance. Al momento dell'uscita le ginnaste, dagli spalti, incrociarono le dita pregando perchè non atterrasse sul collo com'era già successo più volte in allenamento. Lo stesso fecero Stacey e il coach Hatchet.
-Puoi farcela, Tyler!- si udì da una delle prime file. Hatchet pregava perchè il ragazzo riuscisse a calcolare bene i tempi di quel doppio avvitamento provato tante, troppe volte.
Tyler eseguì l'ultima verticale e con una spinta staccò le mani dagli anelli. Come per miracolo girò su sé stesso rimanendo in posizione perfettamente simmetrica e senza sbavature. Le ginnaste, i ginnasti e i coach trattennero il fiato.
Tyler arrivò a terra e con gran sorpresa non inciampò, ma bloccò l'arrivo.
Fu un salto da campioni. Un applauso si sollevò in suo onore e tutti quanti i suoi amici, nonché i coach, poterono tornare a respirare normalmente. Mentre Hatchet si congratulava con il ragazzo, i più famosi ginnasti americani si esibivano nei sei attrezzi dando prova della loro innata abilità.
La squadra canadese non fu da meno: Cody lasciò i giudici a bocca aperta al cavallo con maniglie, Alejandro sfoggiò la sua incomparabile coordinazione al corpo libero e il suo equilibrio portentoso alle parallele simmetriche, mentre Lightning mise tutta la potenza possibile in un perfetto quadruplo salto avanti a volteggio e, dopo aver scoperto di aver ottenuto un punteggio al di sopra del 16 si congratulò con sé stesso, nonché con i suoi bicipiti.
Mancava l'ultimo esercizio alla sbarra, quello di Mike. Il ragazzo era più carico che mai. Gettò un occhio ai suoi compagni di squadra, i quali gli risposero alzando i pollici in un 'OK' d'intesa. Non appena sentì il cronista pronunciare il suo nome all'altoparlante il cuore incominciò a battergli velocemente nel petto. Ripensò a tutte le fantastiche esibizioni che aveva compiuto e ai risultati raggiunti finora; pensò alle gare a cui aveva assistito, ai campioni e alle campionesse che per lui erano un punto di riferimento e di cui era un grandissimo ammiratore.
Il vecchio timido Mike scomparve  non appena i suoi piedi rimbalzarono sulla pedana a molla e le sue mani si ancorarono allo staggio. Ora erano due, a volteggiare sull'attrezzo: il corpo di un ragazzo sedicenne e la personalità di una grande ginnasta olimpionica a cui, solo sei anni prima, Mike aveva dato il nome di Svetlana. Era in questi momenti di pura adrenalina che il suo disturbo dissociativo dell'identità si manifestava, anche se solo per pochi attimi. Quella personalità non era altro che la determinazione e la voglia di vincere che si impadronivano di un Mike solitamente piuttosto insicuro.

Una kippe, due granvolte e cambio di giro, e un altro arrivo bloccato rese onore alla squadra maschile della Ottawa Gymastic Academy. Si stava dimostrando una grande gara e tutti quanti i competitori stavano dando il meglio di sè. Il coach Hatchet poteva dirsi orgoglioso.


***


-Un quarto d'ora, ragazze!- avvertì Courtney.
Alle 20 e quindici minuti le ragazze incominciarono a prepararsi. Qualcuna aveva già infilato il body, altre erano già impegnate a riscaldarsi in pedana.
Dopo aver riposto il suo zainetto su una delle seggiole riservate ai competitori, Gwen decise di fare un salto al bagno per rendersi presentabile. Una volta entrata trovò Alyssa intenta a sistemarsi il trucco. Il body rosso della squadra di Ottawa si intonava perfettamente al suo colore di capelli e le stava davvero bene.
Gwen si diede uno sguardo allo specchio e quasi trasalì. Che occhiaie spaventose... pensò, stranita. Non aveva dormito molto, la notte precedente, e i segni dello stress iniziavano a mostrarsi. Non vi diede peso e fece  mente locale sulla gara. Courtney e Jo erano in pedana a riscaldarsi, Dawn era in panchina concentrata nel suo yoga pre-competizione e una componente mancava all'appello.
-Hai per caso visto Heather, qui in giro?- chiese alla compagna.
-Heather si è chiusa in bagno...- rispose Alyssa. D'un tratto si udì un rumore sordo provenire da una delle porte del bagno. Un rumore che Gwen riconobbe subito. Heather stava dando di stomaco. Preoccupata, bussò alla porta e chiese alla compagna di squadra se si sentisse molto male. Immediatamente dopo, Heather uscì composta come se nulla fosse successo. -Perchè ti preoccupi tanto?- chiese, con noncuranza. Gwen capì allora che nulla vi era, in lei, che non andava; lo aveva fatto apposta.
-Così ti rovini. Avrest potuto rinunciare a quel cibo letale invece di abbuffarti e poi farti del male.- sentenziò Gwen.
-Scusa, mi piacciono troppo gli hamburger.- mormorò Heather, quasi con vergogna, e uscì per tornare dalle altre.
Gwen, ancora confusa, spostò gli occhi su Alyssa, che per tutto quel tempo era rimasta impassibile, in cerca di spiegazioni, anche blande. Alyssa la guardò con l'espressione di chi conosce il mondo meglio di chiunque e le mise una mano sulla spalla in segno di comprensione.
-Alcune ragazze della mia squadra lo fanno di continuo.- disse, accennando un sorriso rassegnato. -La maggior parte delle volte non possiamo farci niente.- concluse, e uscì.
Gwen sospirò e la seguì fino al campo gara.


La squadra di Ottawa era già stata presentata e i tabelloni mostravano ora l'ordine di esibizione delle componenti. Prima prova: corpo libero.
-Dawn, sei la prima a cominciare.- annunciò Courtney. -Ricordiamoci la nostra parola d'ordine.-
Dawn, nettamente pià minuta rispetto alle compagne, spiccava tra tutte, così piccola in quel grande spazio tutto da riempire di gesti, attorniata da quella grande folla in agitazione.
L'euforia del momento non la scompose; prese un respiro profondo e attinse alla sua fonte di energia nascosta, recitò il suo mantra in silenzio e aprì gli occhi per ritrovarsi al centro esatto della pedana. Si fece strada tra le centinaia di occhi puntati su di lei fino a che scorse colui che cercava. Il ragazzo dai capelli rossi. Ebbe un tuffo al cuore e distolse subito gli occhi, intimidita, tornando con la mente al suo esercizio e prendendo posizione in un equilibrio sul piede sinistro mentre la gamba destra si sollevava agilmente fin sopra la testa. Le prime note del sottofondo musicale si diffusero intorno, mentre i movimenti armonici e scattanti della ginnasta stupivano il pubblico. I piccoli piedi sembravano voler camminare sull'aria, attraversarla, danzarci assieme, e le minuscole mani parevano volerla afferrare per poi riscagliarla nel vuoto. La musica finì e con essa la magia di quei gesti. Ma un lungo applauso seguì, e scaldò il cuore di Dawn, che ringraziò dal profondo i suoi amici per il caloroso supporto. Non si accorse che il ragazzo dai capelli rossi, intanto, si era allontanato.


***


Quella sera la pedana a molla del volteggio sembrava dovesse cedere sotto i salti agguerriti delle agoniste.
Heather aveva lavorato al doppio salto teso per tutto il mese precedente e aveva deliberatamente rifiutato il suggerimento del coach di aggiungere un avvitamento per alzare il punteggio. Non aveva intenzione di rischiare sbilanciamenti o sporcature poco piacevoli da vedere. Ma Hatchet aveva insistito tanto, e dopo diverse intimazioni la ragazza aveva finito per cedere, a patto che almeno per questa gara avesse mantenuto il salto semplice. Sperava in cuor suo che il coach rispettasse il patto, ma ora il suo sguardo investigatore non le stava piacendo per nulla; aveva l'orribile presentimento che, di quel patto, se ne fosse beatamente lavato le mani.
-Heather. Chef vuole vedere il salto di prova.- trillò la voce di Stacey. -Con avvitamento annesso.-
C'era mai stato da fidarsi del coach Hatchet?
Heather alzò gli occhi al cielo e si diresse verso la pedana. -E' proprio necessario?- chiese, scocciata. -Non ho bisogno di sprecare energie.-
Hatchet si accigliò. -Da quando ti fai questi problemi? E' tuo dovere occuparti dei tuoi salti.-
-Avevamo un accordo. Non me la sento di renderlo più complicato di quanto già non lo sia.-
-In gara farai un avvitamento come promesso, signorina, e non si discute.-
-Veramente...-
-Sei in questa squadra. E in questa squadra si fa quello che dico io.-

Heather sapeva troppo bene che quando il coach Hatchet si alzava dal letto con la luna di traverso non voleva sentire ragioni.
-Calma. Risolveremo la questione con diplomazia.- li interruppe McLean, che si aggirava da quelle parti e aveva avvertito elettricità nell'aria. -Lascia che sia Heather a decidere.- disse, e si rivolse alla ragazza. -Restare nella zona di comfort, oppure oltrepassarla in favore di qualche punto in più. Farai senz'altro la scelta giusta.- detto questo accennò un sorriso e si allontanò.
-Bene.- fece Hatchet. -Fà quello che desideri. Ma non voglio lamentele, alla fine del salto.- e se ne andò.

Heather riflettè. Dopotutto non le sarebbe dispiaciuto dare una piccola soddisfazione al coach, oltre che a sè stessa, e dimostrare al giudice McLean di non essere una codarda. Ma non c'era più tempo per pensare. La giuria stava per chiamare il suo nome e di lì a poco avrebbe dovuto decidere in definitiva cosa fare del suo salto. Andare sul sicuro o mettersi alla prova?
Il giudice diede il via ed Heather prese la rincorsa. Sette passi, stacco e rondata, ponte e spinta sulle mani. E va bene, coach, questa volta ha vinto lei.
Dopo due giri tesi strinse le braccia al busto e compì mezza rotazione su sè stessa prima di atterrare sul tappeto dando le spalle al cavallo. Sono viva?
Aprì gli occhi ed esultò mentalmente mentre si sollevava nella posizione di saluto alla giuria, raggiante. Hatcjet applaudiva, felice che la sua degna allieva avesse avuto fiducia in lui; McLean non si era perso un millisecondo del salto e ora annuiva compiaciuto. Le ragazze della O.G.A. lanciavano grida di incitamento tra gli appalusi generali.
Heather era contenta; non tanto per quei pochi punti in più, quanto per aver convinto sè stessa ed il suo orgoglio ad osare, e per il meritato apprezzamento del giudice e dei coach.

***

Gwen cercava di regolare la respirazione mentre ripassava mentalmente l'esercizio a corpo libero. Avvertiva una sensazione di fiacchezza a dir poco spiacevole, come se le avessero iniettato del sedativo nelle vene. Non va bene, non va per niente bene, pensava, mentre gettava continuamente lo sguardo al tabellone in attesa che comparisse il segnale d'inizio. Trent l'aveva avvertita appena un'ora prima della gara che non avrebbe potuto essere presente, e ora sentiva che le sarebbe mancato un grande appoggio morale. Non si spiegava il batticuore e nemmeno il tremolio alle gambe. Probabilmente era ancora sotto shock per l'infortunio di Izzie e ora non voleva ammettere di non essere riuscita a dimenticarlo. Inoltre il coach e l'arrivo del giudice McLean avevano messo tutta la squadra sotto pressione, ed ora lo stress accumulato aveva scelto il momento peggiore per esplodere.
Il nome della ragazza comparì finalmente a caratteri cubitali sul tabellone, e scuotendosi dai suoi pensieri, Gwen diede il saluto ai giudici, cercò di stamparsi in viso il sorriso meno falso di cui era capace e diede il via al suo esercizio.
Dopo qualche mossa le parve di incominciare a prendere il ritmo e di sentire i muscoli risvegliarsi a poco a poco, ma il senso di debolezza non la voleva abbandonare. In qualche modo, forse grazie all'incitamento delle sue compagne, trovò l'energia necessaria per portare a termine le successioni di salti delle diagonali, ovvero la parte peggiore. La ricca e calcolata parte coreografica le consentì di conservare fiato sufficiente fino alla fine. Tutto sommato non è stata poi una tragedia, pensò, mentre abbandonava la pedana con un pensiero in meno nella testa.


-Prepararsi per la trave!- ordinò il coach Hatchet alla metà della sguadra che l'avrebbe seguito alla trave d'equilibrio; l'altra metà squadra avrebbe cominciato al volteggio.
Jo sarebbe stata la prima alla trave e, mentre si preparava mentalmente, la sua amica Dawn le dispensava consigli preziosi.

Izzie, nel mentre, sorseggiava limonata sugli spalti; aveva appena finito di chiacchierare amabilmente con la -ora- rilassatissima squadra di ginnasti che aveva già gareggiato prima delle ragazze, nonchè con alcuni compagni di scuola, e ora si stava godendo la competizione, spensierata ma pur presente nel suo ruolo di sostenitrice.
-Sei tu Isabella?- chiese all'improvviso una voce altisonante. Izzie si guardò alle spalle e vide che tra l'allegra comitiva era spuntata una buffa ragazza di cui conosceva il volto solamente di vista, alticcia e con una treccia di capelli violacei lunga fino al sedere.
-Colpevole!- fece Izzie.
-Oh, per tutti i gingilli, finalmente ho l'onore di conoscerti!- e si sedette accanto a lei. -Frequientiamo la stessa scuola. Io mi chiamo Sierra. Facevo parte delle cheerleaders fino all'anno scorso, ma ho lasciato la squadra ed ora vorrei diventare giornalista. Ho seguito tutte le vostre gare da prima che diventaste stelle della ginnastica, e non ho mai avuto l'occasione di dirvi di persona quando siete fenomenali. Sono la vostra fan numero uno!-
-Quanto sei gentile! Ti ringrazio a nome di tutta la mia squadra.- sorrise Izzie.
-Non ti dispiace se mi siedo qui con te, vero? Cielo, sono così emozionata. Mi concederesti una piccola intervista per il giornale della scuola?- Al consenso di Izzie, la ragazza esagitata estrasse un taccuino scintillante e una penna altrettanto vistosa. -Ho notato solo ora il gesso che porti al braccio. Dev'essere stato terribile, raccontami tutto.-
-Beh, ecco, tutto è cominciato così...-


***


Jo ce la stava mettendo tutta per mostrare ciò di cui era capace alla trave d'equilibrio, ma a tratti alcune lievi fitte di dolore alla schiena la facevano traballare e compromettevano la stabilità dei salti. Strinse i denti per tutta la durata dell'esercizio, incoraggiata dalla voce di Dawn, poco distante, che la sosteneva. Chiuse l'esercizio con un impeccabile triplo avvitamento e si guadagnò gli applausi dell'intera squadra.
-Decisamente il miglior salto della tua vita.- si congratulò Dawn.

Malgrado qualche residuo di nervosismo, la squadra canadese se la stava cavando niente male, e reggeva appieno il confronto con la squadra americana.
Al corpo libero si erano già esibite tutte quante; arrivate al volteggio e alle parallele la tensione cominciò a farsi risentire. Gli staggi sembravano improvvisamente più scivolosi e la pedana a molla un ostacolo infernale e invalicabile.
Dawn dimostrò tutto il suo valore con una grande sicurezza in sè stessa che diede frutto a esercizi puliti e calcolati al millisecondo. La caposquadra, conscia del fatto di avere molto da imparare dalla compagna, ne osservava le mirabili esecuzioni con una briciola di invidia.
Di contro, era stata una giornata nera per Gwen, che tra una sbavatura e l'altra sentiva di essersi meritata solamente applausi di consolazione.
Courtney, che nelle situazioni di difficoltà della squadra cominciava a soffrire della sindrome della crocerossina, credendo di poter alzare il punteggio complessivo solo con l'aiuto della sua impeccabile tecnica, si era messa in testa di eseguire il salto carpiato migliore dell'anno, e già si era appostata al fondo della pedana con il fuoco negli occhi.
Sbagliò però a dosare la potenza della rincorsa ed ottenne come risultato un bell'atterraggio sul didietro. Furente, tornò dalle compagne mentre osservava i nomi delle avversarie americane salire uno dietro l'altro nella classifica individuale.
La O.G.A. stava lentamente perdendo colpi, tradita dall'ansia e dalla stanchezza.

-Si mette male per le ragazze...- si udiva ogni tanto tra i compagni di scuola.
-E' la vostra ultima prova. Date il massimo, e mi raccomando, non vi fate male.- disse una Leshawna piena di premura, a meno di un'ora dal termine della gara.
L'ultima a salire alla trave era Gwen, che non esitò a respingere la iella. -Ehi, uccellaccio del malaugurio! Io sto sempre attenta!-

In piedi sul tappeto salva-vita, Gwen osservava la trave come un dannato al cospetto dell'inamovibile Minosse, intento a scegliere la pena da destinargli.
Ogni tanto potresti anche pensare positivo!, le diceva il cervello. Ma in quel momento, pensieri positivi sembravano non essercene.
Salì sull'attrezzo di slancio con una verticale in spaccata frontale, il braccio di sostegno tremolante come non mai. Si sentiva un mollusco, un burattino che eseguiva movimenti meccanici preconfezionati. Si assestò al centro esatto e si preparò alla serie acrobatica. Dopo un'instabile ribaltata aerea e un salto Arabian venne il momento della famigerata Illusion, con la quale aveva stabilito un rapporto di odio-amore durante quei pochi mesi di pratica.
Diede fondo a ciò che restava della sua concentrazione, si diede lo slancio e roteò sul piede di terra.
Portò a compimento la figura, ma perse l'equilibrio in fase di risalita e con un tuffo al cuore cadde dalla trave, piombando in piedi sul tappeto sottostante.
Il pubblico emise un boato di disappunto. Le compagne di squadra, anche.
-Ma che ha, Gwen? Non ha mai avuto problemi con quella benedetta Illusion.- mormorò Courtney, con apprensione. -Avanti, Gwen! Questi punti ci servono come l'ossigeno! Concentrati!-

Gwen, con gli occhi a terra dalla vergogna, risalì sulla trave, il cuore a mille. L'unica cosa che desiderava era terminare l'esercizio, scendere dalla trave e andare a nascondersi in un angolo buio, dove nessuno avrebbe potuto vederla. L'umiliazione di quella intera gara era stata abbastanza. E ne aveva abbastanza dell'ansia da prestazione che ad ogni sfida le attanagliava le viscere compromettendo l'impegno di interi mesi di allenamento.
Ricacciò indietro una parvenza di pianto e cercò di mascherare l'espressione delusa; si diede forza per eseguire la discesa.
Il salto d'uscita riuscì, sebbene l'atterraggio venne sporcato con un leggero sbandamento.
Gwen tornò desolata dalle compagne. Courtney capì che l'amica, quel giorno, non era particolarmente in forma e decise di evitare per quanto possibile di fare osservazioni puntigliose circa la sua performance.
Ci pensò invece Heather, sarcastica. -Bell'arrivo, Gwen...-
-Smettila di essere così antipatica.- la difese la caposquadra.

Il giudice McLean discuteva animatamente con alcuni colleghi al tavolo della giuria mentre le atlete attendevano trepidanti il risultato della gara. 
Le canadesi sperarono fino all'ultimo di salvare il primo posto, o per lo meno di ottenere un pareggio, ma la squadra americana, infine, risultò vincitrice.
I coach decisero, in un'impeto di comprensione, di rimandare le critiche al ritorno a casa, per non rigirare il coltello nella piaga.
La sconfitta fu tosta da mandare giù, ma le ragazze avrebbero dovuto farsene presto una ragione; non sempre le gare vanno come si spera, specie quando subentrano ansie, preoccupazioni, stress accumulato e distrazioni. Il fatto di sentire la mancanza di una persona importante, come Trent, aveva tradito il coraggio di Gwen, facendola piombare nella sfiducia più totale.

Nella classifica individuale, Dawn si classificò seconda al corpo libero e si guadagnò sentiti complimenti da parte di entrambi i coach. 
La sorpresa più grande, per lei, arrivò quando il ragazzo dai capelli rossi che aveva visto sugli spalti venne da lei per farle le congratulazioni e invitarla a bere un'aranciata assieme dopo la premiazione.
Rossa come un peperone, Dawn accettò la proposta. Quella giornata, malgrado la sconfitta della squadra, aveva avuto un dolce epilogo.

La squadra maschile portò a casa degli ottimi traguardi. Il più acclamato fu DJ, che si guadagnò una medaglia d'oro di specialità per il suo esercizio agli anelli.
-Grazie a tutti! Mamma ne sarebbe fiera.- diceva, commosso, ai compagni, tra abbracci e pacche sulle spalle.

Gwen non partecipava ai festeggiamenti con gli altri; sedeva sconsolata sul tappeto della trave.
La trave su cui, pensava, da allora in poi non avrebbe mai, mai più messo piede.
 
  
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