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Autore: Plando    11/05/2019    2 recensioni
Nick è in un momento difficile, riuscirà a venirne fuori con l'aiuto di una nuova conoscenza?
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Erano partite da almeno tre quarti d’ora dalla stazione di Savana centrale, le carrozze del treno erano abbastanza vecchiotte, infatti non erano strutturate come quelle più recenti, con due file di sedili per parte, ma piuttosto erano divide in scompartimenti separati dal corridoio tutto su di un lato da una porta scorrevole, fortunatamente non c’era molta gente e non faticarono a trovarne uno completamente libero, permettendo a Judy di sedersi e di poter finalmente riposare la zampa sinistra, che per tutto quel tempo aveva retto tutto il suo peso, con l’aiuto delle stampelle.

Nonostante il viaggio in auto dall’accademia fino al parcheggio della stazione fosse stato un continuo di domande da parte di una curiosa Sofia riguardo quanto accaduto, una volta salite in carrozza regnò per gran parte il silenzio, interrotto di tanto in tanto dalle lamentele di Judy.

“Di questo passo non arriveremo mai, perché hai preso il regionale? Col diretto saremmo già là”.

“Certo...” Rispose Sofia, senza distogliere lo sguardo da una lontra che teneva in braccio il figlio di probabilmente nemmeno un anno “...ma costa, ed io non ho nessuna fretta”.

Judy reclinò un po' la testa di lato, osservandola di sbieco “Sono quindici dollari in più, sai che spesa”.

La sorella le rispose col sorriso, tuttavia il tono della voce era quello di una persona che non ammette repliche “Ti correggo, sono trenta in più, considerando che te sei ancora disoccupata e li ho pagati entrambi di tasca mia”.

Judy a questo punto sbuffò, per poi voltarsi verso il finestrino, osservando i paesi di periferia che andavano e venivano accennando un sorriso, Sofia la chiuse lì, decisa a non interromperle questo momento di pace, almeno per un po'.

“Ehi”.

A questo richiamo Judy si volse osservandola negli occhi senza dire nulla, aspettando che le domandasse qualunque cosa per cui l’aveva distratta.

“Com’è lui?”.

“Lui chi?”.

“Il coniglio che hai conosciuto alla festa, Robert giusto? Dai descrivimelo un po'. Com’è? Quanti anni ha?”.

Le orecchie di Judy scattarono all’insù a sentire quel nome, ma soprattutto al ricordarsi della serata passata non più di due giorni prima, mise un sorriso sul muso.

“Che ti posso dire? È carino, alto più o meno come me ed ha un bel pelo corto, marroncino su tutto il corpo a parte una graziosa righetta nera che dalla coda sale lungo la schiena fino sulle fronte, per poi scendere fino alla punta del naso...inoltre...è...gentile”.

La fine della frase in questione preoccupò non poco Sofia, il fatto che lo aveva trovato gentile, l’aveva detto come se fosse stata una prerogativa solo sua, come se nessun’altro maschio prima di allora le avesse mostrato qualcosa di anche solo vagamente somigliante ad un gesto di gentilezza, certo sapeva che da quando era scappata non aveva avuto vita facile, ma non pensava fino a questo punto, tuttavia decise di lasciar perdere, soffermandosi su un altro dettaglio che non le era sfuggito, aveva descritto fin troppo minuziosamente quella graziosa righetta nera, anche in punti dove i vestiti in genere avrebbero dovuto coprirla.

“Su tutto il corpo eh?”.

Sentendo il tono vagamente malizioso della sorella Judy arrossì sotto la corta peluria del muso, capendo tardi di aver rivelato forse fin troppo.

“Cos...si, cioè no...o santa carota...”.

Si prese le lunghe orecchie e se le tirò giù fino a coprirsi il muso, non si aspettava certo che venisse tirato in ballo quell’argomento, ritrovandosi a balbettare a causa dell’imbarazzo, tuttavia durò poco, dato che quasi subito sentì il tocco della zampa della sorella, mentre le spostava le orecchie da davanti la faccia.

“E...com’è?”.

“Cosa?”.

“Dai, hai capito cosa intendo”.

Aveva capito fin troppo bene, tuttavia era restia a dire alla sorella quanto poteva essere bello qualcosa che lei non avrebbe mai potuto provare, tuttavia si rese anche conto che mentirle non avrebbe migliorato la situazione, decidendo quindi di dirle tutta la verità.

“È...è una bellissima sensazione, ti toglie il fiato e alla fine ti senti appagata...aspetta”.

Senza alcun preavviso Judy allungò la zampa verso la sorella, afferrandole delicatamente il bordo dell’orecchio destro tra pollice ed indice, per poi farli scorrere verso l’alto, il risultato fu pressoché immediato, con la coniglia paraplegica che irrigidì le braccia arrivando poi ad affondare gli artigli sui poggiazampa in gomma della sua carrozzina tanto fu il piacere che la sorella le aveva provocato, Judy sapeva benissimo quanto sensibili al tatto fossero le loro orecchie, da una parte aveva fatto capire, seppur in minima parte, cosa aveva provato lei con Robert, dall’altra si era un po' vendicata della domanda inopportuna, nonostante in quel momento non ci fosse nessun altro nella stanzetta.

“Ecco, più o meno questo, ma di più”.

Concluse la frase con un semplice sorriso, nemmeno rivolto a lei ma probabilmente al fatto che le fosse tornato in mente qualcosa della sera prima, rispondendo poi all’ultima domanda della sorella.

“E comunque lui ha ventidue anni”.

Sofia, che ancora si stava riprendendo da quell’improvviso gesto della sorella, si ritrovò a fissarla con gli occhi spalancati a quella rivelazione.

“Ma...è un ragazzino...ha sei anni meno di te”.

“È maggiorenne e vaccinato, inoltre lui è già poliziotto, tanto basta”.

Sofia decise di non aggiungere altro, era la prima volta da quando si erano ritrovate che la vedeva sinceramente felice, le bastava, decidendo quindi di smettere di tartassare la sorella, che riprese a fissare oltre il finestrino.

Dopo qualche minuto Judy distolse lo sguardo, abbassandolo verso le gambe della sorella, la serenità che aveva fino ad un attimo prima svanì, lasciando spazio ad uno sguardo triste, non appena si rese conto che Sofia la stava fissando tentò invano di voltarsi nuovamente verso il finestrino.

“Ti dai ancora la colpa di quanto successo?”.

“Perché non dovrei, sono stata io a voler andare a tutti i costi a casa di Gideon, te ci hai provato a dissuadermi, ma come una stupida non ti ho ascoltata e guarda come ti ha ridotta quella bestia”.

“Judy, non hai alcuna colpa, e per quanto riguarda Gideon, l’ho perdonato, molto tempo fa”.

La coniglietta drizzò le lunghe orecchie a sentire questa frase, voltandosi verso la sorella con un’espressione quasi scandalizzata sul muso.

“Come? Come puoi dire questo dopo che ti ha rovinato la vita?”.

Da una parte la capiva, Sofia sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettere al corrente la sorella di quanto accaduto durante gli anni in cui era mancata da casa.

“Te ne sei andata così all’improvviso, non hai idea di cosa è successo e di cosa ha patito quella famiglia”.

“I Grey?” Oramai in ogni parola che Judy diceva vi si poteva sentire solo odio e disprezzo, nella voce “Chi se ne fotte di cosa hanno passato, dopo quello che ti ha fatto quell’animale”.

Sofia non avrebbe mai tollerato un comportamento simile da parte sua, tuttavia ora si disse mentalmente di portare pazienza, cominciando ad aggiornare la sorella.

“Ora ti spiego cosa andò storto quel giorno, te la ricordi Sharla?”.

Judy ricordò subito la sua vecchia amica d’infanzia, una pecorella dalla lana nera, la stessa per cui si prese le artigliate di Gideon sul muso pur di recuperare i biglietti che la volpe gli aveva fregato quando avevano nove anni.
“Si, l’ultima volta che l’ho vista avevamo quindici anni, il giorno prima che tu venissi ferita, Gideon gli aveva tirato un pugno, per questo volevo dirgliene quattro”.

“Ecco, diciamo che sicuramente Gideon ha fatto la sua parte, ma la colpa di quanto successo è prevalentemente di Sharla, e si è scoperto solo recentemente il motivo”.

Ora Judy era confusa, non capendo cosa potesse mai aver fatto la sua amica per meritarsi un pugno sul muso e sua sorella la paralisi alle gambe, non servì nemmeno che chiedesse spiegazioni, dato che Sofia proseguì nel raccontare, senza darle modo d’intervenire.

“Sharla era parecchio infastidita dal comportamento di Gideon, per cui volle farle uno scherzo, un semplice dispetto in modo da fargli capire che doveva darsi una calmata”.

“E lui l’ha presa a pugni per un disp...”.

“Aspetta, lasciami finire, aveva scoperto che i petali di un particolare fiore erano molto amari, al punto che ne bastavano pochi per rovinare il sapore di praticamente qualunque cosa, glieli mise nel panino mentre era distratto”.

“Ah, bè allora adesso tutto si spiega, visto che a lui hanno rovinato un panino è giustificato dall’averti rovinato la vita, come ragionamento non fa una piega...”.

Non prestando minimamente attenzione all’ironia della sorella, Sofia riprese a spiegare.

“Erano petali di midnicampum holicithias, a quei tempi non si diede bado alla cosa, solo di recente si è capito il motivo dei suoi scatti d’ira che ebbe in quei giorni”.

Inizialmente Judy non riuscì ad associare il nome del fiore al comportamento della volpe, non capendo a cosa volesse puntare la sorella, facendo scena muta per qualche secondo finendo poi per osservarla, con l’aria di chi ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

“Sono gli stessi fiori che ha usato Dawn Bellwether quattro anni fa per creare un siero con cui fece impazzire i predatori di Zootropolis, per farli diventare selvaggi...”.

Non appena finì la frase Judy ricordò che effettivamente ne aveva già sentito parlare, tuttavia non gli parve la stessa cosa, c’era una grande differenza.

“No, è impossibile, Nick me ne ha parlato, quel veleno lo ha provato sulla sua pelle, il comportamento di Gideon non è neppure paragonabile a quello dei predatori colpiti dal siero, lui ragionava ancora benissimo”.

Dopo questa affermazione Sofia annuì pensierosa, per poi rispondere subito dopo.
“Si, bè...te fai conto che lui ne ha ingeriti pochi petali, quello che ha usato quella pazza da quanto ho letto era roba concentrata, magari è per quello”.

Anche Judy si ritrovò ad annuire, effettivamente come spiegazione ci stava tutta.
“Questo non lo giustifica di certo, è sempre stato una bestia, ti ricordi cosa mi ha fatto quando avevamo nove anni? Li dubito che si fosse messo a brucare fiori”.
Dicendo questo la coniglietta si indicò la guancia dove Gideon l’aveva sfregiata, spostando un po' il pelo per mettere in mostra una delle tre cicatrici, nel caso non fosse stato chiaro di cosa stesse parlando.

“Certo che lo ricordo, ma credimi, stavolta è diverso...dopo l’aggressione mi risvegliai in ospedale, mi dissero che ero rimasta in coma per due mesi e che te eri stata data per morta, è stato un periodo d’inferno per tutta la nostra famiglia”.

Se c’erano parole con cui Sofia poteva far sentire in colpa sua sorella, anche se involontariamente, in quel caso le aveva centrate tutte senza nemmeno rendersene conto, tuttavia Judy riuscì abbastanza bene a non far notare il disagio provato, che comunque non passò inosservato agli occhi dell’altra, che dopo un attimo di silenzio riprese a parlare.

“Come dicevo...dopo il mio risveglio ho passato un bel po' di tempo in osservazione nell’ospedale, un giorno mentre ero sola in stanza sentì la porta aprirsi, le davo le spalle e subito pensai che fosse papà o magari qualche parente venuto a trovarmi, te non hai idea, ne ho incontrati alcuni che nemmeno ricordavo chi fossero da tanto che non li vedevo”.

Stava iniziando a tergiversare, le capitava spesso anche da piccola e Judy se lo ricordava bene, il più delle volte la lasciava continuare nella speranza che riprendesse presto il discorso, ma ora era curiosa di sentirne la fine, decidendo d’interromperla.

“Non cambiare discorso, prosegui”.

“Si, giusto scusa, dicevo, quando sentì la porta chiudersi mi voltai per vedere chi fosse entrato...e vidi Gideon, in qualche modo era riuscito a passare oltre la sorveglianza di papà, fuori dalla stanza”.

Judy si mostrò subito preoccupata per le parole della sorella, al pensiero che si fosse ritrovata da sola in stanza con quella bestia.

“Che ti ha fatto?”.

“Mi...mi ha mostrato un Gideon che mai prima di allora avevo visto, era in lacrime e non riusciva neppure ad esprimersi bene a causa dei singulti, ricordo perfettamente le sue parole, continuava a scusarsi, mi chiedeva perdono, diceva che non sapeva cosa gli fosse preso e che non era sua intenzione fare tutto quello, quel giorno ho visto Gideon Grey disperato”.

Se glie lo avesse raccontato qualcun altro semplicemente non ci avrebbe mai creduto, ai suoi occhi quella volpe altro non era che uno schifoso bastardo che godeva nel rovinare la vita del prossimo, era sempre stato così, fin da quando lo conoscevano, ma dato che a dirlo era Sofia non poté far altro che crederle.

“E tu, da buona samaritana quale che sei, ti sei fatta fregare dal suo frignare, e lo hai perdonato...”.

Sofia la guardò di sbieco a questa affermazione, non capendo se si trattasse di una provocazione o se fosse semplicemente ironia, tuttavia preferì lasciar perdere, dando la risposta che la sorella cercava.

“Certo che no, come avrei potuto? Avevo da poco scoperto che a causa sua avrei dovuto passare il resto della mia vita in sedia a rotelle, e peggio ancora che lui e la sua famiglia erano indagati per la tua presunta morte, quindi no, non lo perdonai, non allora, gli urlai contro con odio, chiedendogli cosa ti avesse fatto, ricordo perfettamente lo sguardo perso che mise sul muso mentre negava con la testa e cercava di convincermi che nessuno della sua famiglia ti aveva torto un pelo, ma come puoi ben immaginare a quei tempi nessuno gli credette, nonostante le indagini non avessero portato a nulla vennero comunque bollati come degli assassini...persero tutto, Gideon non poté più venire a scuola senza rischiare di essere linciato, nessuno acquistò più i prodotti dei suoi genitori e dopo qualche mese qualcuno gli appiccò fuoco alla casa, fortunatamente riuscirono a scappare fuori in tempo, ma i pompieri non si fecero vedere se non quando era tutto ridotto in cenere, non si è mai scoperto chi fosse stato, non ci fu alcuna indagine...”.

“Bah...”.

Sofia non diede bado allo sbuffo della sorella, continuando poi a raccontare.
“Comunque le mie urla attirarono l’attenzione di nostro padre, che si affrettò ad entrare per vedere cosa stesse succedendo...Dio, se ci ripenso a cosa accadde mi sento ancora male”.

Tale affermazione non fece che risvegliare la curiosità dell’altra coniglietta, che un po' titubante a causa dell’esitazione della sorella ci mise qualche secondo a chiedere di proseguire.

“Che è successo?”.

“È entrato papà, non appena lo vide andò su tutte le furie, gli si avvicinò e senza alcun preavviso gli svuotò sul muso un’intera bomboletta di repellente per volpi, quella roba quando ti finisce negli occhi deve bruciare, e parecchio anche, lo vidi rotolarsi a terra per il dolore urlando a squarciagola, è stato terribile ero sconvolta, non avrei mai pensato che papà sarebbe arrivato a tanto con un ragazzino di quindici anni, dopo che si fu accertato che fosse inoffensivo cominciò a sbraitargli contro, dandogli dello schifoso assassino, per poi continuare con una serie di insulti a lui e a tutta la sua specie che non ho intenzione di ripetere”.

Quell’evento doveva averla sconvolta parecchio dato che, a distanza di anni, ancora si sentiva un cenno di incertezza nelle sue parole mentre raccontava i fatti accaduti.

“E poi che è successo?”.

“Papà lo ha trascinato di peso tirandolo per la coda, per poi buttarlo fuori dalla stanza con un calcio, da quello che ho sentito è rimasto a terra per quasi due ore prima di riprendersi, nessuno gli ha prestato soccorso né si è preoccupato di accertarsi delle sue condizioni, anche il personale dell’ospedale lo ignorava bellamente mentre si vedeva chiaramente che aveva bisogno di aiuto”.

Sentito questo Judy scosse leggermente le spalle, come a dire che era una cosa normale.

“Che ti aspettavi? Dopo quello che ti ha fatto, volente o non, se la meritava una lezione”.

Ancora una volta Sofia si ritrovò ad osservare sua sorella in silenzio, scrutandola negli occhi e cercando di capire se quelle affermazioni le pensava veramente o se fossero semplicemente i rimasugli di una rabbia non sfogata per troppo tempo, non ci volle molto perché Judy distogliesse lo sguardo da lei, dandole la conferma definitiva che quei tredici anni vissuti lontani da casa l’avevano cambiata in maniera irreversibile, arrivando al punto che a momenti nemmeno più la riconosceva.

“Secondo te è per quello?”.

Judy si rigirò verso di lei, non volendo comunque incrociarne lo sguardo per troppo tempo.

“Per quale altro motivo sennò?”.

“Magari...perché è una volpe, solo e semplicemente perché lui è una...”.

Si zittì prima di concludere la frase, alzando lo sguardo al finestrino della carrozza ferroviaria osservando poi l’esterno, anche Judy seguì il suo esempio, voltandosi per vedere cosa avesse attirato l’attenzione di sua sorella, lo capì in un attimo, erano finalmente arrivate, tuttavia a lasciarle di stucco non erano tanto gli avveniristici palazzi del centro di Wyndham City, per certi versi non molto differenti da quelli di Downtown, ma quello che si trovava oltre di essi a qualche chilometro di distanza, uno spettacolo che, a causa della loro giovane età, mai erano riuscite a vedere a Zootropolis, se non in una di quelle vecchie foto in bianco e nero sui libri di storia, perché era proprio una pagina di storia quella che gli si parava davanti, un’altissima muraglia di cemento ed acciaio lunga svariati chilometri che divideva in due l’intera città, seppur completa solo a metà le sue dimensioni erano qualcosa da far perdere il fiato, le gru dei cantieri erano talmente numerose che era impossibile tenere un conto preciso di quante fossero, certo ne avevano letto le notizie sui giornali, in fondo era ormai da tre anni che erano iniziati i lavori per le mura climatiche di Wyndham, i progetti erano gli stessi di quelle della grande Zootropolis, ma erano stati opportunamente modificati ed aggiornati per permettere una maggiore potenza con un minor dispendio di energia, oltre a questo era anche stata studiata una forma leggermente diversa, che risultasse più gradevole delle originali, secondo le tempistiche fra non più di tre anni, massimo quattro, anche questa città avrebbe avuto il suo bioma desertico, seppur per farlo si fosse dovuto ricorrere a lasciar inaridire un’intera parte di città e campagne limitrofe, vista così sembrava quasi un peccato, ma una volta conclusa, quando Mojave Plaza sarebbe stata completata, sarebbe risultata uno spettacolo ancora più di quanto già non fosse Sahara Square.

“Prossima fermata, stazione Baymax. Ripeto: prossima fermata, stazione Baymax.”.

Arrivate, dopo aver raccolto il bagaglio, limitato ad un semplice zainetto a testa, dato che entrambe al momento non erano in grado di trascinarsi dietro un trolley, scesero dal treno, avviandosi alla vicina fermata dei taxi appena fuori dalla stazione, Sofia si osservò attorno, consapevole che non avrebbero potuto andarsene in giro come avrebbe voluto a causa delle condizioni della sorella, sotto questo aspetto in un certo senso Judy aveva più difficoltà di lei, dato che il movimento in sedia a rotelle era più semplice che con le stampelle.

“Peccato però, mi sarebbe piaciuto visitarla un po'”.

“Dove sta il problema? Quando la gamba mi si sarà sistemata basterà tornarci, la gireremo da cima a fondo, e magari te lo farai sulle tue zampe...”.

La coniglietta sorrise alla frase della sorella, tuttavia dentro di sé nutriva ancora tantissimi dubbi, sapeva che valeva la pena provarci, ma in fondo non aveva mai nutrito alcuna speranza, forse giusto un po' appena Nick l’aveva informata, ma l’entusiasmo era scemato ben presto, era semplicemente tutto troppo bello per essere vero.

“...e magari la prossima volta prendiamo il diretto, tanto per dire...”.

Eccola che ricominciava con le lamentele sulla durata del viaggio, tuttavia questo bastò a scacciare i pensieri dalla testa di Sofia, che vide un taxi in avvicinamento, decidendo quindi di non dare risposta alla sorella e facendo un cenno ad indicare che volevano un passaggio, l’autista, un leopardo, non appena vide con chi aveva a che fare fu talmente gentile da aiutare la coniglia paraplegica a sedersi davanti, per poi chiudere la sedia a rotelle infilandola dietro al sedile del guidatore, Judy si sedette dietro la sorella.

“Dove vi porto?”.

“James Harriot Medical Center”.









“Salve, sto cercando Rodney Wilde, so che lavora qui”.

Una volta arrivati e pagato il tassista, Judy si era avvicinata alla reception dell’ospedale, chiedendo informazioni ad una zebra riguardo il cugino di Nick per cui avevano fatto molta strada, la segretaria dietro la scrivania la osservò per un attimo, attendendo qualche secondo prima di rispondere.

“Vedrò cosa posso fare, nel frattempo potete attendere li”.
Subito l’equina indicò una fila di sedie una di fianco all’altra, Judy si sedette sulla prima a sinistra con Sofia che le si posizionò di fianco alla sua destra, passarono quasi tre quarti d’ora ed ancora nessuna notizia, probabilmente era in corso un’operazione o comunque aveva da fare, lo avevano messo in conto, ma la noia stava per prendere il sopravvento, per lo meno a Sofia, dato che Judy si era appisolata con la testa sulla spalla della sorella, quest’ultima le diede uno scossone per svegliarla, un ocelot in camice bianco si stava avvicinando, sembrava avere tutta l’intenzione di parlare con loro.

“Salve, è da un po' che vi vedo in attesa, avete bisogno?”.

Judy era ancora mezza addormentata, per cui ci pensò Sofia a rispondere.

“Stiamo aspettando il dottor Wilde, un chirurgo volpe, lei lo conosce?”

Il felino si grattò il mento con l’artiglio con fare pensieroso, aspettò qualche secondo prima di rispondere.

“Mmmh, da quanto ne so non ci sono volpi che lavorano qui, cioè ci sono, ma sono femmine, sono due infermiere, una lavora nel reparto pediatrico e l’altra...bò, sinceramente non ne ho idea, forse cercate loro?”.

Nemmeno il tempo di finire la frase che subito vide uno sguardo deluso e rammaricato sul volto delle due conigliette, ci speravano davvero, Judy cominciò a cercare il suo cellulare nelle tasche dei pantaloni, doveva dirne quattro ad una volpa di sua conoscenza che a quanto pare aveva un pessimo gusto in fatto di scherzi idioti, nel frattempo Sofia decise di fare un ultimo tentativo.

“Ne è proprio sicuro? Siamo arrivate da Zootropolis solo per incontrare lui”.

Il felino stette ad osservarla in silenzio per qualche secondo, per poi lasciarsi sfuggire una risata che non sfuggì alle due sorelle, interrompendo Judy proprio mentre stava per avviare la chiamata.

“Dovevo immaginarlo...mi pareva strano che quel buffone di Nick vi avesse dato tutte le informazioni a riguardo”.

Sofia spalancò gli occhi e Judy mise via il cellulare, nessuna di loro due aveva fatto il nome della volpe e la cosa le incuriosì non poco.

“Che vuole dire?”.

Il felino a questo punto allungò la zampa verso di loro.

“Rodney Wilde, piacere di conoscervi, signorine Hopps”.





Note

E rieccomi, giuro, cominciavo a pensare che non ci sarei mai riuscito stavolta a pubblicare il capitolo, una serie di problemi personali e non che non vi dico, praticamente ho dovuto interrompere completamente la scrittura per un po', dilatando i tempi a livelli inverosimili, ma ora son qua, e finalmente le sorelle Hopps sono arrivate a Wyndham City, che ricordo essere stata utilizzata su gentile concessione di Redferne, e proveniente dalla sua long The promise you made.

Finito, spero vi piaccia come prosegue, non vi prometto nulla per il prossimo capitolo, sicuramente uscirà, ma non so quando, portate pazienza, nel frattempo ringrazio tutti coloro che recensiscono e anche solo leggono con interesse quello che scrivo, grazie mille.

Alla prossima
Davide

3731 parole
   
 
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