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Autore: Mirae    11/05/2019    2 recensioni
«È vero... è tutto vero», erano state le sue parole prima di andarsene e lasciarlo in quel luogo da solo, ma solo quando si era specchiato e si era visto nel frammento del vetro aveva compreso: era tornato il mostro di sempre.
Non l’aveva trovata nell’attico e quando era giunto in centrale, lei non c’era e lui aveva perso tempo a cercare di recuperare le piume insanguinate che la signorina Lopez aveva raccolto sul luogo della sparatoria, dove lui aveva ucciso Caino e provocato la morte dei suoi complici. E poi... poi aveva perso altro tempo prezioso andando a piagnucolare da Linda, sperando in qualche suo utile consiglio: dopotutto, non era solo la sua terapista, ma era anche amica di Chloe.
Era stata tutta colpa della sua indecisione se lei era fuggita a Roma, dove aveva incontrato quel ciarlatano di padre Kinley. Era stata tutta colpa sua se Charlie era stato rapito da un’orda di demoni disobbedienti e ora Amenadiel e Linda l’avrebbero odiato per l’eternità. Sì, era tutta colpa sua e per questo meritava di sedere su quel trono.
-EPILOGO ALTERNATIVO-
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gola

 

 

La pioggia cadeva fine sul terreno e sull’impermeabile dell’uomo che stava aspettando appoggiato al muro di pietra di una cappella funeraria: era un semplice cubo di marmo con un tetto poco profondo sulla cui sommità un angelo piangeva. Ai due lati della porta in ferro arrugginito (chissà da quanto tempo tutti i membri di quella famiglia erano morti) altri due angeli sorvegliavano l’ingresso alla dimora eterna: quello a destra stava sguainando una spada (o la stava riponendo? Josh non l’aveva mia capito, non che se lo fosse mai chiesto, in realtà), mentre quello a sinistra reggeva un calice. Josh avrebbe dato chissà che cosa per essere al pub a bere una buona birra ghiaciata e a giocare a biliardo. Invece, eccolo lì, di notte, in un cimitero, ad aspettare sotto la pioggia.

Col naso adunco e le labbra sottili, il cui colore quasi si confondeva con la pelle olivastra del viso, non poteva certo definirsi bello, eppure, nonostante ciò e la sua altezza media, le donne non gli mancavano. Certo, ammise a se stesso, erano soprattutto prostitute di basso rango, però quando le lasciava, avevano sempre il sorriso sulle labbra ed era sicuro che non dipendesse dai soldi con le quali le pagava, dal momento che era solo un manovale.

«Al diavolo!» Imprecò, spegnendo contro il marmo la terza sigaretta. Stava per andarsene, stanco e assonnato, quando gli sembrò di intravedere nel buio una sagoma che si stava avvicinando.

«Finalmente», sbottò a denti stretti, ma quando si accorse che la mano del suo ospite si era alzata oltre la testa e che stava calando con un arco strano, era troppo tardi per fuggire. Il cuneo di lego si abbatté contro il suo petto che Josh non ebbe tempo di emettere alcun suono, mentre si accasciava e un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca spalancata. L’impatto del terreno fece uscire dalla schiena la punta rossastra.

L’altra persona si fermò ancora alcuni istanti, poi, vedendo che Josh era immobile, voltò le spalle alla cappella e agli angeli ciechi e muti e tornò da dove era venuta.

 

§ § § § § § § § § §

 

Per essere maggio, il sole non era molto caldo: anzi, Chloe era quasi pentita di aver lasciato la giacca in ufficio. Probabilmente ciò era dovuto alla pioggia del giorno prima, la quale, non solo aveva abbassato la temperatura, ma aveva anche reso il terreno fangoso. Senza accorgersene, la donna sorrise pensando alle imprecazioni che il suo partner avrebbe lanciato nello sporcarsi le sue costosissime scarpe italiane, ma Lucifer se ne era andato da due settimane, non sarebbe mai più tornato: ora doveva accontentarsi di lavorare con Dan, come ai vecchi tempi.

«Allora, Ella, che cosa abbiamo?» Domandò, riparando gli occhi con una mano.

«Josh Itskowitz, trentasei anni, operaio. Non ha fatto una bella morte, ma almeno i familiari risparmieranno sul trasporto della salma», cominciò la ragazza, ma vedendo la collega irrigidre i muscoli del volto, decise di cambiare in fretta l’argomento: «Scusa, noon volevo dire quello. Cioè, Josh è un manovale del cimitero e la società che lo gestisce riserva ai propri dipendenti un trattamento di favore per le spese mortuarie. Comunque, dicevo: l’hanno ucciso con... rullo di tamburi... questo palo di frassino, conficcato dritto nel cuore». Con un gesto teatrale del braccio, Ella indicò il legno ancora incastrato nel corpo dell’uomo.

Dan si lasciò sfuggire una mezza risata: «Credevano fosse un vampiro?»

«O forse è quello che voleva credessimo», ipotizzò ancora Ella, calcando sul “forse”.

«Che cose intendi, Ella?» Chloe fece la mosse di stringere i baveri della giacca, salvo poi ricordarsi che l’aveva lasciata appoggiata alla sedia della sua scrivania. «L’assassino voleva che credessimo che la vittima fosse un vampiro o che lui fosse un cacciatore di demoni?» si lasciò sfuggire, ma corresse subito quella parola col termine “vampiro”, già utilizzato dal medico forense.

«No, hai ragione: i vampiri sono dei demoni».

«Che cosa?» Di nuovo, Dan sorrise in modo ironico. «I vampiri non sono persone che si sono suicidate o che sono state morse da altri vampiri?»

«Beh, sì, secondo alcune tradizioni sì, ma ci sono alcuni esponenti religiosi che credono che il vampiro sia a tutti gli effetti un demone. Un demone predatore, per l’esattezza», concluse, spalancando gli occhi.

«Wow, per fortuna è giorno», esalò Dan.

«Uhm, credevo che ti piacessero certi film», lo provocò l’ex moglie.

«I film d’azione, di sicuro, ma l’horror, beh... non fa per me», terminò, volgendo lo sguardo a Ella: «Quindi stiamo cercando persone che si credono demoni o chi dà loro la caccia?»

«Questo credo sia a voi decidere. Il mio compito è quello di raccogliere quante più prove possibili e grazie a Dio ieri ha piovuto, quindi potremmo controllare le impronte con più facilità», disse la ragazza, distogliendo lo sguardo dai due investigatori per tornare a controllare il terreno.

Mentre si allontanavano, Dan si confidò con Chloe: «Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma oggi sento davvero la mancanza di Lucifer».

«Sul serio?» Chloe si girò di scatto verso di lui. Il sole le diede fastidio agli occhi, costringendola a strizzarli più del dovuto, dandole un’aria non molto rassicurante.

«Beh, lui si è sempre definito il diavolo e ha addirittura costruito il suo personaggio su questo mito. Ti ricordi due anni fa, il caso degli omicidi dei due satanisti? Quel predicatore li aveva uccisi per dare la colpa a Lucifer propio per quel motivo», le suggerì.

«Quindi vorresti che ci fosse Lucifer per dare la colpa a lui? Sei ancora arrabbiato con lui per la morte di Charlotte? non ti sembra di esagerare? Davvero Dan: l’avremmo creduto se fosse venuto da noi dicendoci che Pierce era il Peccatore? Non l’abbiamo creduto quando cercava di metterci in guardia dicendoci che il vero Peccatore non era stato ucciso dal tenente: quali motivi aveva per credere che avremmo accettato quella realtà?» Lo investì senza dargli tempo di rispondere, ma adesso era lì, di fronte a lui, con le braccia conserte e un’espressione di attesa dipinta in faccia.

«Wow, wow, wow. Una domanda per volta. Non incolpo più Lucifer per la morte di Charlotte, anzi, sto andando da una psicoterapeuta per superare la perdita», le confidò.

«Oh», fu tutto ciò che Chloe riuscì a proferire, prima che Dan continuasse: «Quello che volevo dire è che Lucifer si è sempre sentito braccato e di sicuro sapeva come ragiona il nostro colpevole, e forse anche come si sentiva la vittima».

«Capisco. Beh, forse hai ragione, ma Lucifer se ne è andato e non credo tornerà. Non tanto presto, almeno», esalò, abbassando lo sguardo.

Dan sospirò: Lucifer era l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere accanto alla sua ex moglie e a Trixie, ma da quando era partito, era come se Chloe e Trixie fossero morte dentro, così, sospirando e quasi dichiarando guerra al proprio cervello, si costrinse a dire: «Non ti ha detto dove andava?»

«No, solo che aveva un problema piuttosto grave con una sua... ehm... società. In un altro Stato».

«Bene. D’accordo». In realtà era sollevato. «Farò delle ricerche».

«No!» Chloe quasi urlò e, vedendo gli occhi sbarrati dell’ex marito e la sua bocca semiaperta, si rese conto che forse aveva esagerato: «Non c’è bisogno. E non voglio: in fondo, tutti abbiamo bisogno di un nostro cassetto privato, dove custodire i nostri piccoli, grandi segreti. Sì, voglio dargli fiducia: prima o poi tornerà. Lo so. Più o meno», aggiunse, continuando ad asserire con la testa, come ogni volta che era nervosa.

Dan sospirò di nuovo: «Intendevo ricerche su...» Ebbe bisogno di leggere il nome sul taccuino per riuscire a pronunciarlo correttamente.

«Oh. Sì. Giusto», farfugliò Chloe, dirigendosi verso l’auto a testa bassa.

 

§ § § § § § § § § §

 

Amava suo figlio e soprattutto dopo il rapimento faceva fatica a staccarsi da lui per andare a lavoro, ma una volta arrivata nello studio riusciva e appoggiata la borsa su una sedia, si sentiva come se fosse uscita da un’apnea eterna. Sì, per quanto amasse la famiglia, il lavoro era come tornare a respirare a pieni polmoni. Se non fosse per l’espressione minacciosa del suo paziente. O, meglio, della sua paziente. No, non erano gli occhi che mandavano lampi in modo assolutamente noon metaforico: era proprio il modo in cui stava maneggiando le lame infernali che stavano facendo deglutire a vuoto la psichiatra.

«Ti rendi conto, Linda? Se ne è andato e mi ha lasciato qui, nonostante sapesse quanto desiderassi tornare a casa», stava inveendo Maze.

«Forse credeva che fra te ed Eva stesse nascendo un bel sentimento e non voleva essere causa di una rottura: dopotutto, non mi sembra che eva reagisca bene ai rifiuti. Oppure», provò a ipotizzare, «non è tornato a “casa”, ma si è solo preso una vacanza. Hai provato a cercarlo a Las Vegas? L’ultima volta è andato lì ed è tornato con la fede al dito. E un’oca sottobraccio», aggiunse, piegando di lato la testa.

«Lo credi davvero?» Il demone socchiuse gli occhi e si sporse verso l’amica, appoggiando entrambe le mani sul tavolino che divideva il divano dalla poltroncina, senza tuttavia abbandonare i coltelli, sui quali si posò lo sguardo di Linda.

«Certo che lo credo davvero», cercò invece di infondere sicurezza al proprio tono di voce la bionda.

«Mh», Maze piegò la testa di lato, tornando a sedersi sul divano: «Stano, però», soppesò.

«Che cosa?» Chiese con un filo di voce l’altra.

«Avrei giurato di avrei sentito, tu e Amedial l’altra sera, che dicevate qualcosa sul ritorno di Lucifer all’Inferno», si battè l’indice sul mento, guardando in modo vago oltre Linda.

«Tu ci spii?»Questa volta era stato il turno di Linda ad assottigliare gli occhi, mentre si irrigidiva sulla sedia.

«No», urlò la demone, «Certo che no», proferì a un tono più normale, dopo che l’amica si era portata le mani alle orecchie. «Stavo passando davanti alla vostra camera e vi ho sentito parlare. Non è colpa mia se urlate», incrociò le mani sul petto.

Nonostante le lame fossero abbandonate sui cuscini, Linda non si sentì lo stesso al sicuro, conoscendo la velocità dell’amica. E la sua mira infallibile.

«Charlie si era appena addormentato: non stavamo urlando, stavamo bisbigliando. Il che significa che tu stavi origliando con l’orecchio attaccato alla porta chiusa della nostra camera».

«Quindi ammetti di sapere che Lucifer è tornato all’Inferno», convenne Maze.

«Sì. No. Tu devi smettere di spiare le persone», le impose.

«Lo sapevi, ma non ti sei preoccupata di avvertirmi. Certo, perchè preoccuparsi di un semplice demone?» Le lacrime le socarono il viso.

«Oh, Maze», si intenerì Linda, «io volevo dirtelo. Anche Amenadiel voleva dirtelo. Solo, non sapevamo come affrontare al meglio la questione. Insomma», Linda tirò un bel respiro, battendo i palmi aperti sulle ginocchia, «Amenadiel, in un primo momento voleva suggerirti di accompagnarti laggiù, ma io... ecco... mi era sembrato che stessi legando con Eva e poi... ecco... credevo che una proposta del genere ti avesse fatto sentire come indesiderata perchè, diciamocelo: a volte Amenadiel è un po’ troppo diretto».

«Mh», il demone soppesò il discorso: non era convinta del tutto, ma c’era una certa logica nel discorso». «Resta il fatto che nessuno si è preoccupato di chiedermi che cosa volessi io: né Lucifer, né Amenadiel. Nemmeno tu, Linda», l’accusò e fu come una coltellata di ghiaccio dritta al cuore: il gelo che investì Linda fu tale da toglierle il respiro, ma riuscì a esalare: «Te lo chiedo adesso, però», accennando un sorriso di incoraggiamento, «che cosa vuoi?»

«Troppo tardi», pronunciò la demone, alzandosi ed uscendo dallo studio.

Linda aprì la bocca. Poi la richiuse. Gli occhi fissi sulla porta lasciata aperta.

 

§ § § § § § § § § §

 

Per l’ennesima volta quel mattino, Chloe sbuffò: si stava annoiando e non era normale, vista la quantità di documenti da registrare, per non parlare del nuovo caso da risolvere: un pazzo che girava la città a impalare persone. La verità era che Lucifer le mancava. Le mancava lui, ma anche e soprattutto la sua luciferaggine, anche se a volte, come le aveva detto lui stesso, i suoi modi e le sue battute le facevano alzare gli occhi al cielo, e una volte le aveva strappato anche un grugnito. no, così non andava affatto bene: doveva dimenticare Lucifer una volta per tutte e quel caso cadeva proprio a pennello. Sarebbe caduto a pennello, se Ella non se ne fosse uscita con la storia che i vampiri sono demoni.

Di nuovo, sbuffò: era solo un caso di omicidio passionale. I demoni non c’entravano nulla e lei doveva smettere di comportarsi come se Lucifer l’avesse in qualche modo infettata, facendole proiettare i propri dilemmi personali nel caso.

«Ta-booom!» All’escamazione seguì il rumore di un fascicolo che cade pesantemente sul tavolo, facendola sobbalzare spaventata.

Portandosi la mano al cuore ed espirando a occhi chiusi, si rivolse alla giovane donna di fronte a lei, mentre veniva raggiunta da Daniel: «Ella! Mi hai spaventato. Hai già qualche novità?»

«Sì», affermò con un sorriso la giovane medico forense, guardando a turno i due colleghi. «Ho notato tre sigarette accanto alla cappella, quindi, se siamo fortunati», scandì con lentezza, «presto avremo il DNA del colpevole e... se siamo super fortunati, il suo nome sarà nel nostro archivio, ma...» aggiunse, scuotendo la testa, «potrebbe anche essere del vampiro».

«Vorrai dire della vittima», la corresse Chloe.

«Sì, del vampiro che è anche la nostra vittima», insistette Ella.

Vedendo Chloe alzare gli occhi al cielo sospirando, decise di intervenire: «Oltre alle sigarette abbiamo anche altro, vero Ella? Per esempio delle impronte?» Quasi la implorò con lo sguardo.

«Sì», esclamò la ragazza, quasi saltando sul posto, «grazie al terreno molle dovuto alla pioggia della notte, siamo riusciti a isolare alcune impronte, tra cui quelle di un paio di scarpe misura 6 con il battistrada ben sagomato con tassellature pronunciate. Purtroppo», continuò, scuotendo di nuovo la testa, «quel tipo di suola fa scivolare sia l’acqua che ogni tipo di sporco, quindi», scandì in modo lento, «è probabile che una volta giunto a casa, il nostro colpevole le abbia lavate».

«Sì, però, la misura è troppo piccola per un uomo, quindi il colpevole che cerchiamo è probabile sia una donna», ipotizzò Chloe.

«Infilzare un uomo come Josh non è semplice. La forza richiesta richiederebbe troppo sforzo per una donna», intervenne Dan.

Sia Chloe che Ella si volsero verso di lui, ma fu quest’ultima ad accusarlo: «Noto un certo sessismo nella tua frase».

Preso in contropiede, Dan alzò le braccia: «No, volevo solo dire... Vado a controllare le palestre», troncò il discorso.

Chloe tornò a guardare Ella: «D’accordo, concentriamoci per il momento sulla marca delle scarpe e sulle sigarette».

«Mh, è una marca molto comune e sì, posso risalire ai negozi che la distribuiscono, ma a meno che non si tratti di un grande quantitativo che richieda una vera e propria fattura, non riusciremo mai a scoprire le singole persone che l’hanno acquistata. Invece, per quanto riguarda le sigarette, ecco... non so come dirtelo... Naturalmente non vuole dire niente», strabuzzò gli occhi, scuotendo in modo nervoso la testa.

«Ella», Chloe socchiuse gli occhi, facendo deglutire la ragazza, «che cosa non sai come dirmi e che non vorrebbe dire niente?» Prima, però, che la ragazza riuscisse a risponderle, le venne un’illuminazione, anzi, un’epifania, come avrebbe detto Lucifer: «Di che marca sono le sigarette?»

«Sono le Black Devil, una marca olandese».

«E anche le più costose sul mercato», convenne Chloe.

«Beh, non ho ancora confrontato il prezzo, ma conoscendo la propensione di Lucifer a ostentare il lusso, sì, immagino siano le più costose».

«Come può un semplice manovale cimiteriale a permettersi un simile sfizio?» Riflettè la detective.

Sospirando, si mise all’opera, scavando nel passato finanziario di Josh Itskowitz, anche se era convinta che la verità fosse un’altra: infilzare un uomo con una paletto di legno richiedeva una buona dose di coraggio, quindi, secondo lei, si trattava di un crimine passionale, non certo legato a qualche truffa finanziaria, a meno che... «Ella!» si precipitò nell’ufficio forense.

«Chloe, che cosa succede?» Ella alzò gli occhi dal microsopio.

«Secondo alcune culture, i vampiri sarebbero dei demoni predatori, giusto?» Chiese, gesticolando e camminando su e giù attorno al tavolo.

«Sì, esatto», convenne l’amica.

«E di che cosa si ciberebbero i vampiri?» Domandò ancora, ma Ella capì che Chloe conosceva già la risposte, quindi si limitò ad annuire e ad esclamare, con gli occhi spalancati: «Esatto!»

Chloe si precipitò fuori dall’ufficio e andò alla scrivania di Den, ancora sotto le scale dell’ingresso: «Dan, ho avuto un’idea per restringere il campo: cerca tra le culturiste se qualcuna aveva contratto dei debiti con Josh o se era lui ad avere contratto debiti con qualcuna di loro»

«Non capisco», si limitò a dire Dan, giocando con la maniglia e aspettando che Chloe gli spiegasse l’idea, che non tardò ad arrivare: «Ella ha trovato delle sigarette costose accanto alla vittima. Troppo costose per il lavoro che faceva. Quindi ho controllato il suo estratto conto e ho trovato diversi investimenti ad alto rischio, tutti andati a buon fine», cominciò ad esporre.

«Ma non ha senso», si oppose l’uomo. «Se guadagnava tanto, perché continuare a fare quel lavoro?»

«Forse perché era solo un prestanome, ma a un certo punto si è stancato e ha cominciato a ricattare e a volere sempre di più. Oggi al cimitero Ella ha detto qualcosa sui vampiri, e cioè che sono demoni predatori», ma Dan la interruppe:«No, aspetta Chloe, dai, non puoi crederci veramente. Sono sempre più convinto che la frequentazione di Lucifer sia stata davvero molto dannosa», ironizzò, ma Chloe non dette segno di raccogliere la provocazione: «No, ascolta Dan: Lucifer e la sua luciferaggine non c’entrano questa volta. Secondo le leggende, i vampiri si cibano di sangue, o comunque di energia vitale. Il fatto che sia stato ucciso con un cuneo di frassino ci dice che stava prosciugando finanziarmente il suo aguzzino. O la sua aguzzina».

«Giusto, faccio subito un controllo incrociato».

 

§ § § § § § § § § §

 

Dopo aver lasciato Linda, Maze era andata al Lux: qualcuno, dopotutto, doveva continuare a mandare avanti la baracca e anche se non aveva lasciato l’Inferno per fare la barista, mantenere in attività il night club le dava l’illusione di contribuire in qualche modo al ritorno di Lucifer. Quando aveva sentito Amenadiel e Linda discutere, in un primo momento si era sentita tradita sia da Lucifer, che laveva dimenticata in un posto che lei aveva sempre faticato a considerare “casa”, sia dagli amici, colpevoli, sia di nasconderle la verità, sia di volerla rispedire dal posto da cui proveniva senza, però, chiederle che cosa volesse in realtà. Perché diavolo tutti agivano nei suoi confronti come se sapessero che cosa voleva, senza prendersi il disturbo di informarsi dalla diretta interessata? Lei valeva davvero così poco?

«Al diavolo!» Sbottò, trangugiando il whiskey nel bicchiere e sbattendolo con quanto più rumore possibile sul bancone tirato a lucido. In sala, intanto, alcune ballerine si allenvano al palo per lo spettacolo serale. Piegò la testa di lato, concentrandosi su una in particolare, ma all’improvviso un uomo le coprì la visuale: «Buongiorno, sto cercando Lucifer Morningstar». Era alto più o meno come il principale, e come lui indossava un completo di alta sartoria. Era biondo e con gli occhi verdi, il naso dritto e le labbra sottili. Non era niente male, a pensarci bene, ma troppo magro per i suoi gusti.

«Non c’è», si limitò a rispondergli.

«Non sa quando torna?» Le chiese ancora, sempre fissandola negli occhi.

«No».

«È una cosa piuttosto urgente».

«Mi dispiace: non so dov’è e non so quando torna», scandì, avvicindo il suo volto all’uomo, facendo schioccare la lingua e guardandolo in modo malizioso.

L‘uomo deglutì a vuoto.

«Conosco, però, una persona che potrebbe aiutarla. È suo fratello: si chiama Amenadiel Canaan e lo trova a questo indirizzo», scarabocchiò poche righe su un tovagliolo di carta.

«Hanno due cognomi diversi», si oppose lo sconosciuto, arricciando il naso.

Maze sbuffò: «Già».

 

§ § § § § § § § § §

 

Alla fine, gli sforzi di Dan e Chloe li avevano condotti alla palestra di Sebastian e Brenda Reyes, la “AndroPower”. L’edificio era basso, a un piano, con i muri esterni di cemento grigio e vi si accedeva da un cortile interno; l’insegna era fissata in alto, poco sotto il tetto piatto, nera con i caratteri color oro.

«Sebastian Reyes, 40 anni, titolare della palestra, ha dei precedenti penali per violenza: ha rotto la schiena di un rivale, in un club per scambisti», cominciò Dan.

«Ma», Chloe piegò la testa di lato, emettendo un verso di disapprovazione.

Dan sospirò: «So a che cosa stai pensando, Chloe».

«Ah, davvero?» Lo irrise la donna, voltandosi a guardarlo.

«Sì, beh...», farfugliò lui, «Lucifer non è l’unico uomo di Los Angeles capace di rompere la schiena a qualcuno e che... beh... ecco...»

Chloe era davanti a lui, con le braccia incrociate, il peso del corpo spostato sulla gamba destra e gli occhi talmente ridotti a una fessura che era quasi impossibile vedere la sclera, tuttavia, Dan continuò: «Considerato anche i gusti e i traffici di Julian, avrebbe potuto benissimo essere un uomo come Sebastian, magari un regolamento di conti. Però, vedi, Chloe, io ho trovato una sigaretta di Lucifer nella baita di Julian», si giustificò.

«Tu che cosa hai trovato? Comunque, dubito che una multinazionale fabbrichi sigarette solo per una persona, e del resto non siam o qui per Julian Tiernam. Anche se potrebbe essere una pista, in effetti», riflettè. «A ogni modo, che cosa midici invece di sua moglie Brenda?»

Felice di cambiare discorso, Dan scorse i suoi appunti: «Brenda Reyes, stessa età del marito, arrestata una volta per favoreggiamento della prostituzione».

«Ah, due belle personcine», convenne Chloe. «È probabile che la palestra sia una copertura per traffici illegali di schiave?»

«Finora non ci sono stati controlli in tal senso e anche dopo l’arresto di Julian non è emerso nulla riguardo alla AndroPower, però il nome promette bene», scherzò Dan. «A ogni modo», continuò, «il nome di Josh risulta iscritto da tre anni, anche se pare indietro di sei mesi col pagamento delle rate».

«La vittima non stava pagando le rate mensili da mesi, ma al contrario erano i Reyes a pagare lui?» Obiettò Chloe.

«Pensi a quello che sto pensando io?», suggerì Dan, facendosi da parte per fare entrare per prima l’ex moglie.

 

§ § § § § § § § § §

 

La villa era bassa, con i muri esterni bianchi e il tetto spiovente e si trovava proprio dall’altra parte della strada di un piccolo parco; inoltre, era circondata da un piccolo giardino recintato: il posto ideale per crescere dei figli, a differenza di un alloggio situato sopra un locale notturno. Quando l’uomo suonò il campanello aveva già preso la sua decisione, anche se questo voleva dire andare contro le ultime volontà di una donna, ma con un buon avvocato avrebbe potuto pilotare la sentenza del tribunale a proprio favore.

Di sicuro, però, non si aspettava che ad aprirgli la porta fosse un uomo di colore.

«Buongiorno», lo salutò quest’ultimo.

Lo straniero provò a stirare un sorriso: «Buongiorno. Sto cercando un certo Amenadiel Canaan, ma forse mi hanno dato l’indirizzo sbagliato. Scusi il disturbo». Alzò una mano, più per evitare di stringerla all’uomo che per un vero e proprio saluto.

«Non hanno sbagliato: sono proprio io. Perché mi cercava?» Gli chiese Amenadiel, ancora in mezzo all’uscio.

«Sto cercando Lucifer Morningstar e mi hanno detto che lei è suo fratello». Sospirò, scuotendo la testa: «Una persona con molto senso dell’umorismo, a quanto pare».

Amenadiel appoggiò un braccio alla guarnizione esterna della porta: «Non so quale dipendente di Lucifer gli abbia dato quest’informazione, ma le assicuro che non si è affatto preso gioco di lei: io e Lucifer siamo davvero fratelli» Soppesò meglio la frase, sia piegando le labbra un pò all’ingiù, sia piegando la testa di lato: «Forse fratellastri, visto che siamo stati adottati».

«Oh, certo, questo spiega tutto, anche i cognomi diversi», affermò l’uomo, sempre a disagio.

«Oh, mi scusi, non l’ho invitata a entrare». Amenadiel si spostò di lato, per far entrare lo sconosciuto.

Questi non aveva nessuna intenzione di entrare in una casa abitata da Afroamericani, ma, sebbene il quartiere fosse uno dei più esclusivi della città, aveva bisogno di qualcosa per sostenere la propria tesi in tribunale.

Gli era bastato solo uno sguardo per capire che quella casa non fosse adatta a crescere dei figli: l’interno dell’abitazione era scuro, dovuto forse al fatto che una volta entrati era necessario scendere alcuni gradini e la sporgenza del tetto di certo non aiutava. Ora aveva solo fretta di uscire il più presto possibile da lì: «Senta, la ringrazio per l’accoglienza, ma mi basta solo avere il nuovo indirizzo del signor Morningstar».

«Mi dispiace, ma mio fratello ha lasciato la città un paio di settimane fa per risolvere una grave crisi aziendale. In un altro Stato», lo deluse Amenadiel.

«Capisco, ma anche questa faccenda è piuttosto grave: si tratta di sua sorellaaastra Kristiel Rockwell», insistette lo sconosciuto.

«Kristiel? Le è successo qualcosa?» Si allarmò Amenadiel.

«È anche la sua sorellastra?» Tergiversò invece l’altro.

Con le gambe divaricate e le braccia conserte, Amenadeil gli spiegò: «Beh, essendo la sorella gemella di Lucifer, sì, è anche mia sorella. Che cosa le è successo?»

 

§ § § § § § § § § §

 

Le grandi vetrate all’ingresso davano al locale un’idea di grande luminosità, anche grazie all’alto soffitto e alle pareti intonacate di bianco, come anche il linoleum del pavimento. Sul fondo della parete a destra si accedeva alla palestra vera e propria, mentre a sinistra, dietro un lungo bancone in laminato bianco, una segretaria li stava guardando. Aveva i capelli castani – un po’ più scuri di quelli di Chloe – raccolti una coda di cavallo e il suo viso sembrava non truccato.

«LAPD», esordì Chloe, mostrando il distintivo.

«Buongiorno. Guardo subito se c’è una promozione in corso per i poliziotti», la segretaria cominciò a smanettare alla tastiera.

«No, non siamo qui per iscriverci ai corsi», la bloccò subito Chloe.

«Oh. Allora non capisco», la ragazza, che probabilmente non aveva più di venticinque anni, guardò i due poliziotti con gli occhi spalancati.

«Voremmo parlare con i proprietari, se è possibile», intervenne Dan.

La ragazza compose in fretta un numero di telefono e dopo pochi minuti, Sebastian e Brenda Reyes li raggiunsero e li fecero accomodare in un ufficio di fianco alla reception.

Sebastian era alto circa un metro e settanta, mentre Brenda gli arrivava alle spalle. Entrambi avevano i muscoli ipertrofici, segno sia di intensa attività fisica (di sicuro culturismo) che di assunzione (forse smodata) di integratori ormonali.

In quel momento, il telefono di Chloe emise un debole suono, avvertendola di una notifica: Ella era riuscita a trovare un riscontro per le impronte digitali. Senza modificare la propria espressione, ripose il cellulare nella tasca, tornando a dedicare la propria attenzione ai sospettati: «Signori Reyes, possiamo chiedervi quali erano i vostri rapporti col signor Itskowitz?»

Sebastian alzò le spalle: «Mai sentito nominare. Tu?» Chiese alla moglie, in piedi dietro di lui, che, al contrario, era seduto sulla comoda poltroncina di pelle.

«Neanch’io», anche Brenda alzò le spalle.

«Strano», li contraddisse Dan, «perché a noi risulta che fosse un vostro iscritto, in ritardo col pagamento delle rate».

«Abbiamo centinaia di iscritti», convenne Sebastian, «e non tutti sono puntuali con i pagamenti. Dopotutto, i nostri clienti non sono le star di Hollywood», sorrise.

«E come vi comportate in questo caso? Aspettate che vi paghino a loro uso e consumo?» Ironizzò Chloe.

Sebastian non cedette alla provocazione, ma, anzi, le sorrise: «Diamo loro la possibilità di pagare con qualche mese in ritardo».

«Esattemte, quanti mesi?» Incalzò ancora Chloe.

«Due, tre al massimo», affermò sicuro Sebastian.

«Come spiega allora che il ritardo del signor Itskowikz ammontasse addirittura a sei mesi?» Intervenne di nuovo Dan.

«Sei mesi? Siete sicuri?» Si meravigliò Sebastian. «Chiamo subito Grace»

«Scusate, ma perché vi interessa tanto questo Itsoqualcosa?» Chiese con voce stridula Brenda.

«Itskowitz. Josh Itskowitz», scandì Chloe. «Era un operaioglewood Park Cemetery, ma il suo conto corrente presenta numerosi versamenti da parte vostra, che cominciano proprio sei mesi fa».

«Non ne so nulla», affermò Sebastian, spostando il suo peso sulla sedia.

«Neanch’io so a cosa vi riferiate», Brenda stirò le labbra in un sorriso nervoso.

«Magari aveva scoperto che collaboravate con Julian Tiernam per favorire l’ingresso nel nostro Paese di immigrate clandestine e aveva cominciato a ricattarvi con somme sempre più esose», suggerì Chloe.

Brenda cercò di scattare verso l’uscita, ma Dan la bloccò.

«La dichiaro in arresto per l’omicidio di Josh Itskowitz. Ha il diritto di restare in silenzio e di richiedere un avvocato. Se non può permettersene uno, gliene verrà affidato uno d’ufficio. Se rinuncia a tali diritti, tutto quello che dirà, verrà usato contro di lei», recitò Chloe.

«Non avete prove», urlò Brenda, dimenandosi.

«Le sue impronte sul cuneo di frassino col quale ha ucciso Josh Itskowitz sono più che sufficienti per il procuratore», le rivelò.

 

§ § § § § § § § § §

 

«È vero... è tutto vero», erano state le sue parole prima di andarsene e lasciarlo in quel luogo da solo, ma solo quando si era specchiato e si era visto nel frammento del vetro aveva compreso: era tornato il mostro di sempre.

Emise un sospiro, ridacchiando. Presa la fiaschetta dal taschino della giacca, ne bevve un lungo sorso. Non aveva fretta: sapeva dove avrebbe trovato la detective; poi si ricordò di essere a piedi, visto che in quel vicolo ci erano arrivati con la macchina di Chloe.

Non l’aveva trovata nell’attico e quando era giunto in centrale, lei non c’era e lui aveva perso tempo a cercare di recuperare le piume insanguinate che la signorina Lopez aveva raccolto sul luogo della sparatoria, dove lui aveva ucciso Caino e provocato la morte dei suoi complici. E poi... poi aveva perso altro tempo prezioso andando a piagnucolare da Linda, sperando in qualche suo utile consiglio: dopotutto, non era solo la sua terapista, ma era anche amica di Chloe.

Era stata tutta colpa della sua indecisione se lei era fuggita a Roma, dove aveva incontrato quel ciarlatano di padre Kinley. Era stata tutta colpa sua se Charlie era stato rapito da un’orda di demoni disobbedienti e ora Amenadiel e Linda l’avrebbero odiato per l’eternità. Sì, era tutta colpa sua e per questo meritava di sedere su quel trono.

Erano giorni, settimane, forse, che si stava tormentando con questi ricordi e queste rimuginazioni, quando un terremoto sconvolse il suo regno: un’anima era riuscita a eludere la sua sorveglianza, forse, oppure, qualcuno aveva deciso di scendere a rendergli omaggio? Distolse lo sguardo dal suo dominio per porlo dinanzi a sé: due figure, una dalle angeli nere e un caschetto e l’altra dalle angeli dorate e che rifuggiva il suo sguardo, avevano osato varcare le porte infernali.

«Bene, bene, Azrael e Kristiel. Che cosa porta l’Angelo della Morte e l’Angelo dell’Amore a fare visita al Principe delle Tenebre?» Irrise le sorelle, colpevoli, secondo lui, di averlo abbandonato durante, ma soprattutto dopo, la Ribellione.

«Ciao Lu», cominciò Ray-Ray, «ti trovo bene: praticamente uguale all’ultima volta che ci siamo visti».

Lucifer non ricambiò il suo saluto, anzì non la guardò neppure: la sua attenzione era concentrata sulla sorella gemella che continuava a guardare altrove, così Ray-Ray continuò, deglutendo a vuoto: «Io e Kri avremmo un favore da chiederti».

«Giusto. Le Creature celesti non si sporcano le ali senza un motivo valido. Ma c’è un problema: il Lucifer che concede i favori viveva a Los Angeles, qui c’è solo il Diavolo», tagliò corto.

«Per favore, Lucifer», implolorò Kristiel, trovando finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi.

Ciò che vide lo sconvolse: «Chi. Ha. Osato».

 

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N.d.A.: Benvenuti in questa mia nuova avventura. Ho divorato i dieci episodi della quarta stagione in due giorni e il finale mi ha lasciato con l’amaro in bocca. Pur essendo consapevole che difficilmente poteva esserci un futuro per Chloe e Lucifer, se non altro perché lei è destinata a morire prima o poi, mi sarebbe piaciuto che almeno una volta fossero riusciti a “consumare”. Del resto, il finale di stagione ha lasciato molte cose in sospeso: Lucifer è tornato a governare l’Inferno, dimenticando Maze sulla Terra, mentre Eva continua a vagare per Los Angeles in cerca di una propria identità, per non parlare del motivo per cui Amenadiel non voleva chiamare Michael il figlio, quindi, spero che Netflix confermi presto una quinta stagione.

Ho cercato di impostare la storia seguendo gli episodi televisi, quindi proverò a dedicare ogni capitolo a un singolo caso di omicidio, anche se saranno collegati tra di loro da una trama centrale.

La serie televisiva “Lucifer” attualmente di proprietà di Netflix e Warner Bros, da cui è tratta questa fanfiction, si basa sui personaggi del fumetto omonimo pubblicato dalla casa Vertigo e scritto da Mike Carey, con protagonista il personaggio di Lucifer, comprimario nel fumetto Sandman di Neil Gaiman, mentre l’Angelo dell’Amore Kristiel è una mia invenzione, così come Alma Lucinda, che farà la propria apparizione nei prossimi capitoli.

   
 
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