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Autore: NyxTNeko    12/05/2019    2 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 16 - Riunione di famiglia -

Giunto davanti la Casa dei Mulini, Napoleone sentì una forte emozione, un misto tra nostalgia e malinconica farsi strada nel suo animo. Con il cuore in gola, evitando di liberare il turbine di sentimenti che lo invadevano, si fece forza, per restare il più impassibile possibile, dimostrando di essere diventato un uomo d'armi. Bussò energicamente. Subito udì una voce familiare urlare - Luigi, vai ad aprire

- Sì mamma - proferì ubbidiente un'altra voce, ancora acerba. Quando il bambino aprì si trovò un giovane ufficiale con le braccia dietro la schiena che gli sorrideva in controluce.

- Mamma - disse Luigi - È un ufficiale...

- Un ufficiale? - chiese lei quasi stupita - Ma cosa?... Spero che non sia venuto qui per altri investimenti di Carlo che dobbiamo… - non riuscì a finire la frase quando incrociò gli occhi grigi di quel ragazzo che era già entrato, ritto,  tenendo sottobraccio il bicorno. Quegli occhi... li aveva già visti da qualche parte, le erano familiari e quando si accorse di chi aveva di fronte, gli si avvicinò commossa - Nabulio, figlio mio... - sussurrò dolcemente, stringendo con amore le mani agguantate, lunghe e affusolate del suo amato figlio - Come sei cresciuto dall’ultima volta che ci siamo visti al collegio, sembri un altro...

Lo osservava dalla testa ai piedi e notò che la divisa che indossava era leggermente più larga del suo fisico minuto, infatti, era incredibilmente magro, con i tratti del viso scavati e spigolosi. Era diventato un bellissimo ragazzo, da bambino lo era stato senz'altro, la madre aveva sempre notato la sua somiglianza con lei, tuttavia non si aspettava un mutamento così radicale e così... spiazzante. Inoltre doveva leggermente alzare la testa per parlargli poiché era di mezza spanna più di lei e il suo aspetto macilento lo rendeva ancora più alto. I capelli lunghi fino alle spalle erano arruffati e mossi, nonostante le estremità fossero legate, formando una coda che scendeva lungo la schiena, come era abbastanza diffuso in quei tempi tra i giovani. Aveva già diciassette anni.

- Voi invece siete sempre splendida e giovanile madre, vi vedo in forma nonostante i dolori e le difficoltà - emise il figlio notando la madre con ancora indosso il lutto.

Letizia rimase colpita anche dalla voce, diversissima da come se l'aspettava: calda, piacevole, con una piccola sfumatura di asprezza e durezza, che risaltava la complessità del figlio.

- Chi è questo signore mamma? - s'intromise Luigi lievemente spaventato. Perché sua madre aveva preso confidenza con quel ragazzo sconosciuto?  

- Tu devi essere il piccolo Luigi, non è così? - domandò Napoleone piegato sulle gambe,  arruffandogli i capelli - Forse non ti ricordi di me, ma io sono tuo fratello Napoleone, che vive e studia da tanto tempo in Francia - informò con gli occhi fissi su di lui che erano persi in ricordi lontani - La mamma ti avrà parlato di me e ti ha sicuramente detto che quando eri un bel fagotto, mi ero preso cura di te come un padre

Luigi, che aveva compiuto da pochissimi giorni gli otto anni, fece un piccolo cenno con la testa, ricordava che sua madre gli parlava sempre di un fratello lontano, dal nome strano che gli scriveva e che chiedeva di loro - Sì la mamma ripeteva sempre il tuo nome ogni volta che arrivava una lettera...- confermò il fratellino.

- Sei proprio un ometto! - esclamò Napoleone sorridendo leggermente. Si rialzò con cautela e fissò la madre che stava facendo lo stesso con lui.

- Giuseppe e Luciano? - chiese nuovamente - Sono ancora all'estero?

- Sì - annuì Letizia - Come ti ho accennato nella lettera, Giuseppe, dopo aver studiato in Francia sta ancora frequentando l’Università a Pisa, ha voluto seguire la strada di Carlo - poi aggiunse - Mentre Luciano è a studiare in Francia da poco tempo, chissà un giorno potresti andare a trovarlo, se ne avrai la possibilità e il tempo...

- Spero di avere occasione di rivederli un giorno - enunciò con una leggera ombra sugli occhi. La madre comprese il messaggio nascosto in quelle parole e si spaventò molto.

- Non dire queste cose Nabulio - dichiarò con il timore stampato sul viso che invecchiò di colpo.

Il figlio percepì quel sentimento e la rassicurò, era solo un modo per farle capire che forse non sarebbe tornato in Corsica molto presto. Non doveva temere per la sua vita, la sua era solo un’ipotesi lontana dalla realtà. Era al sicuro dove lo avevano assegnato come ufficiale. La donna si tranquillizzò pur conoscendo il carattere inquieto del figlio. I suoi grandi occhi grigi erano uguali a quelli che aveva da bambino: ma luce che brillava in quel istante, fugace, era diversa; il suo sguardo cupo, freddo, distante, velato di tristezza, capace di incutere una paura nascosta quasi angosciosa rispecchiavano pienamente il suo carattere schivo, solitario, diffidente e sospettoso, accentuati poi dalle occhiaie e borse pesanti che li circondavano.

Fin da piccolo era stato un bambino estremamente serio e maturo, ma quello che si trovava dinanzi era davvero suo figlio? Possibile che in lui non vi era più alcuna volontà di sorridere alla vita e al futuro? Era ancora un ragazzo, aveva un’intera vita davanti, piena di opportunità e di sfide, oltre che di delusioni e dolori.

Luigi, nel frattempo, era andato dalla balia e dai fratellini per riferire loro dell’arrivo di Napoleone, con gioia per la cara Camilla, che aveva l’occasione di rivederlo e, con la curiosità dei fratellini più piccoli che lo conoscevano solo per le notizie provenienti dalle lettere, non avendolo mai visto. Senza dare il tempo di far terminare il discorso al bambino, ecco che il piccolo esercito di infanti, capeggiati dalla balia, che aveva tra le mani il più piccolo Girolamo, irruppe nell’ingresso.

Corsero a salutare il ragazzo che era accanto a Letizia, le due sorelline si attaccavano alla divisa che osservavano e toccavano con curiosità e stupore, Camilla, diede l'ultimogenito alla madre e abbracciò Napoleone, il quale ricambiò, sciogliendosi, non riusciva a rimanere indifferente e freddo.

- Ma che calorosa accoglienza! - gioì Napoleone cercando di liberarsi dal forte abbraccio di Camilla - Anche tu non sei cambiata minimamente - riferì alla balia che si staccò da lui. Aveva perso il controllo delle proprie emozioni, ma era scusabile perché era mancato da troppo tempo. Infatti le sorrise quando questa arrossì in volto. Con Nabulio aveva sempre avuto uno splendido rapporto, lui l'aveva sempre considerata come una seconda madre e lei quasi come un figlio, l'aveva allattato quando era minuscolo e indifeso, seppur già mostrasse un'indole battagliera. Vederlo ormai cresciuto, dai lineamenti molto più simili alla madre che al padre, un uomo in tutto e per tutto, l'aveva emozionata e non poco.

- Beata gioventù! Il peso degli anni si fa sentire eccome, soprattutto per una come me... ma tu sei ancora un bel giovane energico e instancabile. In fondo lo eri fin da bambino o mi sbaglio? - emise, quasi come se stesse recitando, con le mani giunte, la testa rivolta verso l’alto e un tono teatrale. A quel punto Napoleone non poté trattenersi dal ridere e, pur controllandosi, iniziò a farlo davanti a tutti. La sua risata anche se rara era contagiosa, spontanea e soprattutto liberatoria. Quella donna aveva il meraviglioso dono di riuscire a farlo sorridere e ridere fin dall’infanzia. Quante volte avrebbe voluto dirgli grazie di tutto e un giorno si promise che lo avrebbe fatto.

- Non ti sbagli affatto anche se non ho avuto ancora occasione di mostrare le mie abilità - ammise il giovane tornando serio e controllato.

- Parli come se non ci fosse un domani Nabulio...non pensavo fossi diventato così pessimista! - sbottò la madre, intromettendosi.

- Ma infatti non lo sono è solo la realtà dei fatti, madre - confermò con ovvietà il ragazzo.

- Ma tu vieni davvero dalla Francia? - lo interrogò una piccola e bella bambina dai grandi occhi azzurri e i capelli castani di cinque anni, che gli stava tirando l’uniforme e lo stava osservando con una dolcezza che conquistò subito Napoleone. Aveva un vestitino lungo fino ai piedini di color rosaceo, leggermente stretto al petto con un fiocchetto rosso di velluto.

- Certo, piccola, ed è un paese molto grande - asserì prendendola in braccio - Molto più grande di questa città

- Che bello! Voglio vederla! - gridò con gioia la bambina agitando le piccole e sottili braccia.

- Quando sarai un po’ più grande ti ci porterò te lo prometto, ora devi stare con la mamma - la ammonì il fratello, mostrando una gentilezza inaspettata - Perché non mi dici come ti chiami? - le chiese

- Maria Paola, ma tutti mi chiamano Paoletta o Paolina - spiegò la bambina agitando i piedini.

- Allora ti chiamerò anch'io Paolina, sei contenta?

- Sì molto, ma non mi ricordo qual è il tuo, la mamma lo dice sempre... - soffuse un po' triste.

- È un nome un po’ difficile, però non posso non esaudire questo tuo desiderio, io mi chiamo Napoleone, se per te è più facile, però, chiamami pure Nabulio come in famiglia - espose indicandosi con il dito, sorridendole.

- Mi piacciono molto tutti e due, fratellone sono particolari - ammise Paolina.

- Mi fa piacere - ridacchiò Napoleone.

- Prendi in braccio anche me? - interpellò la sorellina, più piccola di Paolina e che era sul punto di piangere. Aveva quattro anni con degli occhi chiari molto grandi ed espressivi, anche lei indossava un abitino simile alla sorella solo che era di color verde smeraldo con delle strisce dorate ricamate, che creavano piccoli vortici e un fiocchetto sulla testa piena di boccoli ramati.

- Va bene - l’accontentò Napoleone che delicatamente pose Paolina per prendere in braccio l’altra, la quale sfoggiò un meraviglioso sorriso.

- Mi chiamo Carolina, fratellone, ti piace? - rideva - Anche se mi hanno battezzata come Maria Annunziata

- È un nome bellissimo! Sai avevo un’amica che si chiamava proprio come te - le sussurrò all'orecchio.

- Davvero? Che bello! - proruppe e lo abbracciò. Pure il piccolo Girolamo, di poco più di due anni, volle conoscere il fratellone, un po' geloso della poca attenzione riservatagli. Napoleone lo prese in braccio e lo calmò cullandolo leggermente.

- Vedono in Nabulio la figura paterna che non hanno avuto modo di conoscere - constatò Camilla, quasi sollevata. Napoleone aveva un istinto protettivo e paterno nei confronti dei suoi fratellini che credevano si fosse assopito con il tempo trascorso in Francia. Per fortuna non fu così.

- Meno male, almeno non sentiranno la mancanza del padre, soprattutto i più grandi, Luciano, seppur sia lontano, e Luigi sono loro che mi preoccupano di più - sospirò - Hanno bisogno di una figura maschile autorevole e comprensiva

Poi posò il suo sguardo su Napoleone che sembrava contento di trovarsi con i suoi fratelli, pareva essere a suo agio con tutti quei bambini che riusciva a tenere a bada con autorità e pazienza. Eppure sentiva nel suo cuore di madre che per quanto il figlio le volesse bene e le fosse attaccato, e facesse di tutto per non affaticarla, tra i due si era creato un grande distacco emotivo che probabilmente non si sarebbe mai rimarginato. Chi meglio di una madre poteva saperlo?

Istintivamente toccò il ventre ormai vuoto quasi come se volesse ricreare quel forte contatto madre - figlio che si generava fin dal grembo materno. Con Napoleone non si era risparmiata alcuna fatica, aveva attraversato boschi, effettuato lunghe passeggiate insidiose, pericolose e persino combattuto. Ecco perché quel ragazzo aveva una resistenza ed una forza di volontà incredibile.

Sapeva, però, anche della sua più nascosta fragilità, della sua estrema sensibilità nata da un’intelligenza fuori dal comune, della sua precoce maturità che lo aveva isolato dal mondo e lo aveva reso solitario e introverso. Se il Signore lo aveva dotato di così grandi capacità era comprensibile che la sua vita non sarebbe stata affatto monotona e tranquilla. Quali strani progetti gli stava riservando il destino? Non lo poteva sapere, di certo era preoccupata per il suo figlio più amato.

- Madre...madre! - ripeté più volte Napoleone vedendo la madre assorta in pensieri non proprio sereni, come intuì dalla sua espressione.

- S-sì - ritornò alla realtà - Dimmi cosa c’è, figlio caro?

- Siete più pensierosa del solito! Cosa vi turba tanto, madre? - chiese preoccupato - Forse la questione dei gelsi?

- Ma no! - si lamentò la madre quasi come se volesse dimenticarsi di quella vicenda - Quello è l’ultimo dei miei pensieri...

- E allora ditemi cosa posso fare per voi! - riferì disponibile il figlio, che dopo aver allontanato momentaneamente i fratellini, decise di dedicarsi a lei. La fissava dritta nei suoi occhi chiari e profondi, notò delle piccole rughe formatesi sulla fronte e ai lati della bocca che indicavano la sua stanchezza e la sua vita frenetica.

La donna comprese che Napoleone era venuto lì prima di tutto per la questione della pépinière, dei gelsi, di cui aveva parlato ampiamente nell'ultima lettera, e poi per constatare le loro condizioni di vita - Nabulio, ti accompagno al campo di gelsi, voglio che tu veda con i tuoi occhi tutta la faccenda - gli disse toccando le sue spalline dorate

- Va bene, madre, prima le donne - annuì educatamente il figlio facendo un piccolo inchinò e lasciandola passare.

- Come sei diventato educato, figlio mio! - eruppe la donna stupita e al tempo stesso orgogliosa di quel bambino, che ha tanto amato e che adesso era diventato, a tutti gli effetti, un uomo.

   
 
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