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Autore: Ghostclimber    12/05/2019    3 recensioni
Lo Shohoku ha appena battuto il Ryonan.
Ma Kogure sente che ci dev'essere qualcosa nella vita, oltre al basket e alla scuola, e Mitsui concorda con lui.
Accompagnandosi con delle minuscole poesie, si avvicineranno l'uno all'altro in una tenera notte d'estate.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Amore è Nell'Aria Stasera'
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Non ne avevano più parlato.

Si erano scambiati quel bacio in spiaggia, qualche carezza per strada e nient'altro.

Kogure aveva mandato un messaggio a Mitsui, un altro haiku sulla luna, poi non aveva ricevuto una risposta e non si era azzardato a scrivere più niente.

Fermo sulla terrazza a pensare a cosa mai poteva aver sbagliato, o frainteso, Kogure lasciò che la lieve brezza estiva gli scompigliasse i capelli. Senza accorgersene, si ritrovò a canticchiare sottovoce un brano dei Queen, cercando conforto nei versi struggenti di Freddie Mercury e cercando di tirare le fila di quello che c'era, o che ci sarebbe potuto essere, tra lui e Mitsui.

Era innegabile, quantomeno, che ci fosse dell'attrazione fisica. I baci che si erano scambiati erano ancora più torridi della canicola stessa, e se non fosse intervenuto Akagi avrebbero probabilmente finito per commettere qualche sciocchezza sulla spiaggia.

Quanto al resto, però, Kogure nutriva seri dubbi.

Certo, Mitsui l'aveva definito “prezioso”, ma solo di fronte a sua madre. Con un'amarezza dettata solo dalla propria scarsa autostima, Kogure si disse che di certo non poteva usare termini come “scopabile” o “arrapante” in quel contesto.

Quanto alla sua affermazione riguardo a Rukawa, che nemmeno lui riusciva a distrarlo, beh... a mente fredda, probabilmente non era altro che una mirata lusinga per accaparrarsi i suoi favori. Nessuno sano di mente avrebbe potuto trovare Kogure più avvenente di Rukawa.

Kogure appoggiò i gomiti alla ringhiera e lasciò che la schiena gli si incurvasse, mentre ancora canticchiava a mezza voce e si malediva per quel sentimento che, nonostante tutto, era ben lungi dal sopirsi; lo stesso sentimento che aveva tanto ingenuamente confessato a Mitsui, quella sera.

Tra le righe, certo, ma era ben chiaro.

E ora, l'haiku di Masahide che gli aveva scritto poco dopo averlo salutato assumeva tutt'altro significato. Il tetto che era crollato non erano più le sue difese che finalmente cedevano, permettendogli di fare quel passo in avanti che avrebbe cambiato la sua vita, ma una mera metafora della sua vita che era andata in pezzi. Ora, certo, poteva vedere la luna, poteva dirsi di averla quantomeno toccata, ma era una gioia dolceamara, resa aspra dalla consapevolezza che ora, seduto tra le rovine del proprio cuore, non poteva far altro che cercare una pallida consolazione nell'ammirarla.

-“You can reduce me to tears with a single sigh...”- canticchiò. Una voce si unì dolce in controcanto: -“Please don't cry anymore...”- e Kogure sussultò.

-Silenzio. / La voce della cicala / penetra la roccia.- disse Mitsui, appoggiandosi alla ringhiera al fianco di Kogure che, stordito, disse: -Matsuo Basho.

-Non ne manchi una, eh?- sorrise Mitsui, poi si massaggiò il dorso di una mano; Kogure notò che era piuttosto arrossata e si allarmò: -Cos'è successo alla tua mano?

-Eh? Ah, niente, ho dovuto mandare k.o. Rukawa per farlo dormire.- rispose Mitsui.

-Prego?!

-Allucinante, vero? Da quando siamo partiti è un'anima in pena, secondo me gli manca Sakuragi.- Kogure sobbalzò all'allusione, ricordando l'unica altra volta in cui avevano toccato l'argomento, seppur di sfuggita. Il ricordo di quella sera in spiaggia tornò prepotente a farsi vivo.

-Prima mi ha chiesto se volevo fare a botte.- dichiarò Mitsui, e interpretò il silenzio di Kogure come un muto invito a proseguire: -Così, come se niente fosse! Non era una provocazione, era un invito! La gente normale invita gli amici a fare un giro, lui li invita a fare a botte!- finalmente, la sua parlantina aprì una crepa nell'imbarazzo di Kogure.

-In che senso?- chiese, spingendosi gli occhiali lungo il naso.

-Te lo giuro. Viene lì e mi fa: “Ehi, Mitsui, ti va di fare a botte?” e poi dopo un po' si è lamentato che non andava bene, e ha detto che non servo a niente.

-Dici che gli mancano le risse con Sakuragi?- chiese Kogure, suo malgrado grato per quella strana conversazione che gli era concessa.

-Eh, sì, secondo me qui gatta ci cova.- Mitsui annuì con fare saggio e attese che Kogure aggiungesse del suo alla conversazione, ma l'amico non sembrò trovare parole adeguate. Rimasero in silenzio, fianco a fianco, a guardare nel buio inquinato dalle luci della città, cercando di scorgere invano qualche stella, sebbene il cielo fosse coperto da una coltre di nubi.

-Magari, quando torniamo dal ritiro succederà qualcosa. Tu hai idea di cosa voglia fargli fare il coach Anzai mentre noi siamo qui?- chiese Mitsui in tono un po' angosciato.

-No, non ne ho idea. Comunque credo che per loro ci vorrà del tempo, almeno per Sakuragi. Intanto deve rendersi conto che non è davvero innamorato di Haruko Akagi, poi deve accettare di provare attrazione per un maschio, e già questo non è facile...

-...poi, se consideri che oltretutto lui è un cretino...

-Non volevo dirlo così, ma...- Kogure lasciò in sospeso la frase. Un silenzio denso tornò a stendersi sopra di loro. Per un attimo la luna emerse da dietro le nubi, poi vi si tuffò nuovamente, lasciando di nuovo solo Kogure, con tutte le sue insicurezze.

Da qualche parte, in un cespuglio celato dalle tenebre, una cicala cominciò a frinire; doveva essere molto vicina, perché era quasi assordante, o forse era solamente il contrasto con il silenzio che spezzava. Inconsciamente, Kogure disse: -La prima cicala: / la vita è / crudele, crudele, crudele.

-Issa.- ribatté Mitsui, poi si volto a guardare Kogure, che abbassò lo sguardo.

-Perché la vita è crudele?- chiese Mitsui. Kogure riuscì a guardarlo solo un istante, poi i suoi occhi cominciarono a cercare qualcos'altro su cui focalizzarsi, mentre imbarazzato rispondeva: -No, no, è solo... mi è solo venuta in mente la poesia, tutto qui.

-Kiminobu...- tentò Mitsui.

-E non chiamarmi così! Non mi hai quasi rivolto la parola per un mese, adesso arrivi qui con i tuoi discorsi assurdi e fingi che non sia successo nulla? Cosa pensi, che io...

-Ehi, ferma un po'!- lo interruppe Mitsui, e Kogure tacque, sconvolto. Proprio lui, che manteneva sempre la calma, che non perdeva mai la pazienza, era lì su una terrazza in una città sconosciuta, in ritiro con la squadra dello Josei, che sembrava decisamente composta da antipatici sbruffoni, ad urlare come una casalinga tradita. Si vergognò di se stesso e di ciò che i sentimenti che provava per Mitsui lo spingevano a fare.

Indietreggiò di fronte al dito che gli veniva puntato contro al petto, e poté solo ascoltare mentre Mitsui ribatteva a tono: -Sei tu quello che si gira dall'altra parte appena entro in una stanza, sei tu che mi saluti a malapena, sei tu che...

-E tu, perché non mi saluti?- lo interruppe Kogure. Mitsui si sgonfiò. La sua mano ricadde lungo il suo fianco, e il suo capo si reclinò verso il basso.

-Senti, lascia perdere, Mitsui. È abbastanza chiaro anche così, grazie.- tagliò corto Kogure, e lo aggirò, spinto solo dalla speranza di riuscire a trovare una stanza, un bagno, un ripostiglio in cui piangere lontano da sguardi indiscreti.

-Perché ho paura.- sussurrò Mitsui, e Kogure si bloccò. Rimase in piedi al suo fianco, a guardare fisso davanti a sé mentre Mitsui guardava dalla parte opposta, senza trovare il coraggio di muovere un muscolo o il fiato per pronunciare una singola parola.

-Siamo qui solo io e te, Kimin... Kogure, e so che anche se ogni tanto provi a fare il duro non sei uno stronzo. Non sei me. E neanch'io farei...

-Hisashi, spiegati.- se Mitsui aveva notato il passaggio dal cognome al nome, non lo diede a vedere. Sospirò e puntò gli occhi nel nulla.

-Ho una paura fottuta, perché quando ti vedo che ti giri dall'altra parte sento qualcosa che mi muore dentro. Ho paura che più vado avanti e più questa cosa crescerà, fino a soffocarmi. Se ti ho seguito in terrazza stasera, e sappi che per farlo ho dovuto raccontare una balla colossale ad Akagi, è solo perché non ce la faccio più ad andare avanti così.- Mitsui si voltò, ma il viso di Kogure era immerso in un cono d'ombra e non seppe interpretarne l'espressione. Lo prese per le spalle e lo scosse, delicatamente ma con decisione: -Ti prego, parlami! Dimmi cos'è stata per te quella sera, perché io non riesco a capirlo!

-Tutto.- rispose Kogure a voce bassissima. Alzò gli occhi, e uno scintillio nelle lenti dei suoi occhiali gli diede un'aria decisa, tanto che Mitsui indietreggiò di fronte alla sua fiera e inconsapevole bellezza.

-Tutto, per me quella serata è stato tutto. E sono rimaste solo rovine.

-Perché? Perché sono rimaste solo rovine, cos'è successo?- Kogure guardò Mitsui come se fosse diventato completamente pazzo.

-Niente.- rispose Kogure, rassegnato, -Ecco cos'è successo. Niente. Neanche un ciao detto di sfuggita mentre esci dalla palestra. Niente di niente.- di colpo, Kogure indietreggiò e si mise una mano sulla bocca: le lacrime, che aveva così abilmente trattenuto con uno sforzo quasi minimo, ora premevano per erompere. Mitsui scattò in avanti e lo circondò con le braccia per impedirgli di andarsene; lo strinse a sé con forza, cullandolo mentre i primi singhiozzi traditori cominciavano a scuotergli le spalle e il petto.

-Sono un vigliacco, Kiminobu.- confessò Mitsui dopo un po', -Un vigliacco e un insensibile.

-No, Mitsui...

-Hisashi. Ti prego, continua a chiamarmi Hisashi.

-Hisashi, non sei...

-Sono, invece. Per gli ultimi undici giorni me ne sono stato lì a chiedermi se era il caso di continuare, con te, o se non era meglio chiudere baracca e burattini prima di...- Mitsui si interruppe.

-Prima di...?- lo incitò Kogure, pur non volendo sapere. Nel silenzio che seguì, la sua mente fece formulare ad un'immaginaria voce di Mitsui una notevole serie di variazioni sul tema “Prima di illuderti troppo e farti soffrire”.

“Prima di scoparti e poi sentirmi in colpa”

“Prima che tu ti innamori e diventi appiccicoso”

“Prima di rendermi conto che ormai stiamo insieme da un po' ed è complicato mollarti”

Kogure cominciò a tremare, vergognandosene ma incapace di fermarsi. La mano di Mitsui cominciò a salire e scendere lungo la sua schiena, in una carezza appena accennata a fior di dita, che poco a poco calmò Kogure al punto che riuscì a passare il braccio che non era intrappolato fra i loro corpi dietro la schiena di Mitsui.

Appoggiò mollemente la mano nell'incavo della sua spina dorsale, sulla cintura che tendeva e piegava all'infuori il bordo dei suoi jeans.

-Prima di scomparire in tutto l'amore che provo per te.- concluse finalmente Mitsui, poi le sue braccia ricaddero e si allontanò da Kogure. Indietreggiò fino a sbattere contro la ringhiera della terrazza, ma fu inutile.

Si ritrovò il corpo di Kogure pressato addosso, così tanto che sentiva i suoi capezzoli, inturgiditi per l'aria che cominciava a diventare davvero freddina, premere contro il proprio petto, una decina di centimetri sotto ai propri.

-Mi hai fatto sentire usato, Hisashi. Usato e poi scartato. Lo sai?- chiese Kogure, mentre stringeva i pugni intorno a due lembi della maglietta di Mitsui.

-Lo so. E ti chiedo p...

-Com'è che anche ora non riesco a non amarti?- Kogure alzò gli occhi in quelli di Mitsui e li trovò pieni di stupore. Li vide scurirsi, mentre il suo viso si addolciva in un'espressione di gratitudine, e finalmente quel sorriso che dalle labbra di Kogure era mancato per troppo tempo riemerse, illuminandogli tutto il volto.

Mitsui gli prese una mano, la staccò senza fatica dalla propria maglietta e se la appoggiò sul petto. Sotto ai suoi muscoli definiti, il cuore batteva rapido come le ali di una farfalla, e nel suo bozzolo di felicità Kogure notò che la vena sul collo di Mitsui pulsava all'unisono.

Incapace di resistere, si chinò in avanti e chiuse le labbra su di essa, baciandola con riverenza; la sfiorò con la lingua, quasi volesse abbeverarsi al sintomo di quel sentimento che, ora lo realizzava, Mitsui non aveva simulato per poter combinare qualcosa.

-Oh, cielo, Kimi...- bisbigliò Mitsui, e con un'urgenza impossibile da trattenere gli prese il mento tra le mani e portò le loro labbra a congiungersi.

Un bacio a lungo agognato, e Mitsui finalmente sentì di essere completo.

Era come rinascere, sulle labbra e nell'amore di Kogure, e poco a poco, mentre le loro lingue finalmente si trovavano e si accarezzavano, Mitsui riacquistò una forza che a lungo era scomparsa, soffocata dalla sofferenza dell'infortunio prima e messa a tacere dal senso di impotenza del suo periodo da teppista.

Scese a patti con se stesso, rinnegò ciò che era stato in passato: il duro, l'anima ardente che non andava contraddetta per nessun motivo, pena una sonora dose di botte, il ragazzo strafottente che non si dava nemmeno la pena di tagliarsi i capelli e che passava le giornate a fumare una sigaretta dopo l'altra appoggiato al muro, o seduto a cavalcioni sulla moto di Tetsuo, a parlare di cazzate prive di importanza, a esagerare ogni laida conquista.

Ricordò quando parlava ai compagni della sua gang di questa o quell'altra ragazza, i suoi racconti esagerati e inframezzati di bugie, scopate galattiche, ragazze prese in posizioni assurde e nei luoghi più disparati, cuori spezzati senza pietà, e si immaginò di raccontare a Tetsuo di Kogure.

“Senti, è inutile che menti a te stesso, Mitsui.” gli aveva detto proprio Tetsuo poco prima della sua partenza, sbuffando fumo di sigaretta dalle narici. Con lo sguardo fisso su un palazzo fatiscente di fronte a loro, aveva dato la sua muta approvazione all'omosessualità di Mitsui, intuendola prima ancora che lui ne parlasse, sviscerando i suoi sentimenti e trovando la soluzione più logica quando Mitsui era ancora colmo di timori.

Non c'era stato bisogno di nominare Kogure, Mitsui non gli aveva mai nemmeno raccontato cos'era successo in spiaggia, eppure a Tetsuo era bastata un'occhiata alle interazioni dell'amico con il compagno di squadra per comprendere ogni cosa.

Al ritorno dal ritiro, Mitsui l'avrebbe cercato per raccontargli tutto. Ma non avrebbe inventato nulla, oh no. Non avrebbe condito la narrazione di dettagli inventati che avrebbero fatto sembrare lui figo e Kogure sottomesso.

Avrebbe ringraziato Tetsuo, gli avrebbe detto che si erano baciati su una terrazza buia, fregandosene della strada che passava a poca distanza e della portafinestra aperta sul salottino comune del ryokan in cui alloggiavano, avrebbe provato a spiegargli quanto si sentiva bene tra le braccia di Kogure, quanto si sentiva... integro.

Si staccò a malincuore dalle labbra di Kogure e si impresse il suo viso nella mente. La bocca, gonfia e arrossata per il bacio da cardiopalma che si erano scambiati, quell'incredula felicità nei suoi occhi castani, i suoi capelli sottili e leggeri, appena smossi dal fresco venticello che li accarezzava entrambi, i suoi immancabili occhiali tondi alla John Lennon, la linea delicata del suo mento.

-Ti avverto, Quattrocchi, se continui a baciarmi non potrò più farne a meno.- disse con un sorriso.

-Correrò il rischio.- ribatté Kogure, e si sporse in punta di piedi per baciarlo di nuovo. Il suo bacino sfregò contro quello di Mitsui, che divaricò involontariamente le gambe, spinto solo dal desiderio di essere il più vicino possibile a Kogure. Gli accarezzò le cosce con le proprie, in una carezza che in un altro contesto sarebbe potuta essere allusiva, ma che lì, in quella notte d'estate piena di cicale, era solo una dolce culla per il loro nascente sentimento.

Kogure passò le dita fra i corti capelli di Mitsui, accarezzandogli la nuca e i forti muscoli del collo con entrambe le mani, sentendosi per la prima volta nella vita il re del mondo. Le sue mani non premevano, non tiravano, non erano sulla testa di Mitsui per impedirgli di staccarsi da lui, erano lì solo perché non c'era un posto migliore, per loro, del nido accogliente della sua chioma, libera dal gel che di solito vi strofinava sopra per tenerli vagamente in ordine. I suoi capelli erano spessi, morbidi, le ciocche come seta calda fra le dita intirizzite di Kogure.

Si sentì piccolo, piccolo e coccolato, circondato dalle braccia forti di Mitsui che gli cingevano la vita magra, abbracciato dalle sue cosce muscolose, e il freddo crescente che saliva insieme al vento sempre più forte cessò di avere importanza. Si sciolse, insieme al resto del mondo, nel loro abbraccio esigente e bisognoso.

 

-Ahem.- fece un vocione che proveniva più o meno dalla portafinestra. Kogure lasciò con uno schiocco involontario le labbra di Mitsui e si voltò, terrorizzato. Sulla soglia del terrazzo c'era Akagi, rosso in viso e con le braccia coperte di pelle d'oca.

-Ehm... Takenori, io... posso spiegare... noi...

-Guarda che non sono scemo, eh, lo vedo da me cosa stavate facendo.- grugnì Akagi, imbarazzato. Le mani di Mitsui non riuscivano a lasciare i fianchi di Kogure: se quelli fossero stati gli ultimi momenti in cui potevano stare insieme serenamente, voleva farli durare il più possibile.

-Mi... spiace interrompere...- si cavò di bocca Akagi, -Il proprietario del ryokan stava per passare a controllare le finestre, perché... sì, insomma, si sta alzando il vento e... non mi pareva il caso che vi trovasse... sì, insomma.- Mitsui si staccò di malavoglia da Kogure, e insieme attraversarono la terrazza per rientrare. Kogure lanciò un'occhiata intimidita ad Akagi, passandogli davanti, e disse: -Ascolta, Takenori...-, poi però non sembrò trovare altre parole, e la mancata risposta di Akagi non fu di certo d'aiuto. -Io... ci vediamo in stanza.- pigolò, poi salì le scale di corsa.

Spalancò la porta della stanza e vi si fiondò dentro, fregandosene di Rukawa che, a quanto aveva detto Mitsui, era già a letto. Si sedette nel proprio futon e si schiaffò le mani in faccia, combattuto tra la gioia dirompente dei baci e delle parole che si era scambiato con Mitsui e il terrore che Akagi li buttasse entrambi fuori dalla squadra.

Non aveva la minima idea di quale fosse la posizione del capitano nei confronti degli omosessuali, per quanto fossero amici solo di rado discutevano di questioni personali; inoltre, Mitsui era la prima persona di cui Kogure si fosse innamorato, Akagi sembrava preso solo dal basket e nessuno dei due era abbastanza bello da avere delle spasimanti.

Rukawa si mosse nel sonno e bofonchiò qualcosa che suonava molto come “Do'aho”; Kogure, malgrado l'ansia, ridacchiò. Mitsui aveva proprio ragione, su quei due.

 

La callosa manona di Akagi si abbatté sulla nuca di Mitsui, mentre quest'ultimo gli passava davanti fingendo di non esistere. Il cecchino rimase immobile nella sua stretta e sperò di dissolversi nel nulla, ma rimase dolorosamente corporeo.

Akagi intensificò la stretta e ringhiò: -Che intenzioni hai?

-Cosa?- biascicò Mitsui.

-Con Kogure. Che intenzioni hai?

-Akagi, è un po' presto per...

-Non ti mollo finché non rispondi.

-Voglio portarlo all'altare. Va bene, adesso?- Akagi mollò la presa sulla nuca per ghermirgli il mento. Si guardarono negli occhi, la sfida accesa nelle iridi di entrambi.

L'innamorato terrorizzato ricambiò con fierezza lo sguardo minaccioso dell'amico preoccupato. Poi, la mano di Akagi ebbe un fremito, e lasciò andare il mento di Mitsui, scostandogli con violenza il viso in un gesto minaccioso. Lo lasciò in mezzo al salottino a tremare di rabbia e di freddo e chiuse la portafinestra che dava sulla terrazza con un colpo secco.

-Se ti fa schifo puoi anche andare a fanculo, lo sai vero?- sibilò Mitsui.

-Non mi fa schifo. Quello scemo è cotto di te dalla prima volta che vi siete rivolti la parola, se mi facesse schifo non sarei suo amico.

-Dalla... dalla prima volta che...

-Naturalmente lui se n'è reso conto solo qualche mese fa, quando sei tornato in squadra.- disse Akagi, senza guardarlo. Si fermò di fronte ad un banalissimo quadretto con una natura morta e lo rimirò, mentre finalmente poteva dare sfogo a tutta la preoccupazione che provava per il suo migliore amico e che, con i suoi burberi modi di fare, non aveva mai saputo esprimere. -Ma io l'ho capito subito. Non ho osato parlargli, avevo paura di mandarlo in crisi, ma era troppo gasato di averti in squadra, ti copriva di troppe attenzioni. E quando ti sei infortunato, se non poteva passare a trovarti andava in sbattimento. E poi, quando hai mollato il basket... continuava a ripetere che piangeva perché con te se ne andavano metà delle nostre speranze di andare ai campionati nazionali, ma anche se non sono altro che un grosso gorilla insensibile, come dice Sakuragi, so riconoscere un cuore spezzato quando ce l'ho davanti.- Mitsui tacque, incredulo di fronte al lungo discorso del capitano, che mai e poi mai gli era sembrato così sensibile e attento. Capì di essersi di gran lunga sbagliato sul suo conto, e che la sua facciata da duro gli serviva solo a guidare una squadra di sbandati mezzi teppisti come quella dello Shohoku.

Dopo un lungo, angosciante silenzio, Akagi disse: -Ha già sofferto fin troppo per causa tua. Se scopro che l'hai fatto star male, che gli hai fatto passare una brutta giornata, che si è spezzato un'unghia e tu potresti esserne anche solo indirettamente la causa, lo giuro su tutto ciò che è sacro, Mitsui: ti farò rimpiangere di essere nato.

-Grazie, Gorilla.- rispose Mitsui, sollevato per non essere stato buttato fuori dalla squadra ma soprattutto per aver scoperto che il migliore amico di Kogure non intendeva rinnegarlo per la sua omosessualità. Non era una cosa scontata, soprattutto nella società in cui vivevano, tantomeno quando a parlare era un bestione aggressivo come Akagi, che proprio in quel momento gli stava lanciando un'occhiataccia che avrebbe incenerito una quercia.

Poi, una scintilla indefinibile gli accese lo sguardo, e con un sorriso sarcastico Akagi rispose: -Non c'è di che... Baciapiselli.- Mitsui spalancò la bocca, sconvolto.

-Ha intuito, quel Sakuragi, non trovi?- constatò Akagi, poi tornò a rimirare la natura morta appesa al muro, ridacchiando. Mitsui non ritenne necessaria una risposta.

 

Entrò in camera piano, ancora sconvolto, e trovò Kogure seduto con le ginocchia al petto e uno sguardo terrorizzato. -Allora?- chiese, torcendosi le mani.

-Abbiamo la benedizione del Gorilla.- rispose Mitsui. Kogure emise un lungo sospiro di sollievo e si nascose il viso tra le braccia, appoggiate sulle ginocchia. Mitsui si sedette di fronte a lui e gli accarezzò il dorso di un piede; al suo tocco, Kogure alzò gli occhi.

-Kiminobu, ti vuoi mettere con me?- chiese a bruciapelo Mitsui; Kogure arrossì.

-Sì... sì, Hisashi.- rispose, poi si sporse in avanti e si scambiarono un tenero, breve bacio.

-Per fortuna, altrimenti il Gorilla mi fa la pelle.- commentò Mitsui per sdrammatizzare.

-Avanti, Hisashi, guarda che non sembra ma ha un gran cuore.

-Lo so.- rispose Mitsui dolcemente. La porta si aprì, e il Gorilla dal cuore di zucchero fece il suo ingresso minaccioso. Mitsui baciò di nuovo Kogure a fior di labbra, si alzò dal suo futon e si diresse verso il proprio; per raggiungerlo, doveva aggirare quello di Akagi, e si trovò petto a petto con lui, che lo guardò male un'ultima volta, giusto per chiarire il discorso. Kogure li guardò, poi improvvisamente scoppiò a ridere.

-Che c'è?- chiese Akagi.

-Niente, niente, io... sono felice!- rispose Kogure. Non poteva certo confessare di essersi immaginato il Gorilla che benediva la loro unione colpendo loro le spalle non con una spada, come i cavalieri della Tavola Rotonda, ma con una buccia di banana.

Akagi scosse la testa e si sdraiò, mentre poco a poco le risate di Kogure scemavano. Rukawa continuava imperterrito a dormire, e quando al suo respiro regolare si unì anche il profondo russare di Akagi, Mitsui disse: -Un guscio / di cicala. Svuotatasi / nel canto.

-Matsuo Basho.- sussurrò piano Kogure, a mo' di buonanotte.

 

 

 

 

 

Finalmente ho trovato un po' di calma per riuscire a partorire il secondo capitolo di questa storia!

Continuavano a girarmi in testa immagini, frammenti, ma non sapevo assolutamente come collegarli né come finire l'episodio.

Le mie inclinazioni urlavano “LEMON!”, ma mi sembrava un po' troppo presto: cioè, stiamo parlando di Kogure, non di Sendoh!

Alla fine, mi è apparso il Gorilla in sogno (brutta roba) e tutte le tessere del puzzle hanno trovato un posto.

Spero vi piaccia questo proseguo di “Va bene, il Quattrocchi e il Teppista stanno insieme, ma com'è potuto succedere?”, se vi va lasciate un commento, mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate.

La canzone dei Queen che Kogure canticchia è You Take My Breath Away, da uno dei miei album preferiti, A Day At The Races.

La frase di Mitsui “Prima di scomparire in tutto l'amore che provo per te” è ispirata a uno dei miei brani preferiti di Simon and Garfunkel, Slip Sliding Away. La prima strofa recita “He said Delores, I live in fear / My love for you is so overpowering / that I'm afraid that I might disappear”.

 
   
 
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