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Autore: Victoire    23/07/2009    3 recensioni
Voltò lo sguardo verso il tavolino del salotto sul quale erano accatastate tutte le lettere giunte nei giorni precedenti.
Avrebbe dovuto buttarle senza neppure leggerle, si disse.
Era stata l'unica a non scrivergli.
L'unica a non comunicargli il suo cordoglio o la sua vicinanza.
L'unica che lui avrebbe voluto lì.
La morte di Ariana Silente e quello che ne seguì.
Una spiegazione al rapporto tra Albus Silente e Minerva McGrannitt.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Unica Soluzione

Era stata l'unica a non scrivergli.
L'unica a non comunicargli il suo cordoglio o la sua vicinanza.
L'unica che lui avrebbe voluto lì.


Subito prima di aprire gli occhi pregò con tutte le sue forze che ciò che ricordava fosse stato solo un brutto sogno.
Le iridi azzurre si affacciarono al mondo.
Apparentemente nulla era mutato.
Voltò il capo verso sinistra e una forte fitta allo stomaco lo colpì.
Il letto di suo fratello era intatto, non aveva dormito lì.
Si costrinse ad alzarsi dopo aver fissato insistentemente il soffitto per diverso tempo e si diresse verso il bagno, desideroso di una doccia.
L'acqua gelata lo scosse immediatamente, risvegliandone i sensi.
Dieci minuti di quel supplizio bastarono per farlo rinvenire completamente.
Si frizionò insistentemente i capelli con un asciugamano candido fissandosi allo specchio.
Le cose erano davvero cambiate.
A rivelarlo un lieve curvatura del naso dovuta al pugno di Aberforth.
Storse le labbra. Un sorriso amaro mentre una nuova fitta allo stomaco lo coglieva.
Lei non c'era più.
Ed era stata soltanto colpa sua.
Si vestì di fretta, infilando dei semplici pantaloni neri dal taglio piuttosto elegante e una camicia candida.
Niente maglione nonostante facesse piuttosto freddo.
Scese al piano inferiore e, con semplici colpi di bacchetta, mise a bollire dell'acqua per prepararsi un tè.
Magari quei gesti l'avrebbero fatto sentire a casa.
Sorseggiò la bevanda calda con calma, cercando di allontanare i pensieri e le colpe dal suo animo di ragazzo.
Tentativo fallito, per l'ennesima volta.
Voltò lo sguardo verso il tavolino del salotto sul quale erano accatastate tutte le lettere giunte nei giorni precedenti. Avrebbe dovuto buttarle senza neppure leggerle, si disse.
In quel momento però gli era sembrato doveroso aprirle una ad una e leggerle a voce alta, quasi come se Ariana, la sua Ariana, potesse sentirle.
Scostò nuovamente lo sguardo puntandolo fuori dalla finestra.
Avrebbe fatto un giro.
Si alzò trascinando la sedia e, dopo aver malamente posato la tazza sul fondo del lavandino, si diresse verso l'esterno.
Camminò a lungo, senza una meta precisa. Quando si ridestò dal torpore nel quale era caduto vide dinnanzi a sè un cancello nero, aperto.
Il Cimitero.
Strinse le mani in due pugni e varcò la soglia percorrendo poi quei vicoletti che ormai conosceva a memoria.
Scorse la tomba di sua sorella da lontano, era facile individuarla a causa della miriade di fiori freschi che vi erano posati.
Notò che la maggior parte oscillava tra il blu e il viola, i suoi colori preferiti.
Rimase a fissare quella lapide in marmo con lo sguardo vitreo, intrattenendo un dialogo mentale con la bambina.
Continuava a ripeterle di perdonarlo.
Gli occhi gli si inumidirono ma nessuna lacrima gli rigò le guance.

<< Sapevo che ti avrei trovato qui >> disse una voce femminile.
Lui si irrigidì. Non poteva esserle, stava sicuramente immaginando tutto.
La ragazza si portò quindi al suo fianco e, dopo essersi chinata, posò una rosa candida sulla lapide, di fianco al resto dei fiori.
Albus la guardò compiere quei gesti attentamente senza proferir parola alcuna.
Il silenzio scese tra loro, la tensione divenne quasi palpabile.
<< Non pensavo che saresti venuta >> si decise a commentare il ragazzo.
<< invece sono qui >> ribattè lei puntando il suo sguardo in quello del suo interlocutore.
Si fissarono fino a quando Minerva non riprese a parlare.
<< Andiamo via >> sentenziò. Il suo tono non permetteva alcuna replica.
Dettero un ultimo sguardo al marmo bianco prima di avviarsi assieme verso l'esterno del loco.
Una pioggerellina leggera prese a cadere con insistenza ma nessuno dei due parve rendersene conto.

<< Dove andiamo? >> chiese quindi Albus, il tono basso.
<< Da me >> rispose subito lei.
Lui alzò lo sguardo, incredulità fissa nelle iridi.
Nonostante non fosse certo di aver ben compreso la risposta di Minerva la seguì senza far altre domande.
Giunsero così in una stradina ai confini della città, quasi del tutto disabitata.
La ragazza si arrestò davanti al numero 5 e varcò il cancelletto in ferro battuto diringedosi verso la porta di ingresso, Albus la imitò.
Mentre lei trafficava con le chiavi lui si dondolò sui talloni infilando le mani nelle tasche.
Un istante dopo la porta si aprì lasciando intravedere una casa dai toni chiari.
<< Accomodati >> disse lei, scostandosi appena per permettere ad Albus di entrare.
<< Grazie >> rispose lui, educato.
<< Il salotto è da quella parte >> continuò la padrona di casa. Il ragazzo però parve non sentirla. Continuò a fissarla con aria interrogativa.
<< Perchè ti sei trasferita qui? >>
Sapeva che gliel'avrebbe chiesto. Sapeva anche che non avrebbe trovato nulla di sensato che potesse giustificare quel suo gesto così improvviso.
Distolse lo sguardo puntandolo sul pavimento lindo.
<< Preferisci che io vada via? >> tentò di evitare la domanda e, fortunatamente per lei, le riuscì.
Albus infatti aveva accusato il colpo dimenticando quasi l'interrogativo appena posto e fissandola senza realmente vederla.
Lei l'aveva preso per un polso trascinandolo verso il salotto dove due poltrone parevano esser state messe lì apposta per loro.
Entrambi presero posto, l'uno di fronte all'altra.
Non si vedevano da tempo.
Avevano deciso di troncare i rapporti dopo quello che era successo l'estate precedente ed ora eccoli lì, dinuovo insieme.
<< Raccontami tutto >> Non richiesta, non obbligo. Semplice affermazione.
Lui annuì stancamente e, dopo aver nascosto il viso tra le mani, prese a parlare con voce sommessa.
<< Io e Gellert stavamo provando degli incantesimi.. >> le raccontò tutto. Di come si fosse sentito euforico nel vedere il loro esperimento riuscito, di come si fosse arrabbiato con colui che riteneva che fosse il suo migliore amico, di come Ariana aveva perso la vita, del funerale, della reazione di Aberforth.
Lei ascoltò senza interrompere perfettamente conscia del fatto che, se l'avesse fatto, per lui sarebbe stato mille volte più doloroso.
<< ..questo è tutto. >> concluse Albus.
Minerva annuì impercettibilmente e si alzò, dirigendosi verso il camino dove scoppiettava il fuoco.
Ripercorse mentalmente quanto detto dal ragazzo e non riuscì a trovare le parole per stargli vicino, per fargli sentire la sua presenza.
Inaspettatamente fu Albus a parlare. << Come mai sei qui? >> le chiese ancora.
Lei ingoiò a vuoto e voltò lo sguardo verso le fiamme.
<< Perchè è qui che voglio stare >> rispose lei mordendosi il labbro.
Il ragazzo sentì qualcosa di diverso nella voce di lei e decise di raggiungerla. Un paio di passi gli bastarono per essere alle sue spalle.
Minerva percepì la sua presenza ma sulle prime non ebbe il coraggio necessario per voltarsi.
<< Sei sicura? >> le chiese quindi Albus.
Lei si voltò mentre un'ombra d'ira le passava negli occhi. << Non sono una bambina Albus. >>
Lui scosse il capo. << No, non lo sei. >> commentò allontanandosi e dirigendosi verso la finestra.
Il silenzio scese nuovamente tra loro ma questa volta fu Minerva a infrangerlo.
<< Perchè sei sparito? >> gli chiese compiendo uno sforzo immane per impedire alla propria voce di tremare.
Intanto le iridi di ghiaccio di lui erano puntate fuori, dove la pioggia aveva lasciato il posto ad una nebbia che pareva diventare sempre più fitta.
<< Lo sai perchè >> rispose lui.
<< Invece no >> lo rincarò lei, il tono di voce rigido. Gli si avvicinò, ponendoglisi di fronte.
<< So che questo non è il momento opportuno. So anche che forse avresti preferito stare da solo. So che non dovrei essere qui. So che.. >>
Albus le impedì di proseguire posandole l'indice sulle labbra e fissandola negli occhi con sguardo imperante.
Lei rimase immobile, pietrificata da quegli occhi che ormai da troppo tempo non vedeva ma soprattutto sentiva così vicini.
La mano del ragazzo si mosse e quell'imperativo di silenzio mutò in una carezza lieve nel percepire la quale la ragazza chiuse appena gli occhi. Quando li riaprì non potè far a meno di compiere un passo avanti a posare il capo sul petto di Albus che, un istante dopo, la cinse con le braccia stringendola forte a sè.
Chinò appena il capo per posarlo su quello di Minerva.
Quanto aveva desiderato averla lì..
Improvvisamente un bisogno nuovo si impadronì di lui. Una necessità che aveva represso per tutto quel tempo.
Smise di respirare per un istante.
Non poteva. Non doveva.
Prese il viso di Minerva tra le mani e la costrinse a sollevarlo incontrando i suoi occhi.
<< Voglio fare l'amore con te >> disse tutto ad un fiato, senza scostare gli occhi da quelli di lei.
La ragazza rimase immobile mentre un velo di porpora le calava sulle guance, incapace di compiere un qualsivoglia movimento che non fosse il semplice respirare.
<< Non sai ciò che dici >> commentò staccandosi da lui. Gli diede le spalle ma Albus non le permise di compiere neppure un altro passo artigliandole il polso.
<< Invece si >> le rispose sicuro << è te che voglio >>
Rimasero immobili per diverso tempo durante il quale non smisero di fissarsi, ognuno per nei propri pensieri.
Pensieri che riguardavano strettamente chi avevano di fronte in quel momento.
Quando Albus si decise a lasciare andare il polso lei uscì dalla stanza, dirigendosi al piano superiore.
O per lo meno così parve di capire ad Albus che udì l'inconfondibile rumore dei passi sulle scale.
Attese che lei tornasse da lui ma la ragazza non lo fece.
Quando lui la raggiunse era stesa sul letto, con la faccia affondata nel cuscino mentre le mani ne stringevano i bordi.
Il ragazzo prese posto al bordo del letto e allungò una mano per sfiorare l'atrui braccio.
Lei parve rilassarsi, allentò la presa sul cuscino.
Una manciata di minuti dopo erano sdraiati uno di fronte all'altra e si fissavano. Lei rannicchiata in posizione quasi fetale, lui ben diritto.
<< Vieni qui >> le ordinò con tono tutt'altro che perentorio.
Lei scivolò sul materasso e finì contro il petto del ragazzo, proprio come l'ultima sera di quell'estate.
La sera durante la quale lei si era addormentata stringendolo e si era svegliata con un suo biglietto accanto.
Biglietto che conservava ancora e che riportava solo due parole: "Mi Dispiace".
Si irrigidì al ricordo e Albus parve rendersene conto visto che la strinse più forte, fino quasi a toglierle il respiro.
Quella notte non fecero l'amore. Non lo fecero quella seguente, nè tutte le altre durante le quali dormirono nello stesso letto.
Si scoprirono capaci di resistere, di saper bastare l'uno all'altra senza possedersi.
Rimanere vicini e lontani allo stesso tempo, ecco il segreto per evitare di farsi del male.
Le cose andarono avanti così per svariati anni prima che loro crescessero.
Prima che divenissero Albus Silente, preside di Hogwarts, e Minerva McGrannitt, docente di trasfigurazione.

Ma non dimenticarono mai di essere due anime gemelle, due androgini.
Alla ricerca incessante l'uno dell'altra.



Fin






Spazio Autrice
Volpina_McGrannitt: GRazie mille, speravo facesse quell'effetto ;)

lady_bella: devo ammettere che è proprio perchè la Rowling
non ha narrato molto di loro che mi sono decisa a
scrivere questa ff. Effettivamente si, è un pò triste,
però mi è saltata fuori così..Thanks a lot

S0emme0S: ma graaazie ^^ il fatto che tu che credi
fermamente nella coppia Gellert/Silente abbia
commentato positivamente la mia ff mi fa immensamente piacere
  
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