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Autore: Angelica52    12/05/2019    1 recensioni
Francis, salvato da Ross, ne scatena la gelosia...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“A DEMELZA, UNA VERA SIGNORA…”
La prima sensazione che provò fu quella di una mano ruvida, callosa che gli toccava la fronte. Sentiva dei rumori intorno a lui, ma non riusciva a capire cosa li provocasse, vedeva la luce attraverso le palpebre chiuse , ma non sapeva dove si trovasse. Tutto era confuso, sapeva solo che aveva freddo, tanto freddo…
“Francis, Francis , mi senti?” gli sembrava la voce di Ross: allora era venuto, lo aveva trovato, lo aveva salvato! Tentò di rispondere, ma era tanto stanco, non  aveva voglia di  parlare. “ Se mi senti, stringimi la mano”. Avrebbe voluto farlo, ma non riusciva a trovare le energie o, forse,  preferiva rimanere così, senza dover né  parlare né comunicare con nessuno.
“ Lo hai salvato di nuovo. Non ha mai imparato a nuotare e se non fossi arrivato tu…” Non riconobbe la voce, che gli giungeva un po’ distorta, ma capì dal tono gelido, calmo, distante, che era Elizabeth a parlare.
Pian piano, cominciò a riprendersi, anche se aveva ancora tanto freddo; aprì gli occhi, si guardò intorno e capì di trovarsi a  Nampara. Intorno a lui  il dottor Enys,  Verity, Ross e Demelza, più lontana sua moglie , seduta compostamente su di una sedia, con le mani in grembo, il viso corrucciato; Francis si chiese se fosse contrariata perché aveva rischiato la vita o perché lo avessero salvato.
Dwaith Enys controllava che non ci fossero fratture o ferite, mentre Ross aiutava a spostarlo e Demelza cercava di pulirlo dal fango. Francis ora tentò di sorriderle e di articolare qualche parola: “ Elizabeth vuole vederti, vieni!” “ Il mio grande , forte , ingenuo cugino” pensò Francis “ crede che voglia lei, che io cerchi di parlare a lei. No, non voglio Elizabeth qui, vorrei che se ne andasse, addirittura. Recitare  questa farsa mi disgusta ”. Lei si avvicinò , fingendo un minimo di preoccupazione e, senza chinarsi, gli disse: “ Perché sei sceso da solo in miniera? Perché non hai aspettato Ross o almeno qualcun altro?”
Francis girò il capo dall’altra parte e chiuse gli occhi .
“Dovrà restare qui,  ha la febbre alta  e non possiamo trasportarlo a Trenwit per qualche giorno.”Bene ,-pensò Francis- posso rimanere ”
Mentre tutti gli altri si allontanavano dal letto e  decidevano il da farsi , Francis prese la mano di Demelza e le sussurrò “ Per la terza volta sono riuscito ad evitare l’Ade “ “ Cos’è l’Ade?”
“ Appena starò un po’ meglio ti spiegherò cos’era e ti racconterò la favola di Orfeo ed Euridice”
“ Ora riposa , però. La favola può aspettare”
Ross parlava con Elizabeth e Verity , che sembrava stravolta , e poi  chiese a Demelza di far  preparare la cena ed una camera per la moglie di suo cugino. “ Stanotte- aggiunse- veglierò io Francis, così Elizabeth potrà riposare e riprendersi dallo choc”. “ Sì, Ross”
Elizabeth, prima di andare a dormire , andò da Francis, ma lo trovò addormentato e si ritirò nella camera approntata per lei .
Ross e Demelza rimasero a lungo a vegliarlo: “ L’importante e’ controllare che la febbre non aumenti. Dirò ad Elizabeth di farmi chiamare subito , se la febbre dovesse aumentare”, aveva detto loro  Dwaith
“ Non occorre  allarmarla“, si era  affrettato  a rispondere Ross “ ci penseremo Demelza ed io “
Dwaith era stato sul punto di replicare, ma aveva salutato ed era andato  via con Verity
Demenza chiese  a Ross di mandare  l’indomani Jud a Trenwit a prendere biancheria pulita per il malato, organizzò il pranzo per il giorno seguente e tornò dal marito che la guardò con tenerezza  : “ Sei stanca, hai gli occhi cerchiati e non ti sei risparmiata, oggi. “
“ Mi dispiace di procurarti  tanto disturbo, Demelza”
“ Sei sveglio, Francis. Come ti senti? Chiamo subito Elizabeth” disse Ross
 “ Non è necessario, anzi, preferisco di no”.
Possibile che suo cugino  non si fosse accorto di nulla? - pensò Francis-  possibile che non avesse percepito quanta reciproca indifferenza ci fosse tra lui e la moglie… anzi, più che indifferenza, ormai non si tolleravano più. L’amore verso di lei , che un tempo era stato quasi  venerazione, era morto. I motivi? Tanti. Vivere con lei gli aveva mostrato quale fosse la vera Elizabeth : un bellissimo vaso vuoto, un ninnolo di fine e preziosa fattura, sicuramente decorativo e null’altro. Fredda e compostamente  distante, riusciva senza parlare a fargli  percepire tutto il suo disprezzo. Francis non l’amava più ed  Elizabeth non lo aveva mai amato; lo aveva sposato perché Ross era lontano, era inaffidabile a detta di tutti, ed era squattrinato. Elzabeth non avrebbe saputo tollerare ed affrontare la sua  vita incerta e spesso misera, non ne  avrebbe  mai veramente capito e condiviso i valori e la passione, non sarebbe stata in grado di essere la sua compagna, nel bene e nel male.
Qualcosa d’altro, però, aveva disgustato Francis: senza remore, con sguardi eloquenti, ma  apparentemente verginali,  sua moglie cercava, anche in presenza sua e  di Demelza, , di attirare  di nuovo a sé Ross.  Francis era un fine osservatore, abbastanza cinico per non farsi illusioni su nessuno, per  accettare anche quello che non avrebbe voluto e non negare l’evidenza di qualcosa che avrebbe potuto fargli male. Eppure era certo  di non  vedere negli occhi di Ross quello che Elizabeth avrebbe voluto: gli sguardi che le lanciava sembravano esprimere   ammirazione per la sua bellezza, forse il rimpianto della giovinezza spensierata, ma non erano come quelli con cui guardava la moglie, pieni di affetto, di complicità , di tenerezza. Come avrebbe potuto Ross amare Elizabeth , dopo aver conosciuto, amato e vissuto con una donna così diversa da lei? Elizabeth  non avrebbe mai potuto reggere il confronto con Demelza, che Francis si era accorto di amare; sì, lui, il raffinato, ironico,  disincantato Francis, colto ed elegante, si era innamorato della donna che Ross aveva preso con sé quando era una mocciosa ignorante e sporca, che era entrata tra di loro in sordina, tollerata spesso con sprezzante condiscendenza ed ipocrita gentilezza, ma che aveva saputo arricchire dei suoi valori, della sua gioia di vivere ,della sua forza, una famiglia in decadenza. Francis l’amava e non come, forse, Ross credeva di amare Elizabeth, non con nostalgico vagheggiamento, non perché rappresentasse il sogno: lui ne amava la vitalità , l’intelligenza, la istintiva saggezza, amava il modo in cui Demelza riusciva a dare vita e anima a ciò che la circondava , ne amava gli occhi, profondi e penetranti, il sorriso, che faceva tremare l’aria di luminosità, l’amava per quello che era , non per quello che rappresentava.
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 La mattina seguente, Jud andò a Trenwith per prendere la biancheria di Francis e tutto l’occorrente per la degenza che non si prospettava molto breve. Prima che il servo sellasse il cavallo, Dem raggiunse Elizabeth che stava facendo colazione:  “ Cosa deve prendere Jud  per te a Trenwith?”
“Gli ho fatto un elenco da consegnare  alla signora Tabb, grazie. Ross è uscito?
 “ Sì….credo che tornerà presto “
“ E tu, cosa farai stamane? “
 “ Baderò alla casa , cucinerò e mi prenderò cura di mio figlio e  Francis; a proposito , ha ancora la febbre alta, ma mi sembra più in forze “
“ Certamente il brodo che gli hai preparato ieri gli avrà fatto bene… Ross lo diceva sempre che come domestica sei… eri eccezionale, mia cara”
Demelza  la guardò fissa , ma non rispose
“ Andrò su, a controllare come sta tuo marito”
Elizabeth rimase sola nel salotto e si guardò intorno; l ‘ambiente spoglio  sapeva di ristrettezze e a lei non piaceva stare in una casa quasi povera, il profumo dei fiori le dava fastidio, soprattutto quello dei fiordalisi. La irritava quella Proudie che ciabattava in modo sgraziato, l’andirivieni dei minatori che chiedevano di Ross, quell’orribile cane che abbaiava, il bambino  che era sempre con gli adulti, rideva e faceva chiasso  di continuo: come poteva Ross sopportare tutto questo ?
E come poteva tollerare sua moglie? Sempre in cucina  o col bimbo in braccio, stupidamente sorridente, vestita come una cameriera o quasi . Cosa aveva  da sorridere?  Non aveva danaro, non faceva vita sociale e Ross era spesso preoccupato e di cattivo umore … forse si era pentito di aver sposato la sua sguattera… non brutta, ma popolana, priva di classe ed eleganza !
Ross era un signorotto, non avrebbe dovuto abbassarsi a tanto. Sì, la colpa era stata sua che non lo aveva aspettato, che aveva preferito sposare Francis, rovinando la vita sua e dell’unico uomo del quale le importasse qualcosa.
Ma ora tutto era perduto forse, e Ross non avrebbe mai saputo quanto si fosse pentita delle sue scelte… forse.
Demelza non era adatta a lui, se non perché  era abituata a stenti e sacrifici e lui, per il momento , poteva darle solo quello. Ma se la Weal Grace si fosse rivelata un buon affare, se si fosse liberato dai debiti, forse si sarebbe potuto liberare anche di lei . Il danaro può tutto, il mondo va così!
******************************
Demelza  entrò nella camera di Francis e lo trovò sveglio, gli lavò il viso e le mani , mentre lui la guardava.
 “Hai ancora la febbre “
“ Sì, per fortuna “ le rispose serio.
Gli fece bere la pozione che aveva preparato Dwaith e stava per andare , quando Francis la trattenne:
 “ Vuoi  ascoltare   la favola di Orfeo ed Euridice ? Orfeo era un poeta e musico della Tracia, che suonava la lira con una tale dolcezza che tutta la natura si fermava per ascoltarlo . Amava, riamato , una fanciulla di nome Euridice , bella e dolce come nessuna; erano felici insieme ed Orfeo, grazie a lei, guardando lei, riusciva a trarre melodie dolcissime che incantavano persino gli Dei . Euridice lo aveva reso davvero il più grande musico che esistesse.  Fu morsa da un serpente, però , morì  e  scese nell’Ade, il regno dei morti, Demelza.  Orfeo, con la dolcezza della sua lira e della  la sua musica struggente , riuscì a commuovere gli Dei dell’oltretomba, che gli concessero  di riportare Euridice alla vita, ma solo se non si fosse girato a guardarla fino a quando non fossero giunti alla luce del sole. Orfeo la prese per mano, così, e senza guardarla,  le disse, precedendola:  “ Cammina con me”.  Era quasi giunto alla luce , ma, temendo che quella che lo seguiva fosse solo un’ombra, si girò . Euridice scomparve e  tornò nell’Ade , ma non recriminò né si lamentò mai del suo destino : si consolò del mancato ritorno alla vita, pensando di essere stata amata oltre la morte.”
Francis si portò la mano di Demelza alle labbra e la sfiorò con un lievissimo bacio. Poi disse , col suo solito tono ironico ed amaro: “ Io sono più fortunato: poiché nessuno mi ama, sono riuscito a ritornare dall’Ade tre volte”
Demelza,  imbarazzata,  gli sorrise : “ Vado a chiamare Elizabeth?”. “ No, ti prego, rimani con me, ho bisogno di chiederti…”
“ Francis, di’ pure a me di cosa hai bisogno e manderò Jud a prenderlo. Vedo che ti senti meglio e che hai ritrovato le forze, almeno per raccontare delle storie d’amore a mia moglie. Ma Demelza ha troppo senso pratico e non credo che queste favolette le piacciano”- Ross era entrato nella camera di soppiatto,  senza che né Francis né Demelza se ne accorgessero .
“ Non puoi saperlo , Ross, non gliele hai  mai raccontate”
Ross lo guardò corrucciato  : “ Non  ho mai raccontato favole, sono cose da poeti o da bugiardi, e io non sono né l’una cosa  né l’altra ”
Mentre scendevano giù in salotto,  chiese a Demelza:  “Francis ti prende spesso la mano ? “
“ No, Ross”
“ Impediscigli di farlo, mi dà fastidio “ . “ Si , Ross, ma sei per caso…? “
“ No, assolutamente no, ma certe smancerie  da cavalier servente  possono abbindolare una donna”
“ Soprattutto se è figlia di un minatore che la picchiava ? Se è disabituata alla corte dei gentiluomini? E’questo che vuoi insinuare , che mi lascerei irretire come una sciocca stupida ignorante? ?”
“ Lo hai detto tu , non io” e irritato entrò in salotto.
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Le giornate di Elizabeth a Nampara  trascorrevano nella noia più assoluta: Francis aveva ancora  la febbre  e una fortissima tosse che gli impedivano il ritorno  a Trenwit; era ancora debole e, quando si recava  a fargli visita,  rispondeva a malapena alle sue domande o lo trovava addormentato ;
Demelza non sapeva giocare a carte,  era sempre indaffarata e, comunque, non sarebbe stata una piacevole compagnia per lei; Ross, poi, andava via presto al mattino e spesso ritornava a casa solo la sera, distrutto dalla fatica e  accolto da una moglie che si comportava come fosse ancora la sua serva, aiutandolo con gli stivali  e servendogli la cena; aveva capito da qualche frase  che, quando era particolarmente esausto,  nella loro  camera lei  gli massaggiava le  spalle , le braccia e la gamba ferita. Elizabeth  aveva provato irritazione, turbamento e gelosia: spesso contemplava Ross, il suo corpo snello e muscoloso, le sue braccia forti,  le sue dita lunghe, la sua bocca e si sentiva rimescolare il sangue immaginando…  doveva fare attenzione,  perché Demelza  se ne  era più di una volta accorta, e anche Ross.  Elizabeth si sentiva triste e  infelice: “ La mia vita   è  orribile, squallida, vivo in un angolo remoto dell’Inghilterra, dove sfiorirò, invecchierò e morirò , ho un marito che non stimo, che non amo e che mi irrita col suo sarcasmo e la sua indifferenza, il danaro scarseggia, frequento solo parvenu e nobiltà decaduta. Non era così la vita che immaginavo, non è quella  che immaginavamo Ross ed io, da ragazzi. E anche lui è infelice : quella donnetta da nulla  gli ha tarpato le ali, lo ha abbassato al suo livello.  Io amo Ross e Ross ama me, l’ho capito. Dobbiamo  accettare la realtà. Non posso soffocare i miei sentimenti e lui non deve soffocare i suoi. Gli parlerò e lui deciderà cosa fare! Uscì da casa e cominciò a passeggiare  nel giardino di Demelza.
**********
Ross si era svegliato ancora prima del solito, quella mattina, e prima di alzarsi era fermato a lungo a guardare la moglie addormentata.
“E’ bella – si disse ridendo- speravo che nessuno lo notasse e che nessun altro all’infuori di me capisse  la forza, la passione e la dolcezza della mia donna “. La baciò piano, per  non svegliarla: era stanca , la sua giornata era già impegnativa prima, ma ora , dopo l’incidente, doveva prendersi cura anche di Francis , visto che Elizabeth non ne era capace. Ripensò al litigio della sera prima. Demelza aveva ragione, era geloso, ma aveva avuto torto pensando che  avesse  intenzione  di offenderla o di sminuire la sua intelligenza; avrebbe dovuto dirglielo subito, ieri notte, ma era furioso e aveva preferito fingere di dormire.
“Stasera le parlerò , ora la lascio dormire. Spero che Francis sia in grado di andarsene presto a Trenwit!” Sapevo che l’apprezzava, ma non avevo capito che ne fosse innamorato . Non posso mandarlo via, ora, ma passerò più tempo a casa”.
“ Spero di dover rimanere ancora un po’ qui” pensava Francis esattamente nello stesso momento .
“Non voglio tornare a casa. Trenwit è come Elizabeth: signorile, elegante, ma fredda , immagine di un’ antica nobiltà e  di un presente mediocre, apparentemente bellissima, ma sostanzialmente decadente . Nampara, invece , è come Demelza:  viva, calda, allegra….. è casa!Spero che ieri sera Ross non se la sia presa con lei. Dovrò parlargli e dirgli con onestà quello che sento, che se fosse possibile gli lascerei Elizabeth  e mi porterei via Demelza , che ne sono innamorato e che , per la prima volta nella mia vita, non accetterò come un destino inevitabile  che sia lui a vincere . Demelza  vale ogni rischio , ogni ansia, ogni attacco di panico che mi afferra alla gola ogni volta che devo confrontarmi con la realtà:   vale la pena affrontare tutto questo per lei .”
 
Quel giorno, Ross tornò a casa per il pranzo, trovò Demelza in  cucina intenta a preparare il pasticcio che gli piaceva particolarmente. Si avvicinò silenziosamente e le baciò il collo scostandole i capelli:
“Vuoi farti perdonare per ciò che hai detto ieri? “
”Sì. Ormai mi conosci, Demelza!”
“Non sei geloso neanche un pochino di Francis?”
”NO “
“Racconta delle favole bellissime”, disse Demelza sorridendo e asciugandosi le mani col grembiule“
“Tu sei una donna forte e pratica, affronti la realtà senza paura di sporcarti le mani. Le favole, i sogni, le cetre… lasciale ad Elizabeth”
Lei si fermò, lo guardò con un’espressione addolorata e gli rispose: “Io non sono fatta di creta, Ross, e Francis l’ha capito. Comunque , va’ in giardino, raggiungi  la tua  Elizabeth. Sta passeggiando  tra i miei fiori!”
Ross la guardò interdetto: “ Demelza, non  intendevo dire questo… scusami”
“ Ross, ti prego, ne parleremo un’altra volta. Proudie, finisci tu di cucinare. “
“ Vengo con te!”
“ Preferisco stare da sola”.
Ross si accasciò sulla sedia : ancora una volta non era riuscito a fermarla, a chiarire , a dirle il perché agisse o parlasse in quel modo duro, aspro, apparentemente sprezzante . Ancora una volta si sarebbe creata una frattura fra di loro, ancora una volta lei  si sarebbe sentita inadeguata ed ignorante . Demelza non sapeva quanto importante fosse per lui, non poteva saperlo, perché lui non era capace di dirglielo e non sapeva perché. Avrebbe voluto accarezzarla mille volte e dirle : Ti amo, Demelza. Sei la mia ancora, da te dipende la mia vita, la mia felicità, quella felicità che non riesco a trovare in me stesso. La tua voglia di vivere illumina la parte oscura del mio animo, quella parte buia, profonda e inquieta che solo tu riesci a placare. So che non sei creta, so che la tua mente è piena di pensieri, di immagini e sensazioni, so che sei molto migliore di me. Demelza, non mi lasciare mai, sopporta i miei mutismi, che non sono voglia di non parlarti, ma incapacità di tirar fuori ciò che mi spaventa. Avrei dovuto narrartela io la favola di un amore che va oltre la vita, come il mio amore per te, ma non ne  sono capace, non riesco a dire ciò che sento. Demelza, non mi lasciare mai, sopportami.  Sopporta, amore mio, la gelosia che esprimo con fare sprezzante ed offensivo. Sappi che ho paura che tu vada via , ho paura di non sentire più la tua voce, di non poter guardare più i tuoi occhi, di  addormentarmi  e non trovarti più accanto a me, vicino a me,  mia cara, carissima Demelza, anima mia.
“ Sei solo ?”
Elizabeth era entrata nella stanza.

   
 
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